TAR VENETO, SEZ. II – sentenza 23 febbraio 2022 n. 353
MASSIMA
Atteso che il risarcimento del danno ingiusto non costituisce una conseguenza automatica dell’annullamento giurisdizionale dell’atto amministrativo illegittimo e che anche dinanzi al giudice amministrativo trova applicazione il principio generale dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., incombe sul danneggiato ricorrente l’onere di allegare in modo puntuale, specifico e compiuto già in sede di ricorso, e successivamente dimostrare, la sussistenza di tutti i presupposti dell’illecito aquiliano.
L’allegazione e la prova della sicura spettanza del bene della vita perduto a causa del provvedimento illegittimo vengono ad essere declinate in modo differente a seconda che, da un lato, il potere esercitato dalla PA sia discrezionale o vincolato; dall’altro lato, che il vizio che rende illegittimo il provvedimento amministrativo abbia natura sostanziale ovvero meramente formale, categoria, quest’ultima, nella quale rientra il difetto di motivazione.
L’annullamento fondato su profili formali non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita. Né tale accertamento spetta al giudice, anche solo in via di prognosi, se vi è ancora uno spazio di intervento dell’Amministrazione. L’annullamento per difetto di motivazione non elimina né riduce il potere di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio potere in merito all’Amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- L’azione esperita dai ricorrenti è sussumibile nella fattispecie di responsabilità della P.A. da provvedimento illegittimo e va, pertanto, ricondotta al paradigma della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.. (Cons. Stato, A.P., n. 7 del 2021), con tutto ciò che ne consegue in ordine alla ripartizione degli oneri di allegazione e prova.
La dimensione “sostanzialista” del concetto di “interesse legittimo” da tutelare, quale interesse correlato ad un “bene della vita” coinvolto nell’esercizio della funzione pubblica, implica che il requisito dell’ingiustizia del danno sussista e, conseguentemente, il risarcimento possa essere riconosciuto, in primo luogo, qualora l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo avrebbe avuto titolo per mantenere o ottenere, secondo la dicotomia interessi legittimi oppositivi e pretensivi (in questo senso, tra le altre, Cons. Stato, sez. II, 01 settembre 2021, n. 6163).
Ciò significa che l’illegittimità dell’attività provvedimentale deve essere tale da incidere sul contenuto dell’atto, nel senso che sia dimostrabile che senza i vizi da cui è affetto, il provvedimento sarebbe stato satisfattivo e che all’esito del procedimento il privato avrebbe conseguito l’utilità sperata.
L’esistenza del danno ingiusto lamentato in giudizio deve formare oggetto di un puntuale onere di allegazione e prova in capo al soggetto che ne richieda il risarcimento, non costituendo una conseguenza automatica dell’annullamento giurisdizionale dell’atto amministrativo illegittimo.
Secondo il consolidato insegnamento giurisprudenziale, invero, il principio generale dell’onere della prova previsto dall’art. 2697 c.c., si applica anche all’azione di risarcimento del danno proposta dinanzi al Giudice amministrativo.
Incombe, pertanto, sul danneggiato ricorrente l’onere di allegare in modo puntuale, specifico e compiuto già in sede di ricorso, e successivamente dimostrare, la sussistenza di tutti i presupposti dell’illecito: in particolare, oltre alla illegittimità del provvedimento amministrativo asseritamente causativo del danno, la colpa dell’amministrazione – quest’ultima sia pure in via presuntiva, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente -, l’effettiva lesione del bene della vita nell’accezione della sicura spettanza del risultato precluso attraverso l’atto annullato – nella duplice alternativa dell’interesse oppositivo o pretensivo –, il nesso di causalità materiale, i pregiudizi patrimoniali e non patrimoniali conseguenti all’evento lesivo e il correlato nesso di causalità giuridica.
La domanda di risarcimento, ove manchi della prova, e, ancor prima, della necessaria allegazione precisa e tempestiva di tutti gli elementi costitutivi, non può che essere respinta: <<ciò anche perché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo dell’art. 2697 comma 1, cod. civ., opera con pienezza, senza il temperamento del metodo acquisitivo caratteristico dell’azione giurisdizionale di annullamento>> (v. ex multis C.G.A.R.S., 7 aprile 2021, n. 295; Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2020, n. 1674; sez. III, 23 maggio 2019, n. 3362; sez. VI, 19 novembre 2018, n. 6506).
L’allegazione e la prova della sicura spettanza del bene della vita perduto a causa del provvedimento illegittimo (nel caso di specie consistente nel rilascio della concessione edilizia richiesta), d’altronde, vengono ad essere declinate in modo differente a seconda che, da un lato, il potere esercitato dalla P.a. sia discrezionale o vincolato; dall’altro lato, che il vizio che rende illegittimo il provvedimento amministrativo abbia natura sostanziale ovvero meramente formale, categoria, quest’ultima, nella quale rientra il difetto di motivazione.
Va richiamato l’insegnamento secondo il quale <<l’annullamento fondato su profili formali non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita. Né tale accertamento spetta al giudice, anche solo in via di prognosi, se vi è ancora uno spazio di intervento dell’Amministrazione. L’annullamento per difetto di motivazione non elimina né riduce il potere di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio potere in merito all’Amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale (Cons. St., sez. V, 21 aprile 2020, n. 2534; id., 22 novembre 2019, n. 7977; id., sez. III, 17 giugno 2019, n. 4097; V, 14 dicembre 2018, n. 7054)>> (Cons. Stato, sez. IV, 20 agosto 2021, n. 5965).
Si aggiunga, poi, che l’eventuale assenza o genericità deduttiva e assertiva dell’articolazione delle allegazioni difensive in sede di ricorso, non può essere recuperata successivamente nell’ambito delle memorie difensive ex art. 73 c.p.a., le stesse avendo solo la funzione di meglio precisare le argomentazioni in fatto e diritto già sufficientemente enucleate in sede di atto introduttivo.
- Applicando le coordinate emeneutiche sopra esposte, va, in primo luogo, sottolineato che l’intestato TAR, con la sentenza n. 2502/2004 citata, ha annullato il provvedimento lesivo emesso dal Comune resistente per un motivo eminentemente formale e non sostanziale.
Si legge, infatti, nella sentenza: <<invero, come dedotto col primo mezzo di gravame, il Sindaco del Comune di Mezzane, nel disporre la sospensione di ogni pronuncia sulla domanda di concessione edilizia 30 maggio 1992 prot. n. 2158, ha omesso di dar conto del parere positivo con prescrizioni, reso dall’Amministrazione Provinciale di Verona con l’atto presidenziale 13 maggio 1992 n. 961/92 e, in particolare, non ha motivato sul perché non abbia valorizzato tale parere positivo con riferimento al progetto sul quale si è espressa l’Amministrazione Provinciale, raffrontato col progetto, se lo stesso o diverso, relativamente al quale è stato emanato il provvedimento di sospensione qui impugnato nonché eventualmente con riferimento alle prescrizioni ed osservazioni nel parere stesso contenute e all’osservanza o inosservanza delle stesse>>.
In tal senso, quindi, il provvedimento comunale è stato censurato e annullato per un mero difetto di istruttoria e motivazione, non avendo il TAR argomentato in ordine all’effettiva spettanza del bene della vita in favore di parte ricorrente.
In secondo luogo, occorre rilevare che il ricorso introduttivo, oltre ad essere estremamente succinto, contiene allegazioni generiche e incomplete poiché si sofferma solo sulla condotta antigiuridica della P.A. e sulle tipologie di danni asseritamente risarcibili, senza nulla dire in ordine alla sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi della responsabilità della P.A. da provvedimento illegittimo
In particolare il ricorso introduttivo (le cui lacune non possono essere colmate con la memoria conclusiva, che ha una funzione esplicativa di deduzioni già svolte e non può costituire il veicolo per integrare i fatti costitutivi della domanda e ampliare il “thema decidendum”) non contiene una sufficientemente specifica allegazione in ordine all’effettività e certezza della spettanza del bene vita anelato dalla parte ricorrente: non risulta infatti, adeguatamente allegata e dedotta l’assoluta certezza che, in caso di riedizione del potere da parte del Comune, sia pure emendato dal vizio censurato dalla ricordata sentenza del TAR, l’Ente resistente avrebbe, di sicuro, rilasciato la concessione edilizia.
Parimenti, né dall’atto introduttivo e dai documenti ad esso allegati, né dalle memorie difensive e dai documenti successivamente depositati, può dirsi effettivamente emersa la prova certa della spettanza del bene della vita nel senso sopra inteso.
La carenza di allegazioni è riscontrabile anche con riguardo al nesso di causalità materiale e al nesso di causalità giudica, essendo anch’essi, come detto, elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria che parte ricorrente avrebbe dovuto adeguatamente dedurre in giudizio sin dal ricorso introduttivo, onere non assolto nel caso di specie.
- Alla luce di quanto esposto, considerato che la domanda risarcitoria non è sostenuta da sufficienti allegazioni e prove in ordine a tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità della P.A. da lesione di interessi legittimi pretensivi (mancano in particolare adeguate allegazioni in ordine alla sussistenza del nesso causale e alla spettanza del bene della vita), il ricorso deve essere respinto.
Spese compensate, attesa la particolarità della controversia.