<p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 28 settembre 2020 n. 20442</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>1.1. Il primo motivo di ricorso è fondato.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>1.2. Come pure evidenziato dal P.G. nella sua requisitoria scritta, dalla metà del primo decennio di questo secolo si è formato, nella giurisprudenza di legittimità, un orientamento secondo cui deve ritenersi non più assoluta - come in precedenza - la portata del principio dell’immunità degli Stati nazionali dalla giurisdizione civile straniera per gli atti compiuti iure imperii, in ragione del principio fondamentale del rispetto dei diritti inviolabili della persona umana. Questo indirizzo ha preso le mosse dalla emersione di numerosi casi di domande risarcitorie proposte nei confronti della Repubblica Federale di Germania, in relazione a fatti commessi dal regime nazista durante la seconda guerra mondiale, per ottenere il ristoro dei danni non patrimoniali subiti dagli attori - e per successione dai loro eredi - in conseguenza della deportazione e della sottoposizione a lavoro forzato nei campi di prigionia.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Le Sezioni Unite - a partire dal noto "caso Ferrini" - hanno così riconosciuto la giurisdizione italiana in relazione alla domanda risarcitoria promossa dal cittadino italiano nei confronti della Repubblica Federale di Germania Tedesca per essere stato catturato a seguito dell’occupazione nazista. Con la sentenza 11/03/2004, n. 5044/2004, le Sezioni Unite di questa Corte, proprio in relazione al predetto caso, hanno affermato che: "Il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana ha assunto il valore di principio fondamentale dell’ordinamento internazionale, riducendo la portata e l’ambito di altri principi ai quali tale ordinamento si è tradizionalmente ispirato, quale quello sulla "sovrana uguaglianza" degli Stati, cui si collega il riconoscimento della immunità statale dalla giurisdizione civile straniera.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ne consegue che la norma consuetudinaria di diritto internazionale generalmente riconosciuta che impone agli Stati l’obbligo di astenersi dall’esercitare il potere giurisdizionale nei confronti degli Stati stranieri, non ha carattere assoluto, nel senso che essa non accorda allo Stato straniero un’immunità totale dalla giurisdizione civile dello Stato territoriale, tale immunità non potendo essere invocata in presenza di comportamenti dello Stato straniero di tale gravità da configurare, in forza di norme consuetudinarie di diritto internazionale, crimini internazionali, in quanto lesivi, appunto, di quei valori universali di rispetto della dignità umana che trascendono gli interessi delle singole comunità statali.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Sussiste pertanto la giurisdizione italiana in relazione alla domanda risarcitoria promossa, nei confronti della Repubblica federale di Germania, dal cittadino italiano che lamenti di essere stato catturato a seguito dell’occupazione nazista in Italia durante la seconda guerra mondiale e deportato in Germania per essere utilizzato quale mano d’opera non volontaria al servizio di imprese tedesche, atteso che sia la deportazione che l’assoggettamento ai lavori forzati devono essere annoverati tra i crimini di guerra e, quindi, tra i crimini di diritto internazionale, essendosi formata al riguardo una norma di diritto consuetudinario di portata generale per tutti i componenti della comunità internazionale".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Tale orientamento è stato poi successivamente ribadito da questa Corte (v. Cass., sez. un., ord., 29/05/2008, nn. 14201 e 14202, quest’ultima ha statuito proprio sulla giurisdizione italiana a favore dell’odierno ricorrente, nonché Cass., sez. I, 20/05/2011, n. 11163). Nello stesso senso si è espressa la Prima Sezione penale di questa con la sentenza n. 1072 del 21/10/2008 (dep. 13/01/2009).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Secondo il ricordato indirizzo va riconosciuta la categoria dei delicta imperii quale area insuscettibile di poter fruire della prerogativa consuetudinaria della piena immunità statale. 1.3. In tale contesto si è registrata la sentenza Germania c. Italia del 3 febbraio 2012 della Corte Internazionale di Giustizia, con cui è stato accolto il ricorso proposto dalla Germania contro l’Italia per avere quest’ultima mancato di riconoscere la piena immunità spettante in base al diritto internazionale, e in base alla quale sia i giudici di primo grado che, successivamente, la Corte d’appello, hanno fondato il proprio convincimento.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Con la menzionata sentenza, la CIG, interpretando le norme di diritto internazionale, ha negato la giurisdizione dello Stato italiano sulle azioni risarcitorie per danni da crimini di guerra commessi iure imperii dal Terzo Reich.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In ottemperanza a tale decisione, mediante il recepimento ai sensi dell’art. 10 Cost., comma 1, il legislatore italiano ha promulgato la L. n. 5 del 2013.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In particolare, l’art. 3 della citata legge prevedeva che il giudice nazionale dovesse adeguarsi alla pronuncia della CIG e dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in qualunque stato e grado del processo.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Queste Sezioni Unite hanno pertanto mutato il proprio orientamento, riconoscendo nuovamente l’applicabilità del principio dell’immunità. In tal senso le stesse si sono espresse con l’ordinanza n. 4284 del 21/02/2013, secondo cui "Non sussiste la giurisdizione italiana in relazione alla domanda risarcitoria promossa nei confronti della Repubblica federale di Germania con riguardo ad attività iure imperii lesive dei valori fondamentali della persona o integranti crimini contro l’umanità, commesse dal Reich tedesco fra il 1943 ed il 1945, dovendosi escludere che il principio dello ius cogens deroghi al principio dell’immunità giurisdizionale degli Stati".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nello stesso senso queste Sezioni Unite si sono espresse con la sentenza n. 1136 del 21/01/2014, secondo cui "In tema di azione risarcitoria promossa, nei confronti della Repubblica Federale di Germania, dal cittadino italiano che lamenti di essere stato catturato a seguito dell’occupazione nazista in Italla durante la seconda guerra mondiale e deportato in Germania, la L. 14 gennaio 2013, n. 5, art. 3, comma 1, emanata per determinare le modalità di attuazione della sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja del 2 febbraio 2012 che ha escluso la sussistenza della giurisdizione civile rispetto agli atti compiuti iure imperii da uno Stato, nel prevedere la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice italiano, in qualunque stato e grado del processo (e pur dopo una precedente statuizione della cassazione, con rinvio al giudice di merito), costituisce norma di adeguamento dell’ordinamento interno a quello internazionale, in attuazione dell’art. 11 Cost., secondo periodo".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Analogamente si è espressa la Prima Sezione penale di questa Corte con la sentenza n. 32139 del 30/05/2012 (dep. 09/08/2012), secondo cui "Non sussiste la giurisdizione italiana in relazione alla domanda risarcitoria promossa in sede penale nei confronti della Repubblica federale di Germania con riguardo ad attività iure imperii, ritenute lesive dei valori fondamentali della persona o integranti crimini contro l’umanità, commesse dal Reich tedesco fra il 1943 ed il 1945".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>1.4. L’orientamento appena ricordato, fondato sulla pronuncia della CIG e sulla L. n. 5 del 2013, non è stato e non è più sostenibile, a partire dalla successiva sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2014.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Con tale pronuncia, resa proprio in relazione ai dubbi di costituzionalità sollevati dal Tribunale di Firenze - cui si fa riferimento anche nella sentenza impugnata in questa sede -, la Consulta ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 2 e 24 Cost., della norma in questione, nonché della L. 17 agosto 1957, n. 848, art. 1, limitatamente all’esecuzione data all’art. 94 della Carta delle Nazioni Unite, nella parte in cui prevede l’obbligo per il giudice italiano di adeguarsi alla pronuncia della CIG del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione civile - ha osservato i Giudice delle leggi - esprime una consuetudine di diritto internazionale che ha ingresso nell’ordinamento interno attraverso l’art. 10 Cost.; ma la stessa Costituzione impone di verificare se attraverso tale meccanismo di adattamento automatico risultino avere ingresso norme, quale appunto quella formata dall’interpretazione datane dalla CIG, che entrino in conflitto con i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale, tra cui il diritto al giudice (art. 24 Cost.) e, assieme, la garanzia del rispetto dei diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost.).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Per questo, nei rapporti con gli Stati stranieri, il diritto alla tutela giudiziale può essere limitato fino al punto in cui vi sia un interesse pubblico riconoscibile come preminente, ciò che non potrebbe mai dirsi in presenza di atti che non esprimono la funzione sovrana dello Stato straniero, bensì integrano crimini contro l’umanità, come la deportazione, i lavori forzati, gli eccidi. Il carattere palesemente criminale di tali fatti impedisce che a essi possa giovare lo scudo protettivo dell’immunità, operando i predetti contro-limiti.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Pertanto, con la pronuncia interpretativa di rigetto sopra richiamata, la Corte Costituzionale ha affermato che, per la parte che concerne i delicta imperli, quella norma di diritto internazionale non è entrata nell’ordinamento, non operando il rinvio ex art. 10 Cost..</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Con la medesima sentenza n. 238, conseguentemente, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità della legge di adattamento speciale (L. n. 5 del 2013, art. 3) e della legge di esecuzione dello Statuto dell’ONU (L. n. 848 del 1957, art. 1), per la parte in cui tali disposizioni imponevano, con vincolo di adeguamento alla pronuncia della Corte internazionale dell’Aja, di declinare la giurisdizione nazionale in presenza di atti di uno Stato straniero costitutivi di crimini di guerra o contro l’umanità, lesivi dei diritti inviolabili della persona.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>1.5. Stante la dichiarazione cumulativa (ribadita poi con l’ordinanza n. 30/2015), di rigetto con interpretazione (vincolante per il giudice nel senso di impedire la reiterazione dell’interpretazione anticostituzionale, v. al riguardo Cass., sez. un., 16/12/2013, n. 27986) e di illegittimità costituzionale delle norme interne di adeguamento, la giurisprudenza di legittimità successiva alla pronuncia della Consulta è tornata a seguire l’orientamento precedente, riconoscendo la prevalenza del principio e meta-valore del rispetto dei diritti inviolabili a fronte di delicta imperii, cioè di atti compiuti in violazione di norme internazionali di ius cogens tali da determinare la rottura di un potere sovrano riconoscibile come tale; con conseguente recessione del principio dell’immunità statale, che non costituisce un diritto quanto piuttosto una "prerogativa" dello Stato nazionale, cosicché il principio del rispetto della "sovrana uguaglianza" degli Stati deve restare privo di effetti nell’ipotesi di crimini contro l’umanità, cioè compiuti in violazione di norme internazionali di ius cogens, in quanto tali lesivi di valori universali che trascendono gli interessi delle singole comunità statali e la cui vera sostanza consiste in un abuso della sovranità statuale: così Cass., sez. un., 28/10/2015, n. 21946; Cass., sez. un., 29/07/2016, n. 15812; Cass., sez. un., 13/01/2017, n. 762; v. anche Cass., I sez. pen. 14/09/2015, n. 43696).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>1.6. Va osservato che di tale ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità e dell’intervenuta sentenza della Corte costituzionale non ha tenuto assolutamente conto la Corte d’appello di Firenze, la quale, invece, ha motivato la propria decisione sulla base di un indirizzo ormai superato e con mera espressione di dissenso rispetto alle argomentazioni poste a sostegno delle questioni di costituzionalità sollevate dal Tribunale di Firenze, che hanno invece trovato accoglimento in una decisione di ben quattro anni precedente la sentenza impugnata in questa sede.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>1.7. Alla luce delle considerazioni che precedono, il motivo all’esame deve essere accolto, con conseguente affermazione della giurisdizione del giudice italiano in relazione alla domanda risarcitoria proposta dal ricorrente.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="2"> <li><em> Dall’accoglimento del primo motivo di ricorso, resta assorbito lo scrutinio del secondo motivo, rubricato "B - ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2) e 3), per violazione dell’art. 10 Cost., in combinato disposto con art. 17 dell’Accordo di Londra sui debiti del Deutsches Reich del 27.feb.1953", con il quale il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata debba essere riformata ai sensi dell’art. 10 Cost., avendo la convenuta rinunciato convenzionalmente alla sua immunità, con rinuncia accettata dal diritto internazionale generalmente riconosciuto.</em></li> <li><em> Parimenti deve ritenersi assorbito l’esame del terzo motivo, rubricato "C - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 41 c.p.c. e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 59, nonché dell’art. 2909 c.c.", con il quale il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver la Corte di merito ritenuto passata in giudicato e vincolante tra le parti la statuizione sulla giurisdizione di cui all’ordinanza di queste Sezioni Unite 29/05/2008, n. 14202, che aveva già affermato la giurisdizione del giudice adito tra le parti in causa.</em></li> <li><em> Conclusivamente, va accolto il primo motivo, assorbiti il secondo e il terzo; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Firenze, in diversa composizione, in applicazione dell’art. 383 c.p.c., comma 3 (Cass., sez. un., 1/03/1979, n. 1316; Cass., sez. un., 28/07/2016, n. 15812).</em></li> <li><em> Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p>