<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza 07 aprile 2020 n. 7737</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <ul style="text-align: justify;"> <li style="font-weight: 400;"><em> 2. L'eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per vizio della procura speciale è infondato.</em></li> </ul> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Risulta, in fatto, che nella copia notificata di esso (la cui conformità all'originale non è contestata) sia apposta la seguente dicitura: "vi è procura ed autentica in originale. F.to". A margine del ricorso in originale, ritualmente depositato, è apposta procura speciale con sottoscrizione autenticata e specifica indicazione della sentenza oggetto del ricorso di legittimità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Si verte dunque in una situazione nella quale la mancata integrale riproduzione della procura speciale nella copia notificata del ricorso non inficia di inammissibilità quest'ultimo; nè sotto il profilo della insussistenza di validi poteri di difesa e rappresentanza, né sotto quello della anteriorità del conferimento di tali poteri rispetto alla notificazione del ricorso stesso alla controparte. Si tratta di elementi - tutti - agevolmente verificabili dal controricorrente, in quanto direttamente attingibili dal fascicolo d'ufficio all'esito della tempestiva costituzione del ricorrente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em> Ciò premesso, deve farsi applicazione dell'orientamento secondo cui: "La mancata trascrizione, sulla copia del ricorso per cassazione notificato, degli estremi della procura speciale conferita dal ricorrente al difensore, non determina l'inammissibilità del ricorso ove la procura sia stata rilasciata con dichiarazione a margine, o in calce al ricorso, in quanto in tal caso l'intimato, con il deposito del ricorso in cancelleria, è posto in grado di verificare l'anteriorità del rilascio della procura rispetto alla notificazione dell'atto di impugnazione" (Cass.sez.Lav.n.16540/06, con ulteriori richiami).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ha inoltre in motivazione osservato Cass., sez. III, n. 8551/10, che: "(...) qualora - come puntualmente nella specie - l'originale del ricorso per Cassazione rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l'autenticazione ad opera del medesimo della sottoscrizione della parte che gli ha conferito la procura, la mancanza degli stessi elementi sulla copia notificata non determina l'inammissibilità del ricorso quando tale copia contenga elementi idonei a dimostrare la provenienza dell'atto da difensore già munito di mandato speciale (come la trascrizione o l'indicazione della procura o l'attestazione dell'ufficiale giudiziario in ordine alla richiesta di notificazione, Cass., 6 luglio 2001, n. 9206, nonché Cass. 22 giugno 2006, n. 13385; Cass. 6 febbraio 2004, n. 2304; Cass. 29 luglio 2003, n. 1632; Cass., 5 aprile 2001, n. 5077; Cass. 22 novembre 2000, n. 15072)".</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Più recentemente, si è ancora ribadito che: "In tema di ricorso per cassazione, non è necessario che la procura sia integralmente trascritta nella copia notificata all'altra parte, ben potendosi pervenire, attraverso altri elementi, alla ragionevole certezza che il mandato sia stato conferito prima della notificazione dell'atto e dovendo la conformità del ricorso rispetto all'originale notificato dal contribuente all'Ufficio riguardare il contenuto dell'atto, sicché è a tal fine sufficiente l'apposizione nella copia di una nota che attesti la presenza sull'originale del mandato rilasciato al difensore" (Cass.n. sez.Trib. n. 17963/19).</em></p> <ul style="text-align: justify;"> <li style="font-weight: 400;"><em> 3.1 Con l'unico motivo di ricorso il Caci lamenta - ex art.360, 1^ co. n. 1 cod.proc.civ. - violazione delle norme sulla giurisdizione con riferimento agli artt. 111 Cost. e 53, co. 7" e 7" bis d.lgs.165/01.</em></li> </ul> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em> Nella specie, come già varie volte affermato dalla Corte di Cassazione, andava infatti affermata la giurisdizione del giudice amministrativo (trattandosi di soggetto appartenente alla Marina Militare assoggettato a rapporto di lavoro di diritto pubblico non contrattualizzato) e non di quello contabile, posto che: - l'obbligazione legale di riversamento dei compensi all'amministrazione di appartenenza non ha natura risarcitoria di danno erariale, ma sanzionatoria; - coerentemente con tale presupposto, nessun profilo di danno era stato qui dedotto nell'atto di citazione introduttivo del giudizio; - l'azione di recupero poteva conseguentemente essere proposta direttamente dall'amministrazione di appartenenza, senza tramite della Procura Regionale della Corte dei Conti; - nessun effetto poteva sortire, a sostegno della giurisdizione contabile, la previsione contenuta nell'art.53, co. 7^ bis, d.lgs.165/01 cit., non valevole per le fattispecie antecedenti, come nella specie, alla sua entrata in vigore (2012).</em></p> <ul style="text-align: justify;"> <li style="font-weight: 400;"><em> 3.2 II motivo è infondato.</em></li> </ul> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In base all'art.53, co.7^, d.lgs.165/01 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche): "I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. (...). In caso di inosservanza del divieto, salve le piu' gravi sanzioni e ferma restando la responsabilita' disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttivita' o di fondi equivalenti".</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il co.7 bis della stessa disposizione (aggiunto dalla L. 6 novembre 2012, n. 190) stabilisce poi che: "L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilita' erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti".</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Queste Sezioni Unite hanno avuto più volte occasione di occuparsi del riparto di giurisdizione con riguardo alla fattispecie così delineata, e l'indirizzo che ne è derivato - recentemente ricostruito e ribadito da Cass.SS.UU.n.17124/19 ord. e n. 415/20 ord. - muove dai seguenti passaggi fondamentali:</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>la domanda della P.A. di appartenenza volta ad ottenere il versamento dei corrispettivi percepiti nello svolgimento di un incarico non autorizzato rientra nella giurisdizione del giudice ordinario non soltanto quando venga proposta, come pure previsto dalla legge, nei confronti del soggetto erogante (il quale, in quanto estraneo alla PA, non viene convenuto a titolo di responsabilità erariale avanti alla corte dei conti), ma anche quando venga proposta nei confronti del dipendente stesso in recupero di un credito che ha natura sanzionatoria ex lege, in funzione del rafforzamento degli obblighi di fedeltà ed esclusività al quale il medesimo è tenuto; e ciò anche dopo l'introduzione, nell'articolo 53 cit., del co.7 bis, qualora la domanda abbia ad oggetto il recupero di compensi non autorizzati percepiti in epoca antecedente a tale introduzione (Cass.SS.UU.n.19072/16, ord; n. 8688/17; n. 1415/18 ord., n.5789/18 ord.; n. 13239/18 ord.; n.20533/18);</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>la giurisdizione ordinaria, così più volte affermata in fattispecie di recupero in via monitoria di compensi non autorizzati, cede invece alla giurisdizione contabile allorquando la domanda venga proposta, nei confronti del dipendente, non dall'ente di appartenenza ma direttamente dalla procura regionale della Corte dei Conti, posto che in tal caso la domanda trova giustificazione nel danno erariale conseguente alla violazione del dovere strumentale di chiedere l'autorizzazione allo svolgimento degli incarichi extralavorativi, e del conseguente obbligo di riversare alla PA i compensi ricevuti, trattandosi di prescrizioni volte a garantire il corretto e proficuo svolgimento delle mansioni attraverso il previo controllo dell'Amministrazione sulla possibilità per il dipendente d'impegnarsi in un'ulteriore attività senza pregiudizio dei compiti d'istituto (Cass.SS.UU.n.25769/15; n. 22688/11, citate anche nella sentenza qui impugnata; riprese da Cass.SS.UU.n.17124/19 ord.; n.415/20, ord.);</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em> nel caso in cui i compensi vengano appunto dedotti a titolo di risarcimento del danno, ancorché forfettizzato ex lege, conseguente alla violazione dei doveri di esclusività e di fedeltà del pubblico dipendente, l'affermazione della giurisdizione contabile non trova ostacolo nella astratta proponibilità dell'azione di recupero, avanti al giudice ordinario, anche nei confronti del soggetto erogatore; dal momento che allorquando la P.A. di appartenenza non si attivi in via giudiziale per far valere l'inadempimento degli obblighi del rapporto di lavoro, ed il Procuratore contabile abbia viceversa promosso azione di responsabilità contabile in relazione alla tipizzata fattispecie legale in esame, resta ad essa precluso di promuovere la detta azione, dovendosi escludere, stante il divieto del bis in idem, una duplicità di azioni attivate contestualmente che, seppure con la specificità causale di ciascuna di esse, siano tuttavia entrambe volte a conseguire un medesimo petitum;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>sicché il problema del concorso delle due azioni deve essere risolto sul piano della indefettibile alternativa proponibilità, non già della giurisdizione (Cass.SS.UU.n.17124/19 cit.); qualora l'azione venga dal procuratore contabile proposta nei confronti del dipendente a titolo di responsabilità erariale, la giurisdizione della Corte dei Conti sussiste anche per le fattispecie di prelievo non autorizzato risalenti ad epoca antecedente all'inserimento nell'articolo 53 cit. del co.7 bis, sia perché questa disposizione non ha valenza innovativa, ponendosi piuttosto in rapporto di continuità regolativa con l'orientamento giurisprudenziale che già in precedenza aveva affermato, in tale ipotesi, la giurisdizione contabile, sia perché essa, in quanto norma sulla giurisdizione, deve ritenersi comunque applicabile (tempus regit actum) ai giudizi di responsabilità erariale instaurati dopo la sua entrata in vigore, ancorché per fatti commessi prima (Cass.SS.UU.n. 17124/19 cit.).</em></p> <ul style="text-align: justify;"> <li style="font-weight: 400;"><em> 3.3 Orbene, facendo applicazione di questi criteri al caso di specie, va effettivamente condivisa l'affermazione della giurisdizione contabile così come resa nella sentenza impugnata.</em></li> </ul> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Indipendentemente dal fatto che il quantum dedotto in giudizio dalla procura contabile sia coincidente con l'ammontare dei compensi percepiti dal Caci senza autorizzazione, appare in tal senso dirimente la univoca riconducibilità della causa petendi e del petitum sostanziale proprio all'ipotesi dell'illecito erariale. Illecito che nell'atto introduttivo del giudizio viene illustrato e dedotto - nella pienezza di tutte le sue componenti, non solo di condotta ma anche di elemento soggettivo (dolo) e di nesso causale - appunto in termini di lesione degli obblighi lavorativi istituzionali del dipendente pubblico produttiva di un'effettiva diminuzione del patrimonio erariale e, dunque, di una conseguente obbligazione prettamente risarcitoria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La stessa sentenza impugnata dà conto di una siffatta qualificazione della domanda introduttiva del giudizio, e tale valutazione non può dirsi erronea, in quanto conforme ad un atto introduttivo nel quale la condotta del Caci veniva dedotta: - attraverso l'esposizione della sua specifica produttività di un danno erariale causalmente ricollegabile alla violazione non giustificata di un obbligo funzionale, e concretante lo sviamento delle sue energie lavorative; - come tipica fattispecie di responsabilità amministrativa indipendente dalla eventuale rilevanza anche penale (art.640 cp) degli stessi fatti contestati; - quale causa di un depauperamento dell'amministrazione di misura pari all'importo lordo a lui attribuito dalle strutture sanitarie private presso le quali egli aveva svolto attività professionale non autorizzata; - per l'ottenimento di una condanna al riversamento del percepito in quanto funzionale non già al pagamento di una sanzione di deterrenza, ma all'attuazione di un vero e proprio obbligo di effettiva reintegrazione patrimoniale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ne segue il rigetto del ricorso; nulla si dispone sulle spese, stante la qualità di parte in senso meramente formale assunta del Procuratore della Corte dei Conti. </em></p>