<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza 14 ottobre 2020 n. 22993</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li style="font-weight: 400;"><em> Va osservato, in via pregiudiziale, che il conflitto reale negativo di giurisdizione – la cui risoluzione è demandata alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 362, secondo comma, n. 1 cod. proc. civ. – è da ritenersi ammissibile nel caso di specie, avendo il Tribunale di Napoli declinato la propria giurisdizione con sentenza definitiva n. 2577/2015, ed avendo il TAR Campania sollevato d’ufficio con ordinanza, come espressamente prevede l’art. 59, terzo comma, della legge n. 69 del 2009, il conflitto negativo di giurisdizione, essendosi ritenuto, a sua volta, sfornito di giurisdizione in materia.</em></li> <li style="font-weight: 400;"><em> Nel merito, va rilevato che – come dichiarato dagli stessi attori – la doglianza proposta dei medesimi in giudizio si era incentrata sulla considerazione che «anche la residua porzione del fondo di mq. 21974 (non oggetto dell’espropriazione) è stata di fatto occupata (rectius, sottratta alla disponibilità dei proprietari) a seguito dell’apposizione di un cancello di ingresso a valle del fondo, che ha impedito l’accesso alla proprietà, e non ha consentito l’uso ed il godimento della detta maggiore superficie» (comparsa di costituzione, pp. 1 e s.).</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nello stesso senso si è espressa l’ordinanza del TAR Campania, laddove ha affermato che ci si troverebbe in presenza di un comportamento materiale, che ha impedito – in via di fatto – l’accesso alla restante proprietà non oggetto di ablazione, «in particolare attraverso l’apposizione, in occasione della realizzazione della vasca di sedimentazione, di un cancello metallico all’ingresso di tutta la proprietà attorea, per di più, ad iniziativa dell’impresa esecutrice dei lavori e non dell’autorità espropriante».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Del resto è certamente significativo – per la determinazione della materia del contendere ai fini dell’accertamento della giurisdizione -il fatto che alla decisione negativa del TAR, in punto giurisdizione, abbiano aderito anche gli stessi attori, sul presupposto condiviso che l’illecita occupazione, mediante apposizione di un cancello, di una parte del fondo di loro proprietà non interessato dalla procedura espropriativa, configuri l’ipotesi di un comportamento materiale posto in essere in carenza di potere, con conseguente giurisdizione in materia del giudice ordinario.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="3"> <li style="font-weight: 400;"><em> Tanto premesso, va osservato che, secondo il costante insegnamento di questa Corte, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non tanto la prospettazione compiuta dalle parti, quanto<strong>il «</strong></em><strong>petitum sostanziale<em>»,</em></strong><em>che va identificato soprattutto in funzione <strong>della «</strong></em><strong>causa petendi<em>»,</em></strong><em> ossia dell’intrinseca natura giuridica della posizione dedotta in giudizio (cfr., </em>ex plurimis<em>, Cass. Sez. U., 25/06/2010, n. 15323; Cass. Sez. U., 11/10/2011 , n. 20902; Cass. Sez. U., 15/09/2017, n. 21522; Cass. Sez. U., 26/10/2017 , n. 25456; Cass. Sez. U., 31/07/2018 , n. 20350; Cass. Sez. U. 19/11/2019, n. 30009).</em></li> <li style="font-weight: 400;"><em> Nel caso concreto, la </em>causa petendi<em>si incentra<strong>sul cd. «sconfinamento»,</strong> ossia sull’occupazione, in via di mero fatto, mediante apposizione di un cancello, di un’area non ricompresa in quella interessata dall’occupazione temporanea di urgenza preordinata all’espropriazione.</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.1. Orbene, secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, nel contesto ermeneutico delle sentenze della Corte costituzionale (n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006), dichiarative dell’illegittimità costituzionale di nuove ipotesi legislative di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistico-edilizia ed espropriativa, se estese a comportamenti non riconducibili nemmeno mediatamente all’esercizio di un pubblico potere, devono ascriversi alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie in tema di riduzione in pristino e risarcimento del danno da comportamenti, causativi di danno ingiusto, perpetrati in carenza assoluta di potere.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il che si verifica anche nella specifica ipotesi dell’occupazione di mero fatto del suolo privato e conseguente irreversibile trasformazione, in assenza di dichiarazione di pubblica utilità (c.d. occupazione usurpativa), che, pur emessa, sia riferibile ad aree diverse da quelle di fatto trasformate, configurandosi in tale ipotesi un illecito a carattere permanente, lesivo di diritto soggettivo (Cass. Sez. U., 20/12/2006, n. 27192).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La fattispecie, qualificabile come «occupazione usurpativa», ovvero come manipolazione del fondo di proprietà privata in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, è costituita, invero, da un comportamento di fatto dell’amministrazione, in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, che è ravvisabile anche per i terreni nei quali si sia verificato uno «sconfinamento», nel corso dell’esecuzione dell’opera pubblica, da aree legittimamente occupate. Tale forma di occupazione costituisce un illecito permanente in alcun modo ricollegabile all’esercizio di poteri amministrativi, onde l’azione risarcitoria del danno che ne è conseguito rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass. Sez. U., 19/02/2007, n. 3723; Cass. Sez. U., 07/12/2016, n. 25044).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.2. Da quanto suesposto deriva, pertanto, che, in tema di conflitto di giurisdizione avente ad oggetto – come nel caso di specie – una controversia relativa ad un’ipotesi di cd. «sconfinamento», ossia del caso in cui la realizzazione dell’opera pubblica abbia interessato un terreno diverso o più esteso rispetto a quello considerato dai provvedimenti amministrativi di occupazione e di espropriazione, oltre che dalla dichiarazione di pubblica utilità, l’occupazione e la trasformazione del terreno da parte della P.A. costituisce un comportamento di mero fatto, perpetrato <strong>in carenza assoluta di potere</strong>, che integra <strong>un illecito a carattere permanente</strong>, lesivo del diritto soggettivo (cd. occupazione usurpativa). Ne consegue che l’azione di risarcimento del danno che ne è derivato rientra nella giurisdizione <strong>del giudice ordinario</strong> (Cass. Sez. U., 08/07/2019, n. 18272).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.3. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, deve affermarsi, in ordine alla pretesa risarcitoria proposta in giudizio dagli attori Russolillo e Simeoli, la giurisdizione del giudice ordinario. La causa va, di conseguenza rinviata al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.</em></p>