<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sezione II Penale, sentenza 17 marzo 2020, n. 10339</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>PRINCIPIO DI DIRITTO</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Nell’ambito della compravendita di autoveicoli usati, è punibile per il delitto di truffa il titolare dell’autosalone che manometta il chilometraggio di un’automobile e successivamente la rivenda, captando ingannevolmente la voluntas acquirendi del compratore attraverso l’ingenerazione del convincimento, determinante ai fini della conclusione del contratto, che la vettura abbia complessivamente percorso una distanza chilometrica di gran lunga inferiore a quella reale.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell'impugnazione di legittimità</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>stabiliti dall'art. 606 c.p.p.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Il primo motivo di ricorso, in particolare, è aspecifico, oltre che manifestamente infondato, in quanto non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che desume l'inganno perpetrato ai danni del Ci. in ordine al chilometraggio della vettura a questo venduta dal C. non già da quanto la persona offesa avrebbe appreso da un meccanico di fiducia, bensì dalle dichiarazioni del teste Si., che ha riferito di aver ceduto al C. l'autovettura che aveva percorso 282.000 km, evidentemente prima che la stessa venisse venduta dal ricorrente al Ci. nella convinzione di questo che si trattasse di veicolo che aveva percorso solo 130.000 km</em></strong><em>.: la mancanza di specificità del motivo, precisa la Corte di Cassazione richiamando il proprio consolidato orientamento, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all'inammissibilità (Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Rv. 237596).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Inoltre, la Suprema Corte ha ritenuto parimenti inammissibile il secondo motivo di ricorso, atteso che, a fronte di una congrua ricostruzione dei fatti ad opera delle sentenze di merito, che hanno evidenziato come lo S. abbia corrisposto al C. una somma per l'acquisto di vettura che, tra l'altro, la certificazione del P.R.A. ha, poi, rivelato essere stata già precedentemente venduta dall’autosalone del ricorrente ad altri, prospetta, invece, una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione che esula dai poteri della Corte di cassazione, trattandosi, invece, di valutazione riservata – in via esclusiva – al giudice di merito, in virtù di consolidati principi giurisprudenziali nomofilattici (cfr., ex multis, Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 - 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Christian Curzola </em></p>