Corte di Cassazione, Sez. Unite Penali, sentenza 22 aprile 2020 n. 12778
PRINCIPIO DI DIRITTO
Le notifiche all’imputato detenuto, anche qualora abbia dichiarato o eletto domicilio, vanno eseguite nel luogo di detenzione, con le modalità di cui all’art. 156 c.p.p., comma 1, mediante consegna di copia alla persona. La notifica al detenuto eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto dà luogo ad una nullità a regime intermedio, soggetta alla sanatoria prevista dall’art. 184 c.p.p.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni unite è la seguente: “se la notifica del decreto di giudizio immediato all’imputato detenuto che abbia eletto domicilio presso il difensore di fiducia debba essere effettuata ex art. 156 c.p.p., comma 1, o presso il domicilio eletto”.
- Inpunto di fatto, dalla documentazione in atti, risulta quanto segue: – all’atto dell’arresto, avvenuto il 17 marzo 2010, in esecuzione dell’ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere emessa dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Tivoli, il ricorrente confermava l’elezione di domicilio presso il difensore di fiducia avvocato Dario Masini; – condotto presso la Casa Circondariale di (OMISSIS) dichiarava il domicilio in (OMISSIS); – infine, nella notifica del decreto di giudizio immediato, in data 3 agosto 2010, era riportata la seguente frase: “per presa visione e rinuncia a notifica per l’avv. Dario Masini ed il sig. S.D. – Tivoli 1/09/2010. Avv. Dario Masini”.
Alla prima udienza, tenutasi il 17 novembre 2010, presenti sia l’imputato – in stato di detenzione inframuraria – che il difensore di fiducia, non veniva sollevata alcuna eccezione. All’udienza del 13 aprile 2012, i nuovi difensori, eccepivano, per la prima volta, la nullità della notifica sotto un duplice profilo: a) perchè il difensore domiciliatario, di cui neppure era certa l’identificazione, aveva rinunciato alla notificazione oltre che per sè, anche per l’imputato, nonostante non ne avesse alcun potere in mancanza di una procura speciale; b) perchè la notificazione era stata effettuata al difensore domiciliatario, sebbene l’imputato, al momento della stessa, fosse detenuto in carcere per i fatti oggetto di procedimento e, quindi, andasse eseguita ex art. 156 c.p.p..
Le eccezioni venivano respinte prima dal Tribunale e, poi, dalla Corte di appello, in quanto la notifica era da ritenersi regolare essendo stata eseguita a mani del difensore di fiducia domiciliatario e comunque perchè l’eccezione era stata tardivamente dedotta. Con il presente ricorso, la difesa, oltre che ribadire le predette censure, ha dedotto, per la prima volta, un’ulteriore causa di nullità della notifica per essere stata la medesima erroneamente eseguita presso il difensore domiciliatario e non in (OMISSIS) e cioè presso il domicilio che l’imputato, al momento dell’ingresso in carcere, aveva dichiarato, come risultava dal certificato in atti rilasciato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
- Invia preliminare, va decisa la censura relativa alla “rinuncia alla notifica”.
3.1. Dalla disamina della vicenda, si evince un’evidente frattura fra la ricostruzione in fatto effettuata dal ricorrente e quella ritenuta da entrambi i giudici di merito. Secondo il ricorrente, l’avvocato Masini, si limitò, in pratica, a prendere visione del decreto rinunciando, quindi, anche ad averne una copia: da qui, la censura di omessa notifica all’imputato non potendo il difensore, benchè domiciliatario, rinunciare, per conto dell’imputato, senza averne alcun potere, ad un atto personalissimo come quello della notifica. Secondo i giudici di merito, invece, la notifica (rectius: la consegna quantomeno di una copia) fu eseguita: il Tribunale, infatti, parla di notifica “effettuata con il suo consenso al difensore presso il quale l’imputato aveva regolarmente eletto domicilio” e la Corte di appello ha ribadito questa tesi.
Questo Collegio ritiene che la frase apposta in calce al decreto dall’avvocato Masini, la cui firma non è mai stata disconosciuta (il che consente di disattendere anche la censura sulla identificazione di chi tale rinuncia abbia posto in essere), non esclude, come ritengono i giudici di merito, che il difensore avesse ricevuto materialmente copia del decreto. La rinuncia va, quindi, intesa solo quale rinuncia a ricevere una nuova notifica presso il proprio studio. In tal senso depone non solo la prassi che, normalmente, si segue nei casi in cui la notifica viene effettuata brevi manu, ma anche la “qualità” del soggetto ricevente (avvocato di fiducia) che, ben difficilmente, avrebbe rinunciato ad entrare in possesso del decreto che cristallizzava i capi d’imputazione, indicava le fonti di prova e la data dell’udienza e conteneva tutti gli avvertimenti ed i diritti che spettavano all’imputato.
Tanto si desume anche dalle seguenti ulteriori circostanze: a) l’imputato presenziò regolarmente al processo, assistito dal difensore di fiducia e nessuna eccezione fu sollevata per ben sette udienze; b) l’eccezione fu dedotta solo dai nuovi difensori che desunsero “l’omessa notifica” facendo leva esclusivamente su quella frase apposta dall’avvocato Masini in calce al decreto, ma senza addurre alcun concreto elemento fattuale che potesse avallare la tesi difensiva. La tesi della difesa, quindi, dev’essere respinta, dovendosi ritenere che la notifica fu effettuata “a mani” dell’avvocato Masini, nella sua duplice veste di difensore di fiducia e di domiciliatario: di conseguenza, restano assorbite le eccezioni di carenza di procura speciale a rinunciare alla notifica e quella di inesistenza della notifica, anche se, resta da verificare se e in che termini possa ritenersi regolare.
3.2. La censura, peraltro, quand’anche si volesse accogliere in fatto la tesi prospettata dalla difesa, andrebbe comunque disattesa in base al principio di diritto affermato dalle Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, dep. 2012, Rossi, Rv. 251501, secondo il quale l’ordinamento giuridico equipara il rifiuto (e, quindi, a fortiori, anche la rinuncia) di ricevere la notifica da parte del destinatario alla consegna. Infine, anche l’eccezione secondo la quale il difensore domiciliatario può rinunciare alla notifica per sè ma non per l’imputato, va disattesa in quanto l’autorità notificante, essendo estranea al rapporto interno fra domiciliante e domiciliatario, non è tenuta a verificare quali siano i poteri del domiciliatario.
- Respinta la prima delle eccezioni sollevate dalla difesa in ordine alla regolarità della notifica, si può affrontare la questione rimessa a questo Collegio e cioè se le notificazioni all’imputato detenuto debbano essere eseguite con la procedura di cui all’art. 156 c.p.p. o, al domicilio che l’imputato abbia dichiarato o eletto.
4.1. Una parte della giurisprudenza ritiene che sia del tutto legittimo – in deroga alla procedura di cui all’art. 156 c.p.p. – eseguire le notifiche presso il domicilio che l’imputato detenuto abbia eletto o dichiarato prima o durante la detenzione. La motivazione che viene addotta si basa, sostanzialmente, sul seguente argomento: l’art. 156 c.p.p. non è una disposizione speciale rispetto a quella prevista in via generale per le notificazioni, in quanto “l’art. 156, u.c. (….) detta una regola di chiusura secondo la quale in nessun caso le notificazioni all’imputato detenuto o internato possono essere eseguite con le forme dell’art. 159 c.p.p., nell’ovvia constatazione che la dichiarazione di irreperibilità presuppone il risultato negativo della ricerca anche presso l’amministrazione carceraria”. Di conseguenza, poichè “questa è l’unica inconciliabilità espressamente disciplinata” ne deriva che “all’imputato detenuto è consentito avvalersi della possibilità di dichiarare o eleggere domicilio a norma dell’art. 161 c.p.p., comma 1”.
Questa interpretazione, inaugurata da Sez. 2, n. 47379 del 30/10/2003, Piazza, Rv. 227648, è stata poi seguita da altra giurisprudenza (Sez. 5, n. 13288 del 24/02/2006, Jijie, Rv. 233985; Sez. 2, n. 15102 del 28/02/2017, Gulizzi, Rv. 269863; Sez. 6, n. 20532 del 01/03/2018, A., Rv. 273420) ed applicata anche alle ipotesi delle notifiche al detenuto in stato di detenzione domiciliare o in carcere per altra causa (Sez. 6, n. 3870 del 02/10/2008, dep. 2009, Scarlata, Rv. 242396; Sez. 6, n. 42306 del 07/10/2008, Pezzetta, Rv. 241877; Sez. 6, n. 47324 del 20/11/2009, Maità, Rv. 245306; Sez. 6, n. 1416 del 07/10/2010, dep. 2011, Chatir, Rv. 249191; Sez. F, n. 31490 del 24/07/2012, Orlandelli, Rv. 253224; Sez. 6, n. 43772 del 14/10/2014, Hassa, Rv. 260624; Sez. 6, n. 4836 del 03/12/2014, dep. 2015, Hassa, Rv. 262055; Sez. 3, n. 42223 del 06/02/2015, N., Rv. 264963; Sez. 5, n. 35542 del 29/02/2016, Manciaracina, Rv. 268017; Sez. 2, n. 21787 del 04/10/2018, dep. 2019, Casali, Rv. 275592).
4.2. Un diverso indirizzo giurisprudenziale, invece, ritiene che le notifiche all’imputato che si trovi detenuto (in carcere o in un luogo diverso) anche per causa diversa da quella del procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione, debbano sempre essere eseguite con le modalità previste dall’art. 156 c.p.p. (Sez. 2, n. 2356 del 13/01/2005, Simioni, Rv. 230698; Sez. 3, n. 42836 del 30/09/2009, El Mami n. m.; Sez. 5, n. 42302 del 09/10/2009, Di Palma, Rv. 245396).
Nell’ambito di tale giurisprudenza, poi, alcune sentenze ritengono che la notificazione personale nel luogo di detenzione debba essere eseguita anche nei confronti del detenuto per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione in quanto “l’ufficio giudiziario procedente, quando deve effettuare la prima notificazione, deve svolgere le dovute ricerche in ordine allo status libertatis alla data della notifica del decreto.
Tale regola si applica anche quando la notificazione sia stata effettuata a norma dell’art. 161 c.p.p., comma 4″ (Sez. 6, n. 20459 del 20/03/2009, Rizqy, Rv. 244277; Sez. 6, n. 21848 del 21/05/2015, Fioravanti, Rv. 263629; Sez. 4, n. 26437 del 30/04/2003, Jovanovic, Rv. 225861; Sez. 5, n. 37135 del 10/06/2003, Bevilacqua, Rv. 226664); altre, invece, in aderenza al disposto dell’art. 156 c.p.p., comma 4, ritengono che la consegna di copia della notificazione alla persona detenuta per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione, debba effettuarsi solo ove dagli atti risulti lo stato di detenzione (ex plurimis Sez. 6, n. 18628 del 31/03/2015, El Cherquoi, Rv. 263483; Sez. 1, n. 37248 del 20/02/2014, Degan, Rv. 260777; Sez. 1, n. 13609 del 09/07/2013, dep. 2014, Rammeh, Rv. 259594; Sez. 2, n. 43720 del 11/11/2010, Visconti, Rv. 248978; Sez. 6, n. 5222 del 11/03/1993, Belanzoni, Rv. 194024).
- Questo Collegio condivide la seconda delle tesi illustrate. La notifica è il procedimento finalizzato a portare a conoscenza delle parti gli atti recettizi processuali al fine di metterle nelle condizioni di esercitare il diritto di difesa. Limitando il discorso all’imputato, in via preliminare, è opportuno precisare quanto segue.
Il codice di rito, utilizza sempre il I. “imputato” ( art. 60 c.p.p.): ma, le stesse regole si applicano anche all’indagato, ex art. 61 c.p.p., all’internato in un istituto penitenziario (combonato disposto art. 156 c.p.p., comma 4, e art. 215 c.p., comma 2) o al condannato (salvo deroghe, come ad es. l’art. 677 c.p.p., comma 2-bis). La modalità di notifica prevista nell’art. 156 c.p.p. si applica all’imputato (da intendersi nell’ampio senso surnmenzionato) che si trovi detenuto, anche a seguito di arresto o fermo, in un istituto penitenziario nel territorio dello Stato Italiano (arg. ex art. 169 c.p.p., comma 5): di conseguenza, “la notificazione degli atti all’imputato sottoposto ad una misura alternativa alla detenzione (ad es., all’affidamento in prova al servizio sociale) va effettuata nelle forme previste per gli imputati non detenuti, dal momento che l’applicazione di una misura alternativa postula una condizione di libertà” (così, Sez. 2, n. 45047 del 16/11/2011, Sgaramella, Rv. 251358). Ove, invece, l’imputato si trovi ristretto in un luogo diverso dagli istituti penitenziari ( artt. 284 e 286 c.p.p., art. 588 c.p.p., comma 4-bis, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, artt. 52 e 53, L. 26 luglio 1975, n. 354, artt. 47-ter e 47-quinquies), si applica, ex art. 156 c.p.p., comma 3, il procedimento notificatorio di cui all’art. 157 c.p.p..
A grandi linee, si può affermare che il procedimento notificatorio si articola su due livelli: a) notifica “in mani proprie del destinatario” ( artt. 148, 156, 157 e 158 c.p.p.): è questa la modalità privilegiata perchè è la forma più sicura per portare l’atto a conoscenza del destinatario. E’, infatti, sulla base di tale presupposto, che la giurisprudenza di questa Corte, è ferma nel ritenere che la notifica in mani proprie, in qualsiasi luogo sia effettuata, prevalga, anche nel caso in cui l’imputato abbia eletto (o dichiarato) un domicilio diverso dal luogo in cui la notificazione è stata in concreto consegnata al destinatario (ex plurimis, Sez. 1, n. 9544 del 26/09/2017, dep. 2018, Pezzoni, Rv. 272309); b) notifica presso un luogo indicato dallo stesso imputato (cioè: il domicilio dichiarato ossia “la casa di abitazione o il luogo in cui l’imputato esercita abitualmente l’attività lavorativa”: art. 157 c.p.p., comma 1; il domicilio eletto in altro luogo), o determinato ex lege ( art. 159 c.p.p., art. 161 c.p.p., commi 2 e 4, artt. 165 e 166 c.p.p., art. 169 c.p.p., comma 1, art. 613 c.p.p. e art. 677 c.p.p., comma 2-bis).
In relazione a questa modalità di notificazione, questa Corte (Sez. 1, n. 9544 del 26/09/2017, dep. 2018, Pezzoni, Rv. 272309) ha, conclivisibilmente, osservato che “la notificazione ai sensi dell’art. 161 c.p.p., commi 1 e 4, è stata introdotta nell’ordinamento allo scopo di assolvere ad esigenze di celerità procedimentale e di economia processuale, non certo per apprestare un assetto di garanzie a favore dell’imputato: è, infatti, incontestabile a lume di logica che l’imputato (…), sia più efficacemente garantito quando la notificazione venga eseguita in modo tale da consentirgli di avere immediatamente e concretamente nelle proprie mani l’atto oggetto di legale conoscenza”.
Va, poi, in proposito, considerato che, in realtà, anche l’elezione (o dichiarazione) di domicilio non costituisce una deroga alla regola della consegna “alla persona” degli atti, ma solo un invito a collaborare per rendere più agevole le successive notifiche, tant’è che l’elezione (o dichiarazione) di domicilio può essere effettuata, ex art. 161 c.p.p.: a) solo dopo “il primo atto compiuto con l’intervento della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato non detenuto nè internato” (comma 1); b) “con l’informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell’autorità giudiziaria” (comma 2); c) all’atto della scarcerazione (comma 3): il che significa che l’imputato può eleggere o dichiarare il domicilio solo dopo essere venuto a conoscenza, personalmente e formalmente, del procedimento a proprio carico.
Ma, l’art. 161 c.p.p., stabilisce un’altra condizione (avente contenuto negativo) perchè l’imputato possa eleggere (o dichiarare) il domicilio e cioè che non sia “detenuto nè internato”, con ciò lasciando intendere, a contrario, che le notifiche all’imputato detenuto vanno eseguite secondo il procedimento notificatorio previsto e disciplinato espressamente, ex art. 156 c.p.p., per l’imputato detenuto. Una conferma di quanto appena detto, la si desume, innanzitutto, dall’art. 156 c.p.p., comma 3, il quale dispone che, ove l’imputato sia detenuto in un luogo diverso dagli istituti penitenziari, le notifiche vanno ivi eseguite “a norma dell’art. 157 c.p.p.” e, quindi, in primis, “mediante consegna di copia alla persona” e, solo ove non sia possibile (ad es. perchè l’imputato è, legittimamente, assente) è prevista la consegna “a una persona che conviva anche temporaneamente o, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci” e, cioè, una forma sostitutiva della consegna “alla persona” ma che garantisca, comunque così come previsto, ex art. 156 c.p.p., comma 1, seconda parte, per l’imputato detenuto presso un istituto penitenziario – per la qualità delle persone e degli stretti rapporti che hanno con il detenuto, la consegna della notifica.
Pertanto, l’incipit dell’art. 157 c.p.p., comma 1, (“Salvo quanto previsto dagli artt. 161 e 162”, e cioè la notifica presso il domicilio dichiarato od eletto) non si applica, perchè l’art. 157 c.p.p. stabilisce, pur sempre, le modalità della notificazione all’imputato non detenuto, al contrario dell’art. 156 c.p.p., comma 3, che disciplina la fattispecie dell’imputato detenuto, seppure in un luogo diverso dagli istituti penitenziari: in altri termini, il rinvio che l’art. 156 c.p.p., comma 3, effettua all’art. 157 c.p.p. non va inteso a tutto il suddetto articolo (e, quindi, anche all’incipit) ma solo a quella parte della norma che, disciplinando le modalità esecutive della notifica, risulta coerente con lo status detentionis.
Ulteriore conferma del favore che il legislatore ha accordato alla notifica personale, quando il destinatario è un detenuto, si desume dall’art. 156 c.p.p., comma 4, a norma del quale la consegna di copia delle notificazioni va eseguita alla persona nel luogo di detenzione (istituto penitenziario o luogo diverso di detenzione) “quando dagli atti risulta che l’imputato è detenuto per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione o è internato in un istituto penitenziario”.
In questo caso, come si può notare, l’unica differenza – rispetto all’imputato detenuto per il procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione – è costituita da un elemento di fatto e cioè che la detenzione deve risultare dagli atti. La ragione di tale differenza è intuitiva. L’autorità giudiziaria che procede nei confronti di un imputato detenuto, non può non sapere il suo status: da qui l’obbligo di notifica personale.
Al contrario, lo stato di detenzione, ove l’imputato sia detenuto per altra causa, può non risultare trattandosi di procedimenti diversi. Di conseguenza, poichè, per eseguire le notificazioni, l’autorità giudiziaria non ha alcun obbligo di effettuare ogni volta ricerche a tutto campo (come, invece, è previsto per l’emissione del decreto di irreperibilità), legittimamente esegue le notifiche con le modalità previste per l’imputato non detenuto.
La suddetta procedura notificatoria è stata ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale che, con l’ordinanza n. 315 del 1998 ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 168 c.p.p., comma 2, sollevata, in riferimento all’art. 24 Cost., nella parte in cui subordina l’obbligatorietà delle notificazioni a mani dell’imputato detenuto per altra causa al fatto che lo stato di detenzione risulti dagli atti.
La Corte, nel richiamare la sentenza n. 25 del 1970, ha ribadito che la “notifica nelle forme ordinarie, nei confronti di chi sia detenuto per altro processo, non importa menomazione del suo diritto di difesa fin quando viene eseguita alle persone e nei luoghi con cui è ragionevole presumere che l’imputato conservi, nonostante il suo stato di detenzione, contatti e rapporti, mediante consegna della copia nei luoghi ove l’imputato ha residenza o dimora, dovendosi ritenere che le persone cui la copia è consegnata, o per i vincoli e i rapporti che esse hanno con l’imputato e sono dalla legge indicati, o per la scelta fiduciaria che egli stesso ebbe a farne… inoltreranno a lui l’atto notificato”. Ma, ove dagli atti risulti lo stato di detenzione (ad es. perchè è comunicato dallo stesso imputato), riprende vigore la norma primaria della notifica personale.
Alla stregua sia del dato letterale che della summenzionata sentenza costituzionale, deve quindi, ribadirsi, in continuità con la giurisprudenza maggioritaria, che l’autorità giudiziaria che debba procedere a notifiche nei confronti di un imputato non detenuto, non ha alcun obbligo di svolgere ricerche in ordine allo status libertatis, sicchè la notifica deve ritenersi ritualmente eseguita secondo il modello notificatorio previsto per l’imputato non detenuto; tale regola è derogata nel solo caso in cui lo stato di detenzione per altra causa, risulti dagli atti, nel qual caso la notifica va eseguita personalmente presso l’istituto penitenziario (o luogo diverso di detenzione) dove l’imputato risulti detenuto. Infine, un ulteriore riscontro alla tesi qui condivisa, lo si desume dall’art. 164 c.p.p. a norma del quale la dichiarazione (o elezione) di domicilio effettuata anteriormente alla detenzione, non ha effetto nel caso in cui l’imputato (o indagato) sia detenuto, proprio perchè, com’è espressamente previsto, le notificazioni devono essere eseguite con la procedura di cui all’art. 156 c.p.p..
Tutti gli indici normativi confluiscono, quindi, in maniera univoca, nel far ritenere che, durante la detenzione, l’unico modello notificatorio previsto sia quello della consegna “alla persona”. La ratio di tale insindacabile scelta legislativa è duplice. Innanzitutto, si privilegia la consegna della notificazione “alla persona” perchè, essendo certa la reperibilità del detenuto, la notificazione è agevole; stessa regola si applica, come si è detto, alla detenzione per altra causa, e al caso in cui l’imputato sia detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari.
In secondo luogo, la notifica a mani proprie si spiega con la necessità di portare personalmente a conoscenza del detenuto gli atti processuali, al fine di consentirgli di esercitare la facoltà di una consapevole difesa tanto più necessaria stante il grave status derivante dalla detenzione: il legislatore ha, in altri termini, voluto evitare la possibilità che il domiciliatario, nonostante il rapporto fiduciario, possa non comunicare al detenuto la notifica di atti che lo riguardano e privarlo, quindi, della possibilità di partecipare al processo e difendersi in modo tempestivo ed adeguato.
La tesi qui non condivisa, però, come si è detto, nel sostenere l’ammissibilità della notificazione al domicilio eletto o dichiarato, obietta che l’art. 156 c.p.p., u.c., “detta una regola di chiusura secondo la quale in nessun caso le notificazioni all’imputato detenuto o internato possono essere eseguite con le forme dell’art. 159 c.p.p., nell’ovvia constatazione che la dichiarazione di irreperibilità presuppone il risultato negativo della ricerca anche presso l’Amministrazione carceraria”.
Di conseguenza, poichè “questa è l’unica inconciliabilità espressamente disciplinata” ne deriva che “all’imputato detenuto è consentito avvalersi della possibilità di dichiarare o eleggere domicilio a norma dell’art. 161 c.p.p., comma 1”. Al suddetto argomento deve replicarsi nei termini di seguito indicati. L’art. 156 c.p.p., comma 5, trae la sua origine dalla sentenza della Corte Cost. n. 25 del 1970 che dichiarò la illegittimità costituzionale del previdente art. 168 c.p.p., comma 2, nella parte in cui, subordinando l’obbligo della notificazione in mani proprie dell’imputato alla condizione che lo stato di detenzione risultasse dagli atti del procedimento, consentiva che all’imputato detenuto la notifica potesse venir effettuata anche nelle forme delle notificazioni all’imputato irreperibile di cui al previgente art. 170 c.p.p..
Nel motivare la decisione, la Corte osservò che la notifica ex art. 170 c.p.p. appariva in stridente contrasto con la dichiarata condizione di irreperibilità dell’imputato e il suo reale stato di permanente reperibilità determinato dal fatto della sua detenzione, in quanto l’ignoranza dello stato di detenzione poteva essere “superata, mediante opportuni strumenti d’indagine che rendano possibile e sicuro l’accertamento dello stato di detenzione nel quale può venirsi a trovare l’imputato”.
Il nuovo codice di rito, ha riprodotto, nell’art. 156, comma 5, quel divieto che si comprende e trova la sua giustificazione ove si ponga attenzione alle ricerche che l’autorità giudiziaria deve disporre, ex art. 159 c.p.p., prima di emettere il decreto di irreperibilità ed ordinare la notifica “mediante consegna di copia al difensore”: fra di esse, l’art. 159 c.p.p., comma 1, indica – a differenza dell’art. 170 c.p.p. – quella “presso l’amministrazione carceraria centrale”.
E’ ovvio, pertanto, che la notifica ex art. 159 c.p.p. sarebbe incompatibile con la ricerca effettuata ove da questa risultasse che l’imputato si trovi detenuto in un determinato istituto penitenziario. E’ proprio per questo motivo che Sez. 5, n. 4140 del 23/06/1998, Olivares, Rv. 211512, ha condivisibilmente ritenuto che “La notificazione all’imputato detenuto per altra causa è nulla, infatti, soltanto se effettuata con il rito degli irreperibili, che richiede una completa e articolata indagine, anche presso l’amministrazione penitenziaria centrale, dalla quale non può non risultare lo stato di detenzione del soggetto”.
Di conseguenza, è del tutto evidente che, stante la ratio dell’art. 156 c.p.p., comma 5, nessun argomento favorevole alla tesi qui non condivisa può desumersi dalla suddetta norma. In conclusione, può affermarsi che l’art. 156 c.p.p. prevede tre ipotesi di detenzione (quella in carcere; quella in un luogo diverso dagli istituti penitenziari; quella per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione), tutte unite, quanto alle modalità di notificazione, da un unico comune denominatore costituito dalla notifica “alla persona”, con esclusione, quindi, durante lo stato di detenzione, di notifiche effettuate con modalità diverse.
Interpretazione, questa, da ritenersi ulteriormente rafforzata, a livello sistematico, dalla novella del processo in absentia ( L. 28 aprile 2014 n. 67) con la quale il legislatore, adeguandosi alle reiterate censure della Corte Edu e passando, quindi, dal principio di conoscenza legale a quello sostanziale, ha stabilito la regola secondo la quale si può procedere in assenza dell’imputato solo ove “risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento (…)” ( art. 420-bis c.p.p., comma 2): in terminis, Sez. U, n. 698 del 24/10/2019, dep. 2020, Sinito: e, nulla di più certo può esservi della notifica in mani proprie.
Alla stregua di quanto si è finora illustrato, può, quindi, affermarsi che la notifica del decreto di citazione a giudizio all’imputato detenuto, dev’essere sempre eseguita secondo il modello notificatorio di cui all’art. 156 c.p.p. anche nel caso in cui l’imputato abbia eletto o dichiarato domicilio.
- Tanto chiarito, resta, ora, da verificare quale sia il valore giuridico di un’eventuale elezione (o dichiarazione) di domicilio che l’imputato effettui prima o durante la detenzione. Secondo la giurisprudenza di questa Corte – nonchè della stessa dottrina – “il domicilio eletto si distingue dal domicilio dichiarato perchè, mentre in questo è indicato solo il luogo in cui gli atti debbono essere notificati, nel domicilio eletto viene indicata anche la persona (cosiddetto domiciliatario) presso la quale la notificazione deve eseguirsi e presuppone l’esistenza di un rapporto fiduciario fra il domiciliatario e l’imputato, in virtù del quale il primo si impegna, nei confronti del secondo, a ricevere gli atti a questo destinati e a tenerli a sua disposizione.
La dichiarazione e l’elezione di domicilio sono, pertanto, istituti che si differenziano per natura e funzione: la prima, corrispondendo a una dichiarazione reale, in quanto implica l’effettiva esistenza di una relazione fisica tra l’imputato e il luogo dichiarato, ha carattere di mera dichiarazione, la seconda, invece, rappresentando la manifestazione di un potere di autonomia dell’imputato di stabilire un luogo (diverso da quello della residenza, della dimora o del domicilio) e la persona (o l’ufficio) presso i quali intende che siano eseguite le notificazioni, ha carattere negoziale costitutivo recettizio” (ex plurimis, Sez. 3, n. 22844 del 26/03/2003, Barbiera, Rv. 224870; Sez. 2, n. 21787 del 04/10/2018, dep. 2019, cit.).
Alla stessa conclusione, quanto agli effetti, deve pervenirsi anche per la dichiarazione di domicilio: in terminis Sez. U, n. 41280 del 17/10/2006, C., Rv. 234905. Ciò consente di affermare – come sostiene una parte della giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis Sez. 2, n. 47379 del 30/10/2003, Piazza, cit.) – che nessuna disposizione vieta all’imputato detenuto di effettuare l’elezione (o dichiarazione) di domicilio, la quale, quindi, va considerata del tutto lecita e valida non essendo rinvenibile alcuna disposizione, nè espressa nè desumibile in via interpretativa, che ne sancisca la nullità: va, pertanto, disattesa quella giurisprudenza che ritiene l’elezione di domicilio “del tutto inutiliter data perchè in contrasto con l’inequivoco significato dell’art. 156 c.p.p.” (Sez. 4, n. 26437 del 30/04/2003, Jovanovic, Rv. 225861, in motivazione).
Deve, infatti, osservarsi che, una cosa è la dichiarazione (o elezione) di domicilio che, essendo un lecito atto di parte nessuna norma impedisce, altra e ben diversa cosa è la disposizione di legge ( art. 156 c.p.p.) che, anche contro la stessa volontà dell’imputato, stabilisca, ex lege, per le ragioni di cui si è detto, che le notifiche debbano essere eseguite personalmente nel luogo dove si trova l’istituto penitenziario ove l’imputato sia detenuto.
Piuttosto, dal combinato disposto degli artt. 156 e 164 c.p.p., è possibile desumere una norma in base alla quale l’efficacia dell’elezione (o dichiarazione) di domicilio – effettuata prima o durante la detenzione – deve ritenersi sospesa per la durata della detenzione. L’art. 164 c.p.p., infatti, contiene due norme: una generale ed una speciale. La norma generale, nello stabilire che “la determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per ogni stato e grado del procedimento” (c.d. principio di immanenza della domiciliazione), non pone alcun limite o divieto. La norma speciale, invece, stabilisce che, alla suddetta regola generale, si deroga nei casi previsti “dall’art. 156 e art. 613 c.p., comma 2”.
L’art. 613 c.p.p., comma 2, prevede, nel procedimento davanti alla Corte di cassazione, un caso in cui il domicilio indicato dalle parti viene sostituito, ex lege, con quello presso i rispettivi difensori cassazionisti. Si tratta, quindi, di una regola peculiare e limitata al solo giudizio di cassazione, perchè, come afferma la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’elezione di domicilio effettuata dall’imputato nel corso del giudizio di merito presso avvocato non cassazionista (o qualsiasi altro soggetto) conserva validità anche nel giudizio di cassazione, ai fini della notifica dell’avviso di udienza all’imputato medesimo, secondo quanto previsto dal citato art. 613 c.p.p., comma 4, per il caso in cui egli non sia assistito da difensore di fiducia cassazionista (Sez. 2, n. 306 del 15/12/2006, dep. 2007, Rasizzi, Rv. 235361).
L’art. 156 c.p.p., a sua volta, stabilisce, da una parte, un’ulteriore ipotesi di domicilio ex lege (e cioè il luogo di detenzione) e, dall’altra, disciplina le modalità con le quali le notificazioni devono essere eseguite nei confronti del detenuto: ma, non è prevista alcuna sanzione per l’eventuale elezione (o dichiarazione) di domicilio. Di conseguenza, deve ritenersi che, una volta che la detenzione cessi, riacquisti vigore la regola generale della “validità” (rectius: dell’efficacia rimasta nelle more sospesa) per ogni stato e grado del procedimento, della determinazione del domicilio dichiarato o eletto.
Va, infatti, osservato che la sospensione dell’efficacia dell’atto di elezione o dichiarazione di domicilio è cosa ben diversa dalla nullità che è una patologia che colpisce un atto processuale solo nei casi tassativamente previsti ( art. 177 c.p.p.) e che lo rende, alla radice, tamquam non esset: ma, nessuna norma prevede la nullità di una dichiarazione o elezione di domicilio che il detenuto effettui prima o durante la detenzione. Non contrasta con la suddetta regola, la disposizione di cui all’art. 161 c.p.p., comma 3, secondo la quale “L’imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo e l’imputato che deve essere dimesso da un istituto per l’esecuzione di misure di sicurezza, all’atto della scarcerazione o della dimissione ha l’obbligo di fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con atto ricevuto a verbale dal direttore dell’istituto”. In realtà, il detenuto non ha alcun obbligo perchè, l’unica conseguenza che deriva dalla mancanza o dal rifiuto di dichiarare o eleggere il domicilio, consiste, nell’avvertenza “a norma del comma 1”, vale a dire che “le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore”. Ma, questa regola si applica, ovviamente, nel solo caso in cui manchi un’elezione o dichiarazione di domicilio.
Ma, se l’elezione o dichiarazione di domicilio vi è (perchè effettuata prima o durante la detenzione), riprende vigore il principio di immanenza della domiciliazione, sicchè è consequenziale ritenere che, cessata la detenzione (e, con essa, ovviamente, il domicilio ex lege presso il luogo di detenzione), il domicilio volontario si riespande non essendovi alcuna ragione nè logica, nè giuridica perchè l’imputato debba essere “costretto” ad eleggere un nuovo domicilio in sostituzione di quello già effettuato e sanzionare l’eventuale omissione o rifiuto, con la domiciliazione ex lege, presso il difensore.
La tesi qui sostenuta trova conferma nel combinato disposto dell’art. 162 c.p.p. e art. 62 disp. att. c.p.p. dal quale si desume che il domicilio dichiarato o eletto può essere revocato solo da una successiva dichiarazione o elezione di domicilio, restando fermo, in caso di elezione insufficiente, quello precedente.
Alla stregua di quanto si è detto, il sistema notificatorio all’imputato detenuto, può, pertanto, essere ricostruito nei seguenti termini:
- a) mancanza di elezione (o dichiarazione) di domicilio sia prima che durante la detenzione: le notifiche vanno eseguite con la procedura di cui all’art. 156 c.p.p.;
- b) elezione (o dichiarazione) di domicilio effettuata sia prima che durante la detenzione: le notifiche vanno eseguite sempre con la procedura di cui all’art. 156 c.p.p., rimanendo sospesa l’efficacia dell’elezione (o dichiarazione) di domicilio;
- c) mancanza o rifiuto di elezione (o dichiarazione) di domicilio all’atto della scarcerazione: cl) se l’imputato aveva effettuato l’elezione (o dichiarazione) di domicilio sia prima che durante la detenzione, le notifiche successive alla scarcerazione, vanno ivi eseguite, in quanto riprende efficacia quella dichiarazione che era rimasta sospesa durante la detenzione; c2) se l’imputato non aveva mai effettuato alcuna elezione (o dichiarazione) di domicilio sia prima che durante la detenzione, le notifiche successive alla scarcerazione, vanno eseguite presso il difensore ossia il domicilio residuale determinato ex lege in mancanza di un’elezione (o dichiarazione) di domicilio volontaria;
- d) elezione (o dichiarazione) di domicilio all’atto della scarcerazione: d1) se l’imputato aveva effettuato l’elezione (o dichiarazione) di domicilio sia prima che durante la detenzione, le notifiche successiva vanno eseguite presso il domicilio eletto (o dichiarato) al momento della scarcerazione, in quanto, in base al criterio temporale, la dichiarazione successiva prevale su quella precedente (Sez. U, n. 41280 del 17/10/2006, C., Rv. 234905); d2) se l’imputato non aveva mai effettuato alcuna elezione (o dichiarazione) di domicilio sia prima che durante la detenzione, le successive notifiche vanno eseguite presso il domicilio eletto (o dichiarato) all’atto della scarcerazione. Si può, pertanto, affermare che, ove vi sia un’elezione (o dichiarazione) di domicilio, si configurano, per il detenuto, due potenziali modelli notificatori: quello legale previsto dall’art. 156 c.p.p. e quello derivante dalla stessa volontà della parte, ossia quello previsto dall’art. 161 c.p.p., comma 4.
- Ora, se è vero che, fra i due modelli notificatori, prevale quello “legale” (proprio perchè quello volontario rimane sospeso), è altrettanto indubbio, però, che, ove la notifica sia (erroneamente) eseguita presso il domicilio eletto o dichiarato è del tutto improprio ipotizzare una inesistenza della notifica, come sostiene la Sezione rimettente che, invoca, in proposito, le Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016, dep. 2017, Amato, Rv. 269028 e le Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221402.
La sentenza che ha compiutamente distinto fra notifica omessa e notifica nulla e sulle conseguenze che derivano dall’una o dall’altra ipotesi, è quella pronunciata da Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, Palumbo, Rv. 229539, che hanno affermato il principio di diritto secondo cui in tema di notificazione della citazione dell’imputato, la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 c.p.p. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia omessa o quando, essendo eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato.
Di conseguenza, se la notificazione della citazione avvenga in modo viziato ( art. 171 c.p.p.) o adottando un modello diverso da quello prescritto, si verte in un caso di nullità a regime intermedio rilevabile nel termine di cui all’art. 180 c.p.p., e sempre che la nullità non resti sanata, a norma dell’art. 184 c.p.p., comma 1 quando la parte compaia o rinunci a comparire. La suddetta sentenza, non si pone in contrasto con quella pronunciata dalle Sez. U, Conti (alla quale, anzi, è data continuità avendo anche quest’ultima sentenza affermato, sia pure incidentalmente, il medesimo principio di diritto), nè risulta essere stata contraddetta da alcuna delle successive sentenze pronunciate dalle Sezioni Unite in materia di notificazioni. I
n particolare, le Sez. U, Amato – dopo avere condiviso il “criterio di pregiudizio effettivo” elaborato in tema di invalidità degli atti procedimentali – si sono poste espressamente in linea di continuità con le Sez. U, Palumbo il cui principio di diritto va ribadito anche in questa sede: pertanto, vanno disattese quelle sentenze che hanno continuato a ritenere la nullità assoluta, ex art. 179 c.p.p., della notifica effettuata, al detenuto, presso il domicilio eletto (Sez. 6, n. 21848 del 21/05/2015, Fioravanti, Rv. 263629; Sez. 2, n. 43720 del 11/11/2010, Visconti, Rv. 248978; Sez. 5, n. 42302 del 09/10/2009, Di Palma, Rv. 245396).
- Applicando i suddetti principi alla fattispecie in esame, deve, quindi, ritenersi che la nullità verificatasi (notifica al difensore domiciliatario) fu sanata dal comportamento concludente dell’imputato e del suo difensore di fiducia i quali, alla prima udienza, nonostante fossero entrambi presenti, nulla eccepirono, parteciparono regolarmente alle successive sette udienze, all’ultima delle quali, dopo quasi due anni di dibattimento, fu sollevata, dai nuovi difensori, l’eccezione di nullità. Sul punto, è opportuno precisare che non è contestato che l’imputato comparve alle udienze sempre personalmente e liberamente (nonostante fosse detenuto): infatti, la traduzione non fu coattiva, ma fu dovuta ad una sua libera scelta avendo avuto la possibilità di rinunciare a comparire.
Escluso, pertanto, che si verta in un caso di omessa notifica, non può neppure ipotizzarsi che la notificazione effettuata in una forma diversa da quella prescritta non conseguì lo scopo di portare il decreto di citazione a conoscenza dell’imputato; infatti, secondo quanto affermato dalle Sez. U, Palumbo, se l’imputato avesse voluto far valere la nullità assoluta stabilita dall’art. 179 c.p.p., comma 1, avrebbe dovuto rappresentare al giudice di non avere avuto conoscenza dell’atto ed avvalorare l’affermazione con elementi che la rendessero credibile: ma nulla risulta essere stato dedotto sul punto: ex plurimis – nella fattispecie di notifica effettuata presso il difensore di fiducia anzichè presso il domicilio dichiarato – Sez. 6, n. 24741 del 04/01/2018, Micci, Rv. 273101.
Può, pertanto, concludersi affermando che, avendo la notificazione, benchè eseguita con un modello difforme da quello previsto dall’art. 156 c.p.p., raggiunto il suo scopo, e nulla avendo l’imputato eccepito, si verificò la sanatoria di cui all’art. 184 c.p.p.. 8.1. La suddetta conclusione non cambia ove si dovesse ritenere – come pure è stato eccepito dalla difesa del ricorrente – la nullità della notifica sotto un diverso profilo e cioè per essere stata eseguita presso il domicilio eletto e non presso il domicilio dichiarato dal ricorrente al momento dell’ingresso in carcere e, quindi, in un momento successivo all’elezione di domicilio effettuata al momento dell’arresto.
Innanzitutto, va osservato che si tratta di un’eccezione dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione in quanto nulla risulta essere stato eccepito con l’atto di appello dove, con il primo motivo, la difesa si era doluta solo della nullità derivante dalla notifica eseguita presso il domicilio eletto: sotto questo profilo, quindi, l’eccezione è sicuramente tardiva. Ma, anche ove la si volesse prendere in esame, sarebbe ugualmente infondata. I rapporti fra dichiarazione ed elezione di domicilio, sono stati analizzati dalle Sez. U, n. 41280 del 17/10/2006, C., Rv. 234905, secondo cui in tema di notificazioni, la dichiarazione di domicilio prevale su una precedente elezione di domicilio, pur non espressamente revocata, sicchè, in presenza di contemporanee dichiarazioni e/o elezioni di domicilio (nessuna delle quali risulti espressamente revocata) prevale, per il criterio temporale, la dichiarazione o elezione effettuata per ultima.
Le Sez. U, però – dopo avere dato atto della invalidità della notifica eseguita presso il domicilio eletto piuttosto che presso quello dichiarato – ponendosi in continuità con il principio di diritto affermato dalle Sez. U, Palumbo, hanno precisato che il diverso modello notificatorio non è, di per sè, inidoneo a determinare la conoscenza effettiva della citazione da parte dell’imputato, considerato il rapporto fiduciario che lo lega al difensore di fiducia a cui gli atti siano consegnati.
Da qui, la nullità a regime intermedio che resta sanata ove non tempestivamente dedotta. La fattispecie in esame – ove si accogliesse la tesi difensiva – sarebbe perfettamente sovrapponibile a quella esaminata dalle Sez. U, cit., e, quindi, mutatis mutandis, si deve affermare – sulla base di quanto si è già illustrato – che la notifica non potrebbe considerarsi omessa ma solo nulla, con la conseguenza che dovrebbe ritenersi non solo tardiva ma anche sanata, ex art. 184 c.p.p., a seguito del comportamento concludente tenuto dall’imputato e dalla stessa difesa che nulla ebbero da eccepire sul punto.
- La Sezione rimettente, però, ha ravvisato due ulteriori ostacoli alla sanatoria della nullità, in quanto: a) l’imputato sarebbe stato privato della possibilità di chiedere il giudizio abbreviato; b) la formazione del fascicolo per il dibattimento avrebbe dovuto essere effettuato solo dopo il decorso dei termini per la notificazione del decreto di giudizio immediato.
Il Collegio ritiene di non condividere i suddetti argomenti. La prima osservazione è fuorviante in quanto non considera che, ove fosse stata eccepita la nullità, l’imputato avrebbe avuto diritto ad un termine non inferiore a venti giorni ex art. 429 c.p.p. (rectius: trenta giorni, ex art. 456 c.p.p., comma 3) durante il quale avrebbe avuto la possibilità di esercitare tutti i propri diritti compreso quello di chiedere, entro i successivi quindici giorni, di essere ammesso al rito abbreviato: in terminis, Sez. 6, n. 11807 del 03/02/2017, Muhammad, Rv. 270374 (in una fattispecie in cui il tribunale aveva ordinato la rinnovazione della notifica del decreto di giudizio immediato, a seguito della quale l’imputato aveva chiesto ed ottenuto l’ammissione al giudizio abbreviato dinanzi al tribunale, dopo che analoga richiesta avanzata al giudice delle indagini preliminari era stata da questi dichiarata inammissibile); Sez 2, n. 47147 del 11/11/2019, Di Dio, n. m..
Quanto al secondo rilievo è sufficiente osservare che non potrebbe essere consentita la regressione del procedimento per effettuare la stessa incombenza già effettuata nel regolare contraddittorio delle parti che, in quella sede, nulla eccepirono.
- Alla stregua di quanto finora illustrato, devono, pertanto, affermarsi i seguenti principi di diritto: “Le notifiche all’imputato detenuto, anche qualora abbia dichiarato o eletto domicilio, vanno eseguite nel luogo di detenzione, con le modalità di cui all’art. 156 c.p.p., comma 1, mediante consegna di copia alla persona. La notifica al detenuto eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto dà luogo ad una nullità a regime intermedio, soggetta alla sanatoria prevista dall’art. 184 c.p.p.”.