<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La prassi commerciale e finanziaria richiede sempre maggiori garanzie per i soggetti professionali (in specie le banche) chiamati ad erogare finanziamenti: è in questo contesto che vedono la luce le c.d. lettere di patronage, una sorta di “</em>conforto<em>” per chi presta denaro, al quale possono all’uopo giungere da terzi informazioni “</em>interessate<em>” (più o meno veritiere) sul soggetto finanziato, talvolta pienamente impegnative per chi le rende.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole)</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1865</strong></p> <p style="text-align: justify;">Nella codificazione liberale non si riscontra nessun accenno alle lettere di <em>patronage</em>, in coerenza con i sistemi di <em>civil law</em> per i quali fondamento dell’obbligazione può essere solo il consenso come incontro delle volontà, rilevando l’atto unilaterale, al più, come atto pre-contrattuale (proposta, accettazione).</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il codice civile (21 aprile), disciplina da un lato la fideiussione agli articoli 1936 e seguenti, muovendo da una norma, l’art.1936 appunto, che – piuttosto che definire il contratto di fideiussione – definisce soggettivamente “<em>il fideiussore</em>” identificandolo in colui che – anche per iniziativa unilaterale (la fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza) - obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l'<a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1532.html">adempimento</a> di un'<a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1525.html">obbligazione</a> altrui. Il medesimo codice prevede all’art.1333 lo schema contrattuale del c.d. negozio rifiutabile, con obbligazioni a carico del solo proponente, e agli articoli 1987 e seguenti disciplina – indicandole quale <em>numerus clausus</em> rigorosamente tipico – le promesse unilaterali, le quali non producono effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge. Solo intorno agli anni Settanta, con derivazione dalla tradizione giuridica anglosassone e soprattutto degli USA, appariranno le prime formule negoziali riconducibili alle c.d. <em>lettere di patronage</em>. Importante un cenno all’art.2362, in tema di responsabilità del socio unico di società di capitali, ed in particolare di società per azioni: nella originaria versione codicistica, laddove la società versi in stato di insolvenza, per le obbligazioni sorte durante il tempo in cui la società ha avuto un unico socio, questo risponde illimitatamente e solidalmente con la società, con conseguente interesse per i soggetti finanziatori (in particolare le banche) ad ottenere una lettera di tipo informativo in cui un soggetto affermi di essere (magari in modo inveritiero) l’unico socio della società, con conseguente garanzia per la banca connessa ad una confessione. Importante anche un cenno da un lato alla c.d. responsabilità <em>in contrahendo</em> ex art.1337 (che lambisce il processo formativo della volontà delle parti contrattuali), e dall’altro all’art.1439, comma 2, laddove si prevede la legittimazione a chiedere l’annullamento del contratto per dolo del terzo. Infine, va rammentato anche l’art.1958 che prevede il c.d. mandato di credito, alla cui stregua se una persona si obbliga verso un'altra, che le ha conferito l'incarico, a fare credito a un terzo, in nome e per conto proprio, quella che ha dato l'incarico risponde come <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/2272.html">fideiussore</a> di un debito futuro, specificandosi che colui che ha accettato l'incarico (di fare credito ad un terzo) non può rinunziarvi, ma chi l'ha conferito può <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/915.html">revocarlo</a>, salvo l'obbligo di <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/3912.html">risarcire il danno</a> all'altra parte. Da non trascurare poi la definizione di “<em>mediatore</em>” cui fa cenno, ancora una volta solo sul crinale soggettivo (senza parlare di “<em>contratto</em>”), l’art.1754 c.c., secondo il quale è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare , senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1748.html">rappresentanza</a>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1979</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 ottobre esce la sentenza della Corte d’Appello di Roma onde - quando le dichiarazioni contenute in una lettera di patronage hanno un contenuto meramente informativo, concernendo l'esistenza di una posizione di influenza da parte del <em>patronnant</em> con funzioni di rassicurazione del creditore in ordine alle condizioni patrimoniali, economiche e finanziarie del debitore patrocinato, non può assumersene natura negoziale vincolante: non contiene l’assunzione di una obbligazione fideiussoria la lettera di patronage nella quale – ad esempio - una società riconosce che un’altra ne è sussidiaria controllata, in grado di mantenere puntualmente gli impegni finanziari assunti (peraltro previo proprio controllo), dichiarando di essere solita adottare i provvedimenti necessari a tal fine di controllo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1983</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 maggio esce la sentenza del Tribunale di Milano onde non può essere interpretata come avente natura negoziale vincolante la dichiarazione con la quale l’autore della lettera di <em>patronage</em> si limiti ad affermare l’esistenza di un proprio interesse al mantenimento in essere di linee di credito già concesse dalla banca al patrocinato. Laddove la lettera di conforto sia vincolante, per il <em>patronnant</em> si è al cospetto di un mandato di credito ai sensi dell’art.1958 c.c.: la dottrina critica tuttavia tale ricostruzione, in quanto nella fattispecie della lettera di patronage in realtà l’ente finanziatore non si obbliga nei confronti del <em>patronnant</em> ad erogare il divisato importo al patrocinato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1985</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 maggio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.2879 secondo la quale, con riguardo alle cosiddette lettere di <em>'patronage</em>' che una società capogruppo o controllante indirizzi ad una banca affinché questa conceda, mantenga o rinnovi un credito a favore di una società controllata, l'indagine diretta a stabilire se le lettere medesime si limitino a contenere dati e notizie sulla situazione del gruppo o sul rapporto di controllo, rilevanti al solo fine di mettere la banca in condizione di valutare adeguatamente l'opportunità di riconoscere detto credito, ovvero implichino anche l'assunzione di garanzia fideiussoria per i debiti della società controllata, si traduce in un accertamento di merito, come tale insindacabile in sede di legittimità, se correttamente ed adeguatamente motivato. La Corte riconduce dunque potenzialmente la lettera c.d. impegnativa alla garanzia fideiussoria, e dunque alla fideiussione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1992</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 17 febbraio viene varata la legge n.154 che, nel modificare l’art.1938 c.c., prevede la necessità di specificare indefettibilmente l'importo massimo garantito per le obbligazioni future, nell’ambito della disciplina della fideiussione.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 novembre esce una sentenza del Tribunale di Milano che qualifica la lettera di patronage obbligatoria come promessa del fatto del terzo ex art.1381 c.c.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1993</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 ottobre esce una sentenza del Tribunale di Monza che qualifica la lettera di <em>patronage</em> obbligatoria come promessa del fatto del terzo ex art.1381 c.c.; una presa di posizione che viene criticata dalla dottrina, la quale osserva come nella lettera di patronage vincolante il <em>patronnant</em> non promette il fatto del terzo, ma si obbliga in proprio.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1995</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 giugno esce la sentenza del Tribunale di Milano onde, dal punto di vista della natura giuridica, la lettera di <em>patronage</em> non configura una promessa del fatto del terzo, quanto piuttosto un’obbligazione assunta in proprio dal <em>patronnant</em>, costituente impegno giuridico vincolante di natura contrattuale e con finalità di garanzia. Il Tribunale chiarisce i contorni della c.d. lettera “<em>forte</em>” o impegnativa: per il tramite di essa il patronnant assume degli specifici obblighi (senza limitarsi a rendere mere informative) nei confronti del creditore finanziatore, che assumono la funzione di rafforzare il convincimento di quest’ultimo in ordine alla solvibilità del debitore patrocinato, al quale va concesso un credito <em>ex novo</em>, ovvero va mantenuto un fido già esistente, ovvero va estesa la linea di finanziamento del pari già esistente; normalmente l’oggetto dell’obbligo del <em>patronnant</em> concerne i propri rapporti con il debitore, che in genere è una società, da cui l’obbligo del <em>patronnant</em> di conservare la propria partecipazione nella società debitrice, l’obbligo di esercitare una attività di direzione e controllo della società debitrice, l’obbligo di adoperarsi a che la società conservi un livello patrimoniale tale da garantirne la solvibilità.</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 settembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n. 10235, assai importante sul tema delle lettere di <em>patronage</em> (o di gradimento): la funzione tipica delle dichiarazioni in esse contenute non consiste propriamente nel “<em>garantire</em>” l'adempimento altrui, nel senso in cui tale termine viene assunto nella disciplina della fideiussione e delle altre garanzie personali specificamente previste dal legislatore; mentre infatti in queste ultime il garante assume l'obbligo di eseguire la medesima prestazione dovuta dal debitore principale, la funzione propria della lettera di <em>patronage</em> va piuttosto ravvisata nel tentativo di rafforzare nel creditore il convincimento che il debitore patrocinato farà fronte ai propri impegni, onde non si è al cospetto, per la Corte, di una forma di garanzia tipica, quanto piuttosto di una garanzia impropria. Tale peculiare natura – precisa tuttavia la Corte - non vale ad escluderne qualsiasi valore giuridico, palesandosi esse sovente collegate ad operazioni di notevole rilievo economico, non essendo pertanto ragionevole supporre che con il relativo rilascio le parti abbiano inteso dar vita ad impegni considerevoli solo da un punto di vista sociale. Per la Corte, quando la lettera di <em>patronage</em> ha contenuto meramente informativo, si è al cospetto di una lettera “<em>debole</em>”, laddove una eventuale responsabilità del <em>patronnant</em> può essere affermata solo alla stregua dei principi sanciti dagli artt. 1337 e 1338 c.c. in tema di responsabilità precontrattuale, il patrocinante venendo ad inserirsi nello svolgimento di trattative avviate tra altri soggetti, proprio al fine di agevolarne la positiva conclusione e di rafforzare il convincimento del creditore, e così creando ragionevoli aspettative sul buon esito dell'operazione. Per la Corte, tale situazione è sufficiente a giustificare l'applicazione di quelle regole di diligenza, di correttezza e di buona fede dettate proprio al fine di evitare che gli interessi di quanti partecipano alle trattative possano essere pregiudicati da comportamenti altrui scorretti, e quindi in violazione dell’art. 1337 c.c., che impone alle parti l’osservanza della buona fede nelle trattative (prima ancora che nello svolgimento del contratto). Diversa è invece la rilevanza giuridica attribuibile alle lettere di patronage c.d. “<em>forti</em>”, in ordine alle quali può piuttosto assumersi per la Corte configurabile una ipotesi di autentica responsabilità negoziale a carico del <em>patronnant</em>: in questo diverso modello di lettere di gradimento c.d. “<em>forti</em>”, il patrocinante non si limita invero ad esternare la propria (rassicurante) posizione di influenza, assumendo piuttosto veri e propri impegni, quale ad esempio quello di salvaguardia della solvibilità della società controllata, o di futuro mantenimento della propria partecipazione nella medesima, dovendosene ritrarre la genesi di una vera e propria obbligazione di fonte negoziale avente ad oggetto un <em>facere</em>; il patronnant si obbliga a tenere una certa condotta, in modo che la controllata sia sempre in condizioni economiche tali da consentirgli di adempiere agli obblighi assunti con il soggetto (normalmente, una banca) che abbia concesso il finanziamento alla società garantita proprio sulla base di tale lettera di conforto. Dal punto di vista della natura giuridica, non si configura nondimeno – per la Corte - una promessa del fatto del terzo, quanto piuttosto un’obbligazione assunta in proprio dal <em>patronnant</em>, costituente impegno giuridico vincolante di natura contrattuale e con finalità di garanzia. Più in particolare, la lettera di patronage “<em>forte</em>” viene ricondotta nello schema negoziale delineato dall’art. 1333 c.c., una norma apparentemente riferibile ai soli contratti, e dunque non a negozi unilaterali, ma il cui schema può assumersi estendibile anche ad ogni promessa gratuita, con obbligazioni a carico del solo proponente come accade nella lettera di <em>patronage</em>, in quanto nella particolare ipotesi contemplata dall’articolo in esame, il rapporto può costituirsi senza bisogno di accettazione e quindi anche – strutturalmente - per effetto di un atto unilaterale. Per la Corte, lo schema delineato dall'art. 1333 c.c. si adatta perfettamente alle lettere di <em>patronage</em>, ed in particolare a quelle che abbiano carattere impegnativo per il <em>patronnant</em>, non potendosi per tale via dubitare della relativa efficacia vincolante, posto che tali dichiarazioni si palesano pur sempre intese a rafforzare la protezione dei diritti del creditore e, quindi, a realizzare interessi certamente “<em>meritevoli di tutela</em>” secondo l'ordinamento giuridico ai sensi dell’art. 1322 comma 2 c.c.; resta però il fatto che, per la Corte, in caso di lettera di <em>patronage</em> dell’art.1333 c.c. viene mutuato il solo schema di raggiungimento dell’effetto giuridico, che va tuttavia ricondotto non ad un contratto, ma ad un negozio giuridico unilaterale impegnativo per il proponente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1998</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 21 gennaio esce la sentenza della Corte di Giustizia CEE in cause C-216/96 e 216/96 che chiarisce come – con la previsione della necessità di indicare l’importo massimo garantito in tema di fideiussione per obbligazioni future (art.1938 c.c., novellato dalla legge 154.92) il legislatore italiano si sia adeguato alle norme sovranazionali di cui, in particolare, agli articoli 85 e 86 del Trattato CEE.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2001</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 aprile esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.4888 onde – sul presupposto della piena vincolatività delle lettere di <em>patronage</em> c.d. forti (da ricondursi allo schema dell’art.1333 c.c.), l’insussistenza della partecipazione azionaria nella società controllata, falsamente assicurata dal <em>patronnant</em> al fine di rassicurare il finanziatore della ridetta controllata, incidendo sull’impegno da questi assunto ai sensi dell’art. 1333 c.c. nei confronti del destinatario della lettera, integra inadempimento contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c. La Corte precisa come la funzione della lettera di conforto non sia tanto quella di “<em>garantire</em>” l’adempimento del debitore come nel caso della fideiussione – con assunzione dell’obbligo di eseguire la medesima prestazione promessa dal debitore principale – quanto piuttosto quella di rafforzare nel creditore che ne è il destinatario il convincimento che il debitore “<em>patrocinato</em>” farà regolarmente fronte agli impegni presi. La Corte torna altresì a chiarire i contorni della c.d. lettera “<em>forte</em>” o impegnativa: per il tramite di essa il <em>patronnant</em> assume degli specifici obblighi (senza limitarsi a rendere mere informative) nei confronti del creditore finanziatore, che assumono la funzione di rafforzare il convincimento di quest’ultimo in ordine alla solvibilità del debitore patrocinato, al quale va concesso un credito <em>ex novo</em>, ovvero va mantenuto un fido già esistente, ovvero va estesa la linea di finanziamento del pari già esistente; normalmente l’oggetto dell’obbligo del <em>patronnant</em> concerne i propri rapporti con il debitore, che in genere è una società, da cui l’obbligo del <em>patronnant</em> di conservare la propria partecipazione nella società debitrice, l’obbligo di esercitare una attività di direzione e controllo della società debitrice, l’obbligo di adoperarsi a che la società conservi un livello patrimoniale tale da garantirne la solvibilità. Per la Corte, nelle lettere c.d. “<em>forti</em>” il <em>patronnant</em> non promette il fatto del terzo (art.1381 c.c.), ma promette il fatto proprio, ovvero una prestazione di <em>facere</em> di natura atipica – dai contenuti variabili ed in parte sopra esplicitati – tendente a (latamente) garantire il creditore in ordine alla futura soddisfazione delle proprie pretese connesse all’erogato finanziamento.</p> <p style="text-align: justify;">Il 25 settembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.11987, che torna a chiarire i contorni della c.d. lettera “<em>forte</em>” o impegnativa: per il tramite di essa il patronnant assume degli specifici obblighi (senza limitarsi a rendere mere informative) nei confronti del creditore finanziatore, che assumono la funzione di rafforzare il convincimento di quest’ultimo in ordine alla solvibilità del debitore patrocinato, al quale va concesso un credito <em>ex novo</em>, ovvero va mantenuto un fido già esistente, ovvero va estesa la linea di finanziamento del pari già esistente; normalmente l’oggetto dell’obbligo del <em>patronnant</em> concerne i propri rapporti con il debitore, che in genere è una società, da cui l’obbligo del <em>patronnant</em> di conservare la propria partecipazione nella società debitrice, l’obbligo di esercitare una attività di direzione e controllo della società debitrice, l’obbligo di adoperarsi a che la società conservi un livello patrimoniale tale da garantirne la solvibilità. In simili ipotesi, la qualificazione della lettera di <em>patronage</em> (c.d. forte) è quella di contratto con obbligazioni del solo proponente ex articolo 1333 c.c. (e dunque di contratto gratuito non liberale).</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 ottobre esce la sentenza del Tribunale di Cagliari che chiarisce cosa si intende per lettere di patronage “<em>deboli</em>” o informative: con esse il <em>patronnant</em> informa il destinatario (creditore ed erogatore del finanziamento) di fatti e circostanze pregresse o attuali che ineriscono al debitore patrocinato ed al relativo <em>status</em>, ed in particolare la relativa situazione patrimoniale e finanziaria, l’esposizione debitoria complessiva, gli standard di controllo interno adottati (particolarmente elevati e dunque rassicuranti), l’organizzazione societaria in genere; l’informazione può anche concernere i rapporti tra <em>patronnant</em> e patrocinato, come ad esempio la sussistenza di patti parasociali, di vincoli di partecipazione o contrattuali in genere e così via.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 17 gennaio viene varato il decreto legislativo n.6 di riforma del diritto societario che modifica l’art.2362 c.c. in tema di responsabilità dell’unico socio di s.p.a., facendo grandemente scemare l’interesse della banche a ricevere una lettera informativa (debole, ma impegnativa perché confessoria) con la quale un soggetto (“<em>patronnant</em>”) affermi di essere il socio unico della società; il socio unico infatti non è sempre e comunque illimitatamente responsabile, ma lo è solo – estendendosi a lui il fallimento - allorché non abbia effettuato per intero i conferimenti ovvero non abbia adeguatamente pubblicizzato la propria posizione di socio unico nel registro delle imprese (socio unico “<em>nascosto</em>”), circostanza che per l’appunto ridimensiona l’interesse dei soggetti finanziatori ad ottenere la pertinente lettera informativa, potendo il socio unico sottrarsi con delle mere formalità alla ridetta responsabilità illimitata.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 marzo escono le sentenze gemelle delle SSUU della Cassazione n.7029 e 7030 che riconoscono l’esistenza, nel caso di specie, di una fattispecie sostanziale di danno da esercizio dell’attività creditizia non conforme alle regole del “<em>buon banchiere</em>”, o danno da abusiva concessione di credito. Si tratta di pronunce importanti anche in termini di (generica) affermazione della necessità che non siano immesse nel mercato informazioni fuorvianti, specie se riconducibili ad un soggetto professionale particolarmente qualificato.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 giugno esce l’ordinanza del Tribunale di Milano onde la lettera di <em>patronage</em> deve essere interpretata adottando un criterio analitico, volto a desumere l’effettiva volontà di volta in volta perseguita dalle parti, e ciò in quanto l’inquadramento di un negozio atipico in una fattispecie tipizzata dall’ordinamento condurrebbe ad una vanificazione dell’autonomia privata, con conseguente astrazione dalla concretezza della prassi commerciale la quale mira, appunto, ad un rafforzamento della protezione dei diritti della banca finanziatrice e, quindi, a realizzare interessi certamente apprezzabili secondo l’ordinamento giuridico ex art. 1322, comma 2, c.c. Il Tribunale aggiunge che qualora la lettera di <em>patronage</em> contenga impegni precisi del garante-controllante tendenti a far fronte alla eventuale insolvibilità del patrocinato (o <em>patronnè</em>) al fine di assicurare, sia pure con una garanzia atipica, il buon fine del finanziamento e di fornire una maggiore protezione dell’interesse del creditore alla restituzione, sì da dar vita ad una vera e propria obbligazione di risultato, è possibile ricondurre tali pattuizioni alle obbligazioni di fare, qualificabili in termini di concreta attivazione affinché il <em>patronnè</em> soddisfi il proprio debito nei confronti della banca con conseguente applicazione delle regole generali di cui all’art. 1218 c.c.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2010</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 gennaio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.1520 alla cui stregua, innovativamente, l’art. 1938 cod. civ., come modificato dalla legge 17 febbraio 1992, n. 154, nel prevedere la necessità dell'importo massimo garantito per le obbligazioni future, nell’ambito della disciplina della fideiussione, pone un principio generale di garanzia e di ordine pubblico economico, valevole anche per le garanzie personali atipiche e, tra queste, quella di "<em>patronage</em>". Dal punto di vista della natura giuridica, la lettera di <em>patronage</em> è stata oggetto di un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, ed in particolare la giurisprudenza ha escluso per molti anni l’applicabilità alla lettera di patronage dei principi e dei limiti dettati in materia di fideiussione; ciò a fronte della mancanza, nella lettera di <em>patronage</em>, della necessaria manifestazione espressa della volontà di prestare la garanzia, richiesta invece per la fideiussione dall’articolo 1937 c.c.; peraltro, la circostanza onde l’impegno sotteso alla presentazione della lettera di <em>patronage</em> riguarda esclusivamente le “<em>linee di credito accordate</em>” dalla banca e non tutte le obbligazioni del patrocinato, ha agevolato la giurisprudenza nel negare un diretto inquadramento dell’istituto nella figura delle fideiussioni <em>omnibus</em>, ovvero quelle prestate a favore di un istituto di credito per tutte le obbligazioni del debitore garantito derivanti da future operazioni bancarie, con conseguente inapplicabilità dei limiti di validità del negozio dettati dall’articolo 1938 c.c.. Con questa sentenza invece la Corte stabilisce l’applicabilità alla lettera di patronage del principio dettato dall’articolo 1938 c.c., così come modificato dalla legge n. 154 del 1992, che prevede la necessaria indicazione nel documento del limite massimo garantito per le obbligazioni future, precisando che quella dell’art. 1938 c.c. nel testo novellato (dalla legge 1992 n. 154 art. 10), pur essendo inserita nella disciplina tipica dell’istituto della fideiussione, introduce un principio generale di garanzia e di ordine pubblico economico, suscettibile di valenza generale anche per le garanzie personali atipiche e tra queste quelle di <em>patronage</em>. La conseguenza che ne ritrae la dottrina è che l’espressa indicazione del limite massimo dell’importo per il quale il <em>patronnant</em> rende la propria dichiarazione deve essere sempre inserita all’interno del documento, pena la nullità della lettera di <em>patronage</em> e del relativo contenuto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2011</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 dicembre esce la sentenza delle SSUU n.30174 che – pur occupandosi direttamente di una fattispecie in tema di solidarietà e di transazione – lambisce in modo interessante anche la questione delle lettere di <em>patronage</em>. Per la Corte, più in specie, nessuna violazione delle norme sull'interpretazione dei contratti è dato riscontrare nel caso di specie, avendo la corte di merito con la gravata sentenza correttamente desunto dal chiaro tenore delle lettere di <em>patronage</em>, oltre che dal successivo comportamento delle parti, l'intenzione di una società di assicurazioni di assumere direttamente - nei confronti della banca creditrice - l'obbligazione di garanzia oggetto di causa, ed essendo ciò assorbente (sempre per la Corte) rispetto ad ogni altro profilo di censura dedotto nel ricorso, ivi compreso quello relativo alla necessità che l'assunzione dell'obbligo di garanzia risulti in modo espresso, poiché è proprio nelle espressioni adoperate nei testi contrattuali che la volontà di assumere un tale obbligo è stata inequivocabilmente individuata dalla corte di merito. La Corte soggiunge come non emergano lacune o contraddizioni nella motivazione dell'impugnata sentenza su punti che possano dirsi decisivi, mentre le critiche formulate nel motivo di ricorso investono aspetti dell'interpretazione data in concreto agli specifici contratti di cui si tratta, che rientrano nell'esclusiva competenza del giudice del merito e non sono suscettibili di riesame ad opera della Corte di Cassazione medesima; più nel dettaglio, risulta assodato che la società assicuratrice (<em>patronnant</em>), con le lettere di <em>patronage</em> prodotte in giudizio, s'impegnò verso la banca creditrice a garantire l'esposizione debitoria della società X, avente oggetto immobiliare, partecipata al 100% da altra società Y., a propria volta controllata dalla stessa società di assicurazione <em>patronnant</em>. Per la Corte deve assumersi non anomalo, in via di principio, che la società capogruppo si renda garante per le esposizioni debitorie di una o più delle sue controllate, nella misura in cui vi possa corrispondere un interesse del gruppo nel suo insieme e, di riflesso, un interesse della stessa controllante. Il prestare garanzia - soggiunge la Corte - in sè considerato, lungi dall'integrare gli estremi di un'attività commerciale incoerente ed incompatibile con l'oggetto sociale della garante (assicurazione), ben può configurarsi come un atto strumentale alla conservazione del valore della partecipazione azionaria di cui la stessa garante è titolare, e quindi condividere la medesima finalità cui è ispirata la detenzione della partecipazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 febbraio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.2539 onde, con riguardo alle cosiddette lettere di "<em>patronage</em>" - che una società capogruppo o controllante indirizzi ad una banca, affinché questa conceda, mantenga o rinnovi un credito a favore di una società controllata - l'indagine diretta a stabilire se le lettere medesime si limitino a contenere dati e notizie sulla situazione del gruppo o sul rapporto di controllo, rilevanti al solo fine di mettere la banca in condizione di valutare adeguatamente l'opportunità di riconoscere detto credito (c.d. lettere informative), ovvero implichino anche l'assunzione di garanzia fideiussoria per i debiti della società controllata, si traduce in un accertamento di merito, come tale insindacabile in sede di legittimità, se correttamente ed adeguatamente motivato. La sentenza, che richiama il principio di diritto di un remoto precedente del 1985, sembra ricondurre la lettera di patronage c.d. impegnativa alla vera e propria fideiussione, ed alla garanzia tipica in essa insita.</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 giugno esce la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia n.946 che, nel riconoscere pieno valore alle lettere di <em>patronage</em> a favore di una municipalizzata attiva nel settore delle rinnovabili, condanna il Comune di Correggio (<em>patronnant</em>) a pagare, a titolo di risarcimento, quasi 11 milioni di euro a una Banca per due mutui (del medesimo importo) concessi alla Srl all'epoca interamente partecipata dall'amministrazione. Secondo il Giudice, più in specie, il municipio non ha adempiuto agli obblighi di copertura assunti con due diverse delibere a favore della partecipata, ed è pertanto tenuto al risarcimento danni da responsabilità contrattuale.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 agosto esce la sentenza I sezione della Cassazione n.19419 che richiama la precedente giurisprudenza onde l'interpretazione e ricostruzione delle lettere di <em>patronage</em>, e in specie del loro effettivo contenuto di «<em>garanzia</em>», si sostanzia in un accertamento di merito, come tale insindacabile in sede di legittimità, se correttamente e adeguatamente motivato (il richiamo è ai precedenti Cass., 9 maggio 1985, n. 2879; Cass., 9 febbraio 2016, n. 2539).</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 novembre esce l’ordinanza della VI sezione della Cassazione n.26924 alla cui stregua l'art. 1938 c.c., norma che in tema di fideiussione ammette le garanzie <em>omnibus</em> purché sia ivi previsto l'importo massimo garantito, è disposizione estensibile anche alle lettere di <em>patronage</em>, quali obbligazioni a carico del solo proponente ex art. 1333 c.c. (viene richiamata, proprio per l'estensione della necessaria indicazione dell'importo massimo, Cass. 26 gennaio 2010, n. 1520).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 aprile esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.2102, che premette come in caso di avvalimento avente ad oggetto il requisito di capacità economica finanziaria, rappresentato dal fatturato sia globale che specifico (c.d. avvalimento “<em>di garanzia</em>”), la prestazione oggetto specifico dell’obbligazione è costituita non già dalla messa a disposizione da parte dell’impresa ausiliaria di strutture organizzative e mezzi materiali, ma dal relativo impegno a garantire - con le proprie complessive risorse economiche, il cui indice è costituito dal fatturato - l’impresa ausiliata; ciò che dunque la impresa ausiliaria mette a disposizione della impresa ausiliata è il proprio valore aggiunto in termini di solidità finanziaria e di acclarata esperienza di settore, dei quali il fatturato costituisce un indice significativo. Ne consegue, per il Collegio, che non occorre che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o ad indici materiali atti ad esprimere una determinata consistenza patrimoniale e, dunque, alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, essendo sufficiente che da essa dichiarazione emerga l’impegno contrattuale della società ausiliaria a mettere a disposizione la propria complessiva solidità finanziaria ed il proprio patrimonio esperienziale, garantendo con essi una determinata affidabilità ed un concreto supplemento di responsabilità.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 maggio esce la sentenza della III sezione della Corte d’Appello di Milano n. 2419 che, in tema di interpretazione delle clausole contrattuali, riconosce la natura fideiussoria delle dichiarazioni attraverso le quali viene garantita la responsabilità dello Stato per le obbligazioni assunte da un’impresa un tempo in mano pubblica; ciò in particolare quando il tenore testuale delle dichiarazioni e il valore del complessivo comportamento non possono assumere altro significato che quello di garantire l’adempimento dei debiti altrui, anche quando non si faccia alcun esplicito riferimento all’istituto della fideiussione.</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 agosto esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.4765 alla cui stregua le dichiarazioni dell’impresa ausiliaria e il contratto di avvalimento devono assumersi atti diversi per natura, contenuto, finalità, costituendo la dichiarazione dell’impresa ausiliaria un atto di assunzione unilaterale di obbligazioni precipuamente nei confronti della stazione appaltante, mentre il contratto di avvalimento è atto bilaterale di costituzione di un rapporto giuridico patrimoniale che viene stipulato tra l’impresa partecipante alla gara e l’impresa ausiliaria, contemplante reciproche obbligazioni delle parti e precipue prestazioni da esse discendenti. Per il Consiglio di Stato dunque le dichiarazioni dell’impresa ausiliaria e il contratto di avvalimento non sono dunque sovrapponibili, le prime non potendo essere surrogate da dichiarazioni rese nel contratto di avvalimento; queste ultime, esaurendo la loro portata vincolante con esclusivo riferimento al concorrente, sarebbero insuscettibili di essere azionate dalla stazione appaltante nelle varie forme previste dalla normativa applicabile.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Che s’intende per lettera “di patronage” in ambito commerciale e finanziario?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>l’espressione significa, in un dappresso, <strong>lettera “<em>di conforto</em>”</strong>;</li> <li>si tratta di uno <strong>strumento di garanzia atipico e flessibile</strong>, funzionale alla soddisfazione di <strong>specifici interessi delle parti</strong> che ne sono coinvolte (<strong>causa concreta</strong>);</li> <li>proprio perché <strong>strumento di garanzia</strong>, esso accede ad un rapporto tra <strong>un creditore e un debitore</strong>;</li> <li>tale rapporto trova generalmente la propria fonte in un <strong>finanziamento</strong> (apertura di credito; mutuo e così via), ed agevola la <strong>concessione iniziale</strong> di detto finanziamento, il <strong>mantenimento</strong> del medesimo, ovvero il relativo <strong>ulteriore incremento</strong>;</li> <li>l’autore della lettera - c.d. “<strong><em>confortante</em></strong>” o “<strong><em>patronnant</em></strong>” - è in qualche modo <strong>avvinto,</strong> più che al soggetto (creditore) che la riceve, che eroga il finanziamento e che è il <strong>beneficiario del “<em>conforto</em>”</strong>, soprattutto al <strong>soggetto debitore “<em>patrocinato</em>”</strong> o “<strong><em>patronnè</em></strong>” che riceve il finanziamento dal creditore “<em>confortato</em>”; si tratta di un <strong>soggetto </strong>(almeno all’apparenza)<strong> particolarmente serio, affidabile ed autorevole</strong>, potendo <strong>solo in tale veste</strong> ingenerare un <strong>affidamento positivo</strong> in capo al creditore “<em>confortato</em>”;</li> <li>la forma della lettera è – per l’appunto – quella di una <strong>lettera</strong>, il cui tenore può essere: f.1) semplicemente <strong>informativo</strong>, con funzione di <strong>mero “<em>conforto</em>”</strong>; f.2) <strong>impegnativo</strong> per l’autore della lettera, con <strong>funzione di “<em>conforto</em>” di garanzia</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come si distinguono tra loro le c.d. lettere di patronage?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>lettere <strong>deboli o “<em>informative</em>”</strong>, che tuttavia possono in qualche modo <strong>comunque impegnare il <em>patronnant</em></strong>;</li> <li>lettere <strong>forti o “<em>impegnative</em>”</strong>, in cui si assiste alla nascita di un <strong>vero e proprio obbligo</strong>, con <strong>(lata) funzione di garanzia</strong>, in capo al <em>patronnant</em>; queste ultime si distinguono a propria volta in: b.1) lettere forti ed impegnative <strong>più calibrate sull’organizzazione interna</strong> del <strong>debitore patrocinato</strong>, che si muovono dunque in un’ottica <strong><em>ex ante</em></strong> di incisione sui <strong>rischi</strong> che potrebbero determinarne <strong>l’insolvenza</strong> ed il conseguente <strong>inadempimento</strong> (latamente assimilabili ad <strong>obbligazioni di mezzi</strong>): rientrano in questa ipotesi la lettera c.d. <strong>di divieto di svuotamento</strong> (obbligo di non pregiudicare la <strong>situazione finanziaria attuale</strong> della controllata), c.d. <strong>di mantenimento della posizione</strong> (obbligo di <strong>mantenere la posizione di influenza</strong> sulla società debitrice patrocinata per un dato periodo di tempo), c.d. <strong>di informata futura cessione</strong> (obbligo di comunicare al creditore confortato <strong>eventuali modifiche nel rapporto di controllo</strong> con la società debitrice patrocinata), c.d. <strong>di influenza o di vigilanza</strong> (obbligo di <strong>vigilare</strong> sulla società debitrice patrocinata in modo tale che essa <strong>onori l’obbligo</strong> di restituire al creditore confortato la somma finanziatale); b.2) lettere forti ed impegnative più calibrate <strong>sull’eventuale insolvenza</strong> ed il <strong>conseguente inadempimento</strong> del debitore patrocinato, che si muovono dunque in un’ottica di <strong>garanzia <em>ex post</em></strong>, per l’ipotesi in cui si sia pervenuti ad una <strong>fase patologica</strong>, con garanzia di <strong>un “<em>dare riequilibrativo</em>”</strong> o comunque di una <strong>assunzione di responsabilità</strong> laddove tale fase patologica venga raggiunta (latamente assimilabili ad <strong>obbligazioni di risultato</strong>): rientrano in questa ipotesi la lettera c.d. <strong>di assunzione del rischio delle perdite</strong> (obbligo di scongiurare per il creditore finanziatore <strong>perdite</strong> connesse al credito concesso al debitore patrocinato); c.d. <strong>di mantenimento della solvibilità</strong> (obbligo generico di tenere il debitore patrocinato <strong>nelle condizioni di poter essere solvibile</strong> e di poter mantenere i propri impegni nei confronti del creditore confortato); c.d. <strong>di mantenimento del capitale e del patrimonio</strong> (obbligo del <em>patronnant</em> di fare in modo che il debitore patrocinato <strong>mantenga una data consistenza</strong> di capitale e patrimonio).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre ricordare in particolare della responsabilità del <em>patronnant</em> in caso di c.d. lettere forti o obbligatorie?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>certamente in questo caso il <strong><em>patronnant</em></strong> si è assume un <strong>preciso obbligo</strong> nei confronti del <strong>creditore finanziatore</strong> del debitore patrocinato;</li> <li>si tratta di obbligo che <strong>nasce</strong> da una <strong>promessa del fatto del terzo ex art.1381 c.c.:</strong> il <em>patronnant</em> rassicura il creditore finanziatore sul fatto che il debitore patrocinato <strong>è solvibile</strong> e che <strong>restituirà l’importo finanziato</strong>, ovvero lo rassicura in ordine al fatto che la <strong>garanzia patrimoniale</strong> del debitore patrocinato verrà dallo stesso <strong>mantenuta intatta</strong>, o simili; da questo punto di vista, se il <em>patronnant</em> spiega <strong>lo sforzo diligente pertinente</strong> nei confronti del debitore patrocinato, e questi <strong>non onora quanto promesso</strong> dal <em>patronnant</em> medesimo (<strong>non restituisce</strong> la somma finanziata; <strong>diminuisce le garanzie patrimoniali</strong> e così via), il <em>patronnant</em> sarà tenuto ad <strong>un indennizzo</strong> nei confronti del creditore finanziatore; se invece <strong>non avrà spiegato tale sforzo diligente</strong>, sarà da assumersi <strong>inadempiente</strong> e dovrà <strong>risarcire il danno</strong> al creditore finanziatore; è la posizione della <strong>dottrina minoritaria</strong>, cui viene imputato di non tenere nel debito conto che – attraverso la <strong>lettera di <em>patronage</em></strong> – si fa luogo ad un <strong>modello di garanzia atipico</strong> <strong>diverso</strong> da quello <strong>fideiussorio</strong> - nel quale ultimo il creditore <strong>può contare solidalmente</strong> sull’obbligo del <strong>debitore garantito</strong> e su quello, <strong>identico</strong> (ed omologo) del <strong>creditore garante</strong> – sicché non è ammissibile ricondurre la fattispecie della lettera di <em>patronage</em> “<strong><em>forte</em></strong>” ad uno schema nel quale il <em>patronnant</em> finisce comunque con il <strong>garantire al creditore finanziatore</strong>, in via <strong>immediata e diretta</strong> (oltre che <strong>solidale</strong>), la <strong>restituzione dell’importo finanziato</strong> sulla scorta di una sorta di <strong>traslazione del rischio dell’inadempimento</strong> del debitore patrocinato;</li> <li>si tratta di <strong>obbligo</strong> che <strong>nasce</strong> da una <strong>promessa del fatto proprio ex art.1333 c.c.:</strong> la prestazione ha ad oggetto un <strong><em>facere</em> di natura atipica</strong> che consente, in via <strong>indiretta</strong>, di <strong>garantire il creditore</strong> in ordine al soddisfacimento delle proprie pretese connesse al finanziamento <strong>erogato, mantenuto od esteso</strong> nei confronti del debitore patrocinato: è la posizione della dottrina e della giurisprudenza <strong>maggioritarie</strong>, alla cui stregua il <strong><em>facere</em> atipico</strong> oggetto dell’obbligo assunto unilateralmente dal <em>patronnant</em> (per la soddisfazione di un proprio <strong>interesse di natura patrimoniale</strong>, onde si tratta di <strong>atto gratuito non liberale</strong>) si compendia di volta in volta nel <strong>rassicurare</strong> – obbligandovisi - il creditore in ordine al fatto che il <strong>patrimonio del debitore patrocinato</strong> non andrà <strong>disperso</strong>, ovvero che vi sarà comunque <strong>mantenuta la partecipazione del <em>patronnant</em></strong>, ovvero ancora che il debitore <strong>conserverà una solvibilità generica o specifica</strong> e così via;</li> <li>si tratta di obbligo assimilabile alla <strong>vera e propria fideiussione</strong>, seppure <strong>atipica</strong>, come sembra affiorare da <strong>talune recenti prese di posizione della Cassazione</strong>, anche sulla scia dell’<strong>applicabilità dell’art.1938 c.c. novellato</strong> in ordine all’<strong>importo massimo garantito</strong> in presenza di <strong>obbligazioni future</strong>;</li> <li>in ogni caso, la responsabilità del <em>patronnant</em> è <strong>di tipo “<em>contrattuale</em>”</strong>, sussistendo un vincolo dal quale nasce <strong>il proprio obbligo di “<em>garantire</em>”</strong> il creditore finanziatore: <strong>l’onere della prova</strong>, ripartito tra le parti secondo i tradizionali canoni riconnessi all’art.1218 c.c., ha ad oggetto <strong>l’inadempimento</strong> ed <strong>il nesso causale</strong> tra l’inadempimento medesimo (imputabile al <em>patronnant</em>) ed il <strong>pregiudizio subito</strong> dal creditore finanziatore; un nesso causale la cui prova appare talvolta <strong>problematica</strong>, fondandosi su un <strong>giudizio ipotetico e controfattuale</strong> avente ad oggetto il <strong>comportamento del <em>patronnant</em></strong> e la verifica di <strong>cosa sarebbe accaduto</strong> se egli, conformemente all’obbligo assunto con la lettera forte, avesse assunto il <strong>comportamento dovuto</strong>;</li> <li>l’intero contesto di responsabilità del <strong><em>patronnant</em></strong>, anche sul crinale dell’<strong>oggetto della prova</strong> del relativo <strong>inadempimento</strong>, appare condizionato dalla <strong>natura</strong> – <strong>di mezzi</strong> ovvero <strong>di risultato</strong> – che si annette alla relativa obbligazione, consacrata nella lettera “<strong><em>forte</em></strong>”: f.1) è obbligazione <strong>di risultato</strong>: è sufficiente che il creditore finanziatore <strong>non recuperi le somme finanziate</strong> per predicare la <strong>responsabilità del <em>patronnant</em></strong>, in disparte <strong>lo sforzo diligente</strong> di natura <strong>professionale</strong> in concreto da questi profuso (posizione assunta da chi punta sulla <strong>più estesa atipicità</strong> della lettera di conforto, lontana dallo schema della fideiussione); f.2) è obbligazione <strong>di mezzi</strong>: anche laddove il creditore finanziatore <strong>non rientri</strong> dell’erogato (o ampliato) finanziamento, ciò <strong>non è sufficiente a predicare la responsabilità</strong> del <em>patronnant</em>, che scatta solo in <strong>difetto</strong> di <strong>(provato) sforzo diligente</strong>, <strong>professionalmente qualificato</strong>, del <em>patronnant</em> medesimo (posizione assunta da chi tende ad avvicinare la lettera di conforto, pur <strong>atipica</strong>, al generale schema della <strong>fideiussione</strong>).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre ricordare in particolare della responsabilità del <em>patronnant</em> in caso di c.d. lettere deboli o informative?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>il problema nasce quando le <strong>informazioni</strong> che vi sono contenute sono <strong>false</strong> o, comunque, in qualche modo <strong>inveritiere</strong>;</li> <li>il <strong>diritto leso</strong> dalle dichiarazioni false è in primo luogo quello alla <strong>libertà di iniziativa economica privata</strong>, costituzionalmente presidiato (<strong>41 Cost.</strong>), ed alla connessa <strong>libertà di autodeterminarsi</strong>, o più genericamente alla <strong>libertà negoziale</strong>;</li> <li>da una parte si colloca un <strong>operatore economico particolarmente qualificato</strong> (il <em>patronnant</em>), le cui asserzioni appaiono <strong>particolarmente affidabili</strong> sia per il <strong>ruolo</strong> svolto, sia per i <strong>rapporti</strong> che vanta (o dice di vantare) con il soggetto patrocinato;</li> <li>dall’altro si colloca un <strong>mercato</strong> che <strong>deve essere veritiero</strong>, e nel cui ambito <strong>non vanno immesse dichiarazioni fuorvianti</strong> sullo <strong>stato di salute degli operatori economici</strong> che vi agiscono;</li> <li>non vanno fornite <strong>informazioni false</strong> né quando si è assunto lo <strong>specifico obbligo di non fornirle</strong> (ipotesi di eventuale <strong>responsabilità “<em>contrattuale</em>”</strong>), né quando tale <strong>obbligo specifico non si è assunto</strong>, ridondando allora le eventuali informazioni false in <strong>responsabilità aquiliana</strong>;</li> <li>se chi rende le dichiarazioni false <strong>è terzo</strong> rispetto alle <strong>parti che hanno concluso il contratto</strong> (come appunto accade tra finanziatore e debitore patrocinato), può scattare anche <strong>l’applicazione delle regole</strong> sulla c.d. <strong>responsabilità precontrattuale</strong> o <strong><em>in contrahendo</em></strong> (<strong>1337 c.c.</strong>), e ciò in quanto il <em>patronnant</em> si <strong>inserisce volontariamente nel processo formativo</strong> del <strong>contratto coinvolgente terzi</strong> incidendo sull’<strong>affidamento del destinatario</strong> delle proprie dichiarazioni inveritiere e condizionandone l’esito, giusta violazione dei <strong>canoni di correttezza e buona fede</strong>; la particolare <strong>qualificazione professionale</strong> del <em>patronnant</em> rende operativo <strong>l’art.1176, comma 2, c.c.</strong>, e ne fa <strong>presumere la colpa</strong>, potendosi normalmente assumere <strong>avveduto</strong> in ordine alla <strong>reale consistenza patrimoniale e finanziaria</strong> del debitore patrocinato; la banca finanziatrice (e creditrice) dovrà invece provare <strong>il nesso (e l’adeguatezza) causale</strong> tra le dichiarazioni false e la <strong>concreta concessione del finanziamento</strong> (ovvero il <strong>mantenimento</strong> o l’<strong>estensione della linea di credito</strong>) al debitore patrocinato, potendo peraltro incorrere nel <strong>rigetto</strong> della domanda laddove – per essere essa stessa un <strong>operatore professionale</strong> - debba assumersi <strong>in colpa</strong> in ordine al <strong>controllo sulla veridicità delle informazioni rese</strong> dal <em>patronnant</em>; sul crinale della <strong>quantificazione risarcitoria</strong>, normalmente nei casi di responsabilità da <strong>interruzione delle trattative</strong>, <strong>non venendo concluso</strong> il contratto, la parte che non è approdata al <strong>divisato assetto contrattuale</strong> può invocare il risarcimento dell’<strong>interesse negativo</strong> (<strong>spese</strong> come danno emergente ed <strong>occasioni contrattuali perse</strong> come lucro cessante), mentre nel caso della lettera di <em>patronage</em> le parti sulle quali il <em>patronnant</em> ha influito <strong>sono giunte ad un contratto</strong> che è <strong>sconveniente per una di esse</strong>, il finanziatore, il quale può invocare secondo la giurisprudenza sulla <strong>responsabilità precontrattuale “<em>informativa</em>”</strong> il <strong>danno da minor vantaggio ottenuto</strong>, ovvero <strong>da maggiore aggravio economico subito</strong>, in conseguenza dell’assetto contrattuale alfine raggiunto;</li> <li>se chi rende le dichiarazioni false <strong>è terzo</strong> rispetto alle <strong>parti che hanno concluso il contratto</strong> (come appunto accade tra finanziatore e debitore patrocinato), può scattare <strong>anche</strong> l’applicazione <strong>dell’art.1439, comma 2,</strong> che legittima (la banca finanziatrice) a chiedere <strong>l’annullamento del contratto</strong> per <strong>dolo del terzo</strong> (il <em>patronnant</em> appunto), laddove appunto il terzo <strong>sia in dolo</strong> nel rendere le <strong>dichiarazioni false</strong> (<strong>si rappresenta la falsità</strong> delle proprie dichiarazioni e <strong>vuole ottenere il finanziamento</strong> del debitore patrocinato) e le proprie <strong>dichiarazioni</strong> <strong>raggiranti</strong> – <strong>note</strong> al patrocinato - siano <strong>idonee ad indurre in errore</strong> il creditore finanziatore.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa distingue (almeno teoricamente) la lettera di <em>patronage</em> dalla fideiussione?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>entrambe rientrano nell’ambito delle <strong>garanzie personali</strong>, la fideiussione in senso <strong>più tecnico</strong>, la lettera di <em>patronage</em> in senso <strong>più ampio</strong>, come strumento di <strong>promozione del credito</strong> e di contestuale <strong>garanzia di affidabilità</strong> di chi lo riceve;</li> <li>la prestazione del <strong>fideiussore</strong>, tuttavia, consiste nell’<strong><em>idem debitum</em></strong> del debitore garantito (medesima prestazione), mentre la prestazione del <strong><em>patronnant</em></strong> si compendia – quando la lettera <strong>è impegnativa</strong> – in un <strong>obbligo di dare o di <em>facere</em></strong> che ha <strong>oggetto diverso</strong> rispetto al debito che grava sul debitore principale c.d. patrocinato (rimborso del credito ottenuto), e che si compendia – in caso di <strong>inadempimento</strong> del debitore medesimo – in un <strong>obbligo di risarcire i danni</strong> al creditore confortato;</li> <li>l’orientamento giurisprudenziale inaugurato nel 2010 e tendente ad applicare il <strong>novellato art.1938 c.c.</strong> sul c.d. <strong>limite massimo garantito</strong> – esplicitamente dettato in tema di <strong>fideiussione</strong> – alle <strong>lettere di <em>patronage</em>d. impegnative</strong>, tende tuttavia a <strong>riaccostare decisamente</strong> le due figure.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p>