<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, II Sezione Civile, ordinanza 28 agosto 2020, n. 18031</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>PRINCIPIO DI DIRITTO</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>La clausola contrattuale con cui la P.A. subordina il compenso del professionista all’erogazione di un finanziamento per la realizzazione di opere pubbliche, nei cui confronti il professionista stesso abbia prestato la propria opera, ha natura di condizione bilaterale mista.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Pertanto, l’eventuale comportamento omissivo della P.A., teso ad impedire l’avveramento della condizione ridetta, comporta le conseguenze previste dal contratto, giusta l’inapplicabilità dell’art. 1359 c.c. all’ipotesi in cui il professionista, tenuto condizionatamente ad una determinata prestazione, abbia comunque interesse all’avveramento della condizione.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)</em></strong></p> <p style="text-align: justify;">Il Giudice di legittimità approda al suesposto principio di diritto, prendendo le mosse dal proprio recente orientamento (Cass.civ., n. 22046/2019) in materia di compravendita subordinata alla concessione di un mutuo al promissario acquirente, a mente del quale <em>ove le parti subordinino gli effetti di un contratto alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per potere pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito, tale condizione è qualificabile come “mista”, dipendendo la concessione del mutuo anche dal comportamento del promissario acquirente nell’approntare la pratica. Tuttavia, la mancata erogazione del prestito comporta le conseguenze previste in contratto, senza che rilevi, ai sensi dell'art. 1359 c.c., un eventuale comportamento omissivo del promissario acquirente, sia perché questa disposizione è inapplicabile qualora la parte tenuta condizionatamente ad una data prestazione abbia interesse all’avveramento della condizione (cd. condizione bilaterale), sia perché l’omissione di un'attività in tanto può ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilità, in quanto essa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto </em> obbligo deve escludersi per l'attività di attuazione <em>dell’elemento potestativo in una condizione mista</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Sul punto, la Suprema Corte richiama la propria giurisprudenza (cfr. Cass.civ., n. 16620/2013; id., n. 18512/2017) secondo cui la condizione può ritenersi apposta nell’esclusivo interesse di uno solo dei contraenti, esclusivamente <em>in presenza di una clausola espressa in tal senso o di elementi che inducano a ritenere che l’altra parte non abbia alcun interesse al suo verificarsi</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Ne discende che l’art. 1359 c.c., <em>secondo cui la condizione del contratto si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, non è applicabile nel caso in cui la parte, tenuta condizionatamente ad una determinata prestazione, abbia anch’essa interesse al verificarsi della condizione.</em></p> <p style="text-align: justify;">Peraltro, il Giudice di legittimità ritiene che, nel caso di specie, la condotta che si addebita all’Amministrazione <em>non è di tipo omissivo, e cioè rappresentata da eventuali condotte in mala fede poste in essere per impedire il conseguimento dei finanziamenti, ma è costituita nella rinuncia ad un finanziamento già concesso, condotta che interverrebbe allorquando la condizione cui le parti avevano subordinato il diritto al compenso si era ormai avverata. D'altronde se occorre procedere alla valutazione dell'interesse all'avveramento della condizione in base alla situazione nella quale versavano i contraenti al momento della stipula del contratto, la possibilità che </em>la P.A.<em> dovesse partecipare finanziariamente alla realizzazione dell'opera era una circostanza verosimilmente già presente a tale epoca della conclusione del contratto, non potendosi dare rilevanza ad una sopravvenuta valutazione circa la proporzione tra finanziamenti attesi ed oneri incombenti in proprio</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>sull'ente committente.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em>Alla luce di quanto finora esposto, la Suprema Corte ritiene che, indipendentemente dalla finzione di avveramento della condizione per cui è causa, <em>poiché i finanziamenti erano stati erano stati erogati e poi rinunciati, l'evento condizionante risulterebbe essersi avverato e quindi la condotta </em>della P.A.<em> implicherebbe una rinuncia alla condizione che è possibile solo in caso di condizione unilaterale (Cass. n. 17059/2011; Cass. n. 11001/1993)</em>. Detta facoltà <em>sembrerebbe essere esclusa ove alla clausola si annetta carattere bilaterale</em>, tuttavia non ravvisabile nella fattispecie in esame.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><em>Christian Curzola</em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p>