<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 13 febbraio 2020 n. 5788</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>PRINCIPIO DI DIRITTO: nel corso del giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria a norma dell'art. 438, comma 5, cod. proc. pen. o nel quale l'integrazione sia stata disposta a norma dell'art. 441, comma 5, dello stesso codice è possibile la modifica dell'imputazione solo per i fatti emergenti dagli esiti istruttori ed entro i limiti previsti dall'art. 423 cod. proc. Pen.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><em> La questione sottoposta alle Sezioni Unite può essere così sintetizzata: "Se nel corso del giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria o nel quale l'integrazione sia stata disposta dal giudice, sia consentito procedere alla modificazione dell'imputazione o a contestazioni suppletive con riguardo a fatti già desumibili dagli atti delle indagini preliminari e non collegati agli esiti dei predetti atti istruttori".</em></li> <li><em> Per la soluzione della questione occorre partire dalla disciplina dell'art. 441, comma 1, cod. proc. pen. ove, è previsto che nel rito abbreviato si osservano in quanto applicabili le disposizioni dettate per l'udienza preliminare, fatta eccezione per quelle di cui agli artt. 422 e 423 cod. proc. pen.L'effetto derivante dalla suddetta regola è l'impossibilità per il pubblico ministero di modificare l'imputazione originariamente mossa e nota all'imputato nel momento in cui questi ha formulato la propria richiesta di ammissione al rito premiale.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>La regola anzidetta si applica anche nel caso in cui l'imputazione sia errata (cd. "imputazioni patologiche"), per essere caratterizzata da errori od omissioni desumibili già dalla sola lettura degli atti del fascicolo processuale, come nel caso di omessa contestazione di reati connessi o di circostanze aggravanti. La regola segnata dall'art. 441, comma 1, cod. proc. pen., unitamente alla rinuncia da parte dell'imputato alla formazione della prova in contraddittorio, a fronte del riconoscimento di una diminuente sulla pena, costituisce il tratto distintivo proprio del c.d. rito abbreviato.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La lettera dell'art. 441, comma 1, cod. proc. pen., rimasta invariata anche dopo le modificazioni introdotte dal legislatore nel 1999 è chiara, con la conseguenza che (anche alla luce della sentenza 378/1997 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato la piena legittimità dell'istituto) va confermata la consolidata linea giurisprudenziale (v., fra le altre: Sez. 4, n. 3758 del 03/06/2014, Costa, Rv. 263196; Sez. 6 n. 13117 del 19.1.2010, Sghizi Yassine e altro, Rv. 246680; Sez. 4, n. 12259 del 14/02/2007, Biasotto, Rv. 236199) per la quale la modificazione dell'imputazione in violazione della norma in esame, ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., è causa di nullità generale a regime intermedio della sentenza pronunciata all'esito del giudizio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Per completezza, si osserva che il dettato dell'art. 441 cod. proc. pen. attiene esclusivamente ai limiti posti al pubblico ministero nel modificare l'imputazione nel corso del giudizio e non riguarda invece l'autonomo ed esclusivo potere-dovere del giudice di dare al fatto una diversa definizione giuridica del fatto; infatti il legislatore ha previsto il mezzo di impugnazione dell'appello da parte del pubblico ministero contro la sentenza di condanna nella quale sia stato modificato il titolo del reato originariamente contestato (art. 423 comma 3 cod. proc. pen).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.2. La regola scaturente dalla lettura dell'art. 441, comma 1, cod. proc. pen. porta alle seguenti pratiche conseguenze: 1) qualora, successivamente alla ammissione del giudizio abbreviato c.d. "secco" vengano in evidenza fatti (reati connessi o circostanze aggravanti) desumibili dagli atti processuali, ma non ricompresi nell'imputazione, in linea generale il pubblico ministero non potrà procedere alla formulazione di contestazioni suppletive; 2) nel caso in cui l'omessa contestazione attenga ad un reato connesso, il pubblico ministero dovrà procedere con un separato giudizio, posto che in tal caso la azione penale non è stata ancora consumata; 3) nel caso in cui la omissione attenga ad una circostanza aggravante, questa non sarà più recuperabile.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il sistema descritto è stato ritenuto immune da vizi rilevanti in sede costituzionale sia nel caso in cui la preclusione alla modificazione dell'accusa venga collegata agli effetti premiali del rito, sia che essa venga inquadrata nella peculiare natura del giudizio "allo stato degli atti" essendo invece del tutto coerente con le finalità del rito (v. Corte Cost. sentenza n. 378/1997).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.3. Con la legge 16 dicembre 1999 n. 479 il legislatore ha modificato il rito processuale in esame, introducendo la possibilità di arricchire la piattaforma probatoria o su richiesta dell'imputato (art. 438, commi 1 e 5, cod. proc. pen. cd. rito abbreviato condizionato) o su disposizione del giudice (art. 438, comma 1 e 441, comma 5, cod. proc. pen.). In tale modo il legislatore ha superato l'originaria rigidità del giudizio abbreviato assecondando le esigenze dell'imputato o dello stesso giudicante attraverso la possibilità di un ampliamento della base cognitiva del processo, con la immissione di materiale istruttorio "nuovo" rispetto a quello già presente in atti.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il legislatore, nella previsione che l'apporto di nuovi elementi di prova, potesse far emergere nuove circostanze aggravanti o nuovi reati connessi a quelli già oggetto del giudizio, ha dettato ulteriori regole (art. 441, comma 5, e art. 441-bis cod. proc. pen.) che permettessero, da un lato, al pubblico ministero di modificare la imputazione ex art. 423, comma 1, cod. proc. pen. e dall'altro, all'imputato alternativamente di recedere dal rito abbreviato ex art. 441 bis comma 1 cod. proc. pen. o, ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo richiamato, proseguire nel giudizio abbreviato in corso chiedendo l'ammissione di nuove prove relative alle contestazioni formulate ai sensi dall'art. 423 cod. proc. pen.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La soluzione della questione rimessa alle Sezioni Unite va quindi rinvenuta all'interno delle disposizioni richiamate che vanno fra loro coordinate in una lettura che tenga presente i principi affermati dalla Corte Costituzionale. Il dato letterale dell'art. 423 cod. proc. pen. non appare di per sé solo, sufficiente a dare una convincente risposta al quesito posto.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Infatti se l'articolo in esame è chiaro nel delimitare l'oggetto della modificazione della contestazione (diversità del fatto; reato connesso ex art. 12, lett. b), cod. proc. pen.; circostanze aggravante) l'espressione "nel corso del giudizio" appare ancora vaga e non idonea a far univocamente ritenere se le contestazioni suppletive debbano riguardare esclusivamente fatti nuovi o possano ritenersi estensibili anche a fatti già noti, in atti e non regolarmente contestati. La ambiguità segnalata viene invece superata nel momento in cui l'art. 423 cod. proc. pen. viene calato allo interno della disciplina del giudizio abbreviato e letta in relazione alle peculiarità del rito.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Questo si caratterizza per tre elementi distintivi: è un giudizio allo stato degli atti; è un giudizio nel quale l'imputato accetta di essere giudicato rinunciando al contraddittorio sulla formazione della prova; è un giudizio che prevede un trattamento sanzionatorio premiale per la scelta fatta dall'imputato. Il fatto che il legislatore abbia previsto (artt. 441, comma 5, e 438, comma 5, cod. proc. pen.) che la base cognitiva del giudizio possa essere ampliata da una richiesta di integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione, non muta la natura del giudizio che è e rimane comunque "allo stato degli atti". Infatti l'imputato continua a rinunciare al contraddittorio sulla formazione delle prove acquisite e per esempio a far valere le nullità a regime intermedio, la incompetenza per territorio e le inutilizzabilità c.d. fisiologiche.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Tali rinunce processuali, eventualmente temperate dalla possibilità di richiedere una integrazione probatoria (utile ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del processo) sono il frutto di una scelta dell'imputato fondata proprio sullo "stato degli atti". La anzidetta valutazione degli "atti" non può prescindere dal tenore della imputazione che costituisce, per il suo contenuto, la sintesi degli addebiti che vengono mossi proprio in loro funzione. Tale considerazione vale tanto per il rito abbreviato c.d. "secco", quanto nel caso del rito abbreviato condizionato. Infatti, nel caso in cui l'imputato scelga di seguire la strada del rito abbreviato condizionato, è di tutta evidenza che la richiesta di integrazione probatoria viene formulata in funzione degli atti contenuti nel fascicolo, apprezzati alla luce del tenore dell'accusa mossa, sicché anche la richiesta di integrazione probatoria risente del tenore dell'accusa.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Va altresì rilevato che la valutazione del giudicante in ordine all'ammissione delle prove richieste, ex art. 438, comma 5, cod. proc. pen., a sua volta, si fonda necessariamente su tutti gli atti del processo compresa la relativa imputazione. Proprio questa diretta dipendenza dallo stato degli atti, incidente sulle scelte nel rito abbreviato condizionato dell'imputato e sulla susseguente decisione del giudice porta a ritenere che il pubblico ministero non è legittimato a variare la imputazione originariamente formulata recuperando aspetti già desumibili dal contenuto del fascicolo depositato al momento della richiesta di ammissione al rito, ma non correttamente considerati.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>All'interno di questa dimensione giuridica e della pregnanza della scelta processuale di accedere al rito abbreviato, non può essere sottaciuto che la imputazione è presidio di garanzia per l'imputato che ha diritto a conoscere nei suoi esatti termini il contenuto dell'accusa sulla cui base opera le proprie scelte anche in relazione al rito processuale e alla modalità di accesso ad esso. Ritenere che il pubblico ministero possa, nel rito abbreviato condizionato, modificare ad libitum l'imputazione originaria, perché ritenuta non adeguata rispetto a quanto già è agli atti del processo, vuol dire minare una garanzia dell'imputato e indirettamente la bontà delle decisioni del giudice nella fase di ammissione al rito. Sempre in una lettura coordinata delle disposizioni che disciplinano il rito abbreviato, viene ancora in evidenza (come segnalato dalla sezione rimettente) che \_ diversamente opinando si andrebbe incontro ad una illogica disarmonia di sistema.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Infatti, mentre è assolutamente pacifico che in caso di rito abbreviato "secco" il pubblico ministero non può operare alcuna modificazione dell'imputazione neppure per recuperare una contestazione più adeguata allo stato degli atti, tale facoltà gli sarebbe inspiegabilmente riconosciuta nel caso in cui l'imputato abbia optato per un rito abbreviato condizionato attraverso una lettura asistematica dell'art. 423 cod. proc. pen. che non tenga conto delle caratteristiche proprio del rito abbreviato.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La soluzione data dalla giurisprudenza criticata nell'ordinanza di rimessione non trova pertanto giustificazione nel contenuto delle norme in esame, lede il presidio di garanzia dell'imputato costituito dalla stabilità dell'accusa rispetto a quanto già in atti, crea una ingiustificata disarmonia di sistema che si concreta in un'inspiegabile diversità di trattamento tra rito abbreviato secco e rito abbreviato condizionato in relazione ad una medesima situazione processuale rappresentata da una contestazione patologica.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Mutatis mutandis le considerazioni fin qui svolte valgono anche nel caso in cui sia il giudice a disporre l'acquisizione di nuovi elementi ex art. 441, comma 5, cod. proc. pen. A tal proposito va osservato che la decisione del giudice di ampliare il quadro probatorio non può costituire l' "occasione" per il pubblico ministero di mutare e adeguare il tenore dell'accusa rispetto a quanto già in atti, così pervenendosi ad una disparità di trattamento rispetto al caso in cui il giudice non senta alcuna necessità di allargare la piattaforma probatoria.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Da quanto sopra deriva, quindi, che le nuove contestazioni ex art. 423 cod. proc. pen. non possono che trovare giustificazione se non nei nuovi elementi di fatto emersi dall'allargamento della piattaforma probatoria ex artt. 438, comma 5, e 441, comma 5, cod. proc. pen. e le nuove contestazioni devono essere direttamente dipendenti dall'arricchimento del piano cognitivo del giudizio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Riconoscere che il pubblico ministero possa, nel giudizio abbreviato condizionato, modificare l'imputazione sulla base di quanto già in atti, si traduce nell'inosservanza delle indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale che si è pronunciata a tal proposito con la sentenza 140 del 2010, con cui, dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 441 e 441-bis cod. proc. pen, in relazione agli artt. 3, 24, 97, 111 e 112 della Costituzione, ha sottolineato che la previsione della possibilità per il pubblico ministero di modificare ex art. 423 cod. proc. pen. il capo di imputazione nelle ipotesi in cui sia stato operato un ampliamento della piattaforma probatoria si pone come eccezione rispetto alla regola enunciata dall'art. 441, comma 1, cod. proc. pen. Sicché le nuove contestazioni sono legittimamente formulate in quanto ancorate a fatti nuovi o nuove circostanze emerse a seguito della modificazione della base cognitiva conseguenti all'attivazione dei meccanismi di attivazione probatoria.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La Corte Costituzionale ha inoltre affermato che «...con la richiesta di giudizio abbreviato l'imputato accetta di essere giudicato con il rito semplificato in rapporto ai reati già contestatigli dal pubblico ministero, rispetto ai quali solo egli esprime l'apprezzamento della convenienza del rito: sicché non sarebbe costituzionalmente accettabile che egli venisse a trovarsi vincolato dalla sua scelta anche in relazione ad ulteriori reati concorrenti che gli potrebbero essere contestati a fronte di evenienze patologiche». Nella specie si tratta di una sentenza interpretativa di rigetto della quale va comunque tenuto conto nella lettura delle disposizioni qui richiamate.</em></p> <ol start="4"> <li style="text-align: justify;"><em> In</em><em>conclusione, sulla base di quanto fin qui considerato, si deve pertanto affermare il seguente principio di diritto: "nel corso del giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria a norma dell'art. 438, comma 5, cod. proc. pen. o nel quale l'integrazione sia stata disposta a norma dell'art. 441, comma 5, dello stesso codice è possibile la modifica dell'imputazione solo per i fatti emergenti dagli esiti istruttori ed entro i limiti previsti dall'art. 423 cod. proc. pen.".</em></li> </ol>