<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte costituzionale, sentenza 13 novembre 2019, n. 233</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Va dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, promossa dalla Regione Calabria in riferimento agli artt. 81 e 97 della Costituzione; vanno poi dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 6, 8, 9, 14 e 15 del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, promosse dalla Regione Calabria, in riferimento agli artt. 5, 117, 119, 120 e 121 Cost..</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È fondata l’eccezione di inammissibilità delle censure di violazione dell’art. 81 Cost., per carenza di copertura finanziaria di taluni interventi disposti dal d.l. n. 35 del 2019, e del principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), poiché dalla ricorrente è solo asserita, ma non anche adeguatamente motivata, la ridondanza della dedotta violazione di tali parametri sulle competenze regionali (da ultimo, sentenze n. 195 e n. 194 del 2019; n. 198 e n. 137 del 2018).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel merito, le questioni proposte non sono fondate. d.l. n. 35 del 2019 è volto – come evidenziato nelle relative premesse – a porre rimedio alla situazione di estrema criticità determinata dalle perduranti condizioni di mancato riequilibrio economico finanziario dal disavanzo del settore sanitario. Condizioni che hanno comportato, in Calabria, «</em>il mancato raggiungimento del punteggio minimo previsto dalla griglia dei livelli essenziali di assistenza nonché rilevanti criticità connesse alla gestione amministrativa, più volte riscontrate, da ultimo, dai Tavoli di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dei LEA nella seduta congiunta del 4 aprile 2019<em>». Dal che, appunto, «</em>la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure in materia di carenza di personale sanitario, di formazione sanitaria, di carenza di medicinali e altre misure, tutte volte a garantire e a promuovere la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e ad assicurare una maggiore efficienza e funzionalità del Servizio sanitario nazionale nonché una migliore erogazione delle prestazioni, rispondendo in maniera sempre più adeguata alle esigenze dell’utenza<em>».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È, dunque, quello poi confluito nella legge di conversione n. 60 del 2019, un intervento normativo non ordinario ma appunto straordinario, che si propone di «</em>affrontare con determinazione e rapidità il tentativo di traghettare la sanità calabrese verso situazioni di “normalità” amministrativa<em> […], </em>dotando il Commissario ad acta per l’attuazione degli obiettivi del piano di rientro della Regione Calabria di poteri straordinari<em>», che consentano in tempi certi e definiti la rimozione dei principali fattori di criticità. Tra i quali la sistematica violazione degli obblighi derivanti dai principi della funzione pubblica, la gestione del personale fuori controllo, le divergenze emerse tra i vertici politici regionali e la struttura commissariale, gli impatti negativi del saldo della mobilità, i ritardi nei tempi di pagamento dei fornitori, il risultato della griglia dei LEA, peggiore di quello di ogni altra Regione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’intervento nel relativo complesso è riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato non soltanto perché attinente all’esercizio del potere sostitutivo statale ex art. 120 Cost., che può estrinsecarsi anche attraverso l’adozione di atti normativi, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 131 del 2003, ma soprattutto perché rientrante nella relativa competenza esclusiva in tema di «</em>determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale<em>» ex art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. (lo scopo di perseguire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di tutela della salute nella Regione Calabria, già enunciato nel preambolo del decreto-legge, è ancor più esplicitamente messo in evidenza nell’art. 1 del decreto-legge come convertito). E, nella misura in cui risponde alla funzione di orientare la spesa sanitaria verso una maggiore efficienza, l’intervento stesso rientra nell’ambito dei principi fondamentali della materia concorrente «</em>coordinamento della finanza pubblica<em>» (art. 117, terzo comma, Cost.).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le concorrenti competenze regionali (anche in materia di tutela della salute e governo del territorio), con le quali l’impugnata normativa statale interferisce, non risultano violate ma solo temporaneamente ed eccezionalmente “</em>contratte<em>”, in ragione della pregressa inerzia regionale o, comunque, del non adeguato esercizio delle competenze stesse. Viene, al riguardo, in rilievo il principio già affermato dalla Corte, per cui «</em>quando una Regione viola gravemente e sistematicamente gli obblighi derivanti dai principi della finanza pubblica, come nel caso che conduce alla nomina del commissario ad acta, allora essa patisce una contrazione della propria sfera di autonomia, a favore di misure adottate per sanzionare tali inadempimenti da parte dello Stato<em>» (sentenza n. 219 del 2013; nello stesso senso, sentenza n. 155 del 2011). Dal che, più specificamente in tema, il corollario per cui «</em>la deroga alla competenza legislativa delle Regioni, in favore di quella dello Stato, è ammessa nei limiti necessari ad evitare che, in parti del territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato<em>» (sentenze n. 125 del 2015 e n. 217 del 2010).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’introduzione di una disciplina temporanea, avente come unico destinatario la Regione Calabria, non costituisce, dunque, un intervento discriminatorio, ma ha la finalità di realizzare un necessario riallineamento della gestione della sanità locale rispetto agli standard finanziari e funzionali operanti per la generalità degli enti regionali. Le procedure collaborative tra Stato e Regione, che la ricorrente lamenta violate, non rilevano nel sindacato di legittimità degli atti legislativi (</em>ex plurimis<em>, sentenze n. 278 del 2010, n. 371 del 2008 e n. 387 del 2007), salvo che l’osservanza delle stesse sia imposta, direttamente o indirettamente, dalla Costituzione (sentenze n. 33 del 2011 e n. 278 del 2010). L’esclusione della rilevanza di tali procedure, che è formulata in riferimento al procedimento legislativo ordinario, «</em>vale a maggior ragione per una fonte come il decreto-legge, la cui adozione è subordinata, in forza del secondo comma dell’art. 77 Cost., alla mera occorrenza di “casi straordinari di necessità e d’urgenza<em>”» (sentenze n. 251 del 2016, n. 298 del 2009 e n. 79 del 2011).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La denunciata violazione del principio di leale collaborazione è sostanzialmente reiterativa dell’analoga doglianza formulata con il ricordato precedente ricorso per conflitto avverso la delibera di nomina del nuovo Commissario ad acta ed è già stata rigettata con sentenza n. 200 del 2019. Quanto alle ulteriori censure specificamente rivolte dalla ricorrente a talune singole misure introdotte dalla normativa impugnata, è sufficiente, in contrario, rilevare che: - la regolamentazione del potere del Commissario governativo di effettuare una verifica dell’operato dei direttori generali delle aziende del Servizio sanitario regionale, ai sensi dell’art. 2 della predetta normativa, costituisce sì una disciplina speciale, ma essa è funzionale alle esigenze sottese all’emanazione del decreto-legge, adottato nel rispetto dell’art. 120 Cost.; - la pretesa della Regione di fungere da supporto all’attività commissariale si pone in contrasto con l’esercizio pieno della potestà sostitutiva statale; ma resta, comunque, consentita la partecipazione paritaria della Regione al Tavolo di verifica del Piano di rientro e al Comitato sui livelli essenziali di assistenza sanitaria; - la disponibilità concessa alla struttura commissariale, del personale, degli uffici e dei mezzi regionali, costituisce misura ordinariamente prevista per ogni commissariamento; - la facoltà accordata ai Commissari governativi di avvalersi della Guardia di finanza, nell’esercizio delle loro attribuzioni, è funzionale al raggiungimento degli obiettivi del Piano di rientro dal disavanzo sanitario e, comunque, non viola alcuna competenza della Regione; - il ricorso obbligatorio alla Consip spa o alle centrali di committenza di altre Regioni per ogni acquisto o negoziazione sopra soglia comunitaria, in quanto </em>lex specialis<em>, va correttamente inteso come riferito ai soli nuovi contratti e non è quindi, di ostacolo – come si paventa – al prosieguo delle gare in atto. Allo stesso modo, per i contratti sotto soglia, la previsione di un protocollo d’intesa con l’ANAC si riferisce ai contratti da stipulare; - la regolamentazione degli interventi in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, con la relativa previsione della facoltà di avvalersi, previa convenzione, di Invitalia spa, quale centrale di committenza, ricade nell’ambito della tutela della salute e del governo del territorio, materie che riguardano la potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., e non la competenza legislativa residuale ex art. 117, quarto comma, Cost., che a torto la ricorrente lamenta violata; - la disposizione sub art. 14, comma 1, stabilisce esclusivamente un vincolo all’utilizzo delle risorse, che restano, comunque, destinate alla Regione Calabria, nell’ambito del “payback farmaceutico” finalizzato alla copertura della massa passiva delle aziende in dissesto, con procedura di riparto, peraltro, condizionata da intesa con la Regione. E ciò ne esclude il prospettato contrasto con l’art. 119 Cost.; - la cessazione delle funzioni dei direttori generali degli enti sanitari eventualmente nominati dalla Regione nei trenta giorni anteriori all’entrata in vigore del d.l. n. 35 del 2019, con la connessa revoca delle procedure selettive in corso – prevista sub art. 15 – è censurata, infine, dalla ricorrente solo per il relativo carattere di «</em>norma non di principio ma di dettaglio<em>» e tale censura è superata dalle considerazioni che precedono, oltre a trovare giustificazione nelle pregresse gravi inadempienze regionali.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’effettiva rispondenza delle misure adottate dal legislatore del 2019 allo scopo perseguito di «</em>risanamento del servizio sanitario<em>» e soprattutto di tutela del «</em>rispetto dei livelli essenziali di assistenza in ambito sanitario<em>» nella Regione Calabria nonché l’assenza di eventuali loro effetti controproducenti (quali paventati in udienza dal difensore della resistente) dovranno essere attentamente monitorate da parte dello Stato, e valutate in concreto, in sede applicativa delle misure stesse.</em></p>