<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 12 novembre 2020 n. 236</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong> </strong><strong><em>Va dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Veneto 8 agosto 2019, n. 34 (Norme per il riconoscimento ed il sostegno della funzione sociale del controllo di vicinato nell’ambito di un sistema di cooperazione interistituzionale integrata per la promozione della sicurezza e della legalità).</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Veneto 8 agosto 2019, n. 34 (Norme per il riconoscimento ed il sostegno della funzione sociale del controllo di vicinato nell’ambito di un sistema di cooperazione interistituzionale integrata per la promozione della sicurezza e della legalità), assumendone il contrasto complessivamente con gli artt. 117, secondo comma, lettere g) e h), e 118, terzo comma, della Costituzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.1.– In via principale, la legge è impugnata nella sua interezza, in quanto contraria, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri:</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>– all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., che preclude in radice al legislatore regionale la disciplina dell’ordine pubblico e della sicurezza;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>– all’art. 118, terzo comma, Cost., che riserva il coordinamento in detta materia al legislatore statale e, conseguentemente, preclude al legislatore regionale l’introduzione di regole di coordinamento interistituzionale;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>– all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che riserva al legislatore statale l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici e, conseguentemente, preclude al legislatore regionale di disporre delle competenze e delle attribuzioni di organi ed uffici pubblici statali.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.2.– In via subordinata, sono impugnate le seguenti singole disposizioni della medesima legge regionale:</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>– gli artt. 1, 2, commi 2, 3 e 4, e 4, comma 1, lettera a), con riferimento a tutti e tre i parametri costituzionali menzionati;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>– gli artt. 3, comma 2, lettera b), e 5, con riferimento al solo art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.– La Regione ha eccepito l’inammissibilità delle censure riferite all’intera legge impugnata, in quanto meramente assertive e generiche.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione è infondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La legge regionale n. 34 del 2019 detta un’articolata disciplina relativa al controllo di vicinato, definito all’art. 2, comma 2, e al quale si riferiscono tutte le altre disposizioni, con la sola eccezione dell’art. 1, che enuncia generici obiettivi di promozione della civile e ordinata convivenza nelle città e nel territorio, da attuarsi mediante la collaborazione tra istituzioni e società civile nonché attraverso la partecipazione di quest’ultima alle politiche pubbliche. Tali obiettivi sono poi declinati dalla parte restante della legge con riferimento esclusivo – appunto – al controllo di vicinato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La legge regionale ha, dunque, un contenuto fortemente omogeneo, che ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri impinge nella sua globalità in competenze esclusive dello Stato, la cui allegata invasione è oggetto di puntuale analisi da parte dell’Avvocatura generale dello Stato: dal che l’ammissibilità dell’impugnativa dell’intera legge (si vedano, analogamente, le sentenze n. 143 e n. 128 del 2020 e n. 194 del 2019).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.– Nel merito, il ricorso è fondato rispetto all’intera legge, con riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera h), e 118, terzo comma, Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.1.– L’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. sancisce l’esclusiva competenza statale in materia di ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; mentre l’art. 118, terzo comma, Cost. riserva alla legge statale la disciplina delle forme di coordinamento fra Stato e Regioni in questa materia.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il thema decidendum consiste dunque nel determinare se, come ritiene la difesa statale, la legge regionale impugnata incida effettivamente sulla materia dell’ordine pubblico e della sicurezza; e se, in caso affermativo, essa sia riconducibile a forme di coordinamento fra Stato e Regioni in materia di ordine pubblico e sicurezza già contemplate da una disciplina statale adottata ai sensi dell’art. 118, terzo comma, Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.2.– La recente sentenza n. 285 del 2019 ha ricapitolato la giurisprudenza di questa Corte relativa alla nozione di ordine pubblico e sicurezza, approdando a esiti che meritano in questa sede di essere integralmente confermati.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’endiadi contenuta nella lettera h) dell’art. 117, secondo comma, Cost. allude al complesso di «funzioni primariamente dirette a tutelare beni fondamentali, quali l’integrità fisica o psichica delle persone, la sicurezza dei possessi ed ogni altro bene che assume primaria importanza per l’esistenza stessa dell’ordinamento» (sentenza n. 290 del 2001). Tali funzioni, ha osservato questa Corte nella sentenza n. 285 del 2019, costituiscono una «materia in senso proprio, e cioè […] una materia oggettivamente delimitata», rispetto alla quale la prevenzione e repressione dei reati costituisce uno dei nuclei essenziali; materia che, peraltro, «non esclude l’intervento regionale in settori ad essa liminari», dovendosi in proposito distinguere tra un «nucleo duro della sicurezza di esclusiva competenza statale», definibile quale «sicurezza in “senso stretto” (o sicurezza primaria)», e una «sicurezza “in senso lato” (o sicurezza secondaria), capace di ricomprendere un fascio di funzioni intrecciate, corrispondenti a plurime e diversificate competenze di spettanza anche regionale».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Conseguentemente, «[a]lle Regioni è […] consentito realizzare una serie di azioni volte a migliorare le condizioni di vivibilità dei rispettivi territori, nell’ambito di competenze ad esse assegnate in via residuale o concorrente, come, ad esempio, le politiche (e i servizi) sociali, la polizia locale, l’assistenza sanitaria, il governo del territorio» (ancora, sentenza n. 285 del 2019), rientranti per l’appunto nel genus della “sicurezza secondaria”.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In coerente applicazione di questi principi, recenti pronunce di questa Corte hanno ad esempio ritenuto costituzionalmente legittime normative regionali che promuovono «azioni coordinate tra istituzioni, soggetti non profit, associazioni, istituzioni scolastiche e formative per favorire la cooperazione attiva tra la categoria professionale degli interpreti e traduttori e le forze di polizia locale ed altri organismi, allo scopo di intensificare l’attività di prevenzione nei confronti dei soggetti ritenuti vicini al mondo dell’estremismo e della radicalizzazione attribuibili a qualsiasi organizzazione terroristica» (sentenza n. 208 del 2018), che mirano a contrastare il cyberbullismo attraverso programmi di promozione culturale e finanziamenti regionali nell’ambito dell’educazione scolastica (sentenza n. 116 del 2019), o ancora ad istituire osservatori sulla legalità, con compiti consultivi e funzioni di studio, ricerca e diffusione delle conoscenze sul territorio, nonché a promuovere e sostenere la stipula di “protocolli di legalità” tra prefetture e amministrazioni aggiudicatrici per potenziare gli strumenti di prevenzione e contrasto dei fenomeni corruttivi e delle infiltrazioni mafiose (sentenza n. 177 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Sono state invece dichiarate costituzionalmente illegittime normative regionali suscettibili di produrre interferenze, anche solo potenziali, nell’azione di prevenzione e repressione dei reati in senso stretto, considerata attinente al nucleo della “sicurezza primaria” di esclusiva competenza statale (si vedano, ad esempio, la già citata sentenza n. 177 del 2020, che ha annullato una disposizione regionale istitutiva di una banca dati dei beni confiscati alla criminalità organizzata esistenti sul territorio regionale, in ragione della sua interferenza con i compiti della Banca dati nazionale unica per la documentazione antimafia; la sentenza n. 35 del 2012, relativa a una normativa regionale in materia di tracciabilità dei flussi finanziari per prevenire infiltrazioni criminali; la sentenza n. 325 del 2011, relativa a una legge regionale che istituiva un’agenzia avente compiti sostanzialmente sovrapponibili a quelli dell’Agenzia statale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Deve essere infine segnalato che lo stesso legislatore statale – con il decreto-legge 20 febbraio 2017 n. 14 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città), convertito, con modificazioni, nella legge 18 aprile 2017, n. 48 – ha dettato, in attuazione dell’art. 118, terzo comma, Cost., un’articolata disciplina volta a coordinare l’intervento dello Stato e delle Autonomie territoriali nella materia della “sicurezza integrata”, da intendersi come «l’insieme degli interventi assicurati dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali, nonché da altri soggetti istituzionali, al fine di concorrere, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e all’attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali» (art. 1, comma 2, d.l. n. 14 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>«Nel disegno del legislatore statale» – come rileva ancora la più volte menzionata sentenza n. 285 del 2019 – «l’intervento regionale dovrebbe assicurare le precondizioni per un più efficace esercizio delle classiche funzioni di ordine pubblico, per migliorare il contesto sociale e territoriale di riferimento, postulando l’intervento dello Stato in relazione a situazioni non altrimenti correggibili se non tramite l’esercizio dei tradizionali poteri coercitivi».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.3.– La legge regionale in questa sede impugnata mira essenzialmente a promuovere la «funzione sociale del controllo di vicinato come strumento di prevenzione finalizzato al miglioramento della qualità di vita dei cittadini» (art. 2, comma 1), favorendo altresì la stipula di accordi o protocolli di intesa in materia tra gli uffici territoriali di governo e le amministrazioni locali (art. 2, comma 4), sostenendone in vario modo l’attività (artt. 3 e 4), e istituendo una banca dati per il monitoraggio dei relativi risultati (art. 5).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tutto questo complesso di interventi ruota attorno alla nozione di «controllo di vicinato», definita dall’art. 2, comma 2, come «quella forma di cittadinanza attiva che favorisce lo sviluppo di una cultura di partecipazione al tema della sicurezza urbana ed integrata per il miglioramento della qualità della vita e dei livelli di coesione sociale e territoriale delle comunità, svolgendo una funzione di osservazione, ascolto e monitoraggio, quale contributo funzionale all’attività istituzionale di prevenzione generale e controllo del territorio. Non costituisce comunque oggetto dell’azione di controllo di vicinato l’assunzione di iniziative di intervento per la repressione di reati o di altre condotte a vario titolo sanzionabili, nonché la definizione di iniziative a qualsivoglia titolo incidenti sulla riservatezza delle persone».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ritiene questa Corte che – nonostante l’esplicita esclusione dai compiti del controllo di vicinato della possibilità di intraprendere iniziative per la «repressione di reati» o comunque incidenti sulla riservatezza delle persone – l’espressa menzione, nella disposizione appena citata, della «attività istituzionale di prevenzione generale e controllo del territorio», lungi dall’alludere a mere «precondizioni per un più efficace esercizio delle classiche funzioni di ordine pubblico» (sentenza n. 285 del 2019) riconducibili alla nozione di “sicurezza secondaria”, non possa che riferirsi alla specifica finalità di “prevenzione dei reati”, da attuarsi mediante il classico strumento del controllo del territorio.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale finalità costituisce il nucleo centrale della funzione di pubblica sicurezza, certamente riconducibile – assieme alla funzione di “repressione dei reati” – al concetto di “sicurezza in senso stretto” o “sicurezza primaria”, di esclusiva competenza statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In secondo luogo, il successivo comma 4 del citato art. 2 impegna la Giunta regionale a promuovere la stipula di accordi o protocolli di intesa tra Uffici territoriali di Governo ed enti locali «in materia di tutela dell’ordine e sicurezza pubblica»: con conseguente, ed esplicitamente rivendicata, interferenza del legislatore regionale in una materia in cui l’intervento regionale è in radice precluso, al di fuori delle ipotesi disciplinate espressamente dal legislatore statale ai sensi dell’art. 118, terzo comma, Cost. (ipotesi che, come subito si dirà, non ricorrono nella specie).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ancora, la previsione all’art. 5 della legge regionale impugnata, di una banca dati regionale finalizzata anche all’analisi della «situazione concernente le potenziali tipologie di reati ed il loro impatto sul sistema territoriale» – banca dati che la stessa difesa regionale afferma dovrebbe essere alimentata, previa intesa con il Ministero dell’interno, con i «dati sull’andamento dell’attività repressiva dei reati» – mira ad affermare un ruolo della Regione nello specifico e ristretto ambito della sicurezza “primaria” riservata allo Stato, costituita dall’attività di prevenzione dei reati in senso stretto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tutto ciò, peraltro, senza che risulti chiaro quali siano i precisi ambiti materiali, distinti appunto dall’ordine pubblico e dalla sicurezza, e in ipotesi riconducibili alla sfera di competenza regionale, interessati dalla disciplina all’esame.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.4.– Né, d’altra parte, le previsioni della legge regionale impugnata appaiono riconducibili a forme di coordinamento fra Stato e Regioni in materia di ordine pubblico e sicurezza già contemplate dalla legge statale ai sensi dell’art. 118, terzo comma, Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il d.l. n. 14 del 2017 ha fissato il quadro generale delle procedure e strumenti pattizi entro il quale lo Stato e le Autonomie territoriali possono collaborare per realizzare interventi congiunti aventi ad oggetto la «sicurezza integrata» – che presuppone essenzialmente il coordinamento e lo scambio di informazioni tra forze di polizia statali e polizia urbana – e la «sicurezza urbana» – definita dalla legge statale come «il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione, anche urbanistica, sociale e culturale, e recupero delle aree o dei siti degradati, l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio, la promozione della cultura del rispetto della legalità e l’affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile […]» (art. 4 d.l. n. 14 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tuttavia, il d.l. n. 14 del 2017 certo non conferisce alle Regioni la possibilità di legiferare con specifico riferimento alla promozione e organizzazione del coinvolgimento di «gruppi di soggetti residenti nello stesso quartiere o in zone contigue o ivi esercenti attività economiche» impegnati in attività di «osservazione, ascolto e monitoraggio» funzionali alla «prevenzione generale» e al «controllo del territorio» (art. 2, commi 2 e 3, della legge regionale impugnata): attività, tutte, inscindibilmente connesse con la funzione di prevenzione dei reati svolta dalle forze di polizia, e assai distanti da quelle espressamente menzionate dal decreto legge, che appaiono invece agevolmente riconducibili alla tutela della “sicurezza secondaria”, nell’accezione sopra precisata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il d.l. n. 14 del 2017 prevede, inoltre, che la collaborazione interistituzionale tra Stato, Regioni ed enti locali da esso disciplinata si svolga mediante precise scansioni procedimentali; scansioni in concreto realizzatesi, dopo l’entrata in vigore del decreto-legge, mediante l’adozione, con l’accordo del 24 gennaio 2018 in sede di Conferenza unificata, delle linee generali delle politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata, in attuazione delle quali è previsto che possano essere stipulati tra singole Regioni (o Province autonome) e lo Stato specifici accordi, i quali a loro volta disciplinano gli interventi di promozione della sicurezza integrata nel territorio di riferimento. Per la sicurezza urbana, d’altro canto, il citato decreto-legge attribuisce alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali il compito di adottare – in coerenza con le menzionate linee generali – delle linee guida (effettivamente approvate il 26 luglio 2018), alla stregua delle quali possono essere sottoscritti patti per l’attuazione della sicurezza urbana tra il prefetto e il sindaco (art. 5 d.l. n. 14 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La legge regionale impugnata disciplina invece direttamente, al di fuori del quadro istituzionale menzionato, forme di collaborazione tra Stato ed enti locali con il sostegno della Regione, in una materia di esclusiva competenza statale, in cui l’intervento del legislatore regionale è ammissibile soltanto nel rispetto delle procedure e dei limiti sostanziali stabiliti dal legislatore statale ai sensi dell’art. 118, terzo comma, Cost. (in senso conforme, sentenza n. 134 del 2004, richiamata poi dalle sentenze n. 322 del 2006 e n. 167 del 2010).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.5.– Da tutto ciò consegue la fondatezza della censura, spiegata in via principale dal ricorrente, di illegittimità costituzionale dell’intera legge regionale impugnata: e ciò sia con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., per avere la stessa invaso una sfera di competenza esclusiva statale; sia con riferimento all’art. 118, terzo comma, Cost., per avere la legge regionale disciplinato forme di coordinamento tra Stato ed enti locali in materia di ordine pubblico e sicurezza, con il sostegno della stessa Regione, al di fuori dei casi previsti dalla legge statale, e con modalità non consentite da quest’ultima.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– Resta assorbita la doglianza formulata dalla difesa statale con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., nonché quella presentata in via subordinata sugli artt. 1, 2, commi 2, 3 e 4, 3, comma 2, lettera b), 4, comma 1, lettera a), e 5 della medesima legge regionale n. 34 del 2019.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.– La presente pronuncia di illegittimità costituzionale riposa esclusivamente sulla ritenuta invasione, da parte della Regione, delle competenze riservate dalla Costituzione al legislatore statale. Resta ferma naturalmente la possibilità, per la legge statale stessa, di disciplinare il controllo di vicinato, eventualmente avvalendosi del contributo delle stesse Regioni, come possibile strumento – funzionale a una piena attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, quarto comma, Cost. (sentenza n. 131 del 2020) – di partecipazione attiva e responsabilizzazione dei cittadini anche rispetto all’obiettivo di una più efficace prevenzione dei reati, attuata attraverso l’organizzazione di attività di ausilio e supporto alle attività istituzionali delle forze di polizia. Strumento, quello menzionato, che ben potrebbe essere ricondotto all’ampia nozione di sicurezza urbana fornita dal d.l. n. 14 del 2017, e che è del resto già oggetto, nel territorio nazionale, di numerosi protocolli di intesa stipulati dagli Uffici territoriali di Governo con i Comuni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong> </strong></p>