<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, ordinanza 30 luglio 2020 n. 185</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Va ordinata la restituzione degli atti al Magistrato di sorveglianza di Spoleto.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Considerato che il Magistrato di sorveglianza di Spoleto, con ordinanza del 26 maggio 2020, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell’esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalità organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione mafiosa o con finalità di terrorismo, nonché di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati);</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che la disposizione censurata prevede che il magistrato o il tribunale di sorveglianza, quando abbiano ammesso alla detenzione domiciliare o al differimento della pena per motivi legati all’emergenza sanitaria da COVID-19 i condannati e gli internati per una serie di gravi reati, debbano procedere alla valutazione della permanenza di tali motivi entro il termine di quindici giorni dall’adozione del provvedimento, e successivamente a cadenza mensile, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato (e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati già sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis ordin. penit.) nonché una serie di informazioni da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dell’autorità sanitaria regionale;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che tale valutazione deve peraltro essere compiuta «immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria comunica la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell’internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena»;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che la medesima disposizione prevede altresì, al comma 3, che in esito alla valutazione relativa alla permanenza dei motivi che hanno giustificato l’adozione del provvedimento, e valutata la disponibilità di altre strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetti idonei ad evitare il pregiudizio per la salute del detenuto o dell’internato, il giudice possa revocare la misura già concessa, con provvedimento immediatamente esecutivo;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che l’articolo 1, comma 3, della legge 25 giugno 2020, n. 70 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19) ha abrogato l’art. 2 del d.l. n. 29 del 2020, ferma restando la validità degli atti e dei provvedimenti adottati e fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che il contenuto della disposizione censurata è stato trasfuso nell’art. 2-bis del d.l. n. 28 del 2020, come convertito nella medesima legge n. 70 del 2020;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che il nuovo art. 2-bis del d.l. n. 28 del 2020 riproduce la disciplina dell’abrogato art. 2 del d.l. n. 29 del 2020, in questa sede censurato, e la integra prevedendo, al comma 4, che «[q]uando il magistrato di sorveglianza procede alla valutazione del provvedimento provvisorio di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena, i pareri e le informazioni acquisiti ai sensi dei commi 1 e 2 e i provvedimenti adottati all’esito della valutazione sono trasmessi immediatamente al tribunale di sorveglianza, per unirli a quelli già inviati ai sensi degli articoli 684, comma 2, del codice di procedura penale e 47-ter, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Nel caso in cui il magistrato di sorveglianza abbia disposto la revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena adottati in via provvisoria, il tribunale di sorveglianza decide sull’ammissione alla detenzione domiciliare o sul differimento della pena entro trenta giorni dalla ricezione del provvedimento di revoca, anche in deroga al termine previsto dall’articolo 47, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Se la decisione del tribunale non interviene nel termine prescritto, il provvedimento di revoca perde efficacia»;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, secondo quando previsto ora dall’art. 2-bis, comma 5, del d.l. 28 del 2020, come convertito nella legge n. 70 del 2020, la predetta disciplina è applicabile a tutti i provvedimenti di revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena già adottati dal magistrato di sorveglianza alla data di entrata in vigore della legge di conversione e a partire dal 23 febbraio 2020;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che pertanto, per effetto della legge di conversione, quando il magistrato di sorveglianza ha disposto in via provvisoria la revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19, il tribunale di sorveglianza è oggi tenuto a pronunciarsi sull’istanza di scarcerazione entro il termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione del predetto provvedimento di revoca, all’esito di un procedimento disciplinato nelle forme dell’incidente di esecuzione (art. 666 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 678, comma 1, cod. proc. pen.), e dunque di un procedimento in cui la difesa ha pieno accesso agli atti e ha la possibilità di interloquire in condizioni di parità nell’udienza all’uopo fissata;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, in linea generale, questa Corte ha affermato che «non ogni nuova disposizione che modifichi, integri o comunque possa incidere su quella oggetto del giudizio incidentale di costituzionalità richiede una nuova valutazione della perdurante sussistenza dei presupposti di ammissibilità della questione e segnatamente della sua rilevanza e della non manifesta infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale espressi dal giudice rimettente», ben potendo questa Corte «ritenere essa stessa che la nuova disposizione non alteri affatto la norma censurata quanto alla parte oggetto delle censure di legittimità costituzionale, oppure che la modifichi in aspetti marginali o in misura non significativa, sì che permangono le valutazioni del giudice rimettente in termini di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione» (sentenza n. 125 del 2018);</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che laddove invece «la nuova disposizione abbia un impatto maggiore in termini di incidenza sulla portata normativa della disposizione censurata, sì da integrarla, modificarla o finanche abrogarla, in tutto o in parte, si impone la restituzione degli atti al giudice rimettente perché rivaluti i presupposti dell’incidente di costituzionalità» (ancora, sentenza n. 125 del 2018);</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, nella specie, l’evoluzione del quadro normativo prodottasi per effetto della legge di conversione lascia invero immutata la rilevanza della questione, stante il perdurante obbligo per il giudice a quo di perfezionare il procedimento di “rivalutazione” del provvedimento di concessione della detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19 adottato in data successiva al 23 febbraio 2020;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, tuttavia, le modifiche alla disposizione censurata introdotte dalla legge n. 70 del 2020 mirano a una più intensa tutela del diritto di difesa del condannato, cui è ora garantita una piena partecipazione al procedimento avanti il tribunale di sorveglianza nel termine perentorio di trenta giorni decorrenti dal provvedimento di revoca;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che tali modifiche appaiono dunque orientate «nella stessa direzione dell’ordinanza di rimessione» (sentenza n. 125 del 2018), con un effetto che potrebbe essere ritenuto suscettibile di ridimensionare, o al limite di emendare, i vizi denunciati dal rimettente;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che non può che spettare al giudice rimettente la responsabilità di valutare in concreto l’incidenza di tali modifiche in riferimento alla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate (ex plurimis, ordinanze n. 182 del 2019 e n. 154 del 2018);</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, pertanto, deve essere disposta la restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame della non manifesta infondatezza delle questioni, alla luce del mutato quadro normativo determinatosi per effetto dello ius superveniens di cui alla legge n. 70 del 2020.</em></p>