<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 27 luglio 2020 n. 168</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Vanno dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 6, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze), convertito, con modificazioni, nella legge 16 novembre 2018, n. 130, sollevate, in riferimento complessivamente agli artt. 3, 23, 24, 41, 97, 102, 103 e 111 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria con le ordinanze iscritte al r.o. n. 51, n. 52 e n. 54 del 2020;</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Vanno dichiarate del pari inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 6, 1-bis e 4-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 41, 97, 102, 103 e 111 Cost., dal TAR Liguria con l’ordinanza iscritta al r.o. n. 55 del 2020;</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Vanno dichiarate pure inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 7, del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, nella parte in cui esclude dalla procedura le società collegate al concessionario, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 41 e 111 Cost., dal TAR Liguria con l’ordinanza iscritta al r.o. n. 53 del 2020;</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Vanno dichiarate, ancora, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1-ter del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, sollevate, in riferimento complessivamente agli artt. 3, 23 e 97 Cost., dal TAR Liguria con le ordinanze iscritte al r.o. n. 51, n. 52 e n. 54 del 2020;</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 3, 5, 7, 8, e 8-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, sollevate, in riferimento complessivamente agli artt. 3, 23 e 97 Cost., dal TAR Liguria con le ordinanze iscritte al r.o. n. 51, n. 52, n. 54 e n. 55 del 2020;</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Vanno del pari dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 5, 1-bis e 4-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dal TAR Liguria con l’ordinanza iscritta al r.o. n. 55 del 2020;</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Vanno infine dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 7, del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, nella parte in cui esclude dalla procedura la concessionaria al tempo dell’evento, sollevate, in riferimento complessivamente agli artt. 3, 23, 24, 41, 97, 102, 103 e 111 Cost., dal TAR Liguria con le ordinanze iscritte al r.o. n. 51, n. 52, n. 54 e n. 55 del 2020.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.– Con tre ordinanze di analogo tenore, del 6 dicembre 2019, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 3, 5, 6, 7, 8 e 8-bis, e 1-ter, comma 1, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze), convertito, con modificazioni, nella legge 16 novembre 2018, n. 130, in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 111 della Costituzione (r.o. n. 51 e n. 52 del 2020) e agli artt. 3, 23, 24, 41, 97, 102, 103 e 111 Cost. (r.o. n. 54 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con un’ulteriore ordinanza (r.o. n. 55 del 2020), del 6 dicembre 2019, il medesimo rimettente ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 3, 5, 6, 7, 8 e 8-bis, 1-bis e 4-bis, del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 41, 97, 102, 103 e 111 Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con un’ultima ordinanza (r.o. n. 53 del 2010), del 6 dicembre 2019, il TAR ligure ha infine sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 7, del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 41 e 111 Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.1.– Le disposizioni censurate sono state emanate a ridosso del crollo del viadotto Polcevera, più noto come Ponte Morandi, al fine di rispondere con urgenza alla eccezionale gravità di quanto accaduto, e di avviare le attività di ripristino di un tratto vitale per la viabilità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.2.– In particolare, l’art. 1, comma 1, del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, ha affidato ad un commissario straordinario il compito di garantire tempestivamente l’avvio dei lavori di demolizione e ricostruzione del ponte, specificandone poi le modalità di azione (art. 1, commi 3, 5, 8 e 8-bis), anche in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale o derivante dal diritto dell’Unione europea (art. 1, comma 5).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.3.– L’art. 1, comma 7, del medesimo decreto-legge censurato, stabilisce inoltre che il commissario affida la realizzazione delle attività mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione, in base all’art. 32 della direttiva (UE) 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativa agli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, senza tuttavia potersi rivolgere né alla società concessionaria del tratto autostradale, né agli operatori economici da essa controllati, o comunque con essa collegati, «anche al fine di evitare un ulteriore indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali e, comunque, giacché non può escludersi che detto concessionario sia responsabile, in relazione all’evento, di grave inadempimento del rapporto concessorio».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.4.– I censurati artt. 1-bis e 4-bis aggiungono che il commissario procede all’esproprio delle aree, ovvero alla conclusione di accordi di cessione con i proprietari degli immobili, rispettivamente, ad uso abitativo e produttivo, ponendo a carico del concessionario l’obbligo di corrispondere le relative indennità, che le norme censurate quantificano.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.5.– Il censurato art. 1-ter prevede che il concessionario consegni al commissario i tronchi autostradali sul cui esercizio interferiscono i lavori.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.6.– Infine, il censurato art. 1, comma 6, obbliga il concessionario a far fronte alle spese di ricostruzione e di ripristino del sistema viario, nell’importo provvisoriamente determinato dal commissario, impregiudicato ogni accertamento sulla responsabilità dell’evento e sul titolo in base al quale sia tenuto a sostenere i costi. Il legislatore precisa che tale disposizione è adottata in quanto il concessionario è responsabile del mantenimento in assoluta sicurezza e funzionalità dell’infrastruttura concessa, ovvero è responsabile dell’evento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.– Nei giudizi a quibus, iscritti al r.o. n. 51, n. 52, n. 54 e n. 55 del 2020, la concessionaria Autostrade per l’Italia spa (d’ora in avanti: ASPI) ha impugnato gli atti con i quali il commissario ha dato applicazione alle disposizioni sopra ricordate. A sua volta Pavimental spa, società collegata ad ASPI ai sensi dell’art. 2359 cod. civ., ha proposto ricorso contro l’esito della procedura negoziata senza pubblicazione, alla quale non avrebbe potuto utilmente partecipare a causa della preclusione recata dal censurato art. 1, comma 7 (r.o. n. 53 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.1.– I rimettenti, dopo avere respinto le eccezioni di inammissibilità dei ricorsi, avanzate dall’Avvocatura generale dello Stato e dalle imprese controinteressate, hanno sollevato le questioni di legittimità costituzionale oggetto del presente processo incidentale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In particolare, i censurati artt. 1, commi 3, 5, 6, 7, 8 e 8-bis, e 1-ter lederebbero gli artt. 3, 23 e 97 Cost., perché con legge provvedimento, priva di adeguata motivazione e non preceduta da idonea istruttoria, sarebbe stato frustrato il “diritto” di ASPI di ricostruire il ponte, in forza della convenzione, sottoscritta il 12 ottobre 2007 ai sensi dell’art. 2, commi 82 e seguenti, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, e legificata con l’art. 8-duodecies, comma 2, del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59 (Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee), convertito, con modificazioni, nella legge 6 giugno 2008, n. 101, e perché sarebbe arbitrario, sproporzionato e irragionevole non avere affidato il compito al concessionario, senza prima averne accertato la inidoneità tecnica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.2.– Gli artt. 1, comma 5, 1-bis e 4-bis, del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, che privano ASPI del “diritto” di espropriare le aree interessate dai lavori, violerebbero gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto privi di motivazione e sproporzionati.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.3.– Il censurato art. 1, comma 7, nel precludere ad ASPI la partecipazione alla procedura negoziata senza pubblicazione, sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 23, 41 e 97 Cost., perché, ledendo la libertà di iniziativa economica, sarebbe stata inflitta in tal modo una sanzione irragionevole e sproporzionata, priva di motivazione sull’interesse pubblico sottostante, e basata su motivazioni illogiche ed incongrue.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Inoltre, la disposizione censurata, fondandosi su un’indimostrata responsabilità di ASPI, ne avrebbe conculcato il diritto a difendersi in un giusto processo, con violazione anche degli artt. 24 e 111 Cost..</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1, comma 7, nella parte in cui formula analoga preclusione per le società collegate al concessionario, avrebbe violato altresì gli artt. 3, 41 e 111 Cost., poiché sarebbe irragionevole e lesivo della libertà di iniziativa economica escludere soggetti privi di alcuna responsabilità o rapporto con il crollo del ponte, per di più senza congrua motivazione e al di fuori di un giusto processo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.4.– Gli artt. 1, comma 6, 1-bis e 4-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, imponendo ad ASPI di far fronte ai costi delle opere e dell’acquisizione delle aree, lederebbero gli artt. 3, 24, 97, 102, 103 e 111 Cost., perché, in assenza di adeguata motivazione e in lesione del diritto di difesa, il concessionario sarebbe obbligato ad una prestazione correlata alla responsabilità contrattuale o aquiliana, nonostante quest’ultima non sia stata accertata in giudizio, con invasione della riserva di giurisdizione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Inoltre, la scelta legislativa sarebbe inconciliabile logicamente con la contestuale decisione di non ricorrere al concessionario per eseguire i lavori, in violazione dell’art. 3 Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>I censurati artt. 1, comma 6, 1-bis e 4-bis, nella parte in cui pongono a carico di ASPI anche i costi per l’acquisizione delle aree, senza offrirne una adeguata quantificazione legale e senza motivazione sui criteri di commisurazione di essi, lederebbero gli artt. 3, 23 e 97 Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Infine, gli artt. 1-bis e 4-bis, nel permettere che siano addebitati ad ASPI anche i costi di acquisizione di aree estranee al crollo del ponte, sarebbero lesivi del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.– Nell’ambito del giudizio r.o. n. 55 del 2020 sono intervenuti alcuni proprietari di beni immobili espropriati, o ceduti volontariamente, ai sensi del denunciato art. 1-bis, al fine di negare la illegittimità costituzionale della norma che ha attribuito e quantificato le indennità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Questa Corte ha dichiarato ammissibile l’intervento con l’ordinanza n. 111 del 2020.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– I giudizi vertono sulle medesime disposizioni, e meritano perciò di essere riuniti ai fini di una decisione congiunta.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.– L’Avvocatura dello Stato ha eccepito l’inammissibilità delle questioni vertenti sull’art. 1, commi 8 e 8-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, per difetto di rilevanza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.1.– Le disposizioni censurate si riferiscono, la prima, alla contabilità speciale che il commissario straordinario gestisce per le proprie attività; la seconda, alla individuazione delle strutture operative di cui può valersi. Entrambe le norme, quindi, definiscono i compiti che il commissario straordinario ha svolto con l’attività contestata innanzi ai rimettenti, dando così impulso alla procedura negoziata senza pubblicazione e agli espropri.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.– La difesa statale e Pergenova scpa, impresa controinteressata nei giudizi principali e costituitasi nel processo costituzionale, hanno inoltre eccepito l’inammissibilità di tutte le questioni, perché il TAR della Liguria sarebbe privo di giurisdizione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.1.– Questa Corte ha costantemente affermato che l’accertamento sulla sussistenza dei presupposti processuali di instaurazione del giudizio principale spetta al giudice rimettente, purché quest’ultimo ne offra una motivazione non implausibile (ex plurimis, sentenza n. 128 del 2019).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel caso di specie, i giudici a quibus hanno individuato nell’art. 10 del d.l. censurato il fondamento della propria giurisdizione, posto che tale norma devolve al giudice amministrativo, ed in particolare al TAR ligure, tutte le controversie relative agli atti adottati dal commissario. Tanto basta per ritenere non priva di plausibilità la motivazione dei rimettenti, considerato che i giudizi principali hanno tutti per oggetto atti dell’organo commissariale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.– La difesa dello Stato e quella delle imprese Pergenova spca e Rina consulting spa, quest’ultima anch’essa controinteressata, costituitasi innanzi a questa Corte, hanno inoltre sostenuto che le questioni concernenti la posizione del concessionario sono inammissibili, perché quest’ultimo sarebbe stato privo di legittimazione attiva nei giudizi principali. La convenzione non attribuirebbe ad ASPI alcun diritto a ricostruire il ponte, con la conseguenza che l’impugnativa contro gli atti del commissario proverrebbe da un soggetto privo di una posizione giuridica attiva.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.1.– Anche per tale versante, che interseca il merito delle questioni sollevate, i giudici rimettenti, nell’esercizio di una prerogativa che è propria del giudice a quo, e che non compete a questa Corte sindacare, se non ove essa abbia condotto ad un esito implausibile, hanno ampiamente motivato in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione, affermando che ASPI è titolare di un “diritto” fondato sulla convenzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.– L’Avvocatura dello Stato e Pergenova scpa hanno eccepito l’inammissibilità delle questioni relative al censurato art. 1, comma 7, nella parte relativa all’estromissione di ASPI dalla procedura negoziata senza pubblicazione, sia pure sulla base di una ricostruzione dei fatti divergente. A parere della difesa statale, il concessionario non ha partecipato alla procedura indetta dal commissario, e quindi non avrebbe interesse ad impugnarne gli atti. Secondo la controinteressata, viceversa, ASPI, aderendo alla consultazione preliminare di mercato, che ha preceduto l’aggiudicazione, non sarebbe stata esclusa in applicazione della norma censurata, con conseguente difetto di rilevanza della questione ad essa relativa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In entrambi i casi, l’eccezione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.1.– Se ASPI avesse omesso di partecipare alla fase preliminare della procedura, ciò sarebbe dovuto alla preclusione legislativa formulata in tal senso dal censurato art. 1, comma 7, che avrebbe reso siffatta partecipazione del tutto vana. Nel caso contrario, non è né provato, né dedotto, che vi sia stata un’offerta di ASPI valutata in concreto dalla stazione appaltante, così da poter imputare il mancato affidamento non già all’art. 1, comma 7, del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, ma alla inidoneità dell’offerta.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>9.– Rina consulting spa ha eccepito il difetto di rilevanza di tutte le questioni, salvo di quelle che «non hanno una diretta incidenza sulle pretese risarcitorie di Aspi».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione è inammissibile, perché non provvede a individuare con sufficiente determinatezza su quali questioni essa specificamente cada, soprattutto se si considera che le ordinanze di rimessione non recano alcun argomento a proposito di eventuali domande di risarcimento danni da parte della concessionaria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>10.– L’Avvocatura dello Stato e Pergenova scpa hanno infine eccepito l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale vertenti sul censurato art. 1, comma 7, in riferimento agli artt. 3, 41 e 111 Cost., nella parte relativa alla estromissione dalla procedura negoziata senza pubblicazione delle società collegate ad ASPI. Fra queste è compresa la società Pavimental spa, partecipata per il 20 per cento da ASPI – e, in larga misura del resto, da altre società del gruppo che fa capo ad Atlantia spa – ed è pertanto collegata alla stessa ASPI ai sensi dell’art. 2359, terzo comma, cod. civ.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>10.1.– Le parti hanno osservato, indicando prova documentale, che Pavimental spa, pur appartenendo a tale gruppo, avrebbe avanzato una propria offerta, valutata dalla stazione appaltante nonostante la preclusione legislativa, e ritenuta in concreto meno soddisfacente di quelle poi prescelte.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ne seguirebbe il difetto di rilevanza, quanto all’art. 1, comma 7, il cui divieto non sarebbe stato applicato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione è fondata, nei limiti che seguono.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>10.2.– Il giudice rimettente ha motivato sul punto controverso, rilevando che la manifestazione di interesse di Pavimental spa sarebbe stata considerata dalla amministrazione «in modo solo apparente, con una riserva sostanziale derivante dalla previsione legislativa».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In altri termini: il censurato art. 1, comma 7, nell’impedire al commissario di affidare le attività alle società collegate al concessionario, non sarebbe stato tuttavia di ostacolo a che queste ultime presentassero le proprie offerte, e che quindi esse fossero valutate nel “modo apparente” di cui si è detto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>10.3.– Tale presupposto interpretativo è erroneo: la norma denunciata disciplina la procedura volta all’affidamento, sicché essa, per la parte in cui vincola il commissario all’osservanza dei criteri indicati, non può che valere per l’intera procedura, e non soltanto per la fase che si conclude con l’aggiudicazione. Sarebbe del resto manifestamente incongruo e contrario al principio di buon andamento della pubblica amministrazione impegnare la stazione appaltante, per di più nell’ambito di un procedimento di estrema urgenza, in una attività valutativa del tutto priva di utile sbocco. È poi evidente che il legislatore non abbia ragione di vietare espressamente all’operatore economico di presentare un’offerta, poiché gli è sufficiente precluderne la valutazione da parte dell’amministrazione, a monte e senza alcuna “riserva sostanziale” di negare in seguito l’affidamento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La conclusione del giudice rimettente che, pur a fronte dell’offerta di Pavimental spa, l’esclusione fosse stata comunque disposta in applicazione della norma censurata, è indotta dall’opposto, ma fallace, presupposto ermeneutico dal quale il TAR ligure è mosso. Esso ha convinto il rimettente a credere che una valutazione concreta, e non favorevole, dell’offerta di Pavimental spa fosse stata in ogni caso assorbita dal divieto legislativo di affidare le opere alla collegata di ASPI, sicché quest’ultimo divieto, e non il profilo della inadeguatezza dell’offerta, avrebbe determinato l’esclusione della ricorrente nel giudizio principale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>10.4.– Così ragionando, il giudice a quo ha ritenuto di non dover approfondire, anche in fatto, il punto controverso, incorrendo in tal modo in un difetto di motivazione sulla rilevanza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Sotto quest’ultimo profilo, che è il solo a rilevare nel presente giudizio incidentale, non ha infatti importanza chiedersi se la stazione appaltante si sia discostata dalla previsione legislativa, valutando l’offerta di un operatore economico collegato ad ASPI; ciò che conta è soltanto sapere se l’esclusione di Pavimental spa sia stata disposta a causa di tale valutazione sfavorevole, oppure in applicazione della norma censurata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Solo in quest’ultimo caso la questione di legittimità costituzionale del censurato art. 1, comma 7, sarebbe rilevante, perché, invece, in quello opposto, tale disposizione non avrebbe avuto applicazione da parte del commissario, e non potrebbe perciò averne nel giudizio principale, avente ad oggetto l’impugnativa contro gli atti di quest’ultimo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>10.5.– Considerato, poi, che nel giudizio a quo la stessa Pavimental spa ha impugnato con motivi aggiunti l’esito negativo della valutazione comparativa delle offerte, il giudice rimettente avrebbe dovuto confrontarsi con tale ulteriore indizio del fatto che la collegata ad ASPI sia stata esclusa a causa di quest’ultimo, anziché della norma censurata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il giudice a quo avrebbe dovuto pertanto sciogliere anzitutto tale nodo, e, nell’ipotesi in cui avesse trovato conferma che l’offerta era stata effettivamente valutata, esaminare i motivi aggiunti prima di pronunciarsi sulla rilevanza dell’attuale questione di costituzionalità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>10.6.– Sono perciò inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 7, del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, sollevate in riferimento agli artt. 3, 41 e 111 Cost., nella parte riferita alle società o ai soggetti collegati al concessionario (r.o. n. 53 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>11.– Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 6, 1-bis e 4-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 41, 97, 102, 103 e 111 Cost., sono inammissibili.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>I rimettenti dubitano che sia costituzionalmente legittimo obbligare ASPI a “far fronte” alle spese di ricostruzione e di ripristino del sistema viario, e a quelle connesse agli espropri (r.o. n. 55 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale dubbio è privo di adeguata motivazione sulla non manifesta infondatezza della questione, quanto al giudizio r.o. n. 54 del 2020, ove l’ordinanza di rimessione si incentra sui profili connessi alla estromissione di ASPI dalla procedura, accennando soltanto all’art. 1, comma 6, del d.l. n. 109 del 2018, come convertito.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nei giudizi iscritti al n. 51 e al n. 52 del reg. ord. 2020, poi, la censura dell’art. 1, comma 6, è oggetto del dispositivo delle ordinanze di rimessione, ma non si fonda su di una autonoma motivazione. Il riferimento a tale disposizione serve esclusivamente a dimostrare che l’esclusione di ASPI dai lavori di ricostruzione è priva di proporzionalità, innanzi al concomitante obbligo della concessionaria di anticipare le somme a ciò necessarie.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>11.1.– Restano, perciò, le questioni sollevate nel giudizio principale r.o. n. 55 del 2020, ove sono state impugnate le note con le quali il commissario ha chiesto, e ottenuto, da ASPI il pagamento del dovuto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il rimettente si interroga sulla portata giuridica dell’art. 1, comma 6, censurato, chiedendosi, in particolare, se esso prescriva una definitiva imposizione del debito ad ASPI, salvo conguaglio, ovvero una mera anticipazione in via provvisoria di somme destinate ad integrale ripetizione, nel caso che fosse esclusa in seguito la responsabilità contrattuale o aquiliana della concessionaria per il crollo del ponte.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La prima soluzione esegetica sembra al giudice a quo conforme alla lettera della legge, posto che, a suo dire, la previsione di un conguaglio non si riferirebbe al recupero di ogni importo versato senza causa, ma alla «possibilità di debenza di somme ulteriori da parte della società», e considerato che «la norma non prevede espressamente la possibilità di restituzione delle somme corrisposte da ASPI».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>D’altro canto, il rimettente si produce altresì in un tentativo di ciò che definisce un’interpretazione costituzionalmente orientata, volta a recepire la seconda lettura della norma. Esso, tuttavia, fallisce, perché anche in questo significato alternativo la disposizione pare al giudice rimettente affetta dai medesimi vizi di costituzionalità attribuiti all’esito dell’interpretazione letterale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>11.2.– Le questioni di costituzionalità sono state perciò sollevate, senza prendere una chiara posizione sulla portata normativa dell’art. 1, comma 6, denunciato, per il profilo ora segnalato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In tal modo, il rimettente ha mancato al dovere di pronunciarsi chiaramente sul significato giuridico delle norme che egli sottopone al controllo di costituzionalità, e, in definitiva, di circoscrivere il thema decidendum del giudizio incidentale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ne segue il carattere perplesso e ancipite delle questioni, che la Corte dovrebbe decidere, pronunciandosi su un’unica disposizione, ma giudicando (sentenza n. 84 del 1996) contemporaneamente su due norme, da essa estraibili, alternative l’una all’altra (da ultimo, ordinanza n. 104 del 2020, nel senso di escludere l’ammissibilità di questioni ove il rimettente «finisce col rimettere alla Corte la scelta di quale sia l’interpretazione fondante il dubbio di costituzionalità sottoposto a scrutinio»).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>11.3.– Non si pone qui un problema di inammissibilità perché il giudice a quo avrebbe tentato invano, e con esito erroneo, la strada dell’interpretazione adeguatrice, caso per il quale la più recente giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l’eventuale effettiva percorribilità di tale via attiene al merito del giudizio di costituzionalità, e non pregiudica, invece, l’ammissibilità della questione (sentenze n. 123 del 2020, n. 11 del 2020, n. 189 e n. 12 del 2019, n. 135 e n. 15 del 2018, n. 194, n. 83 e n. 42 del 2017, n. 36 del 2016 e n. 221 del 2015).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Prima ancora, manca l’indicazione del significato assunto dalla disposizione censurata, per un aspetto di estrema importanza ai fini dell’ammissibilità della questione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Del resto, l’interpretazione che il rimettente reputa costituzionalmente orientata non può ritenersi tale, posto che, a parere del giudice a quo, questa stessa interpretazione a propria volta genera dubbi di costituzionalità non meno gravi, di quelli innescati dall’interpretazione letterale. Essa, perciò, non è neppure prospettata esplicitamente, o implicitamente, con un carattere di priorità giuridica, dal quale desumere che le questioni alternative siano state graduate dal rimettente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ne segue l’inammissibilità di esse, con riferimento ai censurati artt. 1, comma 6, 1-bis e 4-bis, nella parte in cui obbligano ASPI a far fronte ai costi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>12.– Sono altresì inammissibili per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza le questioni di costituzionalità, sollevate anche queste nel giudizio iscritto al r.o. n. 55 del 2020, relative agli artt. 1, comma 6, 1-bis e 4-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, per la parte in cui tali disposizioni, in violazione degli artt. 3, 23 e 97 Cost., ometterebbero di definire con sufficiente determinatezza, e con adeguata motivazione, i parametri economici ai quali l’amministrazione deve attenersi nel quantificare le indennità spettanti ai proprietari di beni espropriati o ceduti, e a loro volta poste a carico di ASPI.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il vizio di ammissibilità è conseguente alla omessa motivazione, da parte del giudice rimettente, in ordine al carattere definitivo, o meramente provvisorio, dell’imposizione dei costi degli espropri e delle cessioni a carico del concessionario.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Difatti, in assenza di una presa di posizione su questo profilo da parte del rimettente, la motivazione sulla non manifesta infondatezza diviene “monca” di un punto di confronto determinante, perché, nella stessa prospettiva del giudice a quo, l’obbligo motivazionale, che egli desume dagli artt. 3 e 97 Cost., muta nei suoi profili costitutivi e per i suoi riflessi sulla posizione giuridica del concessionario, a seconda che il sacrificio sia temporaneo o definitivo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Anche con riferimento all’art. 23 Cost., questa Corte ha precisato che la concreta «entità della prestazione imposta» deve essere «chiaramente desumibile dalla legge» (sentenze n. 240 del 2017 e n. 190 del 2007), sicché non è ammissibile una questione che contesti la natura legale della prestazione imposta, senza stabilire univocamente, e anzi mettendo in dubbio identità, contenuto e regime della stessa prestazione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale assorbente profilo esime dall’esaminare le numerose eccezioni di inammissibilità proposte dagli intervenienti, in relazione alla censura dell’art. 1-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, ovvero della sola disposizione sulla quale possono interloquire nel giudizio incidentale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>13.– La questione di legittimità costituzionale degli artt. 1-bis e 4-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, in riferimento all’art. 3 Cost., per la parte in cui tali disposizioni comporterebbero che ASPI debba far fronte anche ai costi di acquisizione di aree non strettamente necessarie per la ricostruzione del ponte (r.o. n. 55 del 2020) è inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il giudice rimettente, infatti, non specifica se nel giudizio a quo la norma debba essere applicata, vale a dire se tra i costi imputati al concessionario, e contestati nel processo principale, siano ricompresi quelli relativi a simile categoria di beni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>14.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 1-ter del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, che prescrive l’obbligo di ASPI di rilasciare al commissario i tronchi autostradali necessari per i lavori, posta con riferimento complessivamente agli artt. 3, 23 e 97 Cost. (r.o. n. 51, n. 52 e n. 54 del 2020) è inammissibile per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>I rimettenti, infatti, non dedicano a questa disposizione alcuna specifica attenzione, benché essa concerna un obbligo del concessionario a sé stante, e non assimilabile alla estromissione di ASPI dalla procedura negoziata senza pubblicazione, ovvero alle modalità operative del commissario.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>14.1.– Nel solo giudizio principale, iscritto al r.o. n. 54 del 2020, il TAR Liguria afferma che l’art. 1-ter diverrebbe disposizione inutile, e quindi priva di ragionevole giustificazione con conseguente lesione dell’art. 3 Cost., nel caso questa Corte dichiarasse l’illegittimità costituzionale delle norme che hanno estromesso ASPI dalle attività di ricostruzione del ponte. Con ciò, tuttavia, il rimettente non svolge un’autonoma censura di illegittimità costituzionale, ma, semmai, anticipa l’esercizio, che è di questa Corte soltanto, del potere di dichiarare l’illegittimità costituzionale in via consequenziale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>15.– L’esame delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale deve muovere dall’assunto dei rimettenti, per il quale il censurato d.l. n. 109 del 2018, come convertito, <strong>ha carattere provvedimentale</strong>, in quanto contiene previsioni «di contenuto particolare e concreto» che incidono «su un numero limitato di destinatari, attraendo alla sfera legislativa quanto normalmente affidato all’autorità amministrativa» (sentenza n. 114 del 2017). Ne segue la necessità, pienamente conforme alla giurisprudenza di questa Corte, di uno scrutinio di costituzionalità stretto, ovvero particolarmente severo, poiché in norme siffatte è insito il pericolo di un arbitrio, connesso alla potenziale deviazione, in danno di determinati soggetti, dal comune trattamento riservato dalla legge a tutti i consociati (ex plurimis, sentenze n. 182 del 2017 e n. 64 del 2014).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Non si accorda, viceversa, alla giurisprudenza costituzionale la conseguenza che i rimettenti traggono da questa corretta premessa, ossia che l’accertamento della violazione dei principi che presiedono all’attività amministrativa possa essere integralmente invocata anche in caso di leggi provvedimento, conducendo ad un sindacato equipollente, nei criteri e nei modi, a quello al quale è soggetto l’esercizio della discrezionalità amministrativa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>15.1.– Che il legislatore attragga a sé una materia che, in caso contrario, sarebbe stata rimessa alla autorità amministrativa comporta, infatti, che la legge si sostituisca all’atto provvedimentale, ma non che ne mutui con ciò anche i tratti costitutivi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ciò ha una evidente ricaduta sui criteri con i quali questa Corte è chiamata a porre in essere il proprio controllo di legalità costituzionale, con riferimento, in particolare, alla verifica sulla eventuale motivazione che accompagni l’intervento legislativo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Benché, in linea di principio, il legislatore non abbia l’obbligo di motivare le proprie scelte (sentenza n. 14 del 1964), ugualmente ciò non gli è affatto precluso (sentenza n. 379 del 2004), ed anzi, specie a fronte di un <strong>intervento normativo provvedimentale</strong>, può proficuamente contribuire a porne in luce le ragioni giustificatrici, agevolando l’interprete e orientando, in prima battuta, il sindacato di legittimità costituzionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tuttavia, questa Corte, come si è avvertito accadere nel conflitto tra poteri vertenti su un atto motivato, «non può limitarsi a verificare la validità o la congruità delle motivazioni» (sentenza n. 10 del 2000), ovvero del corredo lessicale con cui si esprime la ragione della scelta, ma deve piuttosto accertare se la norma esprima interessi affidati alla discrezionalità legislativa, e regolati in forma compatibile con la Costituzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Così, con penetrazione assai più incisiva di quella limitata al percorso motivazionale esplicito, la Corte è tenuta a individuare la causa ultima della norma, quale componente razionalmente coordinata nel più vasto insieme dell’ordinamento. Infatti, il “tessuto normativo” presenta «una “motivazione” obiettivata nel sistema, che si manifesta come entità tipizzante del tutto avulsa dai “motivi”, storicamente contingenti» (sentenza n. 89 del 1996), e, eventualmente, ulteriore rispetto alla formula verbale con cui il legislatore storico cerca di esprimerla.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ne segue che il <strong>sindacato di costituzionalità sulla norma provvedimentale</strong> diviene davvero effettivo solo se attinge alla razionalità oggettiva della disposizione censurata, per come essa vive nell’ordinamento e per gli effetti che vi produce.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>15.2.– Pertanto, non può essere seguito l’approccio dei rimettenti, volto a rendere causa immediata di illegittimità costituzionale ogni eventuale inadeguatezza della motivazione esplicitata dal legislatore.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È invece necessario accertare in maniera stringente se siano identificabili <strong>interessi in grado di giustificare la legge</strong>, desumibili anche in via interpretativa (sentenza n. 270 del 2010), perché devono risultare i criteri che ispirano le scelte realizzate, nonché le relative modalità di attuazione attraverso l’individuazione degli interessi oggetto di tutela (sentenze n. 182 del 2017 e n. 137 del 2009).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Solo se rilevanti a tale fine, potranno trovare quindi esame ed eventuale accoglimento gli argomenti posti dai rimettenti alla base dei dubbi di legittimità costituzionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>16.– Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 3, 5, 7, 8 e 8-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, in riferimento a tutti i parametri costituzionali dedotti, (r.o. n. 51, n. 52, n. 54 e n. 55 del 2020) non sono fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In estrema sintesi, l’estromissione di ASPI dalle attività di demolizione, ricostruzione e ripristino del viadotto si è compiuta attraverso due passaggi giuridicamente distinti, ed entrambi oggetto delle censure dei rimettenti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Anzitutto, con le norme sopra indicate, il legislatore ha previsto che il concedente <strong>non attivasse la convenzione</strong> di cui il concessionario è parte, e dunque non obbligasse quest’ultimo a fornire la prestazione, nonostante ASPI ne avesse la volontà.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In seguito, e per conseguenza logica, si è precluso al commissario straordinario di avviare la procedura negoziata senza pubblicazione con il concessionario, ai sensi dell’art. 1, comma 7, censurato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>16.1.– Come si vedrà, ciascuno dei due passaggi si fonda su ragioni obiettive, congruenti o connesse con quelle esplicitate, sia pure in modo non sempre limpido, nella stessa normativa in esame: la decisione di <strong>non attivare la convenzione</strong> è dipesa sia dall’urgenza di avviare i lavori per ripristinare tempestivamente un tratto autostradale essenziale per i collegamenti nella regione, sia dai dubbi insorti sull’affidabilità del concessionario, alla luce della gravità dell’evento verificatosi e delle risultanze delle prime indagini amministrative. L’esclusione dello stesso concessionario dalla procedura negoziata, poi, è la naturale conseguenza della decisione di cui sopra e, inoltre, è funzionale anche a determinare una <strong>maggiore apertura del settore autostradale alla concorrenza</strong> da parte di operatori diversi dai concessionari, ivi compresa ASPI alla quale fa capo, come si vedrà, una porzione maggioritaria del mercato nazionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>17.– Conviene iniziare l’esame dal primo dei due passaggi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con ampia motivazione i rimettenti hanno ritenuto che le attività indicate dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, costituissero oggetto dell’obbligo convenzionale di ASPI, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera b), della convenzione di concessione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale previsione, dedicata agli “obblighi del concessionario”, impone ad ASPI di provvedere «a propria cura e spese […] al mantenimento della funzionalità delle infrastrutture concesse attraverso la manutenzione e la riparazione tempestiva delle stesse».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>17.1.– Non è invece plausibile il corollario che i giudici a quibus traggono da tale premessa, ovvero che la facoltà del concedente di esigere che il concessionario provveda all’esecuzione di quanto previsto si converta nella pretesa del concessionario di invertire le posizioni, imponendo al concedente di subire quelle iniziative che il legislatore provvedimentale reputi, nella sua discrezionalità, contrarie all’interesse pubblico; interesse sul cui soddisfacimento il concedente è tenuto a vigilare.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La convenzione, in particolare, palesemente non autorizza alcuna conclusione di tal genere. I rimettenti e la difesa di ASPI, nell’affermare il contrario, si sono incentrati sugli artt. 8, 9 e 9-bis del testo concordato tra le parti e poi legificato, che sono invece qui privi di rilievo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Gli artt. 8 e 9 suddetti disciplinano il procedimento che il concedente è tenuto ad osservare, nel caso in cui, a fronte di un grave inadempimento del concessionario, si risolva discrezionalmente ad intimare l’esatto adempimento, ovvero ad avviare la procedura di decadenza dalla concessione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 9-bis, invece, regola le ipotesi di recesso, revoca, risoluzione, e comunque di cessazione anticipata del rapporto concessorio, ancora una volta su iniziativa del solo concedente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel caso di specie, tuttavia, è pacifico che il legislatore non abbia affatto inteso imporre al concedente di porre termine alla concessione, nell’uno o nell’altro dei modi possibili ai sensi della convenzione, tanto che ASPI ha continuato, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge censurato, ad esercitarla. Piuttosto, ferma la concessione, il legislatore, con norma provvedimento, ha deciso che ci si rivolgesse a terzi ai fini della ricostruzione del ponte, anziché stabilire che il concedente attivasse gli obblighi convenzionali del concessionario.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>17.2.– Naturalmente, quest’ultimo, che trae profitto dalla gestione dei tratti autostradali, ha interesse a pretendere che il concedente lo ponga nelle condizioni di adempiere, e, quindi, in caso di distruzione di una parte della rete viaria, che essa sia celermente ripristinata. Ma, in accordo con i principi generali della materia, le modalità con cui ciò avviene sono determinate dal solo concedente, con discrezionalità e nel perseguimento dell’interesse pubblico.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le disposizioni censurate, per tale parte, non hanno dunque segnato, nonostante la natura provvedimentale, alcuna devianza dalle regole in tema di concessioni, e connesse convenzioni, che disciplinano analoghe fattispecie, cosicché il pericolo di arbitrio che in esse è insito, nel caso di specie non è nemmeno ipotizzabile.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Infatti, l’intervento legislativo all’esame è espressivo del principio generale fissato, da ultimo, con l’art. 166 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), reso in attuazione della direttiva n. 2014/24/UE, secondo il quale le amministrazioni aggiudicatrici, a ciò nel caso di specie indirizzate dal legislatore, sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi. Esse, pertanto, ben possono essere obbligate dal legislatore a prediligere la via del ricorso al mercato al fine di eseguire un’opera, alla contraria opzione di esigerne l’esecuzione da parte di un soggetto che già vi sarebbe obbligato, ma che, come si vedrà, non è più reputato degno di fiducia.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>18.– Sulla base di questi principi, non sono fondate anzitutto le questioni di costituzionalità degli artt. 1, commi 3, 5, 7, 8, e 8-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., perché ASPI sarebbe stata spogliata della prerogativa di ricostruire il ponte attribuitale dalla concessione. Esse, infatti, si fondano sulla non corretta premessa che la convenzione fosse per tale parte opponibile alla discrezionalità della parte pubblica concedente nel percorrere una via alternativa, ritenuta più confacente all’interesse pubblico.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>19.– Parimenti non fondate sono le questioni che investono le medesime disposizioni, sempre in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost, in quanto il concessionario sarebbe stato più idoneo, anche per il profilo della tempestività, a realizzare le opere. Il legislatore, quindi, avrebbe irragionevolmente scelto di pretermetterlo, tradendo l’interesse pubblico alla celere e compiuta esecuzione dei lavori, per di più senza una specifica motivazione sugli elementi di opportunità e tecnici capaci di giustificare l’inidoneità del concessionario.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Invero, nel caso in questione, è essenziale rammentare che il crollo del Ponte Morandi, causando ben 43 vittime, ha segnato profondamente la coscienza civile nella comunità, e ha aperto una ferita nel rapporto di fiducia che non può mancare tra i consociati e lo stesso apparato pubblico, cui è affidata la cura di beni primari tra i quali, in primo luogo, la salute e l’incolumità. Esso, inoltre, ha causato gravissimi danni alla rete di trasporto, in un ganglio fondamentale per lo sviluppo economico del paese, per di più di fatto tagliando a metà la città di Genova.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In un tale contesto, segnato da un grado eccezionale di gravità, è tutt’altro che irragionevole, incongrua o sproporzionata la scelta legislativa di affidare la ricostruzione a terzi, anziché al concessionario, il quale, in quanto obbligatovi contrattualmente e custode del bene, avrebbe dovuto provvedere alla manutenzione dell’infrastruttura, e prevenirne il disfacimento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>19.1.– Non si tratta, come invece sostengono i ricorrenti nel giudizio principale, della inflizione ad ASPI di una “sanzione”, in assenza di un accertamento della responsabilità del fatto. Basti infatti osservare che tutto il tessuto normativo censurato, dal preambolo del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, fino alle specifiche disposizioni censurate, manifesta l’obiettiva presa d’atto dell’evento e la conseguente scelta discrezionale, in quanto in ogni caso non pregiudicata dalla convenzione, di non affidarsi per la ricostruzione a chi aveva la disponibilità del bene e non ha impedito il deterioramento della struttura e il conseguente crollo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>A ben vedere, le norme censurate, per tale parte, non hanno l’obiettiva portata di consolidare un giudizio di responsabilità contrattuale o aquiliana in capo ad ASPI e di imporle una conseguente sanzione, come invece reputa il TAR Liguria. Piuttosto esse, in una situazione che incrina la fiducia del concedente nelle capacità e nella affidabilità del gestore, manifestano una incensurabile volontà del legislatore di non sollecitarne il dovere di adempiere alla ricostruzione, ma di provvedere in via cautelativa per altra via, peraltro in forme così celeri da non arrecare in sé alcun pregiudizio alla concessionaria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ciò non presuppone né un definitivo accertamento delle responsabilità, né, da parte del legislatore, un intento punitivo, ma costituisce una cautela per nulla irragionevole, che è poi la causa giustificatrice obiettivamente fondante l’intervento legislativo nel suo complesso.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>19.2.– Sul piano della proporzionalità (sulla quale molto insiste la difesa di ASPI nel presente giudizio), del resto, le norme censurate si dimostrano idonee, implicanti il minor sacrificio e corrispondenti ad un equilibrato punto di sintesi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Innanzi all’obiettivo di ricostruire l’opera senza incaricarne la concessionaria, sotto la cui custodia essa era crollata, il legislatore ha introdotto una soluzione senza dubbio acconcia allo scopo, rispetto alla quale non vi era per definizione alcun modo di individuarne un’altra, che comportasse un minor sacrificio per ASPI. L’interesse di quest’ultima alla gestione della rete per trarne profitto, che è il solo opponibile all’intervento legislativo, è stato poi non incongruamente bilanciato, posto che, fin dall’impiego della decretazione d’urgenza, si è inteso procedere alla ricostruzione il più celermente possibile, adottando a tal fine ogni misura giuridica utile perché si agisse con efficacia e tempestività.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>20.– Anche le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 3, 5, 7, 8, e 8-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, poste in riferimento agli artt. 23 e 97 Cost., non sono fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>I rimettenti dubitano che sia costituzionalmente legittima l’omissione di un procedimento amministrativo nel quale valutare, in contraddittorio con ASPI, la opportunità di rivolgersi al mercato ai fini della ricostruzione, anziché domandare alla concessionaria di provvedere direttamente, dopo averne valutato il grado di responsabilità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per un verso, la censura è contraddittoria, e quindi ai limiti della ammissibilità rispetto alla premessa, pianamente e correttamente formulata dagli stessi giudici a quibus, secondo cui non era inibito al legislatore provvedere a regolare la materia, in luogo dell’amministrazione. Perciò è implicita in tale asserzione, non contestata in sé neppure dalle parti, che non dovesse trovare applicazione la legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), alla quale invece i rimettenti si richiamano.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È vero che, in particolari circostanze, condizione di legittimità costituzionale dell’atto avente forza di legge è che esso non sia contagiato da vizi propri del procedimento amministrativo che lo precede (sentenze n. 134 del 2020, n. 2 del 2018, n. 241 del 2008 e n. 311 del 1999). Ma ciò non equivale a dire che l’omissione di tale procedimento sia di per sé un vizio della legge, se non quando il procedimento preliminare è imposto direttamente o indirettamente dalla Costituzione (sentenza n. 66 del 2018), ciò che nel caso di specie va escluso.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per altro verso, i rimettenti sono nel giusto, quando affermano che alla concessionaria è stato inibito di attivarsi per riparare il ponte, come era suo dovere contrattuale, ma non quando aggiungono che tale astensione sarebbe stata imposta in violazione del principio di legalità che essi desumono dall’art. 23 Cost., anche perché non sarebbe stato posto in luce l’interesse pubblico a normare in tal modo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Infatti, l’esclusione in esame è compiutamente descritta dalla legge e, come si è detto, corrisponde ad una ratio obiettivamente desumibile dal sistema normativo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>21.– Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 5, 1-bis e 4-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, poste in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., sono strettamente collegate alle precedenti, e sono anch’esse non fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il rimettente dubita che le disposizioni censurate, nella parte in cui privano ASPI della prerogativa di espropriare le aree interessate ai lavori, siano affette da irragionevolezza, difetto di motivazione e carenza di proporzionalità, anche perché contrarie all’art. 26 della convenzione, che riserverebbe al concessionario questo compito.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Questa Corte osserva che le norme censurate sono meramente ancillari rispetto alla scelta della parte pubblica di affidare a terzi le opere, la cui illegittimità costituzionale è stata già esclusa, quanto al rapporto con la convenzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È difatti immune da ogni profilo di incongruità, e obiettivamente sorretta da idonea ragione giustificatrice, la decisione di allocare presso il commissario straordinario il potere di esproprio di quanto necessario al compimento di attività, che siano legittimamente demandate a terzi, anziché riservate al concessionario.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il nesso che lega, nella convenzione, il compito di eseguire le opere e il potere di esproprio sussiste fino a quando ci si muova nell’orbita convenzionale, e non già quando se ne sia usciti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>22.– Venendo ora al secondo dei due passaggi prima messi in luce, conviene ribadire che, in conseguenza della decisione di non ricorrere alla convenzione per mezzo del concedente, il legislatore ha incaricato il commissario di procedere all’affidamento dei lavori per mezzo di procedura negoziata senza previa pubblicazione, disciplinata dall’art. 32 della direttiva 2014/24/UE.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Come è noto, si tratta di un istituto, attuato nell’ordinamento nazionale dall’art. 63 cod. contratti pubblici, idoneo a rispondere, tra l’altro, ai casi di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice, tali da impedire, per ragioni di tempo, l’impiego delle ordinarie procedure di gara. La stazione appaltante può consultare direttamente gli operatori economici, «nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione», e aggiudicare i lavori a chi tra questi offra le condizioni economiche più vantaggiose.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1, comma 7, censurato aggiunge che il commissario non può rivolgersi al concessionario del tratto autostradale alla data dell’evento, ovvero ad ASPI, «anche al fine di evitare un ulteriore indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali e, comunque, giacché non può escludersi che detto concessionario sia responsabile, in relazione all’evento, di grave inadempimento del rapporto concessorio».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale disposizione è censurata dai rimettenti complessivamente in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 41, 97, 102, 103 e 111 Cost. (r.o. n. 51, n. 52, n. 54 e n. 55 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>23.– Le questioni non sono fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>I rimettenti, infatti, non pongono in dubbio la legittimità del ricorso alla procedura di cui all’art. 32 della direttiva 2014/24/UE, ma ritengono che sia costituzionalmente illegittimo escluderne a priori ASPI, impedendo alla stazione appaltante di selezionare tale soggetto, ove la sua offerta sia preferibile alle altre.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In tal modo, il legislatore avrebbe illegittimamente compresso la libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) della società ricorrente nei giudizi principali, sulla base di due ragioni giustificatrici che i giudici a quibus reputano carenti e comunque inadeguate (art. 3 Cost.).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>23.1.– Questa Corte ritiene che la norma censurata è il precipitato naturale, e contraddistinto da coerenza intrinseca, della decisione legislativa che il concedente non chiedesse l’esatto adempimento della convenzione da parte di ASPI, in forza dell’obbligo su di essa gravante di ricostruire il ponte, ma le fossero preferiti terzi operatori. Sarebbe stato, infatti, manifestamente irragionevole seguire tale via, benché la concessionaria dovesse provvedere a proprie spese, per poi consentirle di aggiudicarsi le medesime prestazioni all’esito di una procedura onerosa per l’amministrazione aggiudicatrice.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Perciò, a rendere non fondate le censure sono le medesime e solide ragioni di eccezionale gravità e urgenza, connesse alla tragedia di Genova e al conseguente deficit di fiducia incorso nei confronti del custode del bene perito, che hanno permesso di escludere l’illegittimità costituzionale della prima e fondamentale scelta legislativa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Bisogna aggiungere che, con essa, ancora una volta il legislatore, pur con norme di carattere provvedimentale, non ha affatto lacerato la trama dell’ordinamento, inserendovi disposizioni eccentriche rispetto alle regole di diritto comune che presidiano l’aggiudicazione dei lavori pubblici.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Al contrario, per questa parte la norma censurata, pur con riferimento alla peculiare figura della procedura negoziata senza pubblicazione, ha dato seguito alla consolidata giurisprudenza civile e amministrativa, accordatasi alle speculari posizioni della Corte di giustizia e formatasi, da ultimo, sull’art. 80 cod. contratti pubblici, reso in attuazione dell’art. 57 della direttiva 2014/24/UE in tema di contratti pubblici, che si riferisce a operatori colpevoli di «gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la [loro] integrità o affidabilità».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Detta giurisprudenza è ferma nel ritenere che gravi violazioni normative da parte di un operatore economico, tali da configurare un considerevole illecito professionale o comunque un grave inadempimento, ne comporti l’esclusione dalla gara, quand’anche l’illecito non sia stato accertato definitivamente in giudizio (come si può desumere anche dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 19 giugno 2019, in causa C-41/18, Meca), ma sussistano e siano valutati elementi tali da «provocare la rottura del rapporto di fiducia con l’operatore economico» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 3 ottobre 2019, in causa C-267/18, D.A.C. SA). Al pari di chiunque altro, la pubblica amministrazione non può infatti essere obbligata a contrarre con parti che essa ritiene, in forza di elementi obiettivi, inaffidabili.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>23.2.– Né si può sostenere che ASPI non sia stata posta in condizione di replicare alle contestazioni seguenti al crollo del ponte, di cui aveva l’obbligo manutentivo e di custodia. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti fin dal 16 agosto 2018 ha rappresentato alla concessionaria il grave inadempimento della convenzione, mettendola in condizioni di replicare, ed eventualmente dimostrare l’incidenza di fattori imprevedibili o ingovernabili, prima dell’emanazione, e a maggior ragione della conversione in legge, del decreto-legge censurato. In seguito, con d.m. 5 settembre 2018, n. 392, sono stati avviati i lavori della commissione ispettiva ministeriale, conclusi con una relazione resa pubblica sul sito internet del ministero fin dal 25 settembre 2018, ovvero prima dell’emanazione del d.l. n. 109 del 2018 censurato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel corso del procedimento ispettivo, tra l’altro, sono state raccolte informazioni e documenti da ASPI, della quale sono anche stati ascoltati tecnici e dirigenti, nonché, in data 13 settembre 2018, l’amministratore delegato e il direttore centrale delle operazioni. È vero che – come ha osservato in udienza la difesa di ASPI, in risposta a una specifica domanda – in esito all’istruttoria tecnica la Commissione ha ipotizzato in termini di verosimiglianza tre ipotesi alternative quanto alle cause e al cinematismo del crollo. Nondimeno è vero anche che le conclusioni della stessa commissione in merito agli aspetti tecnici e amministrativi di tale evento contengono numerose e puntuali contestazioni a proposito di carenze nelle valutazioni di sicurezza e nelle procedure di controllo della sicurezza strutturale delle opere; contestazioni nei confronti delle quali ASPI è stata messa nelle condizioni di interloquire. Ad esempio, si legge nella relazione che le misure adottate da ASPI ai fini della prevenzione «erano inappropriate e insufficienti considerata la gravità del problema» (pag. 75); che ASPI «pur a conoscenza di un accentuato degrado del Viadotto ed in particolare delle parti orizzontali di esso che appalesavano deficit strutturali […] non ha ritenuto di provvedere, come avrebbe dovuto, al loro immediato ripristino e per di più non ha adottato alcuna misura precauzionale a tutela della utenza» (pag. 82); che, in merito alle verifiche sullo stato dei manufatti e sulle esigenze di manutenzione, è emersa «una irresponsabile minimizzazione dei necessari interventi da parte delle strutture tecniche di Aspi, perfino anche di manutenzione ordinaria» (pag. 84).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’estrema urgenza del provvedere, sulla quale la Corte si è già soffermata, non sarebbe stata ragionevolmente compatibile con un ulteriore indugio nelle procedure di rilevazioni tecniche, a fronte di un quadro iniziale certamente tale da giustificare misure precauzionali nei confronti del custode.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Dunque, già al momento della emanazione del decreto-legge e poi della sua conversione in legge, sussistevano seri e comprovati elementi per indursi a non affidarle il compito di ricostruire un’infrastruttura crollata, nonostante l’obbligo di manutenerla in capo al custode ASPI.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La <strong>finalità cautelare</strong> è del resto ben distinta da <strong>quella punitiva</strong>, e permette alla pubblica amministrazione, in numerose ipotesi previste dall’ordinamento giuridico, di sottrarsi a rapporti con soggetti ragionevolmente sospettati di inaffidabilità, benchè non definitivamente condannati, perché «[i]l principio di non colpevolezza sino alla condanna definitiva è violato allorché la legge preveda una misura che costituisca, nella sostanza, una sanzione anticipata in assenza di un accertamento definitivo di responsabilità», ma non quando la norma risponde «a una logica in senso lato cautelare» (sentenza n. 248 del 2019).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La legge censurata, quindi, nel ricongiungersi per tale punto alle regole di diritto comune, si sottrae al dubbio di arbitrarietà, poiché costituisce una declinazione per il caso di specie di quanto il diritto europeo e nazionale consentono e prevedono per casi analoghi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>24.– Il grave e ragionevole deficit di fiducia insorto nei riguardi di ASPI non può trovare un correttivo contrario nel principio del diritto europeo e nazionale della più ampia partecipazione alle gare, di per sé già compresso nell’ambito delle procedure negoziate senza pubblicazione. Ciò va detto non solo in via generale, a fronte di una legittima causa escludente, ma in particolar modo nel presente caso.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Come emerge anche dalla relazione sulle concessioni autostradali recata dalla delibera della Corte dei Conti, sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G, ASPI è concessionaria di circa la metà della rete autostradale italiana da molti decenni, senza peraltro avere ottenuto tale qualità a seguito di una gara. La sua posizione è stata da ultimo rafforzata dal già rammentato art. 8-duodecies del d.l. n. 59 del 2008, che ha legificato la convenzione del 2007, prorogando la durata del rapporto concessorio fino al 31 dicembre del 2038.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La decadenza e la revoca della concessione è stata in tal modo resa straordinariamente onerosa per la parte pubblica, soggetta, in base ai già citati artt. 9 e 9-bis della convenzione, ad un regime indennitario del tutto eccezionale e derogatorio, a favore della concessionaria, delle regole di diritto comune attinenti a tale genere di rapporto. Basti pensare che l’art. 9 della convenzione, in tema di decadenza dalla concessione, per grave inadempimento del concessionario, subordina il subentro del concedente al pagamento di un importo corrispondente al valore attuale netto dei ricavi di gestione «sino alla scadenza della concessione», preservando così l’utile che il concessionario avrebbe tratto dal rapporto, benché quest’ultimo sia cessato per causa imputabile allo stesso concessionario.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In un tale contesto, che di fatto paralizza per lunghi anni iniziative volte all’apertura del mercato di riferimento, la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza 18 settembre 2019, in causa C-526/17, ha condannato lo Stato italiano, per avere prorogato una concessione di tratto autostradale conseguita a suo tempo senza gara, ribadendo la piena soggezione di tale segmento del mercato al principio di concorrenza. Tale soggezione è ora affermata anche dall’art. 178 cod. contratti pubblici.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>24.1.– Sotto tale profilo, i rimettenti dubitano della congruità della motivazione offerta dal legislatore con la norma censurata, nella parte in cui si intende prevenire un «ulteriore indebito vantaggio competitivo» per ASPI, perché ritengono che il sistema delle concessioni autostradali sia fondato sull’affidamento in esclusiva delle tratte a determinati operatori, sicché sarebbe pacifica l’insussistenza di un regime concorrenziale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tuttavia, è ovvio che il mercato di riferimento sia chiuso, come constatano i rimettenti, non già perché il diritto lo sottragga alle regole della concorrenza, ma perché, di fatto, esse non sono state osservate al tempo in cui si sono affidate concessioni senza gara, poi prorogate per molti decenni con analoghe modalità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In tale contesto, la procedura negoziata senza pubblicazione si sarebbe esposta ad un particolare rischio di deformazione dell’assetto concorrenziale del mercato e di lesione del principio di parità di trattamento degli operatori economici, laddove, in difetto di ulteriori limiti, avesse permesso alla stazione appaltante di avviare la trattativa direttamente con il concessionario in essere, rafforzandone i privilegi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per tale ragione, l’art. 63 cod. contratti pubblici, in accordo e secondo lo spirito dell’art. 32 della direttiva 2014/24/UE, ha prescritto che la stazione appaltante si attenga, nell’individuare l’operatore economico con cui trattare, ai principi di «trasparenza, concorrenza, rotazione».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>24.2.– L’art. 1, comma 5, del d.l. censurato, come si è visto, ha permesso al commissario di agire anche in deroga a disposizioni di legge, salvo alcune eccezioni, sicché, sulla base dell’impianto normativo introdotto dal legislatore dell’urgenza, non si sarebbe potuto escludere che la stazione appaltante si rivolgesse direttamente al concessionario, senza neppure dar corso al confronto delle offerte che poi, di fatto, il commissario ha operato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>A fronte di ciò, l’art. 1, comma 7, censurato ha provveduto a limitare la discrezionalità del commissario, esigendo che fosse assicurata la rotazione necessaria onde evitare che un operatore economico, scelto a suo tempo senza gara come concessionario, potesse conseguire nuovamente a “trattativa privata” un vantaggio, costituito dall’affidamento di lavori afferenti al medesimo oggetto della convenzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel conformare secondo tale indicazione la procedura e il mercato, sia pure in un contenuto segmento di esso, il legislatore non ha perciò conculcato la libertà di iniziativa economica di ASPI, ma piuttosto prevenuto un contrasto con l’utilità sociale, di cui all’art. 41 Cost., irrobustendo l’assetto concorrenziale con l’ingresso di altri operatori economici.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>25.– Con riguardo agli artt. 23 e 97 Cost, i rimettenti ripropongono le considerazioni già svolte sul carattere sanzionatorio della norma, che sono già state giudicate non fondate con riferimento alle altre disposizioni censurate, perché il legislatore è mosso da (e ha concretizzato in norme) un intento non punitivo, ma di cautela, oltre che di regolazione del mercato. Tali questioni sono perciò non fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>26.– In ordine agli artt. 24, 102, 103 e 111 Cost., i giudici a quibus sospettano che l’estromissione di ASPI dalla procedura, senza che fosse stata accertata giudizialmente la responsabilità per il crollo del ponte, ne abbia leso il diritto di difesa, nell’ambito di un giusto processo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Anche queste questioni non sono fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Contrariamente a quanto sostenuto dal TAR Liguria, si è già precisato che non vi è correlazione tra la scelta precauzionale di non impegnare ulteriormente il concessionario, e l’accertamento definitivo della responsabilità in un giudizio civile o penale per il fatto (il quale potrebbe oltretutto richiedere molto tempo), nel senso che la prima, esercitata dal legislatore, non necessita del secondo, soggetto invece a riserva di giurisdizione (sentenza n. 85 del 2013).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La portata obiettiva del censurato art. 1, comma 7, non consiste, infatti, nell’accertare la responsabilità per trarne effetti sanzionatori, ma nel regolare l’affidamento dei lavori di ricostruzione del ponte.</em></p>