<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">La Sezione I del TAR Lombardia – Milano, nel dirimere la presente controversia, muoveva dalle seguenti ragioni di</p> <p style="text-align: justify;">FATTO E DIRITTO</p> <p style="text-align: justify;">La Prefettura di Milano, con l’interdittiva del 29.12.2017, confermava l’informativa antimafia del 21.12.2009 nei confronti di –OMISSIS- , sancendo che, alla luce delle risultanze istruttorie, persistevano elementi di permeabilità criminale che potevano influire anche indirettamente sull’attività d’impresa dell’interdetta, per la quale non era possibile escludere un potenziale condizionamento da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso.</p> <p style="text-align: justify;">-OMISSIS- lamentava che l’interdittiva era supportata da un quadro probatorio inadeguato rispetto al paradigma normativo dettato dagli artt. 84 e s.s. del d.l.vo n. 159/11, prendendo le mosse da tre principali ragioni: 1) era tesa a valorizzare solo condotte criminali giudicate e cessate da anni; 2) valorizzava indagini di criminalità organizzata e condanne penali non direttamente riferibili al titolare di –OMISSIS-; 3) attribuiva rilevanza decisiva ai soli legami familiari esistenti tra il titolare della società e talune persone condannate per reati di mafia.</p> <p style="text-align: justify;">Per il TAR Lombardia – Milano le censure formulate dalla ricorrente erano infondate.</p> <p style="text-align: justify;">Preliminarmente l’A.G. adita riteneva opportuno individuare il quadro generale relativo alla ratio e ai presupposti necessari per l’adozione dell’interdittiva antimafia, nonché gli elementi di fatto idonei ad assumere un valore indiziario del pericolo di infiltrazione mafiosa.</p> <p style="text-align: justify;">In particolare, la Sezione I, sul punto richiamava i principi enunciati dalla giurisprudenza amministrativa:</p> <ul style="text-align: justify;"> <li>l’informativa antimafia presuppone concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata;</li> <li>si tratta di una misura volta alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica amministrazione;</li> <li>il codice delle leggi antimafia ha tipizzato un istituto mediante il quale si constata un’obiettiva ragione di insussistenza della perdurante fiducia sulla affidabilità e sulla moralità dell’imprenditore;</li> <li>l’interdittiva prefettizia antimafia integra, secondo una logica di anticipazione della soglia di difesa dell’ordine pubblico economico, una misura preventiva, volta a colpire la criminalità organizzata, impendendole di avere rapporti con la pubblica amministrazione (ne consegue che essa prescinde dall’accertamento di singole responsabilità penali);</li> <li>tanto in sede amministrativa, quanto in sede giurisdizionale, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento;</li> <li>con riferimento alla consistenza del quadro indiziario rilevante dell’infiltrazione mafiosa si deve dar conto in modo organico e coerente dei fatti aventi le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, sulla base della regola causale del “più probabile che non” (è estranea al sistema delle informative antimafia la logica del “al di là di ogni ragionevole dubbio”);</li> <li>gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali (l’Autorità prefettizia deve valorizzare fatti che prescindono dall’atteggiamento antigiuridico);</li> <li>anche i soggetti semplicemente conniventi con la mafia sono passibili di informativa;</li> <li>vi sono situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa tipizzate dal legislatore (artt. 84 comma 4 lettera a), 91 comma 6 d.l. vo 159/2011) e non tipizzate dal legislatore;</li> <li>l’Autorità prefettizia, al fine di accertare eventuali infiltrazioni mafiose nell’attività di impresa, deve valutare i seguenti elementi: a) provvedimenti sfavorevoli del giudice penale; b) sentenze di proscioglimento o di assoluzione; c) proposta o provvedimento di applicazione delle misure previste dallo stesso d.l. vo 159/11; d) rapporti di parentela; e) contatti o rapporti frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia; f) vicende anomale nella formale struttura dell’impresa; g) vicende anomale nella gestione dell’impresa; h) condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi benefici; i) inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità.</li> </ul> <p style="text-align: justify;">Secondo il TAR i principi sopra richiamati erano stati rispettati anche nel caso di specie, in quanto il provvedimento impugnato si basava su elementi di diversa natura, che, nella loro complessiva articolazione, supportavano la valutazione di attuale e concreto pericolo di infiltrazione mafiosa.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio rappresentava che sussistevano una molteplicità di elementi a carico della ricorrente per sostenere l’applicabilità della misura: 1) intercettazioni telefoniche e ambientali, 2) legami familiari; 3) l’ambiguità della struttura societaria (personale dipendente legato alla criminalità organizzata e gravato da precedenti penali); 4) situazione peculiare in cui si trovava –OMISSIS-, soggetto che vantava una pluralità di condanne (su tutte associazione per delinquere di stampo mafioso).</p> <p style="text-align: justify;">Per il TAR, l’insieme degli elementi sopra evidenziati era stato posto dalla Prefettura di Milano, espressamente o mediante il rinvio agli istruttori, a fondamento dell’interdittiva, che, pertanto, si fondava su una corretta rappresentazione della situazione di fatto riferibile alla struttura societaria di –OMISSIS-, al contesto familiare di riferimento e ai rapporti di parentela esistenti tra il titolare della società e persone appartenenti ad associazioni criminali di tipo mafioso.</p> <p style="text-align: justify;">Le ricorrenti lamentavano che il Prefetto di Milano si era “appiattito” sulla relazione del Gruppo dei Carabinieri di castello Cisterna. Per il Collegio, la tesi non poteva essere condivisa.</p> <p style="text-align: justify;">Il TAR rappresentava che in tema di adeguatezza della motivazione dei provvedimenti interdittivi, la giurisprudenza amministrativa aveva da tempo tracciato le seguenti linee interpretative:</p> <ul style="text-align: justify;"> <li>la motivazione dell’informativa deve “scendere nel concreto”, cioè deve indicare sia gli elementi di fatto posti a base delle valutazioni, sia le ragioni in base alle quali gli elementi emersi nel corso del procedimento siano tali da indurre a concludere in ordine alla sussistenza dei relativi presupposti;</li> <li>qualora i fatti risultino chiari ed evidenti, il provvedimento prefettizio può limitarsi a marcare la loro sussistenza;</li> <li>nel caso in cui, i fatti emersi risultino opinabili, e si debbano effettuare collegamenti e valutazioni, il provvedimento prefettizio deve motivatamente specificare quali elementi ritenga rilevanti e come essi si leghino tra loro;</li> <li>quand’anche il provvedimento prefettizio contenga una motivazione poco curata o scarna, profili di eccesso di potere possono risultare effettivamente sussistenti solo se, a loro volta, anche gli atti del procedimento non siano congruenti e siano carenti di effettivi contenuti, frettolosi o immotivati;</li> <li>profili di inadeguatezza della valutazione vanno esclusi se negli atti risultano richiamate le effettive ragioni sostanziali poste a base del provvedimento;</li> <li>in ogni caso, l’impianto motivazionale dell’informativa deve fondarsi su una rappresentazione complessiva, riferibile all’Autorità prefettizia, degli elementi di permeabilità criminale, che possano influire anche indirettamente sull’attività dell’impresa.</li> </ul> <p style="text-align: justify;">Nel caso di specie, per il Collegio, i parametri sopra indicati erano stati rispettati dall’amministrazione. In particolare, il provvedimento prefettizio recava l’esplicita enucleazione delle ragioni dell’interdittiva, riferendosi alle condanne riportate da –OMISSIS-. Dette statuizioni non erano rilevanti come meri dati storico-giuridici, ma rendevano manifesta la reale dimensione criminale delle persone coinvolte nella vicenda in esame. La relazione dei carabinieri, invero, veniva richiamata per evidenziare il modus operandi di tali soggetti sul piano economico. La motivazione dell’interdittiva, quindi, esponeva compiutamente gli elementi di fatto valutati dall’amministrazione.</p> <p style="text-align: justify;">Secondo il TAR, inoltre, non poteva essere condivisa la censura di irragionevolezza della motivazione sollevata dalla ricorrente, sulla scorta della quale l’affermazione dell’attuale pericolo di infiltrazione mafiosa era del tutto apodittica, perché non supportata da un coerente quadro indiziario.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Collegio, il quadro indiziario esposto dall’amministrazione risultava coerente con il paradigma indiziario ed interpretativo di riferimento. In particolare, l’A.G. predetta richiamava l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui, il decorso del tempo è un elemento neutro che non smentisce da solo la persistenza di legami, vincoli e sodalizi e comunque non dimostra l’interruzione di questi, se non corroborato da ulteriori e convincenti elementi indiziari.</p> <p style="text-align: justify;">In aggiunta il TAR, riportandosi ad un recente indirizzo ermeneutico, rappresentava che l’inderdittiva ha una funzione spiccatamente preventiva, essendo rivolta ad evitare il pericolo di infiltrazione mafiosa, e ad essa, non si correla alcun effetto sanzionatorio, sicché non postula l’accertamento di reati o di comportamenti in sé penalmente rilevanti, ma il riscontro di elementi rilevanti nel loro valore oggettivo, storico, sintomatico perché rivelatori del condizionamento che la mafia può esercitare sull’impresa anche al di là e persino contro la volontà del singolo.</p> <p style="text-align: justify;">Pertanto, il riferimento ai legami familiari effettuato dal Prefetto non integrava una mera suggestione ma si trattava di una doverosa evidenziazione del reale ambiente in cui si collocava ed operava la società – OMISSIS-. Né era condivisibile la mancanza dell’attualità del pericolo, per mancata dimostrazione dell’appartenenza di taluno dei famigliari ad un’organizzazione criminale.</p> <p style="text-align: justify;">L’attualità del pericolo, per il Collegio, emergeva dalla palese contiguità della compagine societaria ad esponenti della criminalità organizzata.</p> <p style="text-align: justify;">Secondo il TAR non poteva trovare accoglimento, in quanto indifferente, la doglianza secondo cui difettava la dimostrazione di una vera e propria comunanza di affari tra la società e gli esponenti della criminalità organizzata. Ciò che rilevava era, infatti, il pericolo di assoggettamento dell’impresa alla gestione mafiosa.</p> <p style="text-align: justify;">Un ulteriore indizio individuato dall’amministrazione era l’evidente discrasia, sul piano finanziario e patrimoniale, tra i redditi dichiarati e le spese sostenute, elemento che per il Collegio arricchiva il già adeguato quadro indiziario.</p> <p style="text-align: justify;">Ne conseguiva, pertanto, l’infondatezza delle censure proposte.</p> <p style="text-align: justify;">Il TAR Lombardia – Milano, in definitiva, respingeva il ricorso. Le spese seguivano la soccombenza.</p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Alessandro Piazzai</em></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>