Breve nota a Cass., SU, n. 12778 del 2020
Il principio
“Le notifiche all’imputato detenuto, anche qualora abbia dichiarato o eletto domicilio, vanno eseguite nel luogo di detenzione, con le modalita’ di cui all’articolo 156 c.p.p., comma 1, mediante consegna di copia alla persona.
La notifica al detenuto eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto da’ luogo ad una nullita’ a regime intermedio, soggetta alla sanatoria prevista dall’articolo 184 c.p.p.“.
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La decisione cui giunge il massimo consesso di legittimità allargato, ancorché sostenuta da copiosa motivazione, non appare dirompente nel contesto procedimentale in cui si inserisce. La notifica del decreto di giudizio immediato, così come ogni notifica che comunque deve essere effettuata all’imputato detenuto in carcere, deve essere rispettosa dei criteri indicati nell’art. 156 co. I cpp. In buona sostanza, essa deve essere effettuata mediante consegna dell’atto alla persona nel luogo di detenzione e ciò anche nel caso in cui l’imputato abbia in precedenza o durante la detenzione eletto o dichiarato domicilio altrove. Un primo chiarimento. L’uso del termine “imputato”, conferma il massimo Collegio, deve considerarsi ampliato alle ulteriori figure della persona “indagata” e di quella “internata”. Inoltre, lo stato di detenzione che impone la notifica alla persona imputata, è solo quello carcerario, non essendo estensibile la medesima procedura al detenuto agli arresti domiciliari per la quale la notifica degli atti deve essere effettuata secondo le disposizioni di cui all’art. 157 cpp. Numerose sono le ragioni sottese alla conclusione cui pervengono le Sezioni Unite. Quella fondamentale, oltre le previsioni contenute in singole norme del codice di procedura penale, prende le mosse dal principio che individua l’atto notificatorio come il segmento procedimentale che può ritenersi perfezionato solo nel momento in cui il provvedimento da notificare perviene alla effettiva conoscenza del destinatario. E tale risultato può ottenersi solo con la consegna dell’atto nelle sue mani. Lo stato di detenzione carceraria rileva ed espande alla massima potenza l’esigenza di tale garanzia, tenuto conto delle condizioni di menomazione cui è sottoposto l’imputato, condizioni che limitano fortemente le proprie potenzialità di difesa. Raggiungere il più esteso perimetro di garanzie è compito fondamentale della giurisdizione e, ove gli atti da notificare generino ulteriori ambiti di esercizio dei diritti difensivi, l’ordinamento non può eludere tali ragioni impedendo la migliore espansione dell’azione a discarico. Si immagini, ad esempio, la decorrenza del termine per l’esercizio di scelta di rito alternativo che è individuato dal codice processuale nel momento in cui il decreto di giudizio immediato viene notificato all’imputato e non al difensore. La dichiarazione o l’elezione di domicilio fatta dall’imputato prima o durante lo stato di detenzione, si pone come antecedente che nel segmento temporale di durata della detenzione perde ogni effetto e deve essere considerato, come affermano le Sezioni Unite, ad efficacia “sospesa”. Il termine finale di durata della detenzione carceraria svolge la funzione di condizione disattivante la detta inefficacia ripristinando, da quel momento, la necessità che le notifiche all’imputato vengano effettuate nel domicilio eletto o dichiarato. Le Sezioni Unite ritengono che la notifica del decreto di giudizio immediato effettuata alla persona detenuta presso il luogo di elezione o dichiarazione di domicilio e non personalmente presso il luogo di detenzione carceraria, genera un vizio procedimentale che da vita, interessando le modalità esecutive della notifica dell’atto e non l’ omessa notifica dello stesso, ai sensi dell’art. 180 cpp, ad una nullità generale a regime intermedio per la quale il codice impone all’imputato e al proprio difensore di rilevarne il vizio entro termini determinati (entro la pronuncia della sentenza di primo grado o, se si sono verificate nel giudizio, entro la pronuncia d’appello) ma tenendo a mente con la necessaria attenzione che l’invalidità di cui si sta discutendo è soggetta alla sanatoria prevista dall’art. 184 cpp. Nullità che, proprio perché di natura intermedia, non potrà più essere sollevata ove l’imputato sia spontaneamente comparso ovvero abbia rinunciato a comparire restando silente. E’ questa l’ipotesi in cui è caduta la difesa dell’imputato nel processo che ha dato vita alla pronuncia delle Sezioni Unite, ragione per la quale il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Va detto, da ultimo, che la pronuncia delle Sezioni Unite in punto di tipicità della invalidità non apporta alcuna novità sul punto tenuto conto che l’orientamento giurisprudenziale che aveva generato alcune contraddizioni è stato risolto già da tempo dalle stesse Sezioni Unite con decisione 17/10/2006, n. 41280 generata da una eccezione sollevata dal sottoscritto avvocato che all’epoca assisteva l’imputato.
Avv. Riziero Angeletti
- LEGGI IL TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE <continua>
Corte di Cassazione, Sez. Unite Penali, sentenza 22 aprile 2020 n. 12778