<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Controllare significa garantire, dall’interno o dall’esterno, che chi agisce operi in modo (specie sul crinale economico, in contesto interno e sovranazionale) conforme rispetto a determinate coordinate di legittimità (o di opportunità): poco controllo può voler dire illegittimità (o inopportunità) dell’</em>agere publico<em>; troppo controllo può voler dire paralisi dell’Amministrazione attiva, con compromissione in specie del valore dell’efficacia e dell’efficienza pubblica. Tra questi due poli si gioca la disciplina tanto sostanziale quanto processuale dei rapporti tra controllante e controllato, entrambi pubblici, rispetto al privato titolare di un determinato interesse (giustiziabile) ad un bene della vita, la cui soddisfazione dipende dal potere dell’Amministrazione agente.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1862</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 agosto viene varata la legge n.800 che istituisce la Corte dei Conti, con compiti di vigilanza sulle Amministrazioni del neonato Stato italiano</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1934</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 luglio viene varato il Regio Decreto n.1214, che reca Testo Unico di disciplina dell’attività della Corte dei Conti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il codice civile prevede forme di controllo dell’autorità amministrativa sugli atti di soggetti privati, specie quando vi è coinvolto un interesse pubblico: è il caso delle fondazioni, onde secondo l’art.25 c.c. l'autorità governativa esercita il controllo e la vigilanza sull'amministrazione delle <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/617.html">fondazioni</a> medesime; provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla, sentiti gli amministratori, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a norme imperative, all'atto di fondazione, all'<a href="http://www.brocardi.it/dizionario/604.html">ordine pubblico</a> o al <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/605.html">buon costume</a>; può sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto o dello <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/621.html">scopo</a> della fondazione o della legge; l'annullamento della deliberazione da parte dell’autorità governativa non pregiudica peraltro (comma 2) i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima (una disposizione assunta rilevante anche in tema di sorte del contratto a valle rispetto all’aggiudicazione dei contratti pubblici); infine, le azioni contro gli amministratori per fatti riguardanti la loro responsabilità devono essere autorizzate dall'autorità governativa e sono esercitate dal commissario straordinario, dai liquidatori o dai nuovi amministratori.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 gennaio entra in vigore la Costituzione repubblicana, che prevede riserve di legge in tema di organizzazione dei pubblici uffici, in modo da assicurarne l’imparzialità ed il buon andamento (art.97), con ciò disegnando un sistema nel quale atti ed attività degli organi e dei soggetti pubblici devono ispirarsi a criteri di buona amministrazione, specie nell’ottica della più efficiente gestione delle risorse pubbliche, con <em>in nuce</em> già il concetto di necessario perseguimento di un risultato finale funzionale alla soddisfazione dell’interesse pubblico. Importante è poi l’art.100, secondo i cui comma 2 e 3 la Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato; partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria; riferisce infine direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito; la legge assicura l'indipendenza della Corte (come del Consiglio di Stato) e dei relativi componenti di fronte al Governo. Vengono anche previste altre due norme di rilievo, ovvero l’art.125, comma 1, onde il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione è esercitato, in via preventiva e forma decentrata, da un organo dello Stato (il Commissario di Governo), nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, mentre la legge può in determinati casi ammettere il controllo di merito, al solo effetto di promuovere, con richiesta motivata, il riesame della deliberazione da parte del Consiglio regionale; e l’art.130, alla cui stregua un organo della Regione (quello che sarà il Co.Re.Co.), costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercita, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Provincie, dei Comuni e degli altri enti locali; in casi determinati dalla legge può anche essere esercitato il controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione. Per quanto concerne il Commissario di Governo, l’art.124 della Costituzione gli affida – quale organo statale – il coordinamento tra le funzioni amministrative statali e quelle regionali. Ai sensi dell’art.127, lo Stato può agire in via preventiva innanzi alla Corte costituzionale nei confronti di una legge regionale, impedendone l’entrata in vigore.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1958</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 21 marzo viene varata la legge n.259 che disciplina in particolare la Sezione Controllo Enti sovvenzionati dallo Stato della Corte dei Conti: un organo che continuerà ad operare senza soluzione di continuità - seppure via via con minor rilievo sistematico, specie a seguito della successiva, c.d. <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Privatizzazione">privatizzazione</a> - controllando la gestione complessiva degli Enti pubblici e privati che ricevono contributi dallo Stato, rilevandone eventuali squilibri gestionali massime in materie quali gli appalti, gli aiuti di Stato e la concorrenza.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1963</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 dicembre esce la sentenza della Corte costituzionale n. 163 che assumei ammissibile una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei conti nel corso di un giudizio di parificazione dei rendiconti, ai sensi degli artt. 38 e seguenti del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti). Si tratta tuttavia di attività giurisdizionale, e non di controllo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1966</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 dicembre esce la sentenza della Corte costituzionale n.121, onde va riconosciuta la legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimità in sede di giudizio di parificazione «<em>per contrarietà con l’art. 81, quarto comma, della Costituzione</em>», di tutte le leggi che determinino veri e propri effetti modificativi dell’articolazione del bilancio dello Stato, per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unità elementari dello stesso, vale a dire sui capitoli con riflessi sugli equilibri di gestione. Si tratta tuttavia di attività giurisdizionale, e non di controllo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1974</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 novembre esce la sentenza della Cassazione n.3806 che afferma come sia inammissibile un ricorso diretto avverso un atto di controllo della Corte dei Conti, dovendo quest’ultima assumersi quale organo costituzionale, estraneo all’apparato della PA, che pone in essere atti non emessi dunque nell’esercizio di una funzione amministrativa attiva.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1979</strong></p> <p style="text-align: justify;">*L’8 ottobre esce la sentenza della Cassazione n.5186 che ribadisce come sia inammissibile un ricorso diretto avverso un atto di controllo della Corte dei Conti, dovendo quest’ultima assumersi quale organo costituzionale, estraneo all’apparato della PA, che pone in essere atti non emessi dunque nell’esercizio di una funzione amministrativa attiva.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1985</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 ottobre esce la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.20 che si occupa del termine per impugnare un atto (lesivo) sottoposto a controllo preventivo, da parte del privato destinatario che se ne assuma leso: in queste ipotesi, dovendo essere escluso che tale termine decorra dal momento di adozione e di conoscenza di tale atto (controllando) – in quanto ancora inefficace per mancato intervento del controllo preventivo ed integrativo dell’efficacia – la Plenaria abbraccia la tesi onde tale termine decorre dalla piena conoscenza che il privato abbia dell’atto di controllo positivo. In tal modo la Plenaria sconfessa l’altra opzione ermeneutica che assume tale termine decorrere dal momento in cui tale atto positivo di controllo viene adottato, sul presupposto onde il privato ricorrente – essendo a conoscenza del fatto che l’atto che lo lede è sottoposto a controllo preventivo – avrebbe l’onere di verificare quando intervenga tale atto che gli fa decorrere il termine per impugnare l’atto controllato. Per la Plenaria, più garantista dunque, l’atto controllato lesivo va impugnato dal privato che se ne assuma leso nel termine di decadenza che decorre non già da quando interviene l’atto di controllo positivo (che ne integra l’efficacia), ma da quando egli ne abbia avuto conoscenza: solo da quel momento egli può infatti assumersi essere edotto della definitiva efficacia lesiva dell’atto controllato da impugnare.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1986</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 ottobre esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n.784, che si occupa della decorrenza del termine per impugnare un atto sottoposto a controllo, prima che il controllo sia intervenuto, e tuttavia già lesivo per il privato destinatario perché portato immediatamente ad esecuzione dalla PA. Si tratta di una fattispecie nella quale si registrano due diverse opzioni ermeneutiche, l’una che impone al privato di agire nel termine di decadenza dalla conoscenza dell’atto (sottoposto a controllo) della cui esecuzione si tratta, e l’altra – più garantista – che assume tale impugnazione tempestiva meramente facoltativa, potendo dunque la stessa essere posticipata al momento in cui interverrà l’atto di controllo (positivo) integrativo dell’efficacia dell’atto controllato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1988</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 agosto viene varata la legge n.400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, secondo il cui art.2, comma 3, lettera p), sono sottoposti a deliberazione del Consiglio dei Ministri le determinazioni concernenti l'annullamento straordinario, a tutela dell'unità dell'ordinamento, degli atti amministrativi illegittimi, previo parere del Consiglio di Stato e, nei soli casi di annullamento di atti amministrativi delle Regioni delle Provincie autonome, anche della Commissione parlamentare per le questioni regionali.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1989</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 aprile esce la sentenza della II sezione del Tar Lazio n.525 che si occupa del caso particolare in cui una PA attiva, prendendo atto dei rilievi negativi da parte del pertinente organo di controllo, desiste dall’adottare un provvedimento che sarebbe stato positivo per il privato. In questa ipotesi i rilievi (negativi) dell’organo di controllo devono assumersi lesivi delle ragioni del privato e, come tali, autonomamente impugnabili al pari dell’atto di controllo negativo che intervenga su un atto già adottato, quest’ultimo impugnabile con termine di decadenza decorrente dal momento in cui il privato ne ha avuto conoscenza.</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 aprile esce la sentenza della Corte costituzionale n.229 che dichiara l'illegittimità costituzionale dell’art.2, comma 3, lettera p) della legge 400.88 nella parte in cui prevede l'adozione da parte del Consiglio dei ministri delle determinazioni concernenti l'annullamento straordinario degli atti amministrativi illegittimi delle Regioni e delle Province autonome.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 19 luglio esce la sentenza del Tar Puglia, Lecce, n.585 che si occupa della decorrenza del termine per impugnare un atto sottoposto a controllo, prima che il controllo sia intervenuto, e tuttavia già lesivo per il privato destinatario perché portato immediatamente ad esecuzione dalla PA. Si tratta di una fattispecie nella quale si registrano due diverse opzioni ermeneutiche, l’una che impone al privato di agire nel termine di decadenza dalla conoscenza dell’atto (sottoposto a controllo) della cui esecuzione si tratta, e l’altra – più garantista – che assume tale impugnazione tempestiva meramente facoltativa, potendo dunque la stessa essere posticipata al momento in cui interverrà l’atto di controllo (positivo) integrativo dell’efficacia dell’atto controllato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1990</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 agosto viene varata la legge 241.90 che, all’art.1, enumera i canoni che reggono l’azione amministrativa, facendo in particolare riferimento ai criteri di economicità, di efficacia e di efficienza.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1993</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 maggio esce la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana n.166 che – uniformandosi alla giurisprudenza sul punto – rappresenta come l’atto negativo di controllo (a differenza di quello positivo) deve assumersi autonomamente impugnabile perché lesivo della sfera del privato che dall’atto controllato ritragga effetti vantaggiosi: l’atto di amministrazione attiva è per il privato positivo, mentre l’atto di controllo negativo che ne elide gli effetti deve, all’opposto, assumersi lesivo delle pertinenti ragioni, e dunque autonomamente impugnabile.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 maggio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.603 che, con riferimento all’ipotesi in cui l’atto da sottoporre a controllo sia immediatamente efficace (controllo successivo), il termine per impugnarlo decorre da tale atto controllando, e non dalla conoscenza dell’atto di controllo (positivo), che nulla aggiunge ad una efficacia che l’atto già ha per essere appunto il controllo successivo; ciò quand’anche si tratti di atto soggetto a (successiva) ratifica da parte dell’organo competente.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 novembre viene varato il decreto legge n.453 che modifica il TU del 1934 sulla Corte dei Conti, con particolare riguardo alla Sezione Controllo Stato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1994</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 gennaio viene varata la legge n.20 che converte in legge il decreto legge 453.93. Importante la definitiva istituzione della Sezione controllo Affari comunitari e internazionali, un nuovo organo collegiale della Corte dei Conti che dispiega un controllo successivo di tipo diffuso generalizzato ed un controllo di tipo specifico (controllo-referto), al fine di riferire al <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Parlamento">Parlamento</a> ed ai <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Consiglio_regionale_(Italia)">Consigli Regionali</a> sui programmi nazionali che utilizzano fondi europei. A partire dal 2008 curerà anche la funzione di "<em>external auditor</em>" presso alcune organizzazioni internazionali (come ad esempio il <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/CERN">CERN</a> e l'<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/ICAO">ICAO</a>).</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 marzo esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.194 e la coeva 242, che si occupano degli effetti della sentenza che annulli l’atto negativo di controllo, laddove passi in giudicato. Il problema concerne in particolare la consumazione o meno del potere di controllo in capo al controllante: il Consiglio di Stato ritiene che tale potere in realtà non possa assumersi consumato, potendo il controllante esercitare nuovamente il proprio potere di controllo, seppure nei limiti del giudicato e dunque rispettando quest’ultimo. Passata in giudicato la sentenza che annulla l’atto negativo di controllo, l’atto controllato – in virtù della retroattività di tale sentenza ex art.26, comma 2, della legge 1034.71 - torna a trovarsi nella posizione in cui era <em>ab origine</em>, dovendo dunque attendere il prescritto controllo per poter guadagnare efficacia, il che dimostra che il potere della PA controllante non si è consumato ma può essere nuovamente edito, circostanza che si evince anche dall’espressione che fa “<em>salvi gli ulteriori provvedimenti amministrativi</em>”, da assumersi non già solo riferita ai provvedimenti di amministrazione attiva, ma anche a quelli amministrativi di controllo ed integrativi dell’efficacia. Dopo il giudicato di annullamento dunque il potere di controllo non si è consumato e può essere riesercitato, rispettando tuttavia il giudicato. Si chiosa adesivamente in dottrina affermando che l’atto di controllo potrebbe essere stato annullato per meri vizi formali o procedurali, onde non si può negare a valle del giudicato di annullamento un nuovo esercizio del potere di controllo in senso negativo giusta mera emenda di tali vizi formali o procedurali; del pari il controllante potrebbe riscontrare vizi dell’atto controllato diversi da quelli che hanno fondato l’atto negativo di controllo poi impugnato con successo dal ricorrente, potendo e dovendo in questi casi adottare un nuovo atto negativo di controllo per motivi diversi rispetto a quelli già processati; quest’ultima considerazione nondimeno reca seco la possibilità che, astrattamente, il potere di controllo possa essere reiteato in senso negativo senza soluzione di continuità. Sempre la dottrina rileverà che – in ipotesi di nuova edizione del potere di controllo a valle del primo giudicato di annullamento – il privato che invochi il risarcimento dei danni conseguenti alla illegittimità dell’atto di controllo negativo (che ha denegato effetti ad un atto controllato di amministrazione attiva a lui favorevole) ha interesse ad attendere la riedizione del potere di controllo che, laddove stavolta positivo, ne corroborerà la richiesta risarcitoria.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1995</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 27 gennaio esce l’importante sentenza della Corte costituzionale n.29 che si occupa della possibilità per il legislatore ordinario di introdurre forme di controllo anche al di fuori di una espressa previsione costituzionale: in sostanza, la Costituzione disegna un sistema di controlli “<em>aperto</em>” ad innesti del legislatore ordinario, fermo il solo limite della rintracciabilità in seno alla Costituzione di una base giuridica, quest’ultima da riconnettersi ad interessi protetti di rango costituzionale. La pronuncia inaugura un orientamento del giudice costituzionale che via via rintraccerà norme costituzionali “<em>autorizzanti</em>” nell’art.28 in tema di responsabilità dei pubblici dipendenti, nell’art.97 in tema di buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione, nell’art.119 in tema di coordinamento della finanza pubblica in relazione ai diversi livelli territoriali.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 21 aprile 1995 esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.1034 che ribadisce gli effetti della sentenza che annulli l’atto negativo di controllo, laddove passi in giudicato. Il problema concerne in particolare la consumazione o meno del potere di controllo in capo al controllante: il Consiglio di Stato ritiene che tale potere in realtà non possa assumersi consumato, potendo il controllante esercitare nuovamente il proprio potere di controllo, seppure nei limiti del giudicato e dunque rispettando quest’ultimo. Passata in giudicato la sentenza che annulla l’atto negativo di controllo, l’atto controllato – in virtù della retroattività di tale sentenza ex art.26, comma 2, della legge 1034.71, torna a trovarsi nella posizione in cui era <em>ab origine</em>, dovendo dunque attendere il prescritto controllo per poter guadagnare efficacia, il che dimostra che il potere della PA controllante non si è consumato ma può essere nuovamente edito, circostanza che si evince anche dall’espressione che fa “<em>salvi gli ulteriori provvedimenti amministrativi</em>”, da assumersi non già solo riferita ai provvedimenti di amministrazione attiva, ma anche a quelli amministrativi di controllo ed integrativi dell’efficacia. Dopo il giudicato di annullamento dunque il potere di controllo non si è consumato e può essere riesercitato, rispettando tuttavia il giudicato.</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 giugno esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n. 576 che si occupa del termine per impugnare gli atti (lesivi) soggetti a controllo preventivo, escludendo che tale termine possa decorrere dal momento in cui il privato che se ne assuma leso ha conoscenza di tale atto, in quanto esso non è attualmente lesivo, proprio perché non ancora efficace per mancato intervento dell’atto di controllo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1996</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 01 febbraio esce la sentenza della Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Lombardia, n.312 che ribadisce come sia inammissibile un ricorso diretto avverso un atto di controllo della Corte dei Conti dovendo quest’ultima assumersi quale organo costituzionale, estraneo all’apparato della PA, che pone in essere atti non emessi dunque nell’esercizio di una funzione amministrativa attiva.</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 giugno esce l’importante sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.9, che si occupa dell’ipotesi in cui un privato impugni un atto negativo di controllo al fine di verificare se l’Amministrazione che ha adottato l’atto controllato (in senso negativo) assuma la posizione di controinteressata, con conseguente inammissibilità del ricorso in caso di mancata notifica anche ad essa. La Corte nega tale qualifica di controinteressato in capo all’Amministrazione attiva che ha adottato l’atto sottoposto a controllo negativo, dovendo il controinteressato qualificarsi tale non già in senso processuale, quanto piuttosto sostanziale, quale titolare di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la proposizione del ricorso; peraltro la figura del controinteressato riguarda nominativamente un soggetto determinato, esplicitamente menzionato o comunque agevolmente individuabile che sia titolare di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato dal ricorrente. Muovendo da questi presupposti, la PA attiva appare piuttosto cointeressata rispetto al soggetto ricorrente, dal momento che l’atto negativo di controllo ne ha privato di efficacia (o ha impedito che avesse efficacia) un proprio atto, con conseguente natura adesiva e parallela dell’interesse dell’Amministrazione attiva rispetto a quello del ricorrente. Da tale pronuncia si evince che la PA adottante e controllata non è legittimata e non ha interesse neppure ad impugnare l’eventuale sentenza, positiva per il privato, che abbia annullato l’atto negativo di controllo (potendo tuttavia annullare a propria volta il proprio provvedimento giusta spendita del potere di autotutela).</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 novembre esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n. 1538 che si occupa del termine per impugnare gli atti (lesivi) soggetti a controllo preventivo, ribadendo come tale termine non possa decorrere dal momento in cui il privato che se ne assuma leso ha conoscenza di tale atto “<em>controllando</em>”, in quanto esso non è attualmente lesivo, proprio perché non ancora efficace per mancato intervento dell’atto di controllo. Va tuttavia esclusa l’ipotesi in cui l’atto soggetto a controllo e non ancora efficace sia portato dalla PA in esecuzione in via anticipata, perché in simile ipotesi esso presenta subito profili di lesività per il privato destinatario.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 novembre viene varata la legge n.639, che modifica ulteriormente il TU del 1934 sulla Corte dei Conti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1997</strong></p> <p style="text-align: justify;">*L’11 marzo esce la sentenza della Cassazione n.2184 che afferma come sia inammissibile un ricorso diretto avverso un atto di controllo della Corte dei Conti dovendo quest’ultima assumersi quale organo costituzionale, estraneo all’apparato della PA, che pone in essere atti non emessi dunque nell’esercizio di una funzione amministrativa attiva.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1998</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 28 gennaio esce la sentenza del. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 16 che si occupa del termine per impugnare gli atti (lesivi) soggetti a controllo preventivo, negando che tale termine possa decorrere dal momento in cui il privato che se ne assuma leso ha conoscenza di tale atto “<em>controllando</em>”, in quanto esso non è attualmente lesivo, proprio perché non ancora efficace per mancato intervento dell’atto di controllo. Va tuttavia esclusa l’ipotesi in cui l’atto soggetto a controllo e non ancora efficace sia portato dalla PA in esecuzione in via anticipata, perché in simile ipotesi esso presenta subito profili di lesività per il privato destinatario.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 dicembre esce la sentenza dell’Adunanza Plenaria n.8, che si occupa della fattispecie in cui sia intervenuta una sentenza del GA passata in giudicato che annulla l’atto negativo di controllo: in questa fattispecie l’atto controllato prende a spiegare gli effetti (che l’illegittimo atto di controllo denegava), con l’ulteriore conseguenza onde – trattandosi di vicenda auto esecutiva – non occorre spiccare ricorso per ottemperanza. Né potrebbe affermarsi che in qualche caso (come ad esempio nell’ipotesi in cui il privato sia stato reso destinatario di un provvedimento che gli attribuisce effetti economici) il passaggio in giudicato della sentenza che annulla l’atto negativo di controllo non garantirebbe al privato il conseguimento effettivo del bene della vita: ci si trova al cospetto della stessa fattispecie che si configura in cui un atto dell’Amministrazione sia perfetto, valido ed efficace, e tuttavia la PA non lo esegua, dovendo in questo caso il privato tutelarsi avvero la PA inerte, se del caso invocando anche il risarcimento del danno; all’opposto, il giudizio conclusosi con sentenza passata in giudicato auto-esecutiva non ha ad oggetto atti (o non atti) dell’Amministrazione attiva, ma un atto di competenza del controllante, onde il giudicato copre una illegittimità perpetrata dal controllante, e non si può agire per ottemperanza nei confronti della (incolpevole) PA (illegittimamente) controllata.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1999</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 febbraio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.134, sistematicamente importante anche con riguardo alla problematica degli effetti del giudicato di annullamento di un atto negativo di controllo, con particolare riguardo alla eventuale non consumazione del potere di controllo ed alla relativa reiterabilità. Secondo la pronuncia, una volta intervenuto un primo annullamento giurisdizionale dell’atto amministrativo (massime se con sentenza passata in giudicato) che non abbia confortato una istanza del privato (interesse pretensivo), la PA ha l’obbligo di individuare tutti gli ulteriori possibili motivi di diniego dell’istanza del privato medesimo, dovendosi escludere in caso di ulteriore annullamento del diniego ogni ulteriore possibile nuovo diniego: applicando il principio al diniego di visto, il controllante potrà – a valle dell’annullamento del proprio primo atto negativo, passato in giudicato – rieditare il proprio potere di controllo ma dovrà individuare tutti i vizi dell’atto controllato poiché se il proprio, nuovo atto negativo di controllo dovesse essere nuovamente annullato in sede giurisdizionale, non sarà possibile adottare un nuovo provvedimento di controllo negativo. In sostanza la pronuncia afferma che in sede di riedizione del potere a seguito di un annullamento giurisdizionale passato in giudicato, la PA non deve essere prevenuta nei confronti del privato e non deve esporlo a successivi ed indefiniti ulteriori giudizi, per giunta inflazionando il lavoro degli uffici giudiziari coinvolti dall’esercizio del proprio potere. La PA può e deve nuovamente provvedere dunque, ma riesaminando l’affare nella relativa globalità e sollevando tutte le questioni che ritenga rilevanti, consapevole che non potrà nuovamente esercitarlo laddove intervenga un secondo annullamento del proprio atto negativo; non potendo la PA tornare nuovamente sulla vicenda che la avvince al privato, secondo la sentenza in parola al GA adito una seconda volta in sede di tutela dell’interesse pretensivo spetta dunque l’ultima parola sul bene della vita invocato dal privato e del quale egli chiede tutela giurisdizionale.</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 novembre viene varata la legge costituzionale n.1, che modifica l’art.126 della Costituzione in tema di controllo dello Stato sugli organi della Regione: viene prevista la possibilità di scioglimento del Consiglio regionale e di rimozione del Presidente della Giunta regionale che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazione di legge (D.p.R. motivato, sentita la Commissione bicamerale sulle questioni regionali). Lo scioglimento del Consiglio e la rimozione del Presidente della Giunta possono essere disposte anche per ragioni di sicurezza nazionale.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2000</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 17 gennaio esce la sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia n.10 che si occupa del caso in cui un atto di controllo negativo della Corte dei Conti (diniego di visto) vulneri posizioni private: esclusa in queste ipotesi l’ammissibilità di un ricorso diretto avvero il diniego di visto della Corte, il privato può tuttavia impugnare gli atti di ritiro posti conseguentemente in essere dall’Amministrazione attiva per dare seguito all’atto negativo di controllo della Corte, assumendo legittimi gli atti che la Corte ha assunto illegittimi.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 agosto viene varato il decreto legislativo n.267, c.d. Testo Unico in materia di enti locali (TUEL), il cui articolo 135 prevede che il Prefetto, e dunque un organo dello Stato, nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla legge o a lui delegati dal Ministro dell'interno (ai sensi dell'articolo 2, comma, 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modificazioni ed integrazioni), qualora ritenga, sulla base di fondati elementi comunque acquisiti, che esistano tentativi di infiltrazioni di tipo mafioso nelle attività riguardanti appalti, concessioni, subappalti, cottimi, noli a caldo o contratti similari per la realizzazione di opere e di lavori pubblici, ovvero quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attività delle PPAA, richiede ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge. Ai medesimi fini sempre il Prefetto può chiedere altresì che siano sottoposte al controllo preventivo di legittimità le deliberazioni degli enti locali relative ad acquisti, alienazioni, appalti ed in generale a tutti i contratti, con le modalita' e i termini previsti dall'articolo 133, comma 1, disponendosi che le predette deliberazioni gli siano all’uopo comunicate contestualmente all'affissione all'albo. Importante anche l’art.147 secondo il quale gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, individuano strumenti e metodologie per garantire, attraverso il controllo (interno) di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa; nonché l’art.138 che disciplina il c.d. annullamento governativo straordinario sugli atti degli enti locali: in applicazione dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell'unita' dell'ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità. Per quanto concerne il controllo sugli organi degli enti locali, importante l’art.141 che disciplina il potere di scioglimento dei consigli comunali e provinciali (D.p.R., su proposta del Ministro dell’Interno).</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 novembre viene varata la legge n.340, il cui art.27, comma 1, in seguito più volte modificato ma non nella relativa filosofia di fondo, afferma che gli atti trasmessi alla Corte dei conti per il controllo preventivo di legittimità divengono in ogni caso esecutivi trascorsi 60 giorni dalla loro ricezione, senza che sia intervenuta una pronuncia della Sezione del controllo, salvo che la Corte, nel predetto termine, abbia sollevato questione di legittimità costituzionale, per violazione dell'articolo 81 della Costituzione, delle norme aventi forza di legge che costituiscono il presupposto dell'atto, ovvero abbia sollevato, in relazione all'atto, conflitto di attribuzione; tale termine di 60 giorni e' sospeso per il periodo intercorrente tra le eventuali richieste istruttorie e le risposte delle amministrazioni o del Governo, che non può complessivamente essere superiore a 30 giorni. La norma inaugura una sorta di “<em>silenzio assenso</em>” in ordine agli atti di controllo della Corte dei Conti che si inserisce in una logica acceleratoria dei procedimenti di controllo, visti sempre più come collaborativi (anche al fine di garantire la tempestività e l’efficienza dell’azione pubblica) e sempre meno come repressivi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2001</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 giugno esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.3213 che assume come la PA che ha adottato un provvedimento poi annullato dal relativo organo di controllo non assume la posizione di controinteressata nei giudizi spiccati dai privati avverso l’atto negativo di controllo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 ottobre esce la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.9, che si occupa del caso in cui un atto (lesivo) sia sottoposto a controllo successivo, e dunque spieghi da subito piena efficacia: in questa fattispecie, il privato che se ne assuma leso deve procedere ad impugnare subito l’atto nel termine di decadenza decorrente dal momento in cui ne abbia conoscenza ai sensi della regola generale di cui all’art.21, comma 1, della legge 1034.71; qualora poi l’atto di controllo sia negativo, l’atto controllato (e lesivo) perde effetti <em>ex post</em>, con conseguente estinzione del processo per cessazione della materia del contendere ovvero comunque per sopravvenuta carenza di interesse ad agire.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 ottobre viene varata la legge costituzionale n.3 che vara la riforma “<em>federalista</em>”, novellando il Titolo V della Costituzione con l’obiettivo di realizzare i canoni della sussidiarietà (verticale) e della prossimità tra governo e governati, giusta elisione (o comunque dequotazione) proprio di una serie di controlli amministrativi di livello territoriale “<em>discendente</em>” in precedenza dispiegati <em>ab externo</em> sugli enti locali (il controllo sullo Stato viene invece spiegato sempre <em>ab externo</em> ma dalla Corte dei Conti ed ha dunque natura non amministrativa, ma magistratuale); viene abrogato sia l’art.125, comma 1, della Costituzione in tema di controlli sugli atti della Regione (sparisce il Commissario di Governo, organo dello Stato deputato al controllo preventivo di legittimità sugli atti della Regione ed al coordinamento tra le funzioni amministrative statali e quelle regionali), sia l’art.130 della Carta in tema di controllo sugli atti dei Comuni e delle Provincie (sparisce il Co.Re.Co, organo della Regione deputato al controllo preventivo di legittimità sugli atti di Provincie e Comuni). Viene anche riformulato il comma 1 dell’art.117 della Costituzione, prevedendosi esplicitamente che la <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/443.html">potestà legislativa</a> è esercitata dallo <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/26.html">Stato</a> e dalle <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/436.html">Regioni</a> nel rispetto della <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/7.html">Costituzione</a>, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/444.html">obblighi internazionali</a>: si tratta di una riforma che imporrà all’Italia di rispettare i vincoli europei ed internazionali, con particolare riguardo ai c.d. patti di stabilità, ovvero a quei canoni pattizi in forza dei quali viene imposto agli Stati aderenti all’Unione europea di convergere dal punto di vista economico e finanziario, rispettando tutti le medesime regole in tema di debito pubblico e relativi rapporti con il PIL. Altrettanto importante l’art.119 Cost. novellato in tema di autonomia finanziaria, quanto meno tendenziale, degli enti locali, e che rileva dunque anche per quanto concerne i possibili controlli, specie per quanto concerne i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario complessivo. Modificando l’art.127, si consente poi allo Stato di agire contro le leggi regionali solo in via successiva (e non anche più in via preventiva), legittimando ad un tempo le Regioni ad agire contro le leggi statali lesive delle attribuzioni regionali. Importante l’art.117, comma 5, Cost. nella versione novellata, che concerne l’ipotesi in cui Regioni e Provincie autonome – nelle materie di rispettiva competenza – non legiferino in senso attuativo o comunque esecutivo degli accordi internazionali o degli atti dell’Unione europea, potendo lo Stato – quale potenziale soggetto inadempiente a livello internazionale - sostituirsi a dette Regioni e Provincie autonome; un analogo potere sostitutivo – con connesso temperamento dei principi di sussidiarietà e di prossimità, al cospetto di interessi pubblici essenziali - viene previsto dall’art.120 per il caso in cui sia imputabile a Regioni, Città metropolitane, Provincie e Comuni il mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria, ovvero si ravvisi pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica, con particolare riguardo alla tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 giugno viene varata le legge n.131, di attuazione della riforma del titolo V della Costituzione, il cui articolo 8 disciplina i poteri sostitutivi del Governo rispetto agli enti locali previsti dall’art.120 della Costituzione al cospetto di interessi pubblici essenziali, prevedendo l’assegnazione di un congruo termine al soggetto od organo inadempiente per adottare i provvedimenti dovuti o necessari, trascorso inutilmente il quale si provvede giusta intervento diretto ovvero giusta nomina di un commissario all’uopo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 26 novembre esce il parere della I sezione del Consiglio di Stato n.1006 che – muovendo dalla riforma costituzionale del 2001 – assume dal punto di vista sistematico, particolarmente rilevante l’abrogazione dell’art.130 Cost., che costituiva la norma costituzionale di copertura per i controlli di legittimità e di merito sugli enti locali, onde tali enti locali costituiscono ormai organismi che perseguono l’interesse pubblico loro attribuito dalla legge senza soggiacere a controlli amministrativi per quanto concerne gli atti (amministrativi) che concretamente adottano ai fini del ridetto perseguimento. Il parere è importante anche perché si pronuncia sulla questione se – abrogato dalla riforma del 2001 per l’appunto l’art.130 Cost. – possa o meno ritenersi ancora vigente l’art.135 del TUEL 267.00 in tema di potere del Prefetto di sottoporre a controllo le delibere degli enti locali massime a fini antimafia: per il Consiglio di Stato detto potere del Prefetto non si atteggia a potere esterno statale di controllo di legittimità sugli atti degli enti locali (stigmatizzato dalla riforma), quanto piuttosto di potere orientato a salvaguardare interessi fondamentali inerenti all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica, materie riservate peraltro alla legislazione esclusiva dello Stato dal nuovo art.117, comma 2, lettera h) della Costituzione; onde, escluso ormai il controllo preventivo di legittimità sugli atti dell’ente locale, resta comunque la possibilità per il Prefetto di chiedere il riesame dell’atto secondo l’assetto che l’ente locale si è dato ai sensi dell’art.147, comma 1, del TUEL, laddove viene annessa all’autonomia normativa ed organizzativa dell’ente locale l’individuazione di sistemi di controllo sulla legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa; laddove manchi tale sistema di controllo interno perché l’ente locale interessato non lo ha previsto, il Prefetto può chiedere il riesame in via di autotutela allo stesso organo che lo ha adottato. Altra questione affrontata dal Consiglio di Stato e risolta in senso affermativo è quella della perdurante vigenza e legittimità costituzionale dell’art.138 del TUEL, e dell’annullamento straordinario degli atti degli enti locali ivi previsto: il fatto che l’art.117, comma 2, Cost. riservi allo Stato competenza legislativa esclusiva in determinate materie, e che l’art.120, comma 2, Cost. consenta allo Stato medesimo di invadere competenze proprie degli enti locali implica che la coerenza e l’unitarietà del sistema giuridico rappresentano un valore costituzionale tale da giustificare il ridetto annullamento straordinario.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2004</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 marzo esce la sentenza della Corte costituzionale n.69, che si occupa dell’art.120, comma 2, della Costituzione e dei poteri statali sostitutivi in esso previsti, assumendo come essa non prefiguri un numero chiuso di tali poteri sostitutivi, potendo il legislatore statale o regionale istituire e disciplinare ulteriori moduli di potere sostitutivo, che tuttavia configurano interventi sostitutivi eccezionali rispetto all’ordinario quadro delle funzioni attribuite agli enti locali, con conseguente riferibilità – per quanto concerne le condizioni ed i limiti di tale modulo sostitutivo – a quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale con riguardo alle condizioni e ai limiti del potere sostitutivo dello Stato nei riguardi delle Regioni.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2005</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 27 ottobre esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.6031 che si occupa della fattispecie in cui la Corte dei Conti deneghi il visto su un atto di amministrazione attiva (atto di controllo negativo della Corte): in simili ipotesi il privato non può impugnare in via diretta l’atto negativo della Corte, dovendo assumersi tale ricorso avverso la deliberazione della Corte medesima inammissibile; potrà tutelare il proprio interesse legittimo vulnerato dall’atto di controllo negativo impugnando l’atto della PA attiva di non esecuzione del proprio provvedimento.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 luglio esce la sentenza della Corte costituzionale n.267 che dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 10 della legge della Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 19 maggio 2005, n. 10 (Disposizioni in materia di controllo sulla gestione finanziaria e istituzione della relativa Autorità di vigilanza), sollevata, in riferimento agli artt. 114, 117, terzo comma, 119, secondo comma, e 120 della Costituzione, all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione) ed agli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), e 3, primo comma, lettera f), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe. La pronuncia è importante laddove ribadisce che gli atti della Corte dei Conti sono atti di controllo posti in essere da un organo neutrale che non è parte dell’Amministrazione attiva e che è composto da membri assistiti dalla guarentigia dell’indipendenza dal Governo ex art.100 Cost., con la conseguenza onde tali atti (in sede di controllo preventivo di legittimità) debbono intendersi non autonomamente impugnabili.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2007</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 luglio esce la sentenza della II sezione del Tar Sardegna n.1621 che conferma, uniformandosi sul punto alla giurisprudenza, che l’atto positivo di controllo non può assumersi autonomamente impugnabile: esso non fa che consolidare la lesività dell’atto controllato, che dunque resta l’unico impugnabile. In sostanza, l’impugnabilità riguarda l’atto di amministrazione attiva controllato, non l’atto controllante che ne costituisce una mera <em>condicio iuris</em> in termini di efficacia.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2011</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 giugno viene varato il decreto legislativo n.123, recante riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell’attività di analisi e valutazione della spesa a norma dell’art.49 della legge 196.09, che si occupa, disciplinandolo, del controllo preventivo su atti amministrativi laddove ne derivino effetti finanziari per le casse dello Stato; più nel dettaglio, si tratta ai sensi dell’art.5, comma 2, degli atti che abbiano riflessi finanziari sui bilanci dello Stato, delle altre PPAA e degli organismi pubblici, ad eccezione dei pertinenti atti posti in essere da PPAA, organismi e organi dello Stato dotati di autonomia finanziaria e contabile. Alcuni atti vengono dichiarati in ogni caso soggetti a controllo preventivo di legittimità, e tra essi i più importanti sono i provvedimenti e i contratti di assunzione di personale, gli atti concernenti il trattamento economico e giuridico del personale statale in servizio, gli atti che implichino trasferimenti di somme dal bilancio dello Stato ad altri enti ed organismi e gli atti soggetti a controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti. Quando un atto è assoggettato a controllo preventivo di regolarità amministrativa e contabile, laddove tale controllo sia positivo, l’atto diviene efficace dal momento in cui è stato adottato (e non dal giorno in cui interviene il controllo positivo, che dunque retroagisce).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2012</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 aprile viene varata la legge costituzionale n.1 che – modificando l’art.81 della Costituzione – introduce nel sistema giuridico italiano il principio del pareggio di bilancio. Da questo momento l’art.81 diventa una norma capace di potenzialmente autorizzare interventi legislativi orientati ad introdurre controlli che abbiano ad oggetto la verifica del pieno rispetto di tale principio. Vengono anche modificati gli articoli 97, 117 e 119 della Costituzione, con lo scopo di garantire un più efficace coordinamento della finanza pubblica: dinanzi alla responsabilità esclusiva dello Stato nei confronti dell’Unione in caso di violazione del patto di stabilità scolpito in sede europea infatti, un difetto di coordinamento ed una settorialità territoriale delle dinamiche di entrata e di spesa si profilano pericolose. Dall’Unione e dal relativo ordinamento giungono vincoli di carattere economico e finanziario che vanno rispettati anche dagli enti locali, e che ove violati o trascurati possono impegnare la responsabilità dello Stato, il quale è dunque chiamato a controllare non già i singoli atti degli enti territoriali in parola, quanto piuttosto – in ottica di risultato – la relativa gestione: il tutto passa allora attraverso la necessità di coordinare ed armonizzare la finanza pubblica ed il sistema tributario, venendo affidata alla competenza legislativa concorrente tra lo Stato e le Regioni proprio la materia della ridetta armonizzazione e del citato coordinamento, che presuppongono da un lato che le categorie finanziarie e contabili a livello centrale e locale siano omogenee, e dall’altro per l’appunto un più accentuato controllo di gestione dello Stato su economia e finanza degli enti locali in ottica di armonizzazione e coordinamento.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2013</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 febbraio esce la sentenza della Corte costituzionale n.20 che risponde ad un ricorso della Regione Veneto onde sarebbe incostituzionale l’art.35 del decreto legge 201.11, laddove introduce nella legge 287.90 l’art.21 bis in tema di poteri dell’AGCM di impugnare atti di altre Amministrazioni, perché inteso a surrettiziamente introdurre da un lato la figura del PM nel processo amministrativo così entrando in frizione con la natura soggettiva (anche) della giurisdizione amministrativa, e dall’altro scolpendo una nuova modalità di controllo sugli atti delle Regioni, in violazione della legge costituzionale n.3 del 2011 che ha abrogato appunto i controlli sugli atti regionali siccome originariamente previsti dall’art.125 Cost. Per la Corte in realtà si è al cospetto di una ipotesi di legittimazione processuale che trova una cornice ben definita, cristallizzata dalla materia della “<em>concorrenza</em>”, che appartiene alla legislazione esclusiva dello Stato. Non si è poi al cospetto di un nuovo e generalizzato controllo di legittimità, essendosi il legislatore limitato a prevedere un potere di iniziativa che ha lo scopo di contribuire ad una più completa ed esaustiva tutela della concorrenza e del mercato, peraltro di certo non generalizzato sol che si consideri come esso sia operante soltanto con riguardo agli atti amministrativi che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato. La Corte in sostanza esclude che si sia in presenza di una nuova forma di giurisdizione di tipo oggettivo, per abbracciare la tesi – compatibile con la Costituzione – della natura “<em>soggettiva</em>” della giurisdizione di cui all’art.21.bis della legge 287.90, siccome innescata da AGCM.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 luglio esce la sentenza della Corte costituzionale n.130 che – nel dichiarare illegittima la legge della Regione Basilicata n.17 del 2014 in tema di utilizzazione dei proventi che alla Regione derivano dalle <em>royalties</em> petrolifere, specie al fine di operare investimenti in conto capitale superiori rispetto a quelli consentiti dal c.d. patto di stabilità interno - si occupa in particolare delle norme italiane che disciplinano tale patto di stabilità interno: si tratta di norme riconducibili ai vincoli che all’Italia derivano dall’appartenenza all’Unione europea, e costituiscono espressione della competenza legislativa statale in tema di coordinamento della finanza pubblica; in sostanza, solo una legge dello Stato può identificare quali spese della Regione concorrono a definire il c.d. saldo rilevante ai fini del rispetto del vincolo di stabilità interno, identificandosi quest’ultimo in un coacervo di disposizioni che coinvolgono le Regioni e gli enti locali nella realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che derivano all’Italia proprio dall’appartenenza all’Unione europea. Peraltro, il Governo centrale viene dotato dalla Costituzione novellata (art.117, comma 5, e 120, comma 2) di poteri sostitutivi che può esercitare in caso di inerzia degli enti locali nell’adeguarsi alle norme europee, così non rispettando i limiti ivi descritti, specie dal punto di vista economico e finanziario.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 ottobre esce la sentenza delle SSUU n.24876 alla cui stregua, ai sensi dell’art. 43 del r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 – come modificato dall’art. 11 della legge 3 aprile 1979 n. 103 – la facoltà per le Università statali di derogare, “<em>in casi speciali</em>” al “patrocinio autorizzato” spettante <em>ex lege</em> all’Avvocatura dello Stato, per avvalersi dell’opera di liberi professionisti, è subordinata all’adozione di una specifica e motivata deliberazione dell’ente (vale a dire del Rettore) da sottoporre agli organi di vigilanza dell’ateneo per un controllo di legittimità (segnatamente, al Consiglio di amministrazione). Come regola generale, soggiunge la Corte, la mancanza di tale controllo determina la nullità del mandato alle liti, non rilevando che esso sia stato conferito con le modalità prescritte dal Regolamento o dallo Statuto dell’Università i questione, trattandosi entrambe di fonti di rango secondario insuscettibili di derogare alla legislazione primaria. Tuttavia, precisa il Collegio, nei casi in cui ricorra una vera e propria urgenza, ai sensi dell’art. 12 del r.d. n. 1592 del 1933, il Rettore, nella qualità di Presidente del Consiglio d’amministrazione, può provvedere direttamente al conferimento dell’incarico all’avvocato del libero foro, purché curi di far approvare sollecitamente la relativa delibera dal Consiglio di amministrazione, così sanando la originaria irregolarità. In base poi al citato art. 43, è valido il mandato conferito ad avvocati del libero foro con il solo provvedimento del Rettore non seguito dal vaglio del Consiglio di amministrazione nel caso in cui si verifichi in concreto un conflitto di interessi sostanziali tra più enti pubblici che sono parti nel medesimo giudizio, la presenza di un simile conflitto di interessi – laddove reale, non meramente ipotetico e documentato – rende non ipotizzabile il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato in favore dell’Università, onde non vi è in simili fattispecie alcuna ragione di richiedere la suindicata preventiva autorizzazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 febbraio esce la sentenza della Corte costituzionale n.36 che dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Veneto, nei confronti dello Stato in relazione all’art. 5, comma 1, del D.P.R. 12 settembre 2016, n. 194 (Regolamento recante norme per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi, a norma dell’articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124), che ha definito le modalità di esercizio del potere sostitutivo, nei casi di inerzia regionale e locale, in assenza di adeguati meccanismi di raccordo con la Regione interessata, nell’ambito di un regolamento di delegificazione volto alla semplificazione e all’accelerazione di determinati procedimenti amministrativi.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 ottobre esce la sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato n.5863, alla cui stregua nelle procedure di evidenza pubblica la mancata conferma dell’aggiudicazione provvisoria non dà luogo all’esercizio di alcun potere in via di autotutela, tale da richiedere il raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato, con conseguente puntuale obbligo di motivazione in capo all’Amministrazione; si tratta di un contesto nel quale, per il Collegio, non è in alcun modo prospettabile un affidamento del destinatario dell’aggiudicazione provvisoria, in quanto tale atto non è conclusivo del procedimento di evidenza pubblica e non vi è dunque lo svolgimento di alcun procedimento di secondo grado (che comporterebbe la necessità di una comunicazione di avvio del procedimento e, soprattutto, l’esternazione della motivazione inerente il pubblico interesse che legittima la rimozione dell’atto siccome in precedenza adottato). Il Collegio soggiunge come nelle gare di appalto, una volta conclusisi i lavori della commissione di gara, avente compiti di natura prettamente tecnica in funzione “<em>preparatoria</em>”, finalizzati all’individuazione del miglior contraente, spetta poi alla stazione appaltante – mediante gli organi a ciò deputati – approvarne l’operato, ossia verificarne la correttezza, dovendosi ritenere del tutto residuali le ipotesi in cui la commissione di gara deve essere riconvocata a seguito dell’emersione di errori o lacune nel relativo operato; in via ordinaria infatti, precisa ancora il Collegio, a seguito del completamento dei lavori della commissione, è il Rup (Responsabile unico del procedimento) a dover esercitare i propri poteri di verifica e controllo, nel disimpegno della tipica funzione di verifica e supervisione sull’operato della commissione medesima che a lui spetta; la Stazione appaltante esercita per il relativo tramite un controllo non solo di legittimità ma anche nel merito dell’operato della commissione giudicatrice, al fine di verificare la rispondenza dell’offerta presentata agli obiettivi di interesse pubblico da conseguire attraverso il contratto messo a gara. Peraltro l’Amministrazione appaltante – laddove legittimata in base a motivate ragione tecniche (siccome evidenziate nella proposta del Rup) a non procedere all’approvazione dell’aggiudicazione provvisoria – può discrezionalmente optare per 2 diverse soluzioni: avvalersi, ai fini della scelta del contraente, della procedura già espletata con scorrimento della graduatoria precedentemente formata dalla commissione (come peraltro avvenuto nel caso di specie), ovvero indire una nuova gara.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 novembre esce la sentenza della Corte costituzionale n.196 alla cui stregua è da assumersi ammissibile una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei conti nel corso di un giudizio di parificazione dei rendiconti, ai sensi degli artt. 38 e seguenti del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti). Si tratta tuttavia di attività giurisdizionale, e non di controllo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 luglio esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n. 4878 in materia di poteri sostitutivi della Regione in caso di abusi edilizi. L'art. 10 della L.R. n. 10 del 2004, infatti, è rubricato "Interventi sostitutivi della Regione ai sensi dell'articolo 31, comma 8, del D.P.R. n. 380 del 2001", con la conseguenza che il potere sostitutivo è attivabile soltanto in presenza di interventi edilizi realizzati in assenza di titolo abilitativo, in totale difformità e con variazioni essenziali da esso e non anche in presenza di un permesso di costruire annullato.</p> <p style="text-align: justify;">Anche al comma 2 della norma recita: "Il Presidente della Giunta regionale, trascorsi i termini di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, articolo 31, comma 8, diffida il comune a concludere l'attività repressiva entro trenta giorni e, in caso di inerzia, attiva l'esercizio dei poteri di intervento sostitutivo con la nomina di un commissario ad acta dandone comunicazione al comune", il che conferma ulteriormente l'attivabilità del potere sostitutivo soltanto nei casi di cui all'art. 31 citato.</p> <p style="text-align: justify;">L'esercizio del potere sostitutivo della Regione, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata della norma statale e di quella regionale, non appare suscettibile di applicazione analogica, siccome circoscritta all'inerzia dei Comuni nella repressione di abusi edilizi inquadrabili nella fattispecie ex art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001.</p> <p style="text-align: justify;">La funzione sostitutiva della Regione, in quanto di stretta interpretazione, si applica, quindi, soltanto al perimetro dell'art. 31, ossia ai soli casi di abusività originaria, sanzionando l'omesso esercizio a parte del Comune dei poteri di vigilanza e controllo ex art. 27, D.P.R. n. 380 del 2001, mentre non appare estensibile all'ambito di operatività di una norma distinta per presupposti applicativi ed effetti giuridici, come l'art. 38 D.P.R. n. 380 del 2001.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 luglio esce la sentenza della Corte Costituzionale che interviene in materia di riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni. Il perseguimento degli interessi costituzionali alla sicurezza, all'ordine pubblico e alla pacifica convivenza, infatti, è affidato dalla Costituzione in via esclusiva allo Stato, mentre le Regioni possono cooperare a tal fine solo mediante misure ricomprese nelle proprie attribuzioni.</p> <p style="text-align: justify;">Nella fattispecie la Corte si trovava ad analizzare la legittimità della norma che, imponendo un DASPO, limitava l’accesso al territorio comunale del soggetto attinto da tale misura. La norma prevede espressamente che le modalità applicative del divieto di accesso alle aree protette devono essere compatibili con le esigenze di salute del destinatario dell'atto. Una lettura di tale disposizione orientata alla conformità ai parametri evocati dal giudice rimettente, comporta che tale destinatario può comunque fruire dei servizi sanitari per ragioni di cura, senza che gli sia precluso l'accesso, anche ove egli sia stato destinatario del provvedimento del questore, che per il resto gli abbia fatto divieto di accedere a tale area per ogni altra ragione.</p> <p style="text-align: justify;">La stessa interpretazione può adottarsi, pur in mancanza di un riferimento testuale, stante la medesima ratio sottesa all'una e all'altra misura, per delimitare l'ambito applicativo dell'ordine di allontanamento dal presidio sanitario negli stessi termini previsti per il divieto di accesso.</p> <p style="text-align: justify;">In ogni caso, quindi, la persona che ricorre al presidio sanitario, perché le siano erogate cure mediche (o prestazioni terapeutiche o di analisi e diagnostica), non può essere allontanata, né le può essere precluso l'accesso alla struttura, essendo il diritto alla salute prevalente sull'esigenza di decoro dell'area e di contrasto, per ragioni di sicurezza pubblica, delle condotte - tutte sanzionate solo in via amministrativa - elencate nel comma 2 dell'art. 9 del D.L. n. 14 del 2017.</p> <p style="text-align: justify;">La necessità di accedere alle prestazioni sanitarie, verificata dal personale del presidio, non esclude, però, la sanzionabilità, in via amministrativa, delle eventuali condotte che la persona, pur bisognosa di cure mediche, abbia posto in essere in violazione delle disposizioni richiamate dal comma 2 dell'art. 9.</p> <p style="text-align: justify;">Così interpretata la disposizione censurata, non vi è alcun ostacolo alla fruizione delle prestazioni sanitarie da parte di chi ne ha bisogno, il cui diritto alla salute rimane pienamente tutelato, e non vi è, in concreto, alcuna incidenza sull'organizzazione dei presidi sanitari, sicché non è violata la competenza regionale concorrente in materia di tutela della salute, né il principio di leale collaborazione.</p> <p style="text-align: justify;">Il potere sostitutivo introdotto dalla disposizione censurata - essendo previsto con un'incidenza nell'attività dell'ente locale tendenzialmente molto ampia, stante che l'individuazione da parte del prefetto di "prioritari interventi di risanamento" non è limitata ad attività vincolata per legge e non discrezionale - avrebbe dovuto essere rispettoso del canone dell'art. 120, secondo comma, Cost., secondo cui i poteri sostitutivi devono essere esercitati secondo il principio di sussidiarietà e di leale collaborazione. La Corte, con riferimento a tale parametro, ha affermato che "la previsione del potere sostitutivo fa ... sistema con le norme costituzionali di allocazione delle competenze" (sentenza n. 236 del 2004) e quindi occorre che tale potere sia rispettoso delle autonomie locali. È lo stesso art. 120, secondo comma, Cost. a prevedere l'intervento sostitutivo del Governo, implicante l'assunzione di responsabilità politica del potere esecutivo, quando vi è, in particolare, un'esigenza di "tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica" dell'ordinamento. Ha affermato questa Corte (sentenza n. 43 del 2004) che "la Costituzione ha voluto ... che, a prescindere dal riparto delle competenze amministrative, come attuato dalle leggi statali e regionali nelle diverse materie, fosse sempre possibile un intervento sostitutivo del Governo per garantire tali interessi essenziali". Si è ritenuto, ad esempio, che la protratta inerzia degli enti locali "giustifica la previsione di un potere sostitutivo, che consenta un intervento di organi centrali a salvaguardia di interessi generali ed unitari" (sentenza n. 44 del 2014), mentre è il prefetto che rileva la mancata attuazione da parte dell'ente locale di quanto prescritto dalla legge; potere "attribuito al Prefetto che lo esercita senza margini di discrezionalità" (ancora, la sentenza n. 44 del 2014).</p> <p style="text-align: justify;">Lo stesso T.U. enti locali, del resto, assegna al Governo il potere sostitutivo in plurime fattispecie di maggiore incidenza nell'autonomia dell'ente locale, quali quelle di sua inattività qualificata (art. 138), di atti viziati da illegittimità (art. 139), di malfunzionamento di organi e servizi o di gravi e persistenti violazioni di legge (art. 141), e finanche per gravi motivi di ordine pubblico (art. 142). Mentre il prefetto può sostituirsi in fattispecie più limitate e circoscritte, come in caso di inosservanza degli obblighi di convocazione del consiglio (art. 39) o di inerzia del sindaco nell'esercizio di funzioni statali (art. 54) ovvero, in via solo provvisoria, per motivi di grave e urgente necessità nei procedimenti di cui agli artt. 141, 142 e 143.</p> <p style="text-align: justify;">Insomma, quanto più il potere sostitutivo, incidente nell'autonomia dell'ente locale territoriale, presenta una connotazione di discrezionalità nei presupposti e nel contenuto, tanto più il livello di assunzione di responsabilità si eleva da quello amministrativo (provvedimento del prefetto) a quello politico (deliberazione del Governo).</p> <p style="text-align: justify;">La garanzia costituzionale di autonomia degli enti locali territoriali (Comuni, Province e Città metropolitane) richiede non solo che i presupposti di tali poteri sostitutivi, incidenti nell'attività dell'ente, siano sufficientemente determinati dalla legge, ma anche che l'eventuale sostituzione a organi dell'ente rispetti il canone dell'art. 120, secondo comma, Cost., integrato dalla norma di attuazione di cui all'art. 8 della L. 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), sull'assunzione a livello governativo della responsabilità per l'esercizio di tali poteri.</p> <p style="text-align: justify;">Invece, la disposizione censurata lascia l'esercizio di un potere sostitutivo, che si è visto essere ampiamente discrezionale, al livello meramente amministrativo dei poteri del prefetto, senza alcun coinvolgimento del Governo (come nell'ipotesi del comma 1 dell'art. 143) e neppure del Ministro dell'interno (come nell'ipotesi del comma 5 della stessa disposizione).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>In cosa consiste l’attività di controllo in ambito amministrativo?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>è una <strong>attività strumentale ed accessoria</strong> rispetto alla c.d. <strong>amministrazione attiva</strong>;</li> <li>ha ad oggetto <strong>atti o attività</strong>, dal punto di vista <strong>oggettivo</strong>, o <strong>soggetti od organi</strong>, dal punto di vista <strong>soggettivo</strong>; in quest’ultimo caso, nondimeno (ed in disparte le ipotesi di <strong>scioglimento </strong>dell’organo<strong>)</strong>, il controllo <strong>non riguarda </strong>generalmente – in via<strong> immediata e diretta </strong>-<strong> il soggetto o l’organo in sé</strong>, ma <strong>gli atti o l’attività</strong> di tale soggetto od organo, che funge dunque da <strong>punto di riferimento</strong> degli <strong>atti</strong> o delle <strong>attività</strong> da controllare;</li> <li>viene <strong>disimpegnato da organi</strong> nell’ambito dello <strong>stesso soggetto</strong> (<strong>controllo interno</strong>: organo controllante e organo controllato), ovvero da un <strong>soggetto</strong> nei confronti di <strong>atti, attività od organi di un soggetto diverso</strong> (<strong>controllo esterno</strong>: soggetto controllante e soggetto controllato);</li> <li>ha l’obiettivo di verificare la <strong>legittimità</strong> o il <strong>merito</strong> (c.d. <strong>buona amministrazione</strong>, che richiama il <strong>buon andamento</strong> di cui all’art.97 Cost.) dell’atto o dell’attività del controllato;</li> <li>può avere ad oggetto <strong>l’astratta legittimità</strong> degli atti od attività (modello recessivo: c.d. <strong>amministrazione “<em>per atti</em>”</strong>) ovvero il <strong>risultato</strong> – in termini di <strong>gestione pubblica</strong> - raggiunto attraverso tali atti o attività (modello sempre più accreditato: c.d. <strong>amministrazione “<em>per risultati</em>”</strong>);</li> <li>il modello <strong>dell’amministrazione “<em>per atti</em>”</strong> appare maggiormente conforme a <strong>moduli organizzativi</strong> strutturati sul <strong>principio di gerarchia</strong>; il modello dell’amministrazione “<strong><em>per risultati</em></strong>” appare più coerente con <strong>moduli organizzativi</strong> strutturati su <strong>direzione e coordinamento</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come si articola il controllo sui soggetti o sugli organi?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>ha in genere l’obiettivo di <strong>controllare</strong> <strong>non già il soggetto o l’organo</strong> in sé, quanto piuttosto <strong>i relativi atti od attività</strong>, che devono <strong>uniformarsi al canone costituzionale del c.d. buon andamento</strong> ex art.97 Cost.; l’organo o il soggetto fungono allora da <strong>punto di riferimento degli atti oggetto del controllo</strong> da parte del c.d. controllore;</li> <li>è <strong>meramente ispettivo</strong>: il controllore opera delle <strong>verifiche</strong>, ma <strong>non può sanzionare né sostituirsi</strong> al controllato;</li> <li>è <strong>ispettivo e repressivo</strong>: la legge lo forgia in modo tale da <strong>autorizzare il controllore ad irrogare</strong>, all’esito delle verifiche operate, delle <strong>sanzioni</strong> al controllato;</li> <li>è <strong>ispettivo e sostitutivo c.d. semplice</strong>: la legge lo forgia in modo tale da <strong>autorizzare</strong> il controllore, all’esito delle verifiche operate, ad <strong>eventualmente sostituirsi al controllato</strong>, in via <strong>diretta</strong> o giusta <strong>nomina di un commissario <em>ad acta</em></strong>, con <strong>effetti giuridici ed economici</strong> che nondimeno <strong>si imputano al controllato</strong>;</li> <li>è <strong>ispettivo e sostitutivo c.d. sanzionatorio</strong>: la legge lo forgia in modo tale da <strong>autorizzare</strong> il controllore, all’esito delle verifiche operate, tanto ad <strong>irrogare sanzioni</strong> quanto ad <strong>eventualmente sostituirsi al controllato</strong>, in via <strong>diretta</strong> o giusta nomina di un <strong>commissario <em>ad acta</em></strong>, con <strong>effetti giuridici ed economici</strong> che nondimeno <strong>si imputano al controllato</strong>;</li> <li>è <strong>connaturato al rapporto di gerarchia</strong>, ovvero al <strong>rapporto di direzione o vigilanza</strong> (tipico esempio di quest’ultima fattispecie è la relazione intercorrente tra <strong>Ministero vigilante ed Ente vigilato</strong>): tutti moduli nel cui contesto il <strong>principio di alterità del controllo</strong> (controllante e controllato sono organi o soggetti distinti) si declina attraverso il <strong>rapporto di sovraordinazione e sottoordinazione</strong>, potendo il soggetto od organo sovraordinato <strong>annullare, revocare o riformare</strong> gli atti del soggetto od organo sottoordinato, oltre a poter <strong>sanzionare</strong> quest’ultimo e ad essere legittimato ad <strong>avocarne il potere di adozione</strong> dei competenti atti;</li> <li>è <strong>di necessaria ed espressa previsione legislativa</strong> (e dunque <strong>non connaturato</strong>) allorché <strong>non sussista</strong> tra controllante e controllato <strong>né gerarchia, né direzione, né vigilanza</strong>, trovandosi essi su un <strong>piano di equiordinazione</strong>; occorre peraltro <strong>espressa copertura costituzionale</strong> quando i due soggetti equiordinati, controllore e controllato, si trovino in <strong>rapporto di reciproca autonomia ed indipendenza</strong> come da disegno della Costituzione (l’esempio tipico è quello dei rapporti tra <strong>Corte dei Conti</strong>, controllore, e <strong>Regioni</strong>, controllate);</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come si articola il controllo sugli atti?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>ha ad oggetto <strong>la legittimità</strong> dell’atto (o conformità dello stesso <strong>al diritto oggettivo</strong>), nel qual caso è espressione di un <strong>potere di vigilanza del controllante</strong>, ovvero il <strong>merito</strong> (opportunità) dell’atto stesso, nel quale caso è espressione di un <strong>potere di autotutela</strong> riconosciuto al soggetto controllante;</li> <li>può essere <strong>preventivo antecedente</strong> (come il <strong>visto</strong> o l’<strong>autorizzazione</strong>), se interviene <strong>prima dell’adozione e dell’efficacia dell’atto</strong>, condizionando tale adozione (nel qual caso ne è <strong>elemento costitutivo</strong>) o <strong>tale efficacia</strong>; può essere <strong>preventivo susseguente</strong> (come l’<strong>approvazione</strong> o l’<strong>omologazione</strong>), se interviene <strong>dopo l’adozione</strong>, ma <strong>prima dell’efficacia dell’atto</strong>, condizionando tale efficacia (<strong><em>condicio iuris</em></strong>: la PA conclude il contratto con l’interlocutore privato, ma tale contratto <strong>non ha effetto</strong> se non interviene il <strong>d. controllo preventivo susseguente</strong>); può essere <strong>successivo</strong>, laddove intervenga quando l’atto <strong>è già perfetto e produttivo di effetti</strong>, come nel caso di un atto, perfetto ed efficace, che sia tuttavia <strong>annullato in sede di controllo</strong> (per l’appunto, successivo);</li> <li>può essere <strong>di tipo impeditivo</strong>, laddove <strong>l’atto viene rimosso</strong> se a valle della verifica se ne riscontra <strong>la illegittimità o l’inopportunità</strong>; può essere <strong>di tipo collaborativo</strong>, laddove l’obiettivo <strong>non è quello di rimuovere atti</strong> (<em>ex post</em>), quanto piuttosto (<strong><em>ex ante</em></strong>) di <strong>rendere pareri o raccomandazioni</strong> capaci di <strong>rendere ottimale l’azione e la gestione</strong> del controllato;</li> <li>può essere <strong>esterno o intersoggettivo</strong> se il controllante è <strong>soggetto esterno</strong> rispetto al controllato dei cui atti si tratta; può essere <strong>interno o interorganico</strong> se il controllante è <strong>organo del medesimo soggetto</strong> cui appartiene il controllato (del pari organo) dei cui atti si tratta.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali sono, a livello classificatorio, i principali atti di controllo?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>l’<strong>autorizzazione</strong>: è <strong>atto preventivo antecedente</strong> giusta il quale il controllante, <strong>prima che l’atto si perfezioni</strong> e <strong>acquisti validità</strong>, ne controlla <strong>tanto la legittimità quanto il merito</strong> (atto di controllo preventivo antecedente di legittimità e di merito);</li> <li>il <strong>visto</strong>: è <strong>atto preventivo susseguente</strong> giusta il quale il controllante, <strong>prima che l’atto (già perfetto) acquisti efficacia</strong>, verifica la <strong>sola legittimità</strong> dell’atto controllato; ha natura <strong>non discrezionale</strong>, ma <strong>vincolata</strong>, potendo essere denegato (con conseguente <strong>mancata acquisizione di efficacia</strong> in capo all’atto controllato) solo laddove si riscontri che l’atto controllato è <strong>illegittimo</strong> e quindi <strong>non conforme al quadro del diritto oggettivo</strong> (atto di controllo preventivo susseguente di legittimità);</li> <li>l’<strong>approvazione</strong>: è <strong>atto preventivo</strong> giusta il quale il controllante, <strong>prima che l’atto acquisti efficacia</strong>, verifica <strong>non solo la legittimità ma anche l’opportunità</strong> dell’atto controllato (atto di controllo preventivo susseguente di legittimità e di merito); l’approvazione può essere <strong>sostituita ovvero integrata</strong> da un <strong>ulteriore atto</strong> <strong>di controllo</strong> che ha le medesime caratteristiche, detto <strong>omologazione</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come si articola il controllo c.d. di gestione?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>ha ad oggetto <strong>non già singoli atti</strong> del controllato, quanto <strong>l’attività globalmente intesa</strong> del medesimo, e dunque la relativa <strong>attività gestoria o gestione nell’interesse pubblico</strong>;</li> <li>si tratta di verificare se il controllato <strong>ha una gestione</strong> della propria attività <strong>conforme</strong> massime ai <strong>parametri di cui all’art.1 della legge 241.90</strong>, con particolare riguardo alla <strong>economicità</strong> ed alla <strong>efficacia</strong> della gestione medesima, oltre che <strong>all’efficienza</strong>;</li> <li>è <strong>controllo interno di gestione</strong>: il controllore è un <strong>organo interno dell’Amministrazione controllata</strong>, che dispiega tale controllo <strong>in via permanente</strong> avendo come <strong>punti di riferimento</strong> gli <strong>obiettivi</strong> che all’Amministrazione controllata assegna da un lato <strong>la legge</strong> <strong>in via immediata e diretta</strong> (massima la legge che ha istituito la PA considerata), dall’altro il <strong>vertice politico</strong> (ad esempio il Ministro o il Sindaco), questi ultimi normalmente con <strong>cadenza annuale</strong>; l’Amministrazione ha in particolare una <strong>dotazione di risorse umane</strong> e di <strong>beni</strong>, la <strong>gestione</strong> delle prime e lo <strong>sfruttamento</strong> dei secondi dovendo essere improntato a <strong>verificati criteri di razionalità</strong>; il controllore interno opera peraltro <strong>nell’interesse dell’Amministrazione controllata</strong> (Stato Apparato);</li> <li>è <strong>controllo esterno di gestione</strong>: il controllore è <strong>soggetto esterno all’Amministrazione controllata</strong>, come nel classico caso della <strong>Corte dei Conti</strong>; il controllore esterno opera peraltro <strong>nell’interesse pubblico al buon andamento dell’azione amministrativa</strong> (Stato Comunità).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quando il controllante ha meri poteri ispettivi, e non anche repressivi, cosa può fare se il controllato non si adegua alle indicazioni di controllo?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>prima tesi: il controllante, che <strong>non può annullare d’ufficio</strong> l’atto riscontrato illegittimo proprio perché <strong>non ha poteri repressivi</strong>, è <strong>legittimato</strong> e <strong>interessato</strong> a <strong>ricorrere per chiedere l’annullamento</strong> in sede <strong>giurisdizionale</strong> dell’atto non conforme al quadro ordinamentale vigente;</li> <li>seconda tesi: il controllante, che <strong>non può annullare d’ufficio</strong> l’atto riscontrato illegittimo proprio perché <strong>non ha poteri repressivi</strong>, non è <strong>neppure legittimato</strong> (quand’anche interessato) a <strong>ricorrere</strong> per chiedere l’annullamento <strong>in sede giurisdizionale</strong> dell’atto non conforme al quadro ordinamentale vigente, dovendosi in caso contrario assumere <strong>titolare</strong> (seppure indirettamente) di un <strong>potere repressivo</strong> che in realtà <strong>la legge non gli conferisce</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Da quando decorre il termine decadenziale per impugnare un atto sottoposto a controllo?</strong></p> <p style="text-align: justify;">Si registrano in giurisprudenza <strong>3 diverse prese di posizione</strong>, che dipendono dal <strong>tipo di atto da impugnare</strong>, specie con riguardo al momento in cui esso <strong>acquista efficacia (lesiva);</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>da quando si ha <strong>piena conoscenza dell’atto controllato</strong>;</li> <li>da quando viene <strong>adottato l’atto di controllo</strong>;</li> <li>da quando si ha <strong>piena conoscenza dell’atto di controllo</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali posizioni si contendono il campo laddove un atto (lesivo) soggetto a controllo preventivo sia portato subito ad esecuzione dalla PA?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>una posizione <strong>più garantista</strong>, propria della <strong>giurisprudenza</strong>: la PA <strong>porta subito ad esecuzione</strong> l’atto controllando – ancora <strong>inefficace</strong> – e correlativamente il privato può <strong>tempestivamente impugnarlo</strong> <strong>senza attendere l’atto di controllo</strong> che ne <strong>consoliderebbe la lesività</strong>; tuttavia <strong>non è tenuto a farlo</strong>, potendo comunque <strong>attendere</strong> per l’impugnativa l’adozione e la conoscenza di tale <strong>atto di controllo positivo</strong>;</li> <li>una posizione <strong>più rigorista</strong>, propria della <strong>dottrina</strong>: la PA <strong>porta subito ad esecuzione</strong> l’atto controllando – ancora <strong>inefficace</strong> – e correlativamente il privato <strong>deve tempestivamente impugnarlo</strong> senza attendere l’atto di controllo che <strong>ne consoliderebbe la lesività</strong>; è <strong>tenuto</strong> a farlo, <strong>non potendo comunque attendere</strong> per l’impugnativa l’adozione e la conoscenza di tale <strong>atto di controllo positivo</strong>, pena la <strong>decadenza dall’impugnativa</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali considerazioni sostengono la tesi della consumazione del potere di controllo laddove un primo atto negativo sia annullato con sentenza passata in giudicato?</strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="340"> <li>il <strong>controllo</strong> appare <strong>sempre meno</strong> avere ad oggetto <strong>singoli atti</strong>, e sempre più <strong>attività globalmente considerate</strong>; in sostanza, <strong>garantire l’efficienza</strong> significa (in ottica sostanziale) <strong>privilegiare l’esecutività immediata</strong> dell’atto sottoposto a controllo, privilegiando un <strong>controllo globale <em>ex post</em></strong> sull’azione amministrativa <strong>globalmente intesa</strong> piuttosto che un <strong>controllo <em>ex ante</em></strong> (formalistico e paralizzante) sui <strong>singoli atti</strong> della medesima, come dimostra anche <strong>l’art.27, comma 1</strong>, della legge 340.00 per quanto concerne il “<strong><em>silenzio assenso</em></strong>” di cui al <strong>controllo preventivo di legittimità</strong> affidato alla Corte dei Conti;</li> <li>va salvaguardato il <strong>canone dell’efficienza amministrativa</strong>, compromesso laddove la PA dovesse <strong>assumersi</strong> – dopo una <strong>prima sentenza passata in giudicato</strong> che, annullando l’atto negativo di controllo, ne abbia <strong>confortato la legittimità dell’azione</strong> – comunque esposta ad <strong>almeno un altro provvedimento negativo di controllo</strong>;</li> <li>l’<strong>26, comma 2, della legge 1034.71</strong> e la <strong>normativa successiva</strong> che fa <strong>salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione</strong> non si riferisce ad un <strong>principio di carattere generale</strong>, ma fa riferimento in via <strong>meramente ricognitiva</strong> ai casi in cui <strong>disposizioni di legge espressamente prevedono</strong> tali <strong>ulteriori provvedimenti</strong> (nel caso di specie dunque il controllante dovrebbe essere <strong>esplicitamente autorizzato da una espressa disposizione di legge</strong> a rieditare il proprio potere di controllo);</li> <li>l’<strong>atto controllato</strong> dunque, una volta <strong>passata in giudicato la sentenza che annulla l’atto negativo di controllo</strong>, diviene <strong>definitivamente efficace</strong> e il privato che si assuma leso dalla <strong>ritardata efficacia di tale atto</strong> può chiedere il <strong>risarcimento del danno</strong> connesso proprio alla <strong>ritardata efficacia di tale atto</strong> e della <strong>correlata</strong>, <strong>ritardata acquisizione del bene della vita</strong> sotteso all’atto (positivo per il privato) del quale è stata <strong>ritardata l’efficacia</strong> in virtù di un <strong>atto di controllo negativo illegittimo</strong> (e non reiterabile);</li> <li>intervenuta <strong>sentenza passata in giudicato</strong> che <strong>annulla l’atto negativo di controllo</strong>, <strong>non occorre l’ottemperanza</strong> in quanto si è al cospetto di una <strong>vicenda auto-esecutiva</strong>: l’atto soggetto a controllo <strong>inizia a spiegare i propri effetti</strong> (o ricomincia a spiegali, nel caso si tratti di controllo successivo e non preventivo), e non occorre adottare <strong>nessun specifico atto</strong> in sede di <strong>ottemperanza</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p>