GUIDA ALLA LETTURA
In tema di “corruzione di minorenne” (art.609 quinquies c.p.), il bene giuridico tutelato è il corretto sviluppo sessuale del minore di anni quattordici.
La norma punisce chi compia atti sessuali in presenza di un minore di anni quattordici, con lo scopo di farlo assistere (dolo specifico).
Alla medesima pena soggiace colui che faccia assistere il minore al compimento di atti sessuali o a rappresentazioni pornografiche, al fine di indurlo a compiere o a subire atti sessuali. La clausola di sussidiarietà del secondo comma sta ad indicare che la fattispecie in oggetto è costruita come condotta prodromica al compimento di “atti sessuali con minorenne” di cui all’articolo 609 quater, configurandosi tale ultimo delitto (con assorbimento del reato di corruzione di minorenne), nel caso di realizzazione effettiva dell’intento.
Con la sentenza in esame, la Suprema Corte sancisce che è sufficiente la mera esibizione di foto pornografiche affinchè si possa turbare la sfera emotiva di un minore e dunque perché si integri una condotta prevista e punita dall’art. 609 quinquies c.p., non concretizzandosi necessariamente in un un’attività sessuale materiale alla quale il minore assiste al fine di indurlo a compiere atti sessuali a sua volta.
Sul caso de quo, la Corte ribadisce che l’esposizione delle foto a sfondo sessuale possa avvenire anche a mezzo social, e dunque non attraverso un contatto fisico diretto con il minore, laddove le stesse immagini aventi di per sé una forte carica erotica siano tali da suscitare l’attenzione del minore e di inficiare la libertà sessuale del medesimo.
PRINCIPIO DI DIRITTO
Ai fini della configurabilità del reato di “corruzione di minorenne” è sufficiente l’esibizione di foto pedopornografiche a persona minore degli anni 14, dovendo ritenersi comportamento rientrante tra le condotte punite all’art. 609 quinquies c.p., comma 2 anche l’esibizione previo utilizzo dei social, poichè il far assistere alla minore al compimento di atti sessuali o il mostrare alla medesima materiale pornografico al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali non richiede necessariamente la presenza fisica essendo idonei anche le comunicazioni telematiche tra i due, così come per il reato ex art. 609 quater c.p.
(Fattispecie in cui l’imputato inviava a mezzo Whatsapp video pornografici ed immagini relative al compimento di atti di masturbazione)
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
(Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30/10/2019) 11-05-2020, n. 14210)
- Il ricorso deve rigettarsi perchè infondato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; i motivi risultano generici ed in fatto (alcuni dei quali non proposti neanche in appello); il ricorso inoltre richiede alla Corte di Cassazione una rilettura del fatto non consentita.
I motivi relativi ai travisamenti delle prove (testimonianza di M.C. e richiesta di invio del materiale pornografico da parte della ragazza), sul dolo specifico, sul difetto di correlazione tra accusa e sentenza, sull’età della minore parte offesa e sulla non configurabilità del reato contestato – elemento oggettivo – (art. 609 quinquies, c.p.) non risultano proposti in sede di appello; comunque gli stessi risultano anche manifestamente infondati: “Non possono essere dedotte con il ricorso per Cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perchè non devolute alla sua cognizione” (Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017 – dep. 21/03/2017, Bolognese, Rv. 26974501).
Conseguentemente, su questi aspetti, nessun vizio della sentenza sussiste.
Del resto era onere del ricorrente contestare l’elencazione dei motivi di appello effettuata dalla sentenza (infatti, espressamente la decisione impugnata rileva l’assenza di motivi sull’attendibilità della parte offesa, nell’atto di appello) e allegare i relativi atti, per il principio della specificità del ricorso – o autosufficienza: “E inammissibile, per difetto di specificità del motivo, il ricorso per cassazione con cui si deducano violazioni di legge verificatesi nel giudizio di primo grado, se l’atto non procede alla specifica contestazione dei riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, qualora questa abbia omesso di indicare che l’atto di impugnazione proposto avverso la decisione del primo giudice aveva anch’esso già denunciato le medesime violazioni di legge” (Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013 – dep. 25/02/2014, Carrieri, Rv. 25906601).
- La sentenza impugnata unitamente alla decisione di primo grado, in doppia conforme, adeguatamente motiva, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità come il ricorrente con concreta e diretta azione ha intrattenuto contatti via WhatsApp con la parte offesa con richieste esplicite di foto da nuda e con invio di filmino
Il ricorso sul punto, articolato in fatto, generico e reiterativo dei motivi di appello non si confronta con le motivazioni delle sentenze di merito, ma in via assertiva ritiene insussistente il reato per una sua mancanza di iniziativa (è stata la ragazza a richiedere il filmato; mancava il contatto diretto). Le dichiarazioni della parte offesa (ritenuta attendibile) hanno trovato ampia conferma, per la sentenza impugnata, nel testo dei messaggi (e nel contenuto dei video) contenuti nel telefono della minore (“nei primi il V. ha invitato G.S. ad inviargli fotografie di contenuto pornografico, contenuto che contraddistingue anche i video”. La Corte di appello poi analizza adeguatamente anche la questione della mancata individuazione di G. in relazione alla conoscenza solo superficiale della stessa da parte della minore.
In tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 – dep. 27/11/2015, Musso, Rv. 265482).
In tema di motivi di ricorso per Cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015
– dep. 31/03/2015, 0., Rv. 262965). In tema di impugnazioni, il vizio di motivazione non può essere utilmente dedotto in Cassazione solo perchè il giudice abbia trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poichè ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità. (Sez. 1, n. 3385 del 09/03/1995 – dep. 28/03/1995, Pischedda ed altri, Rv. 200705).
- Ai fini della configurabilità del reato di corruzione di minorenne è sufficiente l’esibizione, a persona minore degli anni 14, di foto pedopornografiche (nella specie minori con genitali in mostra), in modo tale da coinvolgere emotivamente la persona offesa e compromettere la sua libertà sessuale. (Sez. 3, n. 31263 del 19/04/2017 – dep. 22/06/2017, L, Rv. 27019201).
Per il reato di corruzione di minorenne oltre all’esibizione diretta deve ritenersi comportamento rientrante nella norma anche l’esibizione sui social (nel caso WhatsApp) al pari della configurabilità del reato di cui all’art. 609 quater c.p. nell’ipotesi di uso dei social, senza contatti fisici: “In tema di atti sessuali con minorenne, deve escludersi che le condotte poste in essere mediante comunicazione telematica presentino per il solo fatto di svolgersi in assenza di contatto fisico con la vittima connotazioni di minore lesività sulla sfera psichica del minore tali da rendere applicabile, in ogni caso, l’attenuante speciale prevista dall’art. 609 quater c.p., comma 4. Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretto il mancato riconoscimento della circostanza attenuante in favore dell’imputato che, collegato via “webcam” con due bambine di 9 ed 11 anni, si era denudato e masturbato, ed aveva indotto le minori a fare altrettanto -” (Sez. 3, n. 16616 del 25/03/2015 – dep. 21/04/2015, T, Rv. 26311601; vedi anche Sez. 3, n. 12987 del 03/12/2008 – dep. 25/03/2009, Brizio, Rv. 24309001, Sez. 3, n. 27123 del 18/03/2015 -dep.
30/06/2015, 5, Rv. 26403601 e Sez. 3, n. 32926 del 11/04/2013 -dep. 30/07/2013, N, Rv.
25727301).
Del resto, l’ipotesi di reato dell’art. 609 quinquies c.p., comma 2, risulta residuale (“Salvo che il fatto costituisca più grave reato”) e i giudici di merito (peraltro senza motivo specifico sul punto di appello da parte dell’imputato) hanno ritenuto con accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità che l’ipotesi configurabile fosse la corruzione di minorenne e non il più grave reato di cui all’art. 609 quater c.p., nella forma consumata o tentata, in relazione alle modalità dei fatti.
Può pertanto esprimersi il seguente principio: “In tema di corruzione di minorenne, deve escludersi che le condotte poste in essere mediante comunicazione telematica presentino – per il solo fatto di svolgersi in assenza di contatto fisico con la vittima – modalità non ricomprese nella norma di cui all’art. 609 quinquies c.p., comma 2 poichè il far assistere alla minore di anni 14 al compimento di atti sessuali o il mostrare alla medesima materiale pornografico al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali non richiede necessariamente la presenza fisica essendo idonei anche le comunicazioni telematiche tra i due, così come per il reato ex art. 609 quater c.p.”.
- Anche i motivi di ricorso sul trattamento sanzionatorio e sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche risultano infondati, in quanto generici, in fatto e reiterativi dei motivi di appello ai quali la sentenza ha dato esauriente
Il mancato riconoscimento dell’attenuante ex art. 62 bis c.p., e la congruità della pena ai fatti, è stato motivato dalla particolare gravità del fatto, considerata l’attività lavorativa del ricorrente (autista di scuola bus) che non può configurare l’aggravante, inizialmente contestata, ma comunque consentiva al ricorrente un contatto diretto con minori.
Del resto, “Le attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis c.p. sono state introdotte con la funzione di mitigare la rigidità dell’originario sistema di calcolo della pena nell’ipotesi di concorso di circostanze di specie diversa e tale funzione, ridotta a seguito della modifica del giudizio di comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo di esplicarsi efficacemente solo per rimuovere il limite posto al giudice con la fissazione del minimo edittale, allorchè questi intenda determinare la pena al di sotto di tale limite, con la conseguenza che, ove questa situazione non ricorra, perchè il giudice valuta la pena da applicare al di sopra del limite, il diniego della prevalenza delle generiche diviene solo elemento di calcolo e non costituisce mezzo di determinazione della sanzione e non può, quindi, dar luogo nè a violazione di legge, nè al corrispondente difetto di motivazione” (Sez. 3, n. 44883 del 18/07/2014 – dep. 28/10/2014, Cavicchi, Rv. 260627).
Infine, “In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena” (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016 – dep. 15/09/2016, Rignanese e altro, Rv. 26794901; vedi anche Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015 – dep. 23/11/2015, Scaramozzino, Rv. 26528301 e Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013 – dep. 08/07/2013, Taurasi e altro, Rv. 25646401).
Ylenia Menchise