<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Tra le prestazioni più rilevanti appannaggio della PA che operi allo scopo di reperire beni e servizi utili per il perseguimento dell’interesse pubblico campeggia senz’altro quella avente ad oggetto l’aggiudicazione della competizione tra imprenditori all’uopo varata, unitamente alla successiva stipula del c.d. contratto “a valle” con chi, di volta in volta, sia risultato aggiudicatario della pertinente competizione; allorché tuttavia la procedura di evidenza pubblica orientata ad individuare il migliore interlocutore privato si palesi (più o meno gravemente) viziata, con conseguente annullamento della intervenuta aggiudicazione, la sorte del ridetto contratto a valle – a lungo discussa (e per decenni a cavallo tra la mera annullabilità e la più radicale nullità) – viene ormai anche normativamente additata come “</em>inefficacia<em>”, operante talvolta </em>ex nunc<em> e talaltra </em>ex tunc<em>, sulla base di una declaratoria affidata all’uopo al GA, su ricorso del concorrente pretermesso che abbia chiesto in giudizio la caducazione dell’aggiudicazione illegittima; una inefficacia possibile, talvolta probabile, ma che non sempre è certa, potendo gli effetti del contratto a valle essere talvolta fatti salvi a cagione di consistenti esigenze di salvaguardia dell’interesse pubblico.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 marzo viene varato il <strong>R.D. n.267</strong>, nuovo codice civile (entrato in vigore il 21 aprile), che per il <strong>negozio giuridico</strong> – ed in particolare per il <strong>contratto</strong> – prevede, laddove <strong>qualche presupposto venga meno</strong> (o sia <strong>riconosciuto inesistente</strong>) <strong><em>ex post</em></strong> l’<strong>annullabilità</strong>, la <strong>nullità</strong>, l’<strong>inefficacia</strong>, la <strong>rescindibilità</strong> e la <strong>risolubilità</strong>. Sul crinale dell’<strong>annullabilità</strong> del contratto, essa viene additata quale <strong>strumento di tutela dell’incapace</strong> (art.<strong>1425</strong>) o di chi abbia stipulato il contratto sulla base di <strong>vizi della propria volontà</strong> (art.<strong>1427</strong>); ai sensi <strong>dell’art.1441, comma 1, l</strong>'<strong><a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1792.html">annullamento</a> del contratto</strong> può essere <strong>domandato solo</strong> dalla <strong>parte nel cui interesse</strong> è stabilito dalla legge. Sul crinale della <strong>nullità</strong> del contratto, esso viene predicato nullo, per via <strong>atipica</strong>, quando <strong>contrario a norme imperative</strong> (art.<strong>1418, comma 1</strong>); il contratto è poi <strong>strutturalmente</strong> (e <strong>tipicamente</strong>) <strong>nullo</strong> quando <strong>privo di uno dei requisiti</strong> indicati dall’<strong>art.1325</strong>, con particolare riguardo al <strong>difetto di volontà</strong> (o di <strong>consenso</strong>) di cui al <strong>n.1</strong> di tale norma (art.1418, comma 2); salvo <strong>diverse disposizioni di legge</strong>, la nullità può <strong>essere fatta valere</strong> da <strong>chiunque vi ha interesse</strong> e può essere <strong>rilevata d'ufficio</strong> dal giudice; si deve poi considerare che – ai sensi <strong>dell’art.1419, comma 2</strong> - la <strong>nullità di singole clausole</strong> non importa la <strong>nullità del contratto</strong>, quando le clausole nulle sono <strong>sostituite di diritto</strong> da <strong><a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1713.html">norme imperative</a></strong>. Altre disposizioni codicistiche prevedono la c.d. <strong>inefficacia</strong> del contratto, come nel caso della <strong>simulazione </strong>(art.<strong>1414, comma 1</strong>), del <strong>contratto stipulato dal <em>falsus procurator</em></strong> (articoli <strong>1398 e 1399</strong>) e del <strong>contratto</strong> fatto oggetto di <strong>azione revocatoria </strong>(art.<strong>2901</strong>). Interessante anche l’<strong>art.23</strong> e<strong> l’art.25 </strong>alla cui stregua, in tema di <strong>associazioni</strong> e <strong>fondazioni</strong>, l'<strong><a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1780.html">annullamento</a> della deliberazione</strong> non pregiudica i <strong>diritti acquistati dai terzi di buona fede</strong> in base ad <strong>atti compiuti in esecuzione</strong> della deliberazione medesima; nonché, in tema di <strong>società</strong>, l’analoga disposizione di cui all’<strong>art.2377, comma 7</strong>, alla cui stregua <strong>l'annullamento della deliberazione</strong> (che ha effetto rispetto a <strong>tutti i soci</strong> ed obbliga gli <strong>amministratori</strong>, il <strong>consiglio di sorveglianza</strong> e il <strong>consiglio di gestione</strong> a prendere i <strong>conseguenti provvedimenti</strong> sotto la <strong>propria responsabilità</strong>) in ogni caso lascia <strong>salvi</strong> i <strong>diritti acquistati in buona fede dai terzi</strong> in base ad <strong>atti compiuti in esecuzione</strong> della deliberazione. Degne di nota, infine, le disposizioni che – con riferimento ai <strong>contratti di durata</strong>, per il caso di <strong>caducazione retroattiva</strong> – tendono a <strong>tutelare i terzi coinvolti di buona fede</strong>, come nel caso dell’art.<strong>1452</strong> in tema di <strong>rescissione</strong>, degli articoli <strong>1458, comma 2</strong>, e <strong>1467</strong> in tema di <strong>risoluzione</strong> e dell’art.<strong>2901</strong> in tema di <strong>revocatoria</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 gennaio entra in vigore la <strong>Costituzione</strong> repubblicana, che prevede all’<strong>art.97 </strong>il principio di <strong>imparzialità</strong>, posto accanto a quello di <strong>buon andamento</strong>, come canone che deve guidare <strong>la legge</strong> laddove essa <strong>organizza</strong> la Pubblica Amministrazione, la quale ultima – nell’<strong>approviggionarsi</strong> di <strong>beni e servizi</strong> – deve <strong>salvaguardare il mercato e la concorrenza</strong>, non potendo <strong>aggiudicare</strong> contratti pubblici non solo a chi <strong>produca offerte comparativamente meno convenienti</strong> per l’Amministrazione, ma anche a chi <strong>si aggiudichi la commessa</strong> con connotati che si collocano <strong>fuori asse</strong> rispetto appunto alle <strong>regole della concorrenza e del mercato</strong>. All’<strong>art.13</strong> è poi prevista una <strong>riserva di giurisdizione</strong> in tema di <strong>applicazione di misure di tipo penale</strong>, che può far pensare ad ipotesi di <strong>riserva di amministrazione</strong> in <strong>altre materie</strong> in cui è prevista <strong>l’irrogazione di sanzioni</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1996</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 marzo esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.2842, che si inserisce in un solco giurisprudenziale collaudato alla cui stregua il <strong>contratto a valle</strong> dell’aggiudicazione caducata <strong>è annullabile</strong> ed è <strong>la sola PA a poter far valere</strong> tale annullabilità, ex <strong>art.1441</strong> c.c.: durante la <strong>procedura di evidenza pubblica</strong> vengono infatti posti in essere degli <strong>atti</strong> che <strong>precedono la stipulazione del contratto a valle</strong> con il soggetto alfine risultato aggiudicatario, ed è <strong>attraverso questi atti della procedura</strong> che affiora <strong>la capacità e la volontà</strong> della PA di <strong>addivenire alla stipula</strong> del successivo contratto ridetto, onde - laddove venga meno l’aggiudicazione perché <strong>illegittima</strong> - è <strong>solo la PA a poter invocare l’annullamento del contratto</strong>, stante il proprio <strong>difetto di capacità o di volontà</strong>, tanto in via di <strong>azione</strong> che di <strong>eccezione</strong>; solo la PA è dunque <strong>legittimata a chiedere l’annullamento</strong> del contratto, dacché esso si assume <strong>inficiato da violazioni delle norme pubblicistiche</strong> che il legislatore ha emanato <strong>nell’interesse</strong> appunto della <strong>sola PA</strong>; trattandosi poi di far valere <strong>incapacità</strong> o <strong>vizi della volontà contrattuale</strong>, la <strong>giurisdizione</strong> sulla domanda di annullamento spiccata dalla PA non può che essere <strong>del GO.</strong></p> <p style="text-align: justify;">*L’8 maggio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.4269, che si inserisce in un solco giurisprudenziale collaudato alla cui stregua il <strong>contratto a valle</strong> dell’aggiudicazione caducata <strong>è annullabile</strong> ed è <strong>la sola PA a poter far valere</strong> tale annullabilità, ex <strong>art.1441</strong> c.c.: durante la <strong>procedura di evidenza pubblica</strong> vengono infatti posti in essere degli <strong>atti</strong> che <strong>precedono la stipulazione del contratto a valle</strong> con il soggetto alfine risultato aggiudicatario, ed è <strong>attraverso questi atti della procedura</strong> che affiora <strong>la capacità e la volontà</strong> della PA di <strong>addivenire alla stipula</strong> del successivo contratto ridetto, onde - laddove venga meno l’aggiudicazione perché <strong>illegittima</strong> - è <strong>solo la PA a poter invocare l’annullamento del contratto</strong>, stante il proprio <strong>difetto di capacità o di volontà</strong>, tanto in via di <strong>azione</strong> che di <strong>eccezione</strong>; solo la PA è dunque <strong>legittimata a chiedere l’annullamento</strong> del contratto, dacché esso si assume <strong>inficiato da violazioni delle norme pubblicistiche</strong> che il legislatore ha emanato <strong>nell’interesse</strong> appunto della <strong>sola PA</strong>; trattandosi poi di far valere <strong>incapacità</strong> o <strong>vizi della volontà contrattuale</strong>, la <strong>giurisdizione</strong> sulla domanda di annullamento spiccata dalla PA non può che essere <strong>del GO.</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2000</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 17 novembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.14901, che si inserisce in un solco giurisprudenziale collaudato alla cui stregua il <strong>contratto a valle</strong> dell’aggiudicazione caducata <strong>è annullabile</strong> ed è <strong>la sola PA a poter far valere</strong> tale annullabilità, ex <strong>art.1441</strong> c.c.: durante la <strong>procedura di evidenza pubblica</strong> vengono infatti posti in essere degli <strong>atti</strong> che <strong>precedono la stipulazione del contratto a valle</strong> con il soggetto alfine risultato aggiudicatario, ed è <strong>attraverso questi atti della procedura</strong> che affiora <strong>la capacità e la volontà</strong> della PA di <strong>addivenire alla stipula</strong> del successivo contratto ridetto, onde - laddove venga meno l’aggiudicazione perché <strong>illegittima</strong> - è <strong>solo la PA a poter invocare l’annullamento del contratto</strong>, stante il proprio <strong>difetto di capacità o di volontà</strong>, tanto in via di <strong>azione</strong> che di <strong>eccezione</strong>; solo la PA è dunque <strong>legittimata a chiedere l’annullamento</strong> del contratto, dacché esso si assume <strong>inficiato da violazioni delle norme pubblicistiche</strong> che il legislatore ha emanato <strong>nell’interesse</strong> appunto della <strong>sola PA</strong>; trattandosi poi di far valere <strong>incapacità</strong> o <strong>vizi della volontà contrattuale</strong>, la <strong>giurisdizione</strong> sulla domanda di annullamento spiccata dalla PA non può che essere <strong>del GO.</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2002</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 01 febbraio esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n.570, che si inserisce in un solco giurisprudenziale collaudato della <strong>cassazione civile</strong> alla cui stregua il <strong>contratto a valle</strong> dell’aggiudicazione caducata <strong>è annullabile</strong> ed è <strong>la sola PA a poter far valere</strong> tale annullabilità, ex <strong>art.1441</strong> c.c.: durante la <strong>procedura di evidenza pubblica</strong> vengono infatti posti in essere degli <strong>atti</strong> che <strong>precedono la stipulazione del contratto a valle</strong> con il soggetto alfine risultato aggiudicatario, ed è <strong>attraverso questi atti della procedura</strong> che affiora <strong>la capacità e la volontà</strong> della PA di <strong>addivenire alla stipula</strong> del successivo contratto ridetto, onde - laddove venga meno l’aggiudicazione perché <strong>illegittima</strong> - è <strong>solo la PA a poter invocare l’annullamento del contratto</strong>, stante il proprio <strong>difetto di capacità o di volontà</strong>, tanto in via di <strong>azione</strong> che di <strong>eccezione</strong>; solo la PA è dunque <strong>legittimata a chiedere l’annullamento</strong> del contratto, dacché esso si assume <strong>inficiato da violazioni delle norme pubblicistiche</strong> che il legislatore ha emanato <strong>nell’interesse</strong> appunto della <strong>sola PA</strong>; trattandosi poi di far valere <strong>incapacità</strong> o <strong>vizi della volontà contrattuale</strong>, la <strong>giurisdizione</strong> sulla domanda di annullamento spiccata dalla PA non può che essere <strong>del GO.</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 maggio esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n.2332, che muove dal presupposto onde i <strong>precetti comunitari</strong> impongono <strong>gare europee</strong> in attuazione di <strong>inderogabili principi del Trattato</strong>, venendo in <strong>particolare considerazione</strong> quelle <strong>norme</strong> <strong>imperative</strong> che - anche alla luce della <strong>primazia del diritto comunitario</strong> ora <strong>costituzionalizzata</strong> nel <strong>nuovo testo dell’articolo 117, comma 1</strong>, della Costituzione - <strong>vietano qualsiasi discriminazione</strong> fondata sulla <strong>nazionalità</strong> (articolo <strong>12, paragrafo 1</strong>, ex articolo 6, paragrafo 1) e promuovono la <strong>libera circolazione delle merci</strong> (<strong>articoli 28</strong> - ex 30 - <strong>e seguenti</strong>), la <strong>libertà di stabilimento</strong> (<strong>articoli 43</strong> - ex 52 - e seguenti) e la <strong>libera prestazione di servizi</strong> (<strong>articoli 49</strong> - ex 59 - e seguenti). Le <strong>norme sull’evidenza pubblica</strong>, interna e comunitaria, plasmano allora un <strong>complesso rapporto amministrativo</strong> in seno al quale la <strong>PA aggiudicatrice</strong> è soggetto in certa misura <strong>passivo</strong>, obbligato all’<strong>osservanza di norme</strong> poste a <strong>tutela di un interesse anche trascendente</strong> quello <strong>specifico del singolo contraente pubblico</strong> in quanto collegato al <strong>valore imperativo della concorrenza</strong> e, quindi, anche <strong>all’interesse particolare</strong> delle <strong>imprese</strong> che risultano <strong>tutelate dalle prescrizioni</strong> intese alla <strong>salvaguardia</strong> ed alla <strong>stimolazione</strong> della <strong>dinamica competitiva</strong>. Non può dunque per il Collegio assumersi <strong>corretto</strong>, nella relativa <strong>perentorietà</strong>, l’assunto secondo il quale il <strong>procedimento amministrativo di evidenza pubblica</strong> andrebbe <strong>qualificato</strong>, sul piano <strong>civilistico</strong>, come <strong>manifestazione complessa</strong> della <strong>volontà negoziale della parte pubblica,</strong> sì da dare luogo ad un <strong>contratto annullabile</strong> su <strong>iniziativa</strong> del <strong>solo contraente pubblico</strong>. Il previo esperimento delle <strong>fasi di evidenza pubblica</strong>, chiosa ancora il Collegio, laddove <strong>mira a tutelare interessi obiettivi dell’ordinamento</strong> anche nella ricordata <strong>prospettiva comunitaria</strong>, assume la fisionomia propria di un <strong>presupposto</strong> o di una <strong>condizione legale di efficacia</strong> del <strong>contratto</strong>, qualificazione <strong>pacificamente riconosciuta</strong> all’<strong>approvazione</strong>. Ne deriva che, così come è pacifico che <strong>l’approvazione del contratto</strong> mira ad operare un <strong>accurato controllo sul procedimento di evidenza pubblica</strong> con l’effetto che il relativo <strong>annullamento</strong> travolge <strong>gli effetti</strong> della stipulazione, non si vede perché lo <strong>stesso effetto condizionante</strong> non debba essere riconosciuto <strong>anche alla fase sostanziale di aggiudicazione</strong>; donde per la Sezione il <strong>corollario</strong> per cui <strong>anche l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> fa <strong>venir meno retroattivamente</strong> detto <strong>presupposto condizionante del contratto</strong> e ne determina, con <strong>effetto caducante</strong>, la <strong>perdita di efficacia</strong>. In altri termini, la <strong>mancanza del procedimento di evidenza pubblica</strong> deve in ultima analisi <strong>essere equiparata</strong> all’ipotesi di <strong>mancanza legale del procedimento</strong>, derivante <strong>dall’annullamento del provvedimento di aggiudicazione;</strong> al pari della <strong>radicale mancanza dell’intera fase di evidenza pubblica</strong>, o di una relativa <strong>parte essenziale</strong> (quale la <strong>procedura di gara</strong>), l’annullamento segna infatti, in via <strong>retroattiva</strong>, la <strong>carenza di uno dei presupposti di efficacia</strong> del contratto, che, pertanto, resta <strong>definitivamente privato</strong> dei relativi <strong>effetti giuridici</strong> senza bisogno di <strong>ulteriori interventi giurisdizionali.</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 maggio esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n.2992, che abbraccia la <strong>nuova tesi</strong> dell’<strong>effetto immediatamente caducante</strong> sul <strong>contratto a valle</strong> riconoscibile in capo all’<strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong> a monte. Il contratto è <strong>automaticamente caducato</strong>, quale <strong>effetto immediato e diretto</strong> dell’<strong>annullamento dell’aggiudicazione illegittima</strong>; il contratto <strong>a valle</strong>, proprio perché <strong>tale</strong>, è legato da un <strong>nesso di presupposizione necessaria</strong> rispetto al <strong>provvedimento di aggiudicazione</strong> e proprio tale rapporto di <strong>stretta consequenzialità</strong> impone di assumere <strong>direttamente ed immediatamente caducato</strong> il <strong>contratto successivo</strong> una volta demolita dal GA la <strong>aggiudicazione preventiva</strong>; poiché aggiudicazione e contratto <strong><em>simul stabunt, simul cadent</em></strong>, una volta <strong>caduta la prima</strong> (l’aggiudicazione), vengono <strong>automaticamente a mancare i presupposti di efficacia del secondo</strong> (il contratto), che viene <strong>privato in via definitiva</strong> dei propri <strong>effetti giuridici</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 ottobre esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n. 6666 alla cui stregua il <strong>contratto a valle</strong> dell’aggiudicazione annullata è <strong>inefficace</strong> e la <strong>legittimazione a far valere</strong> tale inefficacia è <strong>riconoscibile solo</strong> al <strong>privato che ha ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> da parte del <strong>GA</strong>, con contenimento del pregiudizio subito dall’<strong>originario aggiudicatario illegittimo di buona fede.</strong> Durante la <strong>sequenza di gara</strong> si è venuta <strong>formando</strong> la <strong>volontà della PA</strong> che, tuttavia, è poi <strong>sfociata</strong> in un riconoscimento di <strong>illegittimità della procedura</strong> da parte del GA ed in un <strong>conseguente annullamento dell’aggiudicazione</strong>; ciò ha finito col <strong>privare la PA</strong>, con effetti <strong><em>ex tunc</em></strong>, della <strong>legittimazione a contrattare</strong>, fattispecie capace di produrre appunto (non già <strong>la nullità</strong>, quanto piuttosto) <strong>l’inefficacia sopravvenuta</strong> del contratto a valle, “<strong><em>relativa</em></strong>” perché <strong>inopponibile al solo privato</strong> il quale <strong>ha fatto ricorso</strong> ed ha <strong>ottenuto dalla PA l’annullamento dell’aggiudicazione</strong>, annullamento <strong>dal quale</strong> la ridetta inefficacia discende; ciò <strong>in applicazione analogica</strong> degli <strong>articoli 23 e 25</strong> c.c., che – in caso di <strong>annullamento della deliberazione</strong> di una <strong>associazione</strong> o di una <strong>fondazione</strong> – fanno <strong>salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede</strong> in conseguenza degli <strong>atti esecutivi della deliberazione</strong> a contrarre, poi annullata; si tratta di garantire la <strong>certezza dei rapporti giuridici</strong> in cui è coinvolta la <strong>parte pubblica</strong> e, ad un tempo, di <strong>non pregiudicare oltremodo</strong> il <strong>terzo di buona fede</strong> che ha <strong>beneficiato</strong> della <strong>delibera</strong> poi giudicata illegittima; <strong>l’inefficacia sopravvenuta</strong> – che va dichiarata dallo <strong>stesso GA</strong> che ha <strong>caducato</strong> l’aggiudicazione illegittima - <strong>a differenza della nullità</strong> <strong>non estende</strong> dunque i relativi <strong>effetti</strong> alla <strong>prestazioni già eseguite <em>medio tempore</em></strong> da chi, <strong>originario aggiudicatario</strong> illegittimo, ha proceduto alla <strong>stipula del contratto in buona fede</strong> ed alla <strong>erogazione</strong> delle ridette, pertinenti prestazioni; in sostanza, anche questa tesi <strong>predica una retroattività</strong> della <strong>inefficacia</strong> che nondimeno – a differenza della <strong>nullità retroattiva</strong> – estendendosi <strong>fino al momento della domanda giudiziale di inefficacia</strong> <strong>del contratto</strong> da parte di <strong>chi ha ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> (e <strong>non già</strong> fino al momento <strong>della stipula</strong> del contratto medesimo), <strong>non pregiudica</strong> i diritti acquistati <em>medio tempore</em> dal <strong>terzo di buona fede</strong> (segnatamente, <strong>dall’originario aggiudicatario illegittimo</strong>) né <strong>conculca le prestazioni</strong> da lui <strong>già eventualmente eseguite</strong>, secondo una disciplina analoga a quella che il <strong>codice civile</strong> detta, a <strong>tutela dei terzi</strong>, nelle varie fattispecie di <strong>demolizione</strong> che investa <strong>rapporti di durata</strong> che hanno appunto <strong>coinvolto terzi</strong> la cui <strong>buona fede</strong> va tutelata (articoli del c.c. <strong>1452</strong> in tema di <strong>rescissione</strong>, <strong>1458, comma 2</strong> , e <strong>1467</strong> in tema di <strong>risoluzione</strong>; <strong>2901</strong> in tema di <strong>revocatoria</strong>).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2004</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 21 maggio esce l’ordinanza della IV sezione del Consiglio di Stato che <strong>rimette</strong> all’<strong>Adunanza Plenaria</strong> la questione afferente alla <strong>sorte del contratto a valle</strong>. La Sezione rammenta <strong>le critiche</strong> imbastite contro la tesi della <strong>nullità</strong> del ridetto contratto a valle e che fanno perno sulle <strong>peculiari esigenze di certezza e stabilità dei rapporti giuridici</strong> che coinvolgano <strong>la PA</strong> e <strong>gli interessi pubblici</strong> di cui essa è portatrice, assunti decisamente <strong>in frizione</strong> con la <strong>possibilità di far valere</strong> la <strong>nullità</strong> <strong>da chiunque</strong> e <strong>in ogni tempo</strong>, con possibile <strong>rilevabilità d’ufficio</strong> nel processo; peraltro, sul piano <strong>sistematico</strong> la nullità viene in genere additata quale <strong>vizio genetico del contratto</strong>, mentre in questa ipotesi si è <strong>nella sostanza</strong> al cospetto di <strong>una nullità “<em>sopravvenuta</em>”,</strong> che <strong>discende</strong> dalla <strong>retroattività dell’annullamento</strong>, <strong><em>ex post</em></strong>, dell’aggiudicazione illegittima da parte del GA.</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 maggio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.3463 che <strong>si allinea</strong>, in tema di <strong>sorte del contratto</strong> a seguito dell’<strong>annullamento dell’atto di aggiudicazione</strong>, all’insegnamento per cui <strong>in un appalto pubblico</strong> l'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione comporta <strong>la caducazione automatica del contratto stipulato</strong>, "<strong><em>sub specie</em></strong>" di <strong>inefficacia successiva</strong> <strong>dichiarata dal giudice amministrativo</strong>, in quanto il <strong>negozio pienamente efficace</strong> al momento della <strong>nascita</strong>, <strong>diviene inefficace</strong> per il <strong>sopravvenire di una inidoneità funzionale</strong> in cui venga a trovarsi il <strong>programma negoziale</strong> per l'<strong>incidenza esterna di interessi giuridici preminenti</strong>, <strong>incompatibili</strong> con l'<strong>interesse interno negoziale</strong> (<em>ex plurimis</em> Consiglio Stato, sez. V, 28 maggio 2004, n. 3463).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 aprile viene varato il <strong>decreto legislativo n.163</strong>, <strong>codice dei contratti pubblici</strong> relativi a lavori, servizi e forniture, <strong>in attuazione delle Direttive</strong> 2004/17/CE e 2004/18/CE, il cui <strong>articolo 246</strong> significativamente dispone che – <strong>limitatamente</strong> alle controversie riguardanti <strong>infrastrutture</strong> e <strong>insediamenti produttivi</strong> – la <strong>sospensione</strong> o l’<strong>annullamento</strong> dell’affidamento (e dunque <strong>dell’aggiudicazione</strong>) <strong>non</strong> comporta la <strong>caducazione del contratto già stipulato</strong> con l’aggiudicatario e il <strong>risarcimento del danno eventualmente dovuto</strong> al ricorrente avviene <strong>solo per equivalente</strong>. Si tratta di una disposizione che sembra, in <strong>ogni altro caso diverso</strong> da quello prescritto (qualificato come <strong>eccezione alla regola</strong>: infrastrutture e insediamenti produttivi), optare per la tesi della <strong>caducazione automatica</strong> del <strong>contratto a valle</strong> a seguito di <strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong>. La norma sembra produrre <strong>conseguenze importanti</strong> anche sul <strong>crinale processuale</strong>, dacché la giurisdizione <strong>si concentra in capo al GA</strong> il quale, nel momento in cui <strong>annulla l’aggiudicazione</strong>, <strong>dichiara</strong> l’avvenuta <strong>caducazione automatica</strong> del contratto, con <strong>capo di pronuncia</strong> avente appunto <strong>natura dichiarativa</strong>, e non costitutiva.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 6 luglio esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n.4295 che <strong>si allinea</strong>, in tema di <strong>sorte del contratto</strong> a seguito dell’<strong>annullamento dell’atto di aggiudicazione</strong>, all’insegnamento per cui <strong>in un appalto pubblico</strong> l'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione comporta <strong>la caducazione automatica del contratto stipulato</strong>, "<strong><em>sub specie</em></strong>" di <strong>inefficacia successiva</strong> <strong>dichiarata dal giudice amministrativo</strong>, in quanto il <strong>negozio pienamente efficace</strong> al momento della <strong>nascita</strong>, <strong>diviene inefficace</strong> per il <strong>sopravvenire di una inidoneità funzionale</strong> in cui venga a trovarsi il <strong>programma negoziale</strong> per l'<strong>incidenza esterna di interessi giuridici preminenti</strong>, <strong>incompatibili</strong> con l'<strong>interesse interno negoziale</strong> (<em>ex plurimis</em> Consiglio Stato, sez. V, 28 maggio 2004, n. 3463).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2007</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 dicembre viene varata la <strong>Direttiva 2007/66/CE</strong> del <strong>Parlamento europeo</strong> e del <strong>Consiglio</strong> che <strong>modifica</strong> le <strong>direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE</strong> del <strong>Consiglio</strong> per quanto riguarda il <strong>miglioramento dell’efficacia</strong> delle <strong>procedure di ricorso</strong> in materia <strong>d’aggiudicazione degli appalti pubblici</strong>. In particolare, in sede di <strong>sostituzione degli articoli 1 e 2</strong> della <strong>direttiva 89/665/CEE</strong>, viene inserito un <strong>articolo 2 sexies</strong> secondo il cui <strong>comma 1</strong> - se si eccettua la <strong>più grave violazione</strong> corrispondente alla <strong>mancata pubblicazione del bando di gara</strong> - <strong>non ogni violazione</strong> del <strong>diritto europeo</strong> determina la <strong>privazione degli effetti del contratto a valle</strong> (con <strong>effetto retroattivo</strong> o meno, a seconda dei <strong>diversi casi</strong>); in sostanza, la <strong>privazione degli effetti</strong> del <strong>contratto a valle</strong> non può assumersi <strong>automatica</strong> ma, per gli <strong>appalti a rilevanza europea</strong>, occorre una <strong>valutazione all’uopo demandata</strong> ad un <strong>organo di ricorso indipendente dalla PA aggiudicatrice</strong> che, tenuto conto delle <strong>circostanze</strong> e degli <strong>interessi in gioco</strong>, potrebbe anche decidere di <strong>tenere in vita il contratto</strong> medesimo e <strong>i relativi effetti</strong>, fatta salva l’applicazione di <strong>sanzioni alternative</strong>. La norma sembra <strong>confermare</strong> come la <strong>sorte del contratto a valle</strong> debba essere <strong>intesa in termini di inefficacia</strong>, peraltro <strong>neppure sempre automaticamente da riconnettersi</strong> all’annullamento dell’aggiudicazione potendo sussistere <strong>casi in cui gli effetti</strong> del contratto <strong>restano attivi</strong>. La nuova Direttiva impone la previsione di una ipotesi di <strong>giurisdizione esclusiva e di merito</strong> del <strong>GA</strong> in ordine agli <strong>effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione</strong> sul <strong>contratto a valle</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 dicembre esce la sentenza delle <strong>SSUU</strong> della Cassazione n.27169, che - tenuto conto anche delle <strong>importanti affermazioni</strong> contenute nella <strong>sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004</strong> – assume <strong>appannaggio della giurisdizione esclusiva del GA</strong> <strong>solo</strong> il contenzioso afferente alla <strong>fase pubblicistica</strong> dell’<strong>attività negoziale della PA</strong>. Per la Corte, è da assumersi invece <strong>attratta alla giurisdizione del GO</strong> non soltanto la disciplina dei <strong>requisiti</strong> e degli <strong>effetti</strong> del contratto - ai sensi degli <strong>articoli</strong>, rispettivamente, <strong>1325 e seguenti</strong> e <strong>1372 e seguenti</strong> del codice civile - ma <strong>anche l’intera gamma delle patologie e delle inefficacie negoziali</strong>, tanto che <strong>queste ultime</strong> ineriscano alla <strong>struttura del contratto</strong>, quanto che <strong>le siano estranee</strong> o siano comunque <strong>sopravvenute</strong> rispetto al contratto in parola.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2008</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 15 aprile esce la sentenza della I sezione della Cassazione n. 9906 che abbraccia la tesi onde il <strong>contratto a valle</strong> dell’aggiudicazione annullata è da assumersi “<strong><em>relativamente</em></strong>” <strong>inefficace</strong> e la <strong>legittimazione a far valere</strong> tale inefficacia è <strong>riconoscibile solo</strong> al <strong>privato che ha ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> da parte del <strong>GA</strong>, con contenimento del pregiudizio subito dall’<strong>originario aggiudicatario illegittimo di buona fede</strong>. Durante la <strong>sequenza di gara</strong> si è venuta <strong>formando</strong> la <strong>volontà della PA</strong> che, tuttavia, è poi <strong>sfociata</strong> in un riconoscimento di <strong>illegittimità della procedura</strong> da parte del GA ed in un <strong>conseguente annullamento dell’aggiudicazione</strong>; ciò ha finito col <strong>privare la PA</strong>, con effetti <strong><em>ex tunc</em></strong>, della <strong>legittimazione a contrattare</strong>, fattispecie capace di produrre appunto (non già <strong>la nullità</strong>, quanto piuttosto) <strong>l’inefficacia sopravvenuta</strong> del contratto a valle, “<strong><em>relativa</em></strong>” perché <strong>inopponibile al solo privato</strong> il quale <strong>ha fatto ricorso</strong> ed ha <strong>ottenuto dalla PA l’annullamento dell’aggiudicazione</strong>, annullamento <strong>dal quale</strong> la ridetta inefficacia discende; ciò <strong>in applicazione analogica</strong> degli <strong>articoli 23 e 25</strong> c.c., che – in caso di <strong>annullamento della deliberazione</strong> di una <strong>associazione</strong> o di una <strong>fondazione</strong> – fanno <strong>salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede</strong> in conseguenza degli <strong>atti esecutivi della deliberazione</strong> a contrarre, poi annullata; si tratta di garantire la <strong>certezza dei rapporti giuridici</strong> in cui è coinvolta la <strong>parte pubblica</strong> e, ad un tempo, di <strong>non pregiudicare oltremodo</strong> il <strong>terzo di buona fede</strong> che ha <strong>beneficiato</strong> della <strong>delibera</strong> poi giudicata illegittima; <strong>l’inefficacia sopravvenuta</strong> – che va dichiarata dallo <strong>stesso GA</strong> che ha <strong>caducato</strong> l’aggiudicazione illegittima - <strong>a differenza della nullità,</strong> <strong>non estende</strong> dunque i relativi <strong>effetti</strong> alla <strong>prestazioni già eseguite <em>medio tempore</em></strong> da chi, <strong>originario aggiudicatario</strong> illegittimo, ha proceduto alla <strong>stipula del contratto in buona fede</strong> ed alla <strong>erogazione</strong> delle ridette, pertinenti prestazioni; in sostanza, anche questa tesi <strong>predica una retroattività</strong> della <strong>inefficacia</strong> che nondimeno – a differenza della <strong>nullità retroattiva</strong> – estendendosi <strong>fino al momento della domanda giudiziale di inefficacia</strong> <strong>del contratto</strong> da parte di <strong>chi ha ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> (e <strong>non già</strong> fino al momento <strong>della stipula</strong> del contratto medesimo), <strong>non pregiudica</strong> i diritti acquistati <em>medio tempore</em> dal <strong>terzo di buona fede</strong> (segnatamente, <strong>dall’originario aggiudicatario illegittimo</strong>) né <strong>conculca le prestazioni</strong> da lui <strong>già eventualmente eseguite</strong>, secondo una disciplina analoga a quella che il <strong>codice civile</strong> detta, a <strong>tutela dei terzi</strong>, nelle varie fattispecie di <strong>demolizione</strong> che investa <strong>rapporti di durata</strong> che hanno appunto <strong>coinvolto terzi</strong> la cui <strong>buona fede</strong> va tutelata (articoli del c.c. <strong>1452</strong> in tema di <strong>rescissione</strong>, <strong>1458, comma 2</strong> , e <strong>1467</strong> in tema di <strong>risoluzione</strong>; <strong>2901</strong> in tema di <strong>revocatoria</strong>).</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 luglio esce la sentenza dell’<strong>Adunanza Plenaria</strong> del Consiglio di Stato <strong>n.9</strong> che <strong>si uniforma</strong> – in tema di <strong>giurisdizione sul contratto a valle</strong> – a quanto <strong>statuito dalle SSUU</strong> della Cassazione nel <strong>2007</strong>, onde <strong>invalidità ed inefficacia</strong> del <strong>contratto a valle</strong> debbono intendersi <strong>afferire alla giurisdizione del GO</strong>. Poiché però la <strong>sentenza di annullamento dell’aggiudicazione</strong> determina in capo alla <strong>PA soccombente</strong> l’<strong>obbligo di conformarsi</strong> alle pertinenti statuizioni, nell’ambito della <strong>salvezza degli ulteriori provvedimenti ad essa affidati</strong>, essa - in sede di <strong>esecuzione della sentenza</strong> - non potrebbe <strong>non rilevare autonomamente</strong> la <strong>sopravvenuta caducazione del contratto</strong>, siccome <strong>conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione</strong> nella precedente sede della <strong>cognizione</strong>; in difetto di tale <strong>autonomo rilievo da parte della PA in sede esecutiva</strong>, il privato ricorrente può spiccare <strong>giudizio di ottemperanza</strong> ed ottenere dal GA – in sede di <strong>giurisdizione di merito</strong> – un <strong>sindacato pieno</strong> sull’<strong>azione esecutiva</strong> (anche <strong>omissiva</strong>) della PA, ivi compresa la <strong>adozione di tutte le misure necessarie ed opportune</strong> al fine di dare <strong>integrale esecuzione alla sentenza di annullamento dell’aggiudicazione</strong> e consentire una <strong>corretta riedizione del potere della PA aggiudicatrice</strong>, se del caso anche giusta <strong>nomina di un <em>commissario ad acta</em></strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2009</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 giugno viene varata <strong>la legge n.69</strong> che, nel <strong>delegare il Governo</strong> ad emanare norme <strong>anche in tema di processo amministrativo</strong>, all’<strong>art.44, comma 2</strong>, prevede <em>ex plurimis</em> un <strong>riordino della tutela cautelare dinanzi al GA</strong>, se del caso <strong>generalizzando</strong> quella <strong><em>ante causam</em></strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 luglio viene varata la <strong>legge n.88</strong>, recante <strong>disposizioni per l'adempimento di obblighi</strong> derivanti dall'<strong>appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008</strong>, che prevede anche la necessità per il Governo di adeguarsi alla <strong>Direttiva ricorsi 2007/66</strong>, imponendo la previsione di una ipotesi di <strong>giurisdizione esclusiva e di merito</strong> del <strong>GA</strong> in ordine agli <strong>effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione</strong> sul <strong>contratto a valle</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2010</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 gennaio esce il <strong>Parere</strong> del Consiglio di Stato, <strong>Commissione speciale</strong>, n. 5098, sullo <strong>schema di decreto legislativo</strong> di <strong>modifica del codice dei contratti pubblici</strong> per l’adeguamento alla cd. “<strong><em>direttiva ricorsi</em></strong>”, alla cui stregua va ritenuta <strong>coerente con la Direttiva 2007/66</strong> la <strong>scelta di affidare al GA</strong> il potere di <strong>irrogare sanzioni alternative</strong> alla declaratoria di inefficacia del contratto (e, dunque, per le ipotesi in cui il contratto medesimo <strong>resti effettualmente in vita</strong>). Per il Collegio, poiché la Direttiva <strong>lascia al legislatore</strong> la <strong>scelta</strong> in ordine alla <strong>individuazione dell’Autorità chiamata ad irrogare</strong> le ridette sanzioni, è questione appunto di <strong>discrezionalità ed opportunità legislativa</strong> valutare se è meglio che <strong>ad irrogare tali sanzioni</strong> intervenga una <strong>Autorità indipendente</strong> ovvero <strong>il GA</strong>. Più nel dettaglio, come chiosa anche parte della dottrina, <strong>difetta nella Costituzione</strong> una <strong>norma</strong> che preveda la <strong>riserva di amministrazione</strong> per l’applicazione di <strong>sanzioni amministrative</strong>, allo stesso modo di come ad esempio <strong>è prevista una riserva di giurisdizione</strong> all’<strong>art.13</strong> per quanto concerne <strong>l’applicazione di sanzioni </strong>in materia di<strong> libertà personale</strong>; sotto altro profilo, non mancano <strong>disposizioni</strong> sia di natura <strong>processuale penale</strong> che <strong>processuale civile</strong> che affidano ai <strong>rispettivi giudici</strong> il potere di irrogare appunto <strong>sanzioni amministrative</strong>, onde ben può il legislatore attribuire una <strong>simmetrica competenza</strong> al <strong>GA</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 febbraio esce <strong>l’ordinanza delle SSUU</strong> della Cassazione n.2906 che <strong>per la prima volta</strong> autorevolmente assume <strong>appannaggio del GA</strong> in sede di <strong>giurisdizione esclusiva</strong> la <strong><em>potestas iudicandi</em></strong> sulla <strong>sorte del contratto a valle</strong>, stipulato <em>medio tempore</em> rispetto ad una <strong>aggiudicazione poi annullata</strong>. La Corte <strong>valorizza</strong> le <strong>previsioni della Direttiva ricorsi</strong> siccome <strong>modificata in sede europea nel 2007</strong> (direttiva <strong>2007/66</strong>/<strong>CE</strong>), della quale occorre <strong>fornire una interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientata</strong> anche laddove si proceda ad <strong>applicare norme interne pertinenti</strong>, dacché – secondo la Corte – il <strong>diritto comunitario</strong> incide nel <strong>sistema giurisdizionale interno</strong> anche <strong>retroattivamente</strong>, esigendo la <strong>trattazione unitaria</strong> delle domande, rispettivamente, di <strong>annullamento del procedimento di affidamento dell’appalto</strong> e di <strong>caducazione del contratto poi stipulato</strong> per effetto della illegittima aggiudicazione. Le SSUU statuiscono dunque, innovativamente, nel senso di <strong>concentrare nella giurisdizione esclusiva del GA</strong> tanto le <strong>controversie</strong> investenti <strong>l’aggiudicazione</strong>, quanto quelle sul relativo <strong>contratto a valle</strong>, aderendo ad una <strong>convergenza delle pertinenti domande</strong> che viene assunta <strong>pienamente conforme</strong> alle <strong>norme costituzionali</strong> che impongono <strong>l’effettività della tutela giurisdizionale</strong> (articoli <strong>24</strong> e <strong>111</strong> Cost.); la rilevanza della <strong>connessione</strong> (obliterata in passato e) finalizzata alla <strong>cognizione congiunta</strong> della <strong>lesione degli interessi legittimi</strong> (aggiudicazione) e dei <strong>diritti soggettivi conseguenti</strong> (contratto) appare alla Corte ormai <strong>non più contestabile</strong>, derivando tale connessione da una <strong>norma sovranazionale</strong> che <strong>incide sulla stessa interpretazione delle norme interne</strong> in senso <strong>vincolante</strong> per l’interprete. La Corte conclude dunque nel senso onde <strong>le richieste di tutela</strong> dei <strong>diritti</strong> inerenti ai <strong>rapporti contrattuali</strong> non sono <strong>scindibili</strong> da quelle <strong>sugli interessi legittimi violati</strong> dall’abuso di poteri della PA, su cui <strong>ha di certo cognizione il GA</strong>, il quale ultimo può quindi <strong>decidere anche su tali diritti</strong>, dopo essersi pronunciato <strong>sugli interessi</strong> al corretto svolgimento della gara.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 marzo viene varato il <strong>decreto legislativo n.53</strong>, recante <strong>attuazione della direttiva 2007/66/CE</strong> - che <strong>modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE</strong> - per quanto riguarda il <strong>miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso</strong> in materia di <strong>aggiudicazione degli appalti pubblici</strong>, e che <strong>recepisce</strong> dunque la <strong>nuova versione della Direttiva ricorsi del 2007</strong> e con essa il <strong>criterio della inefficacia del contratto a valle</strong> rispetto all’<strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong>, giusta innesto nel <strong>codice di contratti</strong> <strong>pubblici</strong> n.<strong>163 del 2006</strong> degli articoli <strong>245.bis</strong> e <strong>245.ter</strong>, distinguendo <strong>diverse fattispecie</strong> (più o meno <strong>gravi</strong>) destinate a <strong>confluire nel codice del processo amministrativo</strong>, in gestazione e <strong>di prossima emanazione</strong>. Sul crinale della <strong>giurisdizione</strong>, il provvedimento fa riferimento alla <strong>sola giurisdizione esclusiva del GA</strong>, escludendo ogni riferimento <strong>alla giurisdizione di merito</strong>, pur prevista dalla <strong>Direttiva 2007/66</strong> e dalla <strong>legge delega</strong> per il pertinente recepimento <strong>n.88 del 2009</strong>. Sul crinale risarcitorio, <strong>l’art.12, comma 1</strong>, introduce nel <strong>codice dei contratti n.163.06</strong> un articolo <strong>245.bis </strong>alla cui stregua, laddove <strong>il GA non dichiari l’inefficacia</strong> del contratto a valle e dunque ne <strong>mantenga in vita gli effetti</strong>, il <strong>solo</strong> ricorrente <strong>avente titolo all’aggiudicazione</strong> (che dunque <strong>ha impugnato</strong> l’aggiudicazione illegittima a terzi e <strong>la ha rivendicata per sé</strong>) ha diritto al <strong>risarcimento del danno</strong> per <strong>perdita di <em>chance</em></strong>. Viene poi <strong>modificato l’art.245</strong> del <strong>codice dei contratti 163.06</strong>, prevedendosi una <strong>tutela cautelare <em>ante causam</em></strong> limitatamente alle <strong>controversie</strong> in materia di <strong>appalti pubblici</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 maggio esce la sentenza della I sezione del Tar Veneto n.1838, onde - in aderenza a quanto recentemente ritenuto dalle <strong>Sezioni Unite della Cassazione</strong> con la <a href="http://www.lexitalia.it/p/10/cassu_2010-02-10o.htm">ordinanza 10 febbraio 2010, n. 2906</a> - deve assumersi rientrare <strong>nella giurisdizione del GA</strong> il potere di <strong>dichiarare privo di effetti</strong> il contratto di appalto, se <strong>concluso</strong> con <strong>aggiudicatario diverso da quello legittimo.</strong> Nel caso di specie, per effetto dell’<strong>accoglimento di entrambi i ricorsi</strong>, principale ed incidentale, <strong>sull’intera procedura di gara</strong>, stante la partecipazione dei <strong>due soli raggruppamenti illegittimamente ammessi</strong>, il Tar dichiara <strong>del tutto inefficace</strong> il contratto di appalto a valle, <strong>nessuno dei due RTI</strong> potendosi assumere <strong>legittimo aggiudicatario</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 luglio viene varato il <strong>decreto legislativo n.104</strong>, codice del processo amministrativo, i cui <strong>articoli da 120 a 125</strong> si occupano della <strong>sorte del contratto a valle</strong> rispetto all’annullamento dell’aggiudicazione, dal punto di vista <strong>processuale</strong>, ma anche - a tratti - decisamente <strong>sostanziale</strong>. La <strong>sanzione per il contratto a valle</strong> in caso di <strong>illegittimità degli atti di gara</strong> a monte è quella della <strong>inefficacia</strong> la cui <strong>dichiarazione</strong> viene <strong>affidata al GA</strong>; <strong>non tutti i vizi</strong> della procedura di gara hanno, nondimeno, la <strong>medesima rilevanza</strong>, dovendosi distinguere l’ipotesi delle <strong>violazioni gravi di cui all’art.121</strong> del codice dalle <strong>violazioni</strong> che, <strong><em>de residuo</em></strong>, il codice medesimo <strong>assume evidentemente meno gravi</strong>, e che annovera al <strong>successivo art.122</strong>. Sono <strong>violazioni gravi</strong> della procedura di gara (art.121): <strong>l’aggiudicazione</strong> della gara <strong>senza previa pubblicazione del bando</strong>, quando tale pubblicazione del bando sia <strong>prescritta dal codice dei contratti pubblici</strong>; <strong>l’aggiudicazione</strong> con <strong>procedura negoziata senza bando</strong>, ovvero l’<strong>affidamento in economia</strong> <strong>fuori dai casi</strong> previsti, allorché ciò abbia prodotto <strong>omissione di pubblicità del bando</strong>; la <strong>stipulazione</strong> del <strong>contratto di appalto prima</strong> che sia spirato il <strong>termine dilatorio previsto dall’art, 11, comma 10</strong>, del <strong>codice dei contratti n.163.06</strong>, ovvero prima che sia <strong>cessato l’effetto sospensivo</strong> conseguente alla <strong>proposizione di un ricorso</strong> avverso <strong>l’aggiudicazione definitiva</strong>, in conformità a quanto disposto <strong>dall’art.11, comma 10.ter</strong>, del codice dei contratti n.163.06, allorché <strong>entrambe tali violazioni abbiano influito</strong> sulla <strong>possibilità</strong> per il ricorrente di <strong>ottenere l’affidamento</strong>; in queste fattispecie – in cui la <strong>declaratoria di inefficacia</strong> è <strong>la regola</strong> e il <strong>mantenimento dell’efficacia l’eccezione</strong> (la dottrina parla in proposito di c.d. “<strong><em>inefficacia cedevole</em></strong>”) il GA è <strong>sempre tenuto</strong> (“<strong><em>dichiara l’inefficacia</em></strong>”) a dichiarare <strong>l’inefficacia</strong> del contratto, con la <strong>sola eccezione</strong> del caso in cui, <strong>a valle</strong> del processo, accerti che <strong>gli effetti del contratto si impongono</strong> da mantenersi <strong>in ogni caso</strong> al fine di rispettare <strong>esigenze imperative</strong> connesse ad un <strong>interesse generale</strong> (con <strong>irrogazione</strong>, se del caso, delle <strong>sanzioni di cui all’art.123</strong> del codice); ai sensi del <strong>comma 2 dell’art.121</strong>, tra le <strong>esigenze imperative</strong> (che <strong>lasciano in vita</strong>, dal punto di vista <strong>effettuale</strong>, il <strong>contratto pur gravemente viziato</strong>) rientrano, fra l'altro, quelle <strong>imprescindibili di carattere tecnico</strong> o di <strong>altro tipo</strong>, tali da rendere <strong>evidente</strong> che i <strong>residui obblighi contrattuali</strong> possono essere <strong>rispettati solo dall'esecutore attuale</strong>, mentre gli interessi (meramente)<strong> economici</strong> possono essere presi in considerazione come <strong>esigenze imperative solo</strong> in <strong>circostanze eccezionali</strong> in cui l'inefficacia del contratto conduce a <strong>conseguenze sproporzionate</strong>, avuto anche riguardo <strong>all'eventuale mancata proposizione </strong>(da parte del ricorrente) <strong>della domanda di subentro</strong> nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione <strong>non comporta</strong> l'<strong>obbligo di rinnovare la gara</strong>; inoltre, <strong>non costituiscono</strong> in ogni caso <strong>esigenze imperative</strong> gli <strong>interessi economici</strong> legati direttamente al <strong>contratto</strong>, che comprendono fra l'altro <strong>i costi derivanti dal ritardo nell'esecuzione</strong> del contratto stesso, dalla <strong>necessità di indire una nuova procedura</strong> di aggiudicazione, dal <strong>cambio dell'operatore economico</strong> e dagli <strong>obblighi di legge</strong> risultanti dalla <strong>dichiarazione di inefficacia</strong>; sempre ai sensi <strong>dell’art.121</strong>, il giudice <strong>che annulla</strong> l'aggiudicazione definitiva “<strong><em>dichiara</em></strong>” <strong>l'inefficacia</strong> del contratto <strong>precisando</strong> ad un tempo - in funzione delle <strong>deduzioni delle parti</strong> e della <strong>valutazione della gravità della condotta</strong> della <strong>stazione appaltante</strong> e della <strong>situazione di fatto</strong> - se la <strong>declaratoria di inefficacia</strong> e' limitata alle <strong>prestazioni ancora da eseguire</strong> alla data della <strong>pubblicazione del dispositivo</strong>, operando dunque <strong><em>ex nunc</em></strong>, o se opera <strong><em>ex tunc</em></strong> e dunque in via <strong>retroattiva</strong>. Sono <strong>violazioni non (sufficientemente) gravi</strong>, in via <strong>residuale</strong>, tutte le altre e – in questa ipotesi, disciplinata <strong>dall’art.122 del codice</strong> – quando il GA <strong>annulla l’aggiudicazione definitiva</strong>, è <strong>rimesso a lui</strong> decidere se <strong>dichiarare o meno inefficace</strong> il contratto a valle (“<strong><em>stabilisce se dichiarare inefficace</em></strong>”), con fissazione – in caso di dichiarata inefficacia – della <strong>decorrenza</strong> di essa; il GA prende tale decisione (con l’efficacia che sembra qui <strong>la regola</strong>, e <strong>l’inefficacia l’eccezione</strong>) tenuto conto <strong>dell’interesse delle parti</strong>, dell’<strong>effettiva possibilità</strong> per il ricorrente di <strong>conseguire l’aggiudicazione</strong> alla luce dei <strong>vizi riscontrati</strong>, dello <strong>stato di esecuzione del contratto</strong> e della <strong>possibilità</strong> per il ricorrente di <strong>subentrare all’illegittimo aggiudicatario</strong>, in quest’ultima evenienza sempre che il ricorrente <strong>abbia spiccato domanda di subentro</strong> nel contratto e il <strong>vizio dell’aggiudicazione non imponga</strong> di <strong>rinnovare la gara</strong>. Da rimarcare anche la norma di cui all’<strong>art.14, comma 3</strong>, del codice, alla cui stregua per i <strong>giudizi di cui all’art.119</strong> del medesimo codice la <strong>competenza funzionale del GA</strong> è da assumersi <strong>inderogabile</strong> e, tra questi giudizi, in particolare <strong>rilevano quelli</strong> di cui alla <strong>lettera a) dell’art.119</strong>, ovvero quelli che hanno ad oggetto provvedimenti concernenti le <strong>procedure di affidamento</strong> di pubblici lavori, servizi e forniture. All’<strong>art.123</strong> sono poi previste – per le ipotesi di <strong>violazioni gravi ex art.121</strong> e, cionondimeno, di <strong>mantenimento in vita del contratto a valle</strong> da parte del GA (che, dunque, <strong>non lo dichiara inefficace</strong>), tutta una serie di <strong>sanzioni alternative</strong>, da applicare <strong>alternativamente o cumulativamente</strong>, ovvero: a) la <strong>sanzione pecuniaria</strong> nei confronti della <strong>stazione appaltante</strong>, di importo <strong>dallo 0,5% al 5% del valore del contratto</strong>, inteso come <strong>prezzo di aggiudicazione</strong>, che e' <strong>versata all'entrata del bilancio dello Stato</strong> - con imputazione al capitolo 2301, capo 8 "<em>Multe, ammende e sanzioni amministrative inflitte dalle autorita' giudiziarie ed amministrative, con esclusione di quelle aventi natura tributaria</em>" - entro <strong>60 giorni</strong> dal <strong>passaggio in giudicato</strong> della <strong>sentenza</strong> che <strong>irroga la sanzione</strong>; decorso il termine per il versamento, si applica una <strong>maggiorazione</strong> pari ad <strong>1/10 della sanzione</strong> per <strong>ogni semestre di ritardo</strong>; La sentenza che applica le sanzioni va poi <strong>comunicata</strong>, a cura della segreteria, al <strong>Ministero dell'economia e delle finanze</strong> entro <strong>5 giorni</strong> dalla <strong>pubblicazione</strong>; b) la <strong>riduzione della durata del contratto</strong>, ove possibile, da un <strong>minimo del 10%</strong> ad un <strong>massimo del 50%</strong> della <strong>durata residua</strong> alla data di <strong>pubblicazione</strong> del dispositivo; il GA <strong>applica le sanzioni</strong> assicurando il <strong>rispetto del principio del contraddittorio</strong> e ne determina <strong>la misura</strong> in modo che siano <strong>effettive</strong>, <strong>dissuasive</strong>, <strong>proporzionate</strong> al <strong>valore</strong> del contratto, alla <strong>gravità della condotta</strong> della stazione appaltante e <strong>all'opera svolta dalla stazione appaltante</strong> per <strong>l'eliminazione o attenuazione</strong> delle conseguenze della violazione; in ogni caso, il codice precisa che <strong>l'eventuale condanna al risarcimento dei danni</strong> non costituisce <strong>sanzione alternativa</strong> e <strong>si cumula</strong> con le <strong>sanzioni alternative;</strong> il GA <strong>deve</strong> poi applicare le sanzioni anche qualora il <strong>contratto</strong> sia stato <strong>stipulato senza rispettare il termine dilatorio</strong> stabilito per la stipulazione del contratto medesimo, ovvero sia stato stipulato <strong>senza rispettare la sospensione della stipulazione</strong> derivante dalla <strong>proposizione del ricorso giurisdizionale</strong> avverso l'aggiudicazione definitiva, quando <strong>la violazione non abbia privato il ricorrente</strong> della possibilità di <strong>avvalersi di mezzi di ricorso</strong> prima della stipulazione del contratto e <strong>non abbia influito</strong> sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento. Dispone poi <strong>l’art.124</strong> – rubricato “<strong><em>tutela in forma specifica e per equivalente</em></strong>” - al comma 1 che <strong>l’accoglimento</strong> della <strong>domanda di conseguire l'aggiudicazione e il contratto</strong> e' comunque <strong>condizionato</strong> alla <strong>dichiarazione di inefficacia</strong> del contratto ai sensi degli articoli <strong>121, comma 1</strong>, e <strong>122</strong> e che se <strong>detta condizione non si avvera</strong> – se dunque il GA <strong>non dichiara l'inefficacia del contratto</strong> - dispone comunque il <strong>risarcimento del danno per equivalente</strong>, purché subito e provato, in modo <strong>generalizzato</strong> ed <strong>anche</strong> dunque nel caso in cui il ricorrente <strong>non abbia chiesto l’annullamento dell’aggiudicazione ed il subentro nel contratto a valle</strong>, invocando un <strong>danno da perdita di <em>chance</em></strong>: in sostanza, il danno da perdita di<em> chance</em>, purché <strong>effettivamente subito e provato</strong>, viene garantito anche a chi <strong>non abbia titolo all’aggiudicazione;</strong> per il <strong>comma 2</strong> dell’art.124 poi, la <strong>condotta processuale</strong> della parte che, <strong>senza giustificato motivo</strong>, <strong>non ha proposto la domanda</strong> di <strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong>, o <strong>non si e' resa disponibile a subentrare</strong> nel contratto, <strong>e' valutata</strong> dal giudice ai sensi dell'<strong>articolo 1227 del codice civile</strong>, e dunque a titolo di <strong>concorso di colpa</strong>. L’art. <strong>125</strong> detta poi <strong>ulteriori disposizioni processuali </strong>per le <strong>controversie</strong> relative a <strong>infrastrutture strategiche</strong> prevedendo, più nello specifico, che nei <strong>giudizi</strong> riguardanti appunto le procedure di <strong>progettazione, approvazione, e realizzazione</strong> delle <strong>infrastrutture</strong> e degli <strong>insediamenti produttivi</strong> e relative <strong>attivita' di espropriazione, occupazione e asservimento</strong> di cui alla parte II, titolo III, capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. <strong>infrastrutture strategiche</strong>), si applicano le <strong>disposizioni precedenti</strong> (con <strong>esclusione</strong> dell'<strong>articolo 122)</strong>, ed inoltre, in sede di <strong>pronuncia del provvedimento cautelare</strong>, si tiene conto delle <strong>probabili conseguenze</strong> del <strong>provvedimento</strong> stesso per <strong>tutti gli interessi che possono essere lesi</strong>, nonché del <strong>preminente interesse nazionale</strong> alla <strong>sollecita realizzazione dell'opera</strong>, e, ai fini dell'<strong>accoglimento della domanda cautelare</strong>, si valuta anche la <strong>irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente</strong>, il cui <strong>interesse</strong> va <strong>comunque comparato</strong> con quello del <strong>soggetto aggiudicatore</strong> alla <strong>celere prosecuzione delle procedure</strong>; in queste peculiari fattispecie in cui campeggia un <strong>preminente interesse nazionale</strong> stante appunto la <strong>natura strategica dell’opera</strong> in corso di realizzazione, <strong>ferma restando l'applicazione</strong> degli <strong>articoli 121 e 123</strong> (violazioni <strong>più gravi</strong>), al di fuori dei casi in essi contemplati (e, segnatamente, nei <strong>casi meno gravi</strong> di cui all’<strong>art.122</strong>) la <strong>sospensione</strong> o l'<strong>annullamento</strong> dell'affidamento <strong>non comporta la caducazione del contratto già stipulato</strong>, e il <strong>risarcimento del danno eventualmente dovuto</strong> avviene <strong>solo per equivalente</strong>, facendosi altresì applicazione dell'<strong>articolo 34</strong>, <strong>comma 3</strong>, alla cui stregua quando, <strong>nel corso del giudizio</strong>, l'annullamento del provvedimento impugnato <strong>non risulta più utile</strong> per il ricorrente, il giudice <strong>accerta l'illegittimità dell'atto</strong> se sussiste <strong>l'interesse</strong> ai <strong>fini risarcitori</strong>. Importante rammentare anche il disposto <strong>dell’art.61 del codice</strong>, che <strong>generalizza la tutela cautelare <em>ante causam</em></strong>, fino a questo momento prevista <strong>per il solo contenzioso</strong> in materia di <strong>appalti pubblici</strong>. L’art.<strong>133, comma 1, lettera e, n.1</strong> affida poi, sul tema, la <strong>giurisdizione esclusiva</strong> al <strong>GA</strong>, che viene dichiarata estesa alla <strong>dichiarazione di inefficacia del contratto</strong> a seguito di <strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong>; sul crinale della <strong>giurisdizione</strong>, viene ancora una volta fatto riferimento alla <strong>sola giurisdizione esclusiva del GA</strong>, escludendosi ogni accenno <strong>alla giurisdizione di merito</strong>, pur prevista dalla <strong>Direttiva 2007/66</strong> e dalla <strong>legge delega</strong> per il pertinente recepimento <strong>n.88 del 2009. </strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 novembre esce la sentenza della I sezione del Tar Toscana n.6579 alla cui stregua <strong>l’autoannullamento degli atti di evidenza pubblica</strong> da parte <strong>della PA</strong> non esercita un <strong>effetto caducante</strong> sui <strong>negozi stipulati a valle</strong>, e <strong>solo il GO</strong> è il <strong>giudice competente</strong> a conoscere delle <strong>questioni</strong> concernenti il rispetto – <strong>in sede esecutiva</strong> - degli <strong>accordi contrattuali</strong> intercorsi tra le parti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2011</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 gennaio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.11, alla cui stregua occorre affermare la <strong>stretta consequenzialità</strong> tra <strong>l’aggiudicazione</strong> della gara pubblica e <strong>la stipula del pertinente contratto</strong>, consequenzialità dalla quale discende che <strong>l’annullamento in sede giurisdizionale</strong> o <strong>quello disposto in sede di autotutela</strong> della procedura amministrativa <strong>a monte</strong> comporta la <strong>caducazione automatica degli effetti negoziali</strong> del contratto successivamente stipulato, stante la <strong>preordinazione funzionale tra tali atti </strong>(segnatamente, tra aggiudicazione e contratto), onde la <strong>giurisdizione</strong> non può che essere <strong>in entrambi i casi quella esclusiva del GA</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 27 gennaio esce la sentenza della I sezione del Tar Toscana n.154 alla cui stregua <strong>l’autoannullamento degli atti di evidenza pubblica</strong> da parte <strong>della PA</strong> non esercita un <strong>effetto caducante</strong> sui <strong>negozi stipulati a valle</strong>, e <strong>solo il GO</strong> è il <strong>giudice competente</strong> a conoscere delle <strong>questioni</strong> concernenti il rispetto – <strong>in sede esecutiva</strong> - degli <strong>accordi contrattuali</strong> intercorsi tra le parti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 febbraio esce la sentenza della III Sezione del Tar Lazio n.972, alla cui stregua la <strong>declaratoria di inefficacia</strong> del <strong>contratto di appalto a valle</strong>, e dunque <strong>conseguente all’annullamento degli atti di gara</strong> a monte, può essere <strong>disposta d’ufficio dal GA</strong> adito per il <strong>solo annullamento della procedura</strong> di evidenza pubblica, <strong>indipendentemente</strong> dunque da una <strong>espressa istanza di parte </strong>ricorrente.</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 marzo esce la sentenza della I sezione del Tar Puglia n.409 alla cui stregua, ai sensi <strong>dell’art. 121, primo comma – lett. c),</strong> del c.p.a., il <strong>contratto di appalto</strong> stipulato a seguito di <strong>aggiudicazione annullata</strong> è <strong>dichiarato inefficace</strong> quando l’Amministrazione abbia <strong>violato il termine dilatorio</strong> stabilito <strong>dall’art. 11 del Codice dei contratti pubblici</strong>, sempre che tale violazione, <strong>aggiungendosi</strong> a <strong>vizi propri dell’aggiudicazione definitiva</strong>, abbia <strong>influito</strong> sulle possibilità del ricorrente di <strong>ottenere l’affidamento</strong>; non può dunque per il Tar <strong>dichiararsi l’inefficacia</strong> del contratto concluso <strong>in violazione dell’obbligo di <em>stand still</em></strong> nel caso in cui <strong>l’aggiudicazione</strong> sia risultata <strong>illegittima</strong> non già per <strong>questioni attinenti all’ordine in graduatoria</strong> o all’<strong>ammissione dell’aggiudicataria</strong>, bensì per <strong>vizi che hanno invalidato la <em>lex specialis</em> e l’intera procedura</strong>, a causa dell’<strong>insufficienza dei criteri di valutazione delle offerte tecniche</strong> e dell’<strong>indebita commistione</strong> dell’esame dei <strong>prezzi</strong> e delle <strong>offerte tecniche</strong>, sì che <strong>non è stato possibile accertare</strong> che la stazione appaltante <strong>avrebbe dovuto </strong>nel caso di specie <strong>aggiudicare l’appalto </strong>al<strong> ricorrente</strong>. Per il Collegio, laddove la <strong>violazione dell’obbligo di <em>stand still</em></strong> non abbia <strong>di per sé precluso</strong> al ricorrente di <strong>ottenere l’affidamento</strong>, mentre da un lato, ai sensi dell’<strong>art. 121, primo comma – lett. c),</strong> cod. proc. amm., <strong>manca il presupposto</strong> per la <strong>declaratoria d’inefficacia</strong> del contratto, dall’altro <strong>possono essere applicate le sanzioni</strong> previste dal <strong>combinato disposto</strong> degli <strong>artt. 121, quarto comma</strong>, e <strong>123</strong> cod. proc. amm., secondo cui il GA dispone - in via <strong>alternativa o cumulativa</strong> - la <strong>riduzione della durata del contratto</strong> ed il <strong>pagamento di una sanzione pecuniaria</strong> da versare al bilancio dello Stato, allorché – <strong>nonostante</strong> le violazioni – il contratto sia considerato <strong>efficace</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 marzo esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.1570, secondo la quale <em>in primis</em> deve assumersi <strong>sussistente</strong> la <strong>giurisdizione esclusiva del GA</strong> per le <strong>controversie</strong> relative alla <strong>sorte del contratto di appalto</strong> in conseguenza dell’<strong>annullamento in sede giurisdizionale</strong> dell’<strong>aggiudicazione</strong>, allorché proposte <strong>dopo il 27 aprile 2010</strong>, e dunque <strong>dopo l’entrata in vigore</strong> del <strong><a href="http://www.lexitalia.it/uploads/webdata_pro.pl?_cgifunction=form&_layout=legislazione1&keyval=legislazione.legislazione_id=1930">decreto legislativo n. 53/2010</a></strong>. Su altro versante il Collegio – dopo aver affermato su un piano generale <strong>ammissibile</strong> un <strong>ricorso per l’esecuzione del giudicato</strong> proposto innanzi al Consiglio di Stato <strong>dopo l’entrata in vigore del nuovo c.p.a.</strong> che <strong>non sia stato preceduto</strong> dalla <strong>preventiva diffida</strong> di cui all’<strong>articolo 90</strong> del <strong>regolamento di procedura del 1907</strong>, atteso che l’<strong>art. 114</strong> del codice del processo amministrativo <strong>non richiede più</strong> tale preventiva diffida quale <strong>condizione di ammissibilità o di procedibilità</strong> della domanda di esecuzione – sancisce altresì la ammissibilità di <strong>un ricorso per esecuzione del giudicato</strong> formatosi su di <strong>una sentenza che ha annullato l’aggiudicazione di una gara</strong>, con il quale si chieda <strong>al GA</strong> la <strong>dichiarazione di inefficacia del contratto di appalto</strong> a valle stipulato <em>medio tempore</em> al fine di ottenere la <strong>riedizione della gara</strong> di appalto, trattandosi appunto di <strong>domanda</strong> diretta alla attuazione <strong>di un giudicato del GA </strong>il quale ultimo, in sede di <strong>ottemperanza</strong>, ha il potere di <strong>conoscere</strong>, in via <strong>incidentale</strong>, della <strong>sorte del contratto</strong>, allo scopo di individuare le <strong>misure attuative del giudicato</strong> ritenute <strong>più opportune</strong> per la <strong>realizzazione dell’interesse del ricorrente</strong> che abbia <strong>ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione</strong>. Il Collegio soggiunge che la <strong>nuova disciplina</strong> introdotta dal <strong><a href="http://www.lexitalia.it/uploads/webdata_pro.pl?_cgifunction=form&_layout=legislazione1&keyval=legislazione.legislazione_id=1930">decreto legislativo n. 53/2010</a></strong> e successivamente confluita nell’<strong>articolo 122</strong> del c.p.a. – onde spetta al <strong>giudice “<em>che annulla l’aggiudicazione</em>”</strong> il <strong>potere di pronunciarsi</strong> in ordine alla <strong>inefficacia del contratto</strong> - <strong>non</strong> può trovare applicazione nei <strong>giudizi definiti</strong>, in sede di <strong>cognizione</strong>, con <strong>sentenza passata in giudicato in epoca anteriore al 27 aprile 2010</strong> (data di entrata in vigore del <a href="http://www.lexitalia.it/uploads/webdata_pro.pl?_cgifunction=form&_layout=legislazione1&keyval=legislazione.legislazione_id=1930">decreto legislativo n. 53/2010</a>), in relazione a <strong>procedure di gara concluse prima</strong> della <strong>scadenza del termine di recepimento della direttiva</strong> n. <strong>66</strong>/2007/CE; in relazione a tali controversie, definite con <strong>sentenza passata in giudicato prima</strong> di tale data, resta in ogni caso fermo per il Collegio <strong>il potere del GA</strong> di accertare, in sede di <strong>ottemperanza</strong>, l’<strong>inefficacia del contratto</strong>. Per il Consiglio di Stato, a seguito del <strong>passaggio in giudicato di una sentenza</strong> che ha <strong>annullato l’aggiudicazione</strong> di una gara di appalto, il <strong>GA in sede di ottemperanza</strong> può <strong>dichiarare inefficace</strong> il contratto di appalto <em>medio tempore</em> stipulato e <strong>non ancora eseguito integralmente</strong> (nel caso di specie, un contratto di fornitura della durata di 6 anni), <strong>onde consentire al ricorrente</strong> di ottenere la <strong>rinnovazione delle operazioni di gara</strong>, nel caso in cui <strong>l’interruzione del rapporto contrattuale</strong>, con <strong>piena salvezza</strong> delle <strong>prestazioni già eseguite</strong>, non arrechi <strong>significativi pregiudizi</strong> né alla PA, né all’originario aggiudicatario.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 settembre esce la sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato n.5032, alla cui stregua la <strong>declaratoria di inefficacia</strong> del <strong>contratto di appalto a valle</strong>, e dunque <strong>conseguente all’annullamento degli atti di gara</strong> a monte, può essere <strong>disposta d’ufficio dal GA</strong> adito per il <strong>solo annullamento della procedura</strong> di evidenza pubblica, <strong>indipendentemente</strong> dunque da una <strong>espressa istanza di parte </strong>ricorrente. Su altro crinale, per il Collegio in caso di <strong>annullamento in sede di autotutela dell’aggiudicazione</strong> da parte della PA, la <strong>giurisdizione</strong> in tema di <strong>effetti spiegati sul contratto a valle</strong> spetta al <strong>GA</strong>, dacché l’aggiudicazione è <strong>l’atto che conclude il procedimento di scelta del contraente</strong> e che <strong>segna normalmente</strong> il <strong>momento dell’incontro delle volontà</strong> della PA e del privato in ordine alla <strong>conclusione del contratto</strong>, <strong>senza che</strong> tuttavia <strong>resti precluso</strong> alla stazione appaltante pubblica procedere con <strong>successivo atto</strong> (giusta richiamo ad un <strong>preciso e concreto interesse pubblico</strong>) <strong>all’annullamento d’ufficio</strong> dell’aggiudicazione medesima, e ciò stante il <strong>necessario rispetto</strong> dei <strong>principi di legalità, imparzialità e buon andamento</strong> di cui <strong>all’art.97</strong> della Costituzione. Occorre per il Collegio prendere le mosse dalla <strong>stretta consequenzialità</strong> tra <strong>l’aggiudicazione</strong> della gara pubblica e <strong>la stipula del pertinente contratto</strong>, consequenzialità dalla quale discende che <strong>l’annullamento in sede giurisdizionale</strong> o <strong>quello disposto in sede di autotutela</strong> della procedura amministrativa <strong>a monte</strong> comporta la <strong>caducazione automatica degli effetti negoziali</strong> del contratto successivamente stipulato, stante la <strong>preordinazione funzionale tra tali atti </strong>(aggiudicazione e contratto), onde la <strong>giurisdizione</strong> non può che essere <strong>in entrambi i casi quella esclusiva del GA</strong>. Non può per il Collegio attribuirsi <strong>alcun fondamento</strong> alla <strong>pretesa distinzione</strong> tra <strong>annullamento giurisdizionale</strong> e <strong>annullamento in sede di autotutela</strong> degli atti di gara (ed in particolare <strong>dell’aggiudicazione</strong>), stante il <strong>collegamento sostanziale</strong> che avvince <strong>l’aggiudicazione</strong> ed il <strong>contratto</strong>, i quali <strong><em>simul stabunt, simul cadent</em></strong>, <strong>qualunque sia la sede</strong> in cui avviene <strong>l’annullamento</strong> della prima, e dunque <strong>tanto</strong> che si tratti di <strong>illegittimità dichiarata dal giudice</strong> a seguito di ricorso della parte, quanto che si tratti di <strong>illegittimità o inopportunità</strong> connessa <strong>all’esercizio del potere di autotutela</strong> da parte della PA. Per la Sezione, anche a <strong>non voler condividere</strong> la tesi dell’<strong>effetto immediatamente caducante dell’annullamento</strong> dell’aggiudicazione sul <strong>contratto successivamente stipulato</strong> - così che <strong>l’inefficacia conseguirebbe solo</strong> all’esito di una <strong>specifica decisione dell’organo giurisdizionale competente</strong> - in ogni caso <strong>gli articoli 121 e 122</strong> del c.p.a. attribuiscono <strong>esclusivamente al GA</strong> tali poteri di decisione e di valutazione <strong>dell’efficacia del contratto</strong> a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione; né potrebbe ammettersi per il Collegio una <strong>irragionevole diversificazione</strong> della pertinente <strong>disciplina</strong>, con la <strong>reviviscenza del potere del GO</strong> (in sede <strong>esecutiva</strong>) sulla <strong>sorte del contratto</strong>, allorquando <strong>l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> (o degli atti da essa presupposti) sia <strong>effetto dell’esercizio</strong> da parte della PA appaltante del <strong>potere di autotutela</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 ottobre esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.5545 onde, in tema di <strong>appalti pubblici</strong>, in seguito alla entrata in vigore del <strong>decreto legislativo n.53 del 2010</strong>, l’<strong>inefficacia del contratto</strong> non costituisce più <strong>una conseguenza automatica</strong> dell’<strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong>, affiorando ormai un <strong>onere</strong> <strong>specifico</strong> per <strong>l’impresa ricorrente</strong>, in sede di <strong>impugnazione dell’aggiudicazione</strong>, di <strong>chiedere una pronuncia</strong> sulla <strong>sorte del contratto a valle</strong> e sul <strong>proprio subentro</strong> nello stesso; la <strong>declaratoria di inefficacia</strong> del GA <strong>non può</strong> dunque aver luogo <strong>d’ufficio e in via automatica</strong>, rappresentando piuttosto <strong>l’esito</strong>, meramente <strong>eventuale</strong>, di un <strong>complesso giudizio</strong> incentrato sull’apprezzamento di <strong>una pluralità di elementi di fatto</strong>, siccome ormai stabilito dagli <strong>articoli 121 e 122</strong> c.p.a.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 novembre viene varato il <strong>decreto legislativo n.195</strong>, cosiddetto <strong>primo correttivo al codice del processo amministrativo</strong>, che annovera – giusta <strong>modifica</strong> all’art.<strong>134, comma 1, lett. c)</strong> del codice - le <strong>controversie</strong> aventi ad oggetto le <strong>sanzioni previste dall’art.123</strong> del c.p.a. tra <strong>quelle</strong> appartenenti alla <strong>giurisdizione di merito del GA</strong>. Viene anche modificato <strong>l’art.125</strong> del codice in tema di <strong>infrastrutture strategiche</strong>, ed in particolare il relativo <strong>comma 4</strong>, onde le disposizioni di cui al precedente <strong>comma 3 in tema di limiti alla caducabilità</strong> in sede giurisdizionale del <strong>contratto a valle</strong> da parte del GA (giusta <strong>dichiarazione di inefficacia</strong>) si applicano <strong>anche</strong> alle controversie relative: a) alle <strong>procedure di affidamento</strong> di cui all'<strong>articolo 140</strong> del decreto legislativo 12 aprile <strong>2006, n. 163</strong>, nelle ipotesi di <strong>fallimento dell’esecutore</strong> o di <strong>risoluzione del contratto</strong>; b) alle procedure di progettazione, approvazione e realizzazione degli interventi individuati nel <strong>contratto istituzionale di sviluppo</strong> ai sensi dell'<strong>articolo 6</strong> del decreto legislativo 31 maggio <strong>2011, n. 88</strong>; c) alle <strong>opere</strong> di cui all'<strong>articolo 32, comma 18</strong>, del decreto-legge 6 luglio <strong>2011, n. 98</strong> convertito in legge 15 luglio <strong>2011, n. 111</strong>, e dunque alle <strong>opere necessarie</strong> per la <strong>tempestiva esecuzione</strong> di <strong>Expo Milano 2015</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2012</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 23 febbraio esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.1067 onde, in tema di <strong>appalti pubblici</strong>, in seguito alla entrata in vigore del <strong>decreto legislativo n.53 del 2010</strong>, l’<strong>inefficacia del contratto</strong> non costituisce più <strong>una conseguenza automatica</strong> dell’<strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong>, affiorando ormai un <strong>onere</strong> <strong>specifico</strong> per <strong>l’impresa ricorrente</strong>, in sede di <strong>impugnazione dell’aggiudicazione</strong>, di <strong>chiedere una pronuncia</strong> sulla <strong>sorte del contratto a valle</strong> e sul <strong>proprio subentro</strong> nello stesso; la <strong>declaratoria di inefficacia</strong> del GA <strong>non può</strong> dunque aver luogo <strong>d’ufficio e in via automatica</strong>, rappresentando piuttosto <strong>l’esito</strong>, meramente <strong>eventuale</strong>, di un <strong>complesso giudizio</strong> incentrato sull’apprezzamento di <strong>una pluralità di elementi di fatto</strong>, siccome ormai stabilito dagli <strong>articoli 121 e 122</strong> c.p.a.</p> <p style="text-align: justify;">Il 26 marzo esce la sentenza della IV sezione del Tar Sicilia, Catania, n.839, onde laddove sia stata <strong>annullata in s.g.</strong> l’<strong>aggiudicazione</strong> di una gara di appalto e, conseguentemente, la PA appaltante abbia disposto <strong>il subentro della ditta avente legittimamente diritto</strong> alla medesima aggiudicazione, <strong>non può essere accolta la domanda</strong> del concorrente risultato <strong>in precedenza illegittimamente vittorioso</strong> della gara di appalto, orientata ad <strong>ottenere comunque la dichiarazione di efficacia</strong> del contratto di appalto, ex <strong>art. 121</strong> c.p.a. ove - nell’ambito della <strong>valutazione degli interessi delle parti</strong> - sia risultato essere <strong>esiguo </strong>(nella specie, appena 5000,00 Euro)<strong> l’effettivo risparmio</strong> per la P.A., conseguente alla <strong>prosecuzione dei lavori </strong>da parte del <strong>suddetto concorrente</strong>. Nell’occasione il Collegio precisa peraltro che <strong>il GA</strong>, nel decidere sulla <strong>sorte del contratto</strong> in esito <strong>all’annullamento dell’aggiudicazione</strong>, così come previsto dall’<strong>art. 122 c.p.a.</strong> (nei casi che concernono le <strong>violazioni “<em>non gravi</em>”,</strong> o comunque <strong>meno gravi</strong>), nell’esercizio di una <strong>funzione imparziale e terza</strong> che deve però considerare la <strong>rilevanza pubblicistica degli interessi perseguiti</strong> attraverso il <strong>contratto</strong>, deve tenere conto, in particolare: a) degli <strong>interessi delle parti</strong>; b) dell’<strong>effettiva possibilità</strong> per il ricorrente di <strong>conseguire l’aggiudicazione</strong> alla luce dei <strong>vizi riscontrati</strong>; c) e, conseguentemente, dello <strong>stato di esecuzione del contratto</strong> e della <strong>correlata possibilità di subentrare nel contratto stesso</strong> (sempreché il <strong>vizio dell’aggiudicazione</strong> non comporti invece il <strong>mero obbligo di rinnovare la gara</strong> e la <strong>domanda di subentrare</strong> sia stata <strong>effettivamente proposta)</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 aprile esce l’ordinanza delle <strong>SSUU</strong> della Cassazione n.5446, che si pone in <strong>consapevole e forte dissonanza</strong> con l’orientamento e con le norme che prevedono la <strong>giurisdizione esclusiva del GA</strong> in tema di <strong>declaratoria di inefficacia del contratto a valle</strong>. Per la Corte, nel settore dell’<strong>attività negoziale della PA</strong> tutte le controversie che afferiscono alla <strong>fase preliminare</strong>, come tale <strong>antecedente e prodromica al contratto</strong>, e che ineriscono alla <strong>formazione della volontà pubblica</strong> ed alla <strong>scelta del contraente privato</strong> sulla base delle <strong>regole dell’evidenza pubblica</strong> devono assumersi <strong>appannaggio del GA</strong>; le controversie attinenti alla <strong>serie negoziale successiva</strong> che muove <strong>dalla stipulazione del contratto</strong>, ivi comprese le vicende inerenti al <strong>relativo adempimento</strong>, devono invece assumersi di <strong>competenza del GO</strong>. Di qui discende, per la Corte, che <strong>l’interpretazione dei diritti e degli obblighi</strong> che <strong>dal contratto nascono</strong> in capo, rispettivamente, a PA e privato, nonché le <strong>controversie intese ad accertare le condizioni di validità ed efficacia</strong> del contratto medesimo e ad ottenerne <strong>la declaratoria di nullità o inefficacia</strong> o anche <strong>l’annullamento</strong>, avendo ad oggetto <strong>non già i provvedimenti</strong> che concernono <strong>la scelta dell’altro contraente</strong>, quanto piuttosto il <strong>rapporto privatistico discendente dal negozio</strong>, devono assumersi <strong>di competenza del GO</strong> e non del GA. <strong>Solo il GO</strong> è dunque <strong>competente a conoscere i vizi del contratto</strong> che devono da lui essere accertati, palesandosi il <strong>titolare della giurisdizione</strong> sulla <strong>intera disciplina del contratto </strong>stesso. Per il Collegio peraltro, nell’ambito delle <strong>patologie</strong> e delle <strong>inefficacie negoziali </strong>affidate al<strong> GO,</strong> devono assumersi <strong>rientrare non già solo</strong> quelle attinenti alla <strong>struttura del contratto</strong>, ma anche quelle che sono <strong>scaturigine della irregolarità o illegittimità</strong> della <strong>previa procedura amministrativa</strong>, ivi comprese quelle discendenti dalla <strong>radicale mancanza di una procedura di evidenza pubblica</strong>, ovvero di <strong>vizi che affettino gli atti</strong> di quest’ultima (laddove posta in essere); vizi che sono <strong>accertabili incidentalmente dal GO</strong> al quale le parti <strong>possono rivolgersi</strong> <strong>senza</strong> che sia necessario un <strong>previo annullamento</strong>, nelle parti di pertinenza, ad opera <strong>del GA</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 luglio esce la sentenza del Tar Lazio, Latina, n.574, alla cui stregua la <strong>sanzione pecuniaria</strong> irrogata alla stazione appaltante per <strong>mancato rispetto della clausola di <em>stand still</em></strong> (“<strong><em>stare ferma</em></strong>”: qualcuno ha impugnato l’aggiudicazione e <strong>non si sarebbe potuto stipulare</strong> il contratto), siccome prevista dall’<strong>art.123, comma 1 e 2</strong>, c.p.a., può essere <strong>quantificata</strong> – osservando il principio di <strong>proporzionalità</strong>, coniugato con <strong>l’esigenza di orientare i futuri comportamenti</strong> della stazione appaltante destinataria – nella <strong>misura percentuale minima</strong> dello <strong>0,5 %</strong> sul <strong>prezzo complessivo di prima annualità</strong> indicato nel contratto e da rapportare alla durata della concessione.</p> <p style="text-align: justify;">L’8 agosto esce l’ordinanza delle <strong>SSUU</strong> n.14260 che, <strong><em>re melius perpensa</em></strong> rispetto al <strong>precedente di aprile</strong>, estende <strong>la giurisdizione del GA</strong> alla <strong>sorte del contratto a valle</strong>, quand’anche <strong>se ne discuta</strong> quale <strong>effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione</strong> ad opera <strong>della PA in via di autotutela</strong> (<strong>annullamento d’ufficio</strong>) per essere essa <strong>intervenuta senza previa gara</strong>. Per la Corte, <strong>insistere</strong> - con riguardo a queste controversie - per la <strong>giurisdizione del GO</strong> contraddice i <strong>principi di ascendenza sovranazionale</strong> in materia, <strong>duplicando i procedimenti</strong> richiesti al privato per <strong>ottenere tutela giurisdizionale</strong> e facendo <strong>implementare il rischio</strong> di <strong>pronunce di giudici diversi in conflitto tra loro</strong>. Se è pur vero dunque che le <strong>disposizioni vigenti non prevedono esplicitamente</strong> il caso dell’autotutela, affermando la <strong>giurisdizione esclusiva del GA</strong> sulla <strong>declaratoria di inefficacia del contratto</strong> a valle <strong>solo</strong> laddove vi sia stata <strong>previa caducazione in via giurisdizionale</strong> della aggiudicazione, <strong>l’art.12 delle preleggi</strong> impone di <strong>attivare in sede interpretativa</strong> sia il <strong>criterio ermeneutico testuale</strong>, sia <strong>quello sistematico</strong> che fa perno sulla <strong><em>ratio legis</em></strong>; proprio affidandosi a <strong>quest’ultimo</strong> criterio interpretativo, affiora per la Corte <strong>quella <em>eadem ratio</em></strong> che si compendia nella <strong>necessità di preservare</strong> i <strong>principi di trasparenza, di pubblicità e di concorrenza</strong> ai quali deve ispirarsi la PA in materia di <strong>appalti pubblici</strong>. Di qui la conclusione onde <strong>su tutte le controversie conseguenti all’annullamento dell’aggiudicazione</strong> va riconosciuta <strong>al GA</strong> una <strong>cognizione piena</strong>, ivi compresa, <strong><em>a fortiori</em></strong>, l’ipotesi in cui <strong>tale annullamento</strong> intervenga <strong>ad opera della stessa PA</strong> per essere stato il contratto affidato <strong>senza gara</strong> in palmare <strong>violazione</strong> delle <strong>norme interne ed europee</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2013</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 aprile esce la sentenza della II sezione del Tar Piemonte n.452 alla cui stregua le <strong>sanzioni pecuniarie alternative</strong> alla <strong>declaratoria di inefficacia del contratto</strong> a valle (che dunque <strong>continua a spiegare i propri effetti</strong>) siccome previste <strong>dall’art.123</strong> del c.p.a. <strong>non</strong> sono riconducibili alla categoria delle <strong>sanzioni amministrative in senso proprio</strong>, irrogate <strong>da una PA</strong> per <strong>violazione di norme di diritto pubblico</strong>, quanto piuttosto alla categoria delle “<strong><em>sanzioni processuali</em></strong>” irrogate dal <strong>Giudice</strong>, quantunque sempre per <strong>violazione di norme di diritto pubblico</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 agosto esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.4039 alla cui stregua <strong>all’art.122 c.p.a.</strong> in tema di <strong>inefficacia del contratto a valle</strong> - dichiarata dal GA sulla scorta di un <strong>sindacato</strong> di quest’ultimo involgente una <strong>valutazione complessiva</strong> della <strong>situazione di fatto</strong> e di <strong>tutti gli interessi sottesi</strong> alla singola vicenda – si applica <strong>l’art.34, comma 2</strong>, del c.p.a. onde <strong>in nessun caso</strong> il GA medesimo può <strong>pronunciare</strong> con riferimento a “<strong><em>poteri amministrativi non ancora esercitati</em></strong>”; nel caso di specie, il GA può dunque disporre <strong>il subentro del ricorrente</strong> vittorioso avverso gli <strong>atti di gara</strong>, previa <strong>declaratoria di inefficacia del contratto a valle</strong>, solo quando <strong>l’accoglimento</strong> del pertinente <strong>ricorso</strong> non renda <strong>necessaria una ulteriore attività procedimentale</strong> della PA appaltante finalizzata <strong>all’individuazione del nuovo aggiudicatario</strong> della gara; e dunque, in sostanza, solo quando <strong>sia automatico</strong> che dalla <strong>caducazione dell’aggiudicazione</strong> discenda la <strong>spettanza del contratto</strong> al ricorrente medesimo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2014</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 settembre viene varato il <strong>decreto legge n.133</strong>, recante <strong>misure urgenti</strong> per <strong>l'apertura dei cantieri</strong>, la realizzazione delle <strong>opere pubbliche</strong>, la <strong>digitalizzazione</strong> del Paese, la <strong>semplificazione burocratica</strong>, l'emergenza del <strong>dissesto idrogeologico</strong> e per la <strong>ripresa delle attività produttive</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 ottobre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.5282 onde <strong>l’aggiudicazione della gara</strong> può essere <strong>conseguenza effettuale automatica</strong> della <strong>pronuncia del GA</strong> di <strong>annullamento dell’atto di ammissione alla gara</strong> di quei soggetti che <strong>precedono</strong> il ricorrente nella pertinente <strong>graduatoria</strong> solo una volta che <strong>risulti indiscussa e consolidata la posizione</strong> nella graduatoria medesima del ricorrente in parola, in veste di <strong>primo classificato utile</strong> a seguito delle <strong>esclusioni</strong> derivanti dal <strong>giudicato</strong> di specie; negli <strong>altri casi</strong> il GA, una volta <strong>annullata l’aggiudicazione definitiva</strong> dell’appalto conteso, può, <strong>ex art.122</strong> c.p.a., disporre il <strong>subentro della parte ricorrente</strong> nel contratto (dichiarato <strong>inefficace</strong> rispetto all’<strong>originario, illegittimo aggiudicatario</strong>) solo a condizione che il <strong>vizio dell’aggiudicazione</strong> non comporti <strong>l’obbligo di rinnovare la gara</strong> (implicando tale fattispecie la <strong>spendita</strong> da parte della PA di <strong>poteri non ancora esercitati</strong> ex art.<strong>34, comma 2</strong>, c.p.a.), e sempre che la <strong>domanda di subentro</strong> sia stata <strong>spiccata</strong> e lo <strong>stato di esecuzione</strong> del contratto e <strong>la relativa tipologia</strong> consentano il ridetto subentro.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 novembre viene varata la <strong>legge n.164</strong> che, nel <strong>convertire con modificazioni</strong> il decreto legge <strong>n.133</strong>, inserisce nell’<strong>articolo 9</strong>, tra gli altri, un <strong>comma 2-<em>sexies</em></strong> alla cui stregua costituiscono <strong>esigenze imperative</strong> connesse a un <strong>interesse generale</strong> ai sensi dell'<strong>articolo 121, comma 2</strong>, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio <strong>2010, n. 104</strong> – che, <strong>come tali</strong>, in forza della c.d. <strong>inefficacia “<em>cedevole</em>”,</strong> non consentono al GA di <strong>dichiarare inefficace il contratto a valle</strong> anche in presenza di <strong>violazioni molto gravi</strong> in seno alla <strong>procedura di gara</strong> - quelle <strong>funzionali alla tutela dell'incolumità pubblica</strong>. Sul crinale <strong>cautelare</strong>, nei casi di <strong>procedure ad evidenza pubblica avviate o da avviarsi</strong>, in quelli conseguenti alla <strong>redazione di verbale di somma urgenza</strong> per interventi conseguenti alla <strong>dichiarazione dello stato di emergenza</strong>, nonché nei casi di cui al comma 1 del medesimo articolo 9 (e dunque nei casi di <strong>estrema urgenza</strong>), il TAR, nel valutare <strong>l'istanza cautelare</strong>, può <strong>accoglierla unicamente</strong> nel caso in cui i requisiti di <strong>estrema gravità e urgenza</strong> previsti dall'<strong>articolo 119, comma 4</strong> del codice siano ritenuti <strong>prevalenti</strong> rispetto alle <strong>esigenze di incolumità pubblica</strong> evidenziate dalla <strong>stazione appaltante</strong>, comunque con fissazione della data di <strong>discussione del merito</strong> del giudizio ai sensi del medesimo <strong>articolo 119, comma 3</strong>, del codice del processo amministrativo e, dunque, alla <strong>prima udienza successiva</strong> alla scadenza del termine di <strong>30 giorni</strong> dalla data di <strong>deposito dell'ordinanza cautelare</strong>. In sostanza, la <strong>tutela della incolumità pubblica</strong> viene dunque additata quale <strong>esigenza imperativa</strong> connessa ad un <strong>interesse generale</strong> che consente di <strong>paralizzare l’inefficacia del contratto</strong> (e, dunque, di <strong>lasciarlo efficace</strong>) anche al cospetto di <strong>violazioni particolarmente gravi</strong> della <strong>procedura di gara</strong>, che normalmente comporterebbero <em>de plano</em> la <strong>declaratoria di inefficacia del contratto a valle</strong> da parte del GA.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 ottobre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.4585 onde, a seguito della entrata in vigore delle <strong>disposizioni attuative della direttiva 2007/66/CE</strong>, riprese <strong>negli art. 121 e 122</strong> <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a>, in caso di <strong>annullamento giudiziale dell’aggiudicazione</strong> di una <strong>pubblica gara</strong>, spetta <strong>al GA</strong> il <strong>potere di decidere discrezionalmente</strong> (anche nei casi di <strong>violazioni gravi</strong>) se <strong>mantenere o meno l’efficacia del contratto</strong> nel frattempo stipulato, così che <strong>l’inefficacia</strong> del contratto medesimo non può assumersi <strong>conseguenza automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione</strong>, facendo piuttosto <strong>oggetto di una specifica pronuncia giurisdizionale;</strong> si è al cospetto per il Collegio di <strong>previsioni normative</strong> che comportano una <strong>significativa innovazione</strong> rispetto alla <strong>logica sequenza procedimentale</strong> che vede la <strong>privazione degli effetti del contratto</strong> <strong>strettamente connessa</strong> all’annullamento dell’aggiudicazione e da questa <strong>dipendente</strong>, anche nella prospettiva delle <strong>esigenze di semplificazione e concentrazione delle tutele</strong> ai fini della <strong>effettività</strong> di queste ultime. Il Collegio precisa poi che - ai sensi <strong>dell’art. 34, comma 2, <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a></strong> - in nessun caso il GA può <strong>emettere una pronuncia</strong> con riferimento a <strong>poteri amministrativi non ancora esercitati</strong> e tale regola <strong>vale anche</strong> quando il giudice amministrativo, secondo quanto disposto <strong>dagli artt. 121 e 122</strong> <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a>, dichiara <strong>l’inefficacia</strong> del contratto, potendo in tal caso <strong>disporre il subentro del ricorrente solo</strong> quando <strong>l’accoglimento del ricorso</strong> non renda necessaria una <strong>ulteriore attività procedimentale dell’amministrazione</strong> per la individuazione del <strong>nuovo aggiudicatario della gara</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 maggio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.2445, alla cui stregua - a fini dell’<strong>applicazione dell’art. 122</strong> <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a>, laddove consente al giudice di <strong>dichiarare l’inefficacia del contratto di appalto</strong> - <strong>non occorre</strong> <strong>apposita domanda</strong> del ricorrente, tale norma prevedendo la ridetta <strong>dichiarazione di inefficacia</strong> del contratto come <strong>conseguenza dell’esercizio di un potere officioso</strong> riconosciuto al <strong>GA</strong> che pronunci <strong>l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva</strong>; in questo caso infatti, per il Collegio, il giudice è <strong>chiamato anche a valutare</strong>, sulla base dei <strong>parametri specificati nella norma</strong>, se <strong>privare o meno di effetti il contratto</strong> stipulato. <strong>Soltanto</strong> ai fini dell’eventuale <strong>subentro nel rapporto contrattuale</strong>, chiosa ancora il Collegio, è richiesta una <strong>specifica domanda di parte</strong>, come si ricava, oltre che dall’articolo 122 medesimo, anche dal <strong>successivo articolo 124</strong> del codice.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 febbraio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.4456 secondo la quale la questione dei <strong>riflessi</strong> di una <strong>sentenza d’annullamento in sede giurisdizionale amministrativa</strong> dell’<strong>atto di aggiudicazione</strong> della gara d’appalto rispetto alla <strong>sorte al contratto sottostante</strong>, che oggi è <strong>espressamente risolta</strong> in termini di <strong>inefficacia</strong> dagli <strong>artt. 121 e segg. del C.P.A.</strong> di cui al <strong>D.Lgs. n. 104 del 2010</strong> – laddove riprendono le disposizioni dell’<strong>art. 2 quinquies</strong> della <strong>direttiva comunitaria 2007/66/CE</strong>- con possibilità di <strong>successiva tutela in forma specifica e per equivalente</strong>, ha avuto in relazione al <strong>regime pregresso</strong> <strong>alterne soluzioni</strong> in giurisprudenza (annullabilità, nullità, inefficacia), risultando, però, <strong>preferibile l’orientamento</strong> (vengono richiamati i precedenti di cui a Cass. n. 17693 del 2004; n. 12629 del 2006; n. 4781 del 2007; 9906 del 2008; n. 3185 2008; n. 24438 del 2011; n. 10617 del 2012; n. 2408 del 2016; Cons. Stato n. 7578 del 2011 e n. 2802 del 2013) che <strong>fa discendere</strong> dall’<strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong> <strong>definitivamente pronunciato</strong> dal GA (e <strong>non solamente delibato in primo grado</strong>, sia pur con <strong>sentenza esecutiva</strong>) la <strong>caducazione automatica</strong> del <strong>contratto successivamente stipulato</strong>, <strong>senza</strong> necessità di <strong>pronunce costitutive</strong> del relativo <strong>cessato effetto</strong> o di <strong>atti di ritiro dell’Amministrazione</strong>, e ciò in considerazione del <strong>collegamento funzionale tra i due atti</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 novembre esce la sentenza della III Sezione del Consiglio di Stato n.6299 alla cui stregua <strong>l’articolo 122</strong> <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a> – laddove regola <strong>l’inefficacia del contratto</strong> attribuendo al GA il potere di stabilire <strong>se dichiarare tale inefficacia</strong> - è applicabile, testualmente, “<em>nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara</em>”; laddove <strong>debba essere rinnovata l’intera gara</strong>, ciò implica la potestà del giudice di <strong>caducare</strong> <strong>l’atto negoziale</strong> stipulato nelle more.</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 novembre esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n. 29080 alla cui stregua, in materia di <strong>incarichi dirigenziali</strong> nell’<strong>impiego pubblico</strong> deve assumersi che, nel caso in cui <strong>la contestazione</strong> investa <strong>direttamente</strong> un <strong>atto precedente</strong> al <strong>conferimento dell’incarico</strong> e alla <strong>stipulazione del contratto</strong>, la cui asserita illegittimità sia posta dal ricorrente <strong>a base</strong> della <strong>pretesa di accertamento dell’invalidità</strong> del <strong>provvedimento di conferimento</strong> e del <strong>contratto</strong>, si è in presenza di un <strong>provvedimento</strong> certamente ascrivibile alla categoria degli <strong>atti organizzativi</strong>, mediante i quali le <strong>PPAA</strong> definiscono, secondo i <strong>principi generali</strong> fissati da <strong>disposizioni di legge</strong> e, sulla base dei medesimi, le <strong>linee fondamentali di organizzazione degli uffici</strong>, individuano gli <strong>uffici di maggiore rilevanza</strong> e i <strong>modi di conferimento</strong> della titolarità dei medesimi (ai sensi dell’<strong>art. 2, comma 1</strong>, <a href="http://www.lexitalia.it/n/2637">decreto legislativo. n. <strong>165 del 2001</strong></a>,); in simili ipotesi, la <strong>situazione giuridica soggettiva</strong> dedotta in giudizio, in quanto correlata <strong>esclusivamente e direttamente</strong> all’<strong>esercizio del potere organizzativo</strong> della PA, trova <strong>tutela</strong> in sede di <strong>giurisdizione amministrativa di legittimità</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 novembre esce la sentenza della sez. V del Consiglio di Stato n. 6529, che sancisce che l’art. 122 <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">cod. proc. amm.</a> riconosce al giudice amministrativo che annulla l’aggiudicazione, il potere di stabilire se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità, per il ricorrente, di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentro sia stata proposta. Nel caso di specie, argomenta in motivazione il CDS che “non sono stati indicati od opposti motivi per escludere che l’impresa seconda classificata, se fosse stato rilevato il motivo comportante l’esclusione della prima graduata, sarebbe risultata aggiudicataria, e ciò consente di dichiarare l’inefficacia del contratto, con subentro dell’appellante a titolo di risarcimento in forma specifica. In tale prospettiva non è ostativa, nel caso specifico, la circostanza che si tratti di un appalto integrato, insieme di progettazione ed esecuzione dei lavori, in quanto la C.R.E. s.r.l., nei propri scritti difensivi, ha allegato che i lavori sono stati consegnati il 20 giugno del 2018, risultando dunque conclusa la prestazione della progettazione, incidente per soli venti giorni sui 330 necessari ai fini dell’esecuzione dei lavori; inoltre nel corso dell’udienza il difensore dell’appellante ha dichiarato che la propria assistita è disponibile ad eseguire i lavori, tenendo ferma la progettazione di Iepa Restauri s.r.l. già eseguita e validata dalla stazione appaltante. Né è preclusiva del subentro dell’appellante la circostanza per cui i lavori in questione rientrano tra quelli finanziati dalla Regione Lazio ai sensi dell’art. 10 del d.l. 12 settembre 2013, n. 104 (disciplinante i mutui per l’edilizia scolastica), le cui disposizioni di attuazione hanno posto come termine per l’aggiudicazione il 15 settembre 2017; l’accoglimento dell’appello non comporta infatti la rinnovazione della gara, ma il solo subentro dell’appellante alla società Iepa, iniziale aggiudicataria, a fare tempo dal momento della comunicazione o, se antecedente, della notificazione della presente sentenza. In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello va accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dell’aggiudicazione in favore di Iepa Restauri s.r.l., e subentro della C.R.E. s.r.l. nell’esecuzione del contratto, ferma restando la progettazione esecutiva elaborata dalla stessa società Iepa”.</p> <p style="text-align: justify;"> Il 23 novembre esce la sentenza del TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. III, n. 2642, che si pronuncia sull’ambito di applicazione dell’art. 63 del d.lgs 165/2002. Sostiene il Tar che in tema di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di pubblico impiego contrattualizzato la disciplina dell’art. 63 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/2637">d.lgs. n. 165/2001</a> fa rientrare nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto tutti gli atti della serie negoziale successiva alla stipulazione del contratto, compresi quelli volti a disporne l’annullamento unilaterale o la caducazione automatica, in conseguenza dell’illegittimità, definitivamente accertata in sede giurisdizionale o in sede di autotutela, della procedura di un concorso per l’accesso agli impieghi presso un’Amministrazione pubblica</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 dicembre esce la sentenza del TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III BIS, n. 12485, che sostiene che è legittimo, in quanto adeguatamente motivato sotto il profilo della tutela del pubblico interesse, il provvedimento con il quale la P.A. appaltante, nonostante la intervenuta sottoscrizione del contratto di appalto, ha annullato di ufficio, in autotutela, il bando di una gara (nella specie, si trattava di un bando indetto da un istituto tecnico agrario statale per l’appalto triennale del servizio di utilizzo – manutenzione e assistenza di software in uso agli uffici). Il giudice sostiene che l’autotutela può ritenersi giustificata, ove motivata con riferimento a gravi vizi di nullità della procedura di aggiudicazione, nel caso specifico con riferimento alla sussistenza del vizio genetico costituito dalla mancata pubblicazione del medesimo bando e, in particolare, con riferimento al fatto che lo stesso risultava essere stato pubblicato in data successiva rispetto a quella prevista per la scadenza del termine di presentazione delle offerte.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 gennaio esce la sentenza n. 75 del Tar Campania - Napoli, Sez. I, con la quale viene affrontata la questione inerente la sussistenza di un obbligo giuridico alla stipula del contratto, una volta intervenuta e divenuta efficace l’aggiudicazione - secondo la nomenclatura del previgente Codice - definitiva, azionabile attraverso lo strumento processuale di cui all’art. 31 e 117 c.p.a. Il T.A.R. campano ha in particolare ritenuto che l’azione avverso il silenzio presuppone, ai sensi dell’art. 2 della L. n. 241 del 1990, la sussistenza di un obbligo giuridico a provvedere in capo all’amministrazione, che va escluso nei casi in cui detto potere si sia già consumato avendo l’amministrazione riscontrato l’istanza del privato, ancorché con atti o provvedimenti non definitivi con un provvedimento espresso e difettino profili fattuali o normativi sopravvenuti, in grado di ingenerare un rinnovato obbligo a rideterminarsi.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 gennaio esce l’ordinanza della Corte di Cassazione a Sez. Unite Civili, n. 489, che si pronuncia su un ricorso preventivo di giurisdizione proposto dal privato. A sostegno dell'istanza, la ricorrente afferma che, ai sensi dell'art. 133, comma primo, lett. e), n. 1, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, la domanda proposta dalla società privata esula dalla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo in materia di appalti pubblici, riguardando la fase esecutiva del contratto di appalto ed i relativi adempimenti, e coinvolgendo la valutazione dei presupposti per la pronuncia della risoluzione, spettante invece al Giudice ordinario. Nessun rilievo può assumere, a tal fine, la circostanza che la relativa volontà sia stata manifestata dalla Provincia mediante determinazioni, le quali rivestono solo formalmente la natura di atti amministrativi, riguardando un rapporto contrattuale di natura privatistica e non implicando l'esercizio di poteri discrezionali dell'Amministrazione. L'oggetto della controversia è infatti costituito dalla risoluzione del contratto di appalto per inadempimento delle obbligazioni connesse alla redazione del progetto esecutivo da parte dell'appaltatore, e quindi allo svolgimento di una specifica prestazione negoziale. Sostiene la Cassazione che il ricorso è fondato. In tema di appalti pubblici, anche a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010, ricorda la Corte che è stato costantemente affermato che sono devolute alla cognizione del Giudice amministrativo le controversie relative alla procedura di affidamento dell'appalto, mentre quelle aventi ad oggetto la fase di esecuzione del contratto spettano alla giurisdizione del Giudice ordinario, in quanto riguardanti un rapporto di natura privatistica caratterizzato dalla posizione di parità delle parti, titolari di situazioni giuridiche qualificabili come diritti ed obblighi (cfr. Cass., Sez. Un., 31/01/2017, n. 2482; 3/ 05/2013, n. 10301; 6/09/2010, n. 19049). Tra queste controversie vanno annoverate quelle aventi ad oggetto, come nella specie, la risoluzione anticipata del contratto autoritativamente disposta dall'Amministrazione committente a causa dell'inadempimento delle obbligazioni poste a carico dello appaltatore: anch'esse, infatti, attengono alla fase esecutiva, implicando la valutazione di un atto avente come effetto tipico lo scioglimento del contratto, e quindi incidente sul diritto soggettivo dell'appaltatore alla prosecuzione del rapporto; l'accertamento di tale diritto spetta al Giudice ordinario, mediante la verifica della legittimità dell'atto e dell'eventuale violazione delle clausole contrattuali da parte dell'Amministrazione, e ciò indipendentemente dalla veste formalmente amministrativa della determinazione adottata dalla committente, la quale non ha natura provvedimentale, nonostante il carattere unilaterale della risoluzione, che non cessa per ciò solo di operare nello ambito delle posizioni paritetiche delle parti (cfr. Cass., Sez. Un., 3/05/ 2017, n. 10705; 12/05/2006, n. 10994; 18/10/2005, n. 20116). L'applicabilità di tale principio non può essere esclusa, nel caso in esame, in virtù dell'avvenuta proposizione, nell'ambito del medesimo giudizio, dei motivi aggiunti volti all'impugnazione dei provvedimenti, con cui, successivamente alla determinazione di risoluzione del contratto in danno dell'appaltatrice, l'Amministrazione ha proceduto all'annullamento in autotutela dell'aggiudicazione pronunciata in favore di quest'ultima ed alla riaggiudicazione dell'appalto in favore dell'Alpin, con cui ha infine stipulato un nuovo contratto. E' pur vero, infatti, che l'art. 133, lett. e), n. 1 del d.lgs. n. 104 del 2010 attribuisce alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie, estendendo la giurisdizione escl siva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative. E' stato tuttavia chiarito che, in caso di annullamento d'ufficio di atti appartenenti al procedimento che ha condotto alla stipulazione del contratto, la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla legittimità dell'esercizio dell'autotutela, oltre ad essere limitata agli atti prodromici rispetto alla successiva contrattazione di diritto privato, postula che i vizi in conseguenza dei quali l'Amministrazione si è avvalsa del suo potere di eliminazione attengano al modo in cui tali atti so- no stati posti in essere o siano comunque esclusivamente ad essi propri, non potendo il contraente pubblico far valere unilateralmente vizi afferenti, in realtà, alla validità del contratto ormai perfezionato, oppure perseguire, attraverso il ricorso all'autoannullamento, l'obiettivo di sottrarsi ex post al vincolo contrattuale (cfr. Cass., Sez. Un., 9/10/2017, n. 23600; 14/05/ 2015, n. 9861; 23/10/2014, n. 22554). Nella specie, è proprio la scansione temporale degli atti posti in essere dall'Amministrazione a dimostrare l'avvenuta utilizzazione dell'annullamento d'ufficio per finalità diverse da quelle tipicamente assegnategli dalla legge, essendo stato lo stesso disposto quando ormai non ve n'era più necessità, in quanto il vincolo contrattuale risultava già sciolto per effetto della risoluzione, la quale, implicando la revoca dell'aggiudicazione per fatti sopravvenuti, doveva a sua volta considerarsi sufficiente per l'avvio del procedimento volto ad un nuovo affidamento dell'appalto, ai fini del quale l'art. 140 del d.lgs. n. 163 del 2006 prescrive esclusivamente l'interpello dei soggetti che hanno partecipato alla originaria procedura di gara, in modo da pervenire ad una nuova aggiudicazione ed alla stipulazione di un nuovo contratto. Non può d'altronde condividersi la tesi sostenuta dalla controricorrente, secondo cui la controversia riguardante la risoluzione dovrebbe ritenersi attratta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo proprio in virtù del collegamento istituito dall'art. 140 cit. tra lo scioglimento del contratto per inadempimento dell'appaltatore e l'avvio del predetto procedimento, per effetto del quale l'atto iniziale di quest'ultimo andrebbe individuato non già nell'interpello, ma nel provvedimento di risoluzione contrattuale. Quest'ultimo, al pari degli altri fatti indicati dall'art. 140 (fallimento, liquidazione coatta amministrativa o concordato preventivo dell'appaltatore), rappresenta infatti il mero presupposto storico della procedura dallo stesso disciplinata, la quale, pur configurandosi come un segmento ulteriore della originaria procedura di affidamento, della quale assorbe tutti gli atti e gli adempimenti presupposti, non include anche la fase successiva alla precedente aggiudicazione, che rimane estranea al procedimento amministrativo di scelta del contraente, ma muove dalla revoca di quest'ultima per pervenire ad una nuova aggiudicazione, sulla base di un interpello circoscritto ai soggetti già collocati nella graduatoria della precedente gara e delle medesime condizio- ni economiche proposte dall'originario aggiudicatario in sede di offerta. In conclusione, la Cassazione a Sezioni Unite riconosce che il ricorso proposto dalla Preve Costruzioni avverso la determinazione di risoluzione del contratto d'appalto spetta alla giurisdizione del Giudice ordinario, al quale la causa va rimessa.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 luglio esce la sentenza n. 1329 del Tar Calabria – Catanzaro, sez. I, che si pronuncia in tema di rito applicabile al risarcimento dei danni da mancata aggiudicazione, nel caso in cui la controversia innanzi al G.A. riguardi non già la procedura di affidamento ma solo l’azione risarcitoria. Sostiene il giudice amministrativo che alla domanda risarcitoria, avente ad oggetto la contestazione del mancato subentro nel contratto già stipulato, non è applicabile il rito abbreviato di cui all’art. 119, comma 1, lettera a), c.p.a., mancando la “<em>ratio”</em> per la quale il legislatore ha ritenuto di favorire, in deroga ai termini processuali ordinari, una più rapida tutela degli interessi pubblici in ambiti individuati.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;"> Il 2 agosto esce la sentenza del CDS, sez. V n. 5500 che si pronuncia, in tema annullamento dell'aggiudicazione di gara, in sede giurisdizionale, sulle conseguenze sul contratto già stipulato con relativi poteri del giudice dell'ottemperanza. L’attuale disciplina normativa richiede al giudice che abbia annullato l’aggiudicazione, in presenza di espressa domanda di parte, di valutare la sorte del contratto d’appalto che sia stato stipulato; ne segue che, in mancanza di espressa pronuncia del giudice, che sia il frutto di una ponderata valutazione dell’interesse pubblico, all’annullamento dell’aggiudicazione non segue la caducazione, tanto meno automatica, del contratto. La dichiarazione di inefficacia del contratto può essere pronunciata dal giudice amministrativo adito in sede di ottemperanza per l’inerzia dell’amministrazione conseguente all’annullamento degli atti di gara. Se, a seguito dell’annullamento degli atti di gara, l’amministrazione resta inerte, così consentendo la prosecuzione del contratto con la parte illegittima aggiudicataria, l’operatore economico vincitore del giudizio non avrà conseguito alcun effetto utile dal giudicato di annullamento, salvo eventualmente spuntare il risarcimento del danno che, tuttavia, è rimedio sussidiario, attivabile per il solo caso di impossibile l’esecuzione in forma specifica della sentenza (come si ricava dall’art. 112, comma 3, <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">Cod. proc. amm.</a>) Ed è chiaro che, a rigore, in caso di annullamento dell’aggiudicazione, è impossibile l’esecuzione in forma specifica solo nel caso di avvenuta completa esecuzione dell’opera, del servizio o della fornitura.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 novembre esce la sentenza del Tar Lazio, Roma, sez. I, n. 12735, che si pronuncia sui presupposti e sull’ onere di motivazione per la scelta della procedura negoziata senza pubblicazione del bando. Afferma il Tar che La procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara riveste carattere di eccezionalità rispetto all’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, per cui la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza; in particolare, nel caso di forniture e servizi caratterizzati da “infungibilità” ovvero “esclusività”, la scelta di ricorrere alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara, richiede un “particolare rigore” nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’Amministrazione affidante dimostrarne l’effettiva esistenza. E’ illegittima la determina a contrarre con la quale la P.A. ha disposto l’affidamento diretto di un servizio attraverso una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando, ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. b. 2), del d.lgs. n. 50/2016 e senza consultazioni di mercato, motivando tale scelta asserendo che il soggetto affidatario sarebbe l’unico in grado di fornire la totalità dei servizi richiesti e funzionali all’attività di ricerca e sviluppo, senza peraltro chiarire a sufficienza la ragione per la quale non abbia dato luogo almeno a consultazione preliminare ai sensi dell’art. 66, comma 1, del codice degli appalti. Nè la circostanza che la P.A. appaltante abbia aumentato i servizi richiesti la esimeva dal provvedere almeno a una indagine di mercato preliminare e dal motivare sulle ragioni per cui non poteva sussistere un affidamento a altre (anche sotto forma di compagini di imprese). Ai sensi dell’art. 121, comma 2, del c.p.a. (secondo cui “Il contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra l’altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale”) non può dichiararsi l’inefficacia del contratto di appalto nel caso in cui il contratto risulta eseguito in gran parte (nella specie, per circa il 70%) e che, alla luce della peculiarità del servizio in affidamento, sussistono quelle imprescindibili ragioni di carattere tecnico richiamate dalla norma, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale, anche alla luce della durata annuale del contratto.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 novembre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n. 7976 secondo cui, a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento di aggiudicazione, non sempre il giudice amministrativo può intervenire sul contratto di appalto che, in ragione dell’aggiudicazione, sia stato stipulato. A parte il divieto previsto dall’art. 125 cod. proc. amm., può accadere, infatti, che non sia allegato in giudizio il fatto dell’avvenuta stipulazione del contratto, ovvero che la parte ricorrente non abbia proposto espressa domanda di declaratoria dell’inefficacia del contratto (o di subentro ovvero pure di risarcimento in forma specifica) o ancora che, se proposta in primo grado, vi abbia poi rinunciato.</p> <p style="text-align: justify;">All’annullamento dell’aggiudicazione, in assenza di statuizione del giudice sul contratto d’appalto – situazione evidentemente differente da quella in cui il giudice amministrativo, pur richiesto dalla parte con domanda di declaratoria di inefficacia o di subentro, ritenga di mantener fermo il contratto soppesando espressamente le ragioni di cui all’art. 122 Cod. proc. amm. – non può seguire l’inerzia della stazione appaltante. La stazione appaltante, infatti, è tenuta a valutare se, alla luce delle ragioni che hanno determinato l’annullamento dell’aggiudicazione, permangano o meno le condizioni per la continuazione del rapporto contrattuale in essere con l’operatore economico (illegittimo) aggiudicatario, ovvero se non risponda maggiormente all’interesse pubblico, risolvere il contratto e indire una nuova procedura di gara, in applicazione del potere riconosciuto ora dall’art. 108, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.</p> <p style="text-align: justify;">L’inerzia della stazione appaltante – per l’inevitabile mutamento delle condizioni derivante dalla caducazione del provvedimento di aggiudicazione – configura una condotta inottemperante al giudicato e consente alla parte vincitrice di reagire con ricorso per l’ottemperanza.</p> <p style="text-align: justify;">La stazione appaltante, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, è tenuta a soppesare i due interessi, insieme pubblici e privati, contrapposti – quello alla continuazione del rapporto contrattuale con un operatore economico che, per le più svariate ragioni, si gioverebbe di un’aggiudicazione illegittimamente disposta in suo favore con quello all’immediata caducazione del contratto d’appalto e conseguente riedizione della procedura di gara, evidentemente emendata del vizio accertato dal giudice amministrativo – e a motivatamente dichiarare a quale – e con quale modalità – intende dar prevalenza.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2020</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 febbraio esce la sentenza della I sezione del TAR Campania n. 876 onde negli appalti pubblici, gli artt. 32 e 33 del D.Lgs. 50/2016 disciplinano le varie fasi delle procedure di affidamento che si articolano, tra l’altro: a) in una proposta di aggiudicazione da parte della commissione di gara (art. 33, comma 1); b) nell’approvazione da parte dell’organo competente secondo l’ordinamento della stazione appaltante e nel rispetto dei termini dallo stesso previsti, decorrenti dal ricevimento della proposta di aggiudicazione e che, in mancanza di diverse previsioni, è di 30 giorni; c) nell’aggiudicazione che diviene efficace dopo la verifica in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione alla gara (art. 32, comma 7).</p> <p style="text-align: justify;">L’aggiudicazione della gara di appalto è, ai sensi dell’art. 32 del D. Lgs. 50/2016, un atto esplicito ed espresso, nonché rigidamente procedimentalizzato. La suddetta disposizione dimostra che ciò che si forma tacitamente è l’approvazione della proposta di aggiudicazione, non anche l’aggiudicazione la quale, pertanto, richiede sempre una manifestazione di volontà espressa della stazione appaltante.</p> <p style="text-align: justify;">Nelle gare di appalto, l’aggiudicazione fa sorgere in capo all’aggiudicatario un’aspettativa alla stipulazione del contratto di appalto, che è ex lege subordinata all’esito positivo della verifica del possesso dei requisiti e nel contempo produce nei confronti degli altri partecipanti alla gara un effetto immediato, consistente nella privazione definitiva, salvo interventi in autotutela della stazione appaltante o altre vicende comunque non prevedibili né controllabili, del bene della vita rappresentato dall’aggiudicazione della gara.</p> <p style="text-align: justify;">Viene quindi riconosciuta la pretesa dei concorrenti ad avere conoscenza in ordine all’adozione dell’aggiudicazione e, in caso di inerzia, sollecitare l’amministrazione affinché vi provveda. Infatti, ai sensi dell’art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016, sussiste l’obbligo per la stazione appaltante di comunicare d’ufficio agli altri concorrenti diversi dall’aggiudicatario le decisioni adottate riguardo all’aggiudicazione di un appalto e, come previsto dall’art. 120, comma 5, dalla ricezione di tale comunicazione decorre per i medesimi il termine di 30 giorni per proporre ricorso giurisdizionale. Il legislatore ha quindi positivizzato l’interesse dei partecipanti ad avere conoscenza dell’esito della procedura di gara e ad ottenere una formale comunicazione in ordine all’adozione del provvedimento di aggiudicazione, anche al fine di poter eventualmente proporre il rimedio giurisdizionale.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 febbraio esce la sentenza della I sezione del TAR Toscana n. 267 secondo cui la giurisdizione del giudice ordinario, riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi, nella fase esecutiva del contratto di concessione, si estende alle questioni inerenti l’adempimento e l’inadempimento della concessione, nonché le conseguenze risarcitorie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui la P.A. eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 marzo esce la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 7219 che, intervenendo in un giudizio sull’esecuzione di un segmento di un contratto rimasto efficace dopo una pronuncia del Consiglio di Stato, richiama la propria consolidata giurisprudenza secondo cui nel settore dell'attività negoziale della P.A. tutte le controversie che attengono alla fase preliminare, antecedente e prodromica al contratto, inerenti alla formazione della sua volontà ed alla scelta del contraente privato in base alle regole c.d. dell'evidenza pubblica, appartengono al giudice amministrativo, mentre quelle che radicano le loro ragioni nella serie negoziale successiva che va dalla stipulazione del contratto fino alle vicende del suo adempimento, e riguardano la disciplina dei rapporti che dal contratto scaturiscono, sono devolute al giudice ordinario: conseguentemente, appartengono al giudice ordinario le controversie concernenti l'interpretazione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.</p> <p style="text-align: justify;">Non sposta l'asse della giurisdizione la circostanza che tra le parti sia intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato il provvedimento di Giunta di affidamento in concessione e l'atto aggiuntivo e integrativo, e ha conseguentemente dichiarato l'inefficacia del contratto intercorso tra le parti, giacché, in tale fattispecie, lo stesso Consiglio di Stato, in applicazione dell'art. 121, comma 1, cod.proc.amm., ha limitato gli effetti della pronuncia caducatoria alle prestazioni ancora da eseguire, a partire dalla scadenza del termine di 180 giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della sentenza.</p> <p style="text-align: justify;">Ne consegue che le prestazioni eseguite prima di tale data, non colpite dalla declaratoria di inefficacia, sono ancora legate dal sinallagma contrattuale e rimangono sottoposte alla disciplina privatistica che le regolava prima dell'intervento del Consiglio di Stato. Si tratta, infatti, di situazione che si colloca nella fase esecutiva del contratto, quindi al di fuori del raggio d'applicazione della giurisdizione esclusiva ex art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, cod. proc. amm., non venendo in rilievo l'esercizio di poteri discrezionali.</p> <p style="text-align: justify;">La giurisdizione spetta dunque al giudice ordinario come giudice dei diritti, cui spetta di verificare la conformità alle regole, attraverso cui i contraenti hanno disciplinato i loro contrapposti interessi, delle relative condotte attuative.</p> <p style="text-align: justify;">In questa direzione si muove anche il Consiglio di Stato (Cons. St.21/5/2014, n.2624), secondo cui è devoluta alla giurisdizione amministrativa la declaratoria di inefficacia del contratto «quale conseguenza immediata e diretta dell'annullamento dell'aggiudicazione», trattandosi di un corollario del principio di concentrazione delle tutele che ha trovato una coerente declinazione normativa dapprima nell'art. 7 del d.Ig. 20 marzo 2010 n. 53 e, successivamente, nell'art. 133 proc. ,amm. Il Consiglio di Stato ha tuttavia precisato che «tale giustificazione sistematica rest(a) limitata ai casi in cui fra l'annullamento dell'aggiudicazione e la perdita di efficacia del contratto sussista un rapporto di immediata presupposizione, nel senso che il secondo rappresenta conseguenza immediata e diretta del primo, sì da suggerire la richiamata conclusione quale corollario del principio di concentrazione. Al contrario, la medesima giustificazione non risulta applicabile alle diverse ipotesi in cui la richiesta perdita di efficacia del contratto di appalto rappresenterebbe una conseguenza solo mediata e indiretta dell'annullamento intervenuto in sede giurisdizionale e - circostanza dirimente - rappresenterebbe l'effetto di una pronuncia resa inter alios».</p> <p style="text-align: justify;">Conclusivamente, viene quindi affermato che spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere il pagamento delle prestazioni eseguite prima dell'annullamento del provvedimento di affidamento in concessione e della caducazione del contratto: la situazione giuridica soggettiva vantata ha consistenza di diritto soggettivo pieno, senza che possa ravvisarsi in capo alla pubblica amministrazione l'esercizio di poteri autoritativi discrezionali.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 26 marzo esce la sentenza della I sezione del TAR Campania n. 1261 onde, in materia di appalti pubblici, la stazione appaltante ha il potere di annullare il provvedimento amministrativo con i limiti fissati dall’art. 21 nonies l. 241/1990, ben potendo annullare il provvedimento di aggiudicazione anche in caso di sopravvenuta stipula del contratto, in quanto il potere di annullamento, diversamente da quello di revoca, attiene a vizi genetici e opera con effetti <em>ex tunc</em>; ne consegue che l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione comporta, a cascata, la caducazione del contratto medio tempore stipulato.</p> <p style="text-align: justify;">Dal nuovo codice dei contratti pubblici si desume che l’annullamento del contratto può comportare la caducazione del contratto come è reso manifesto, ad esempio, dall’art. 108, co. 1, lett. c) del d.lgs. 50/2016, secondo cui la stazione appaltante può risolvere il contratto se “<em>l’aggiudicatario si è trovato, al momento dell’aggiudicazione dell’appalto in una delle situazioni di cui all’articolo 80, comma 1, sia per quanto riguarda i settori ordinari sia per quanto riguarda le concessioni e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di appalto o di aggiudicazione della concessione, ovvero ancora per quanto riguarda i settori speciali avrebbe dovuto essere escluso a norma dell’articolo 136, comma 1”. Peraltro, il comma secondo della medesima norma prevede il dovere dell’amministrazione di risolvere il contratto qualora “nei confronti dell’appaltatore sia intervenuta la decadenza dell’attestazione di qualificazione per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci”. Tali ipotesi hanno carattere meramente esemplificativo, evidenziando che il contratto si può risolvere o si deve risolvere nei casi in cui l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.</em></p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 aprile esce la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10 che, intervenendo in un giudizio sull’accesso agli atti di un appalto, ha modo di affrontare diverse questioni problematiche e in particolare:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>a) se, in presenza di una istanza di accesso ai documenti espressamente motivata con esclusivo riferimento alla disciplina generale della l. n. 241 del 1990, o ai suoi elementi sostanziali, la pubblica amministrazione, una volta accertata la carenza del necessario presupposto legittimante della titolarità di un interesse differenziato in capo al richiedente, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, sia comunque tenuta ad accogliere la richiesta, qualora sussistano le condizioni dell’accesso civico generalizzato, previste dal d. lgs. n. 33 del 2013, e se di conseguenza il giudice, in sede di esame del ricorso avverso il diniego di una istanza di accesso motivata con riferimento alla disciplina ordinaria, di cui alla l. n. 241 del 1990 o ai suoi presupposti sostanziali, abbia il potere-dovere di accertare la sussistenza del diritto del richiedente, secondo i più ampi parametri di legittimazione attiva stabiliti dalla disciplina dell’accesso civico generalizzato.</li> <li>b) se sia configurabile, o meno, in capo all’operatore economico, utilmente collocato nella graduatoria dei concorrenti, determinata all’esito della procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente, la titolarità di un interesse giuridicamente protetto, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva delle prestazioni, in vista della eventuale sollecitazione del potere dell’amministrazione di provocare la risoluzione per inadempimento dell’appaltatore e il conseguente interpello per il nuovo affidamento del contratto, secondo la regole dello scorrimento della graduatoria;</li> <li>c) se la disciplina dell’accesso civico generalizzato, di cui al d. lgs. n. 33 del 2013, come modificato dal d. lgs. n. 97 del 2016, sia applicabile, in tutto o in parte, in relazione ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, inerenti al procedimento di evidenza pubblica e alla successiva fase esecutiva, ferme restando le limitazioni ed esclusioni oggettive previste dallo stesso codice.</li> </ol> <p style="text-align: justify;">Ritiene il Collegio che l’istanza di accesso documentale ben possa concorrere con quella di accesso civico generalizzato e la pretesa ostensiva possa essere contestualmente formulata dal privato con riferimento tanto all’una che all’altra forma di accesso.</p> <p style="text-align: justify;">L’art. 5, comma 11, del d. lgs. n. 33 del 2013 ammette chiaramente il concorso tra le diverse forme di accesso, allorquando specifica che restano ferme, accanto all’accesso civico c.d. semplice (comma 1) e quello c.d. generalizzato (comma 2), anche «le diverse forme di accesso degli interessati previste dal capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241».</p> <p style="text-align: justify;">La giurisprudenza è consolidata e uniforme nell’ammettere il concorso degli accessi, al di là della specifica questione qui controversa circa la loro coesistenza in rapporto alla specifica materia dei contratti pubblici: nulla infatti, nell’ordinamento, preclude il cumulo anche contestuale di differenti istanze di accesso.</p> <p style="text-align: justify;">Il solo riferimento dell’istanza ai soli presupposti dell’accesso documentale non preclude alla pubblica amministrazione di esaminare l’istanza anche sotto il profilo dell’accesso civico generalizzato, laddove l’istanza contenga sostanzialmente tutti gli elementi utili a vagliarne l’accoglimento sotto il profilo “civico”, salvo che il privato abbia inteso espressamente far valere e limitare il proprio interesse ostensivo solo all’uno o all’altro aspetto.</p> <p style="text-align: justify;">Se è vero che l’accesso documentale e quello civico generalizzato differiscono per finalità, requisiti e aspetti procedimentali, infatti, la pubblica amministrazione, nel rispetto del contraddittorio con eventuali controinteressati, deve esaminare l’istanza nel suo complesso, nel suo “anelito ostensivo”, evitando inutili formalismi e appesantimenti procedurali tali da condurre ad una defatigante duplicazione del suo esame.</p> <p style="text-align: justify;">Con riferimento al dato procedimentale, infatti, in materia di accesso opera il principio di stretta necessità, che si traduce nel principio del minor aggravio possibile nell’esercizio del diritto, con il divieto di vincolare l’accesso a rigide regole formali che ne ostacolino la soddisfazione.</p> <p style="text-align: justify;">La coesistenza dei due regimi e la possibilità di proporre entrambe le istanze, anche uno actu, è certo uno degli aspetti più critici dell’attuale disciplina perché, come ha bene messo in rilievo l’ANAC nelle Linee guida di cui alla delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016 (par. 2.3, p. 7) – di qui in avanti, per brevità, Linee guida – l’accesso agli atti di cui alla l. n. 241 del 1990 continua certamente a sussistere, ma parallelamente all’accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi, e la proposizione contestuale di entrambi gli accessi, può comportare un evidente aggravio per l’amministrazione (del quale l’interprete non può che limitarsi a prendere atto), dal momento che dovrà applicare e valutare regole e limiti differenti.</p> <p style="text-align: justify;">Tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi e tuttavia, come si è detto, le due fattispecie di accesso ben possono concorrere, senza reciproca esclusione, e completarsi, secondo quanto si chiarirà.</p> <p style="text-align: justify;">Il bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso previsto dalla l. n. 241 del 1990, dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti, e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti), ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni.</p> <p style="text-align: justify;">L’ANAC ha osservato che i dinieghi di accesso agli atti e documenti di cui alla l. n. 241 del 1990, se motivati con esigenze di “riservatezza” pubblica o privata, devono essere considerati attentamente anche ai fini dell’accesso generalizzato, ove l’istanza relativa a quest’ultimo sia identica e presentata nel medesimo contesto temporale a quella dell’accesso di cui alla l. n. 241 del 1990, indipendentemente dal soggetto che l’ha proposta.</p> <p style="text-align: justify;">Con ciò essa ha inteso dire, cioè, che laddove l’amministrazione, con riferimento agli stessi dati, documenti e informazioni, abbia negato il diritto di accesso ex l. 241/1990, motivando nel merito, cioè con la necessità di tutelare un interesse pubblico o privato prevalente, e quindi nonostante l’esistenza di una posizione soggettiva legittimante ai sensi della 241/1990, per ragioni di coerenza sistematica e a garanzia di posizioni individuali specificamente riconosciute dall’ordinamento, si deve ritenere che le stesse esigenze di tutela dell’interesse pubblico o privato sussistano anche in presenza di una richiesta di accesso generalizzato, anche presentata da altri soggetti.</p> <p style="text-align: justify;">Se questo è vero, non può nemmeno escludersi tuttavia, per converso, che un’istanza di accesso documentale, non accoglibile per l’assenza di un interesse attuale e concreto, possa essere invece accolta sub specie di accesso civico generalizzato fermi restando i limiti di cui ai cennati commi 1 e 2 dell’art. 5-bis d. lgs. n. 33 del 2013, limiti che, come ha ricordato anche l’ordinanza di rimessione, sono certamente più ampi e oggetto di una valutazione a più alto tasso di discrezionalità.</p> <p style="text-align: justify;">A fronte di una istanza che non fa riferimento in modo specifico e circostanziato alla disciplina dell’accesso procedimentale o a quella dell’accesso civico generalizzato e non ha inteso ricondurre o limitare l’interesse ostensivo all’una o all’altra disciplina, ma si muove sull’incerto crinale tra l’uno e l’altro, la pubblica amministrazione ha il dovere di rispondere, in modo motivato, sulla sussistenza o meno dei presupposti per riconoscere i presupposti dell’una e dell’altra forma di accesso, laddove essi siano stati comunque, e sostanzialmente, rappresentati nell’istanza.</p> <p style="text-align: justify;">A tale conclusione non osta il fatto che l’istanza di accesso civico generalizzato non debba rappresentare l’esistenza di un interesse qualificato, a differenza di quella relativa all’accesso documentale, e che non debba essere nemmeno motivata, perché l’interesse e i motivi rappresentati, indistintamente ed eventualmente, al fine di sostenere l’esistenza di un interesse uti singulus, ai fini dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, ben possono essere considerati dalla pubblica amministrazione per valutare l’esistenza dei presupposti atti a riconoscere l’accesso generalizzato uti civis, quantomeno per il limitato profilo, di cui oltre si tratterà, del c.d. public interest test.</p> <p style="text-align: justify;">In questo senso si è espresso anche il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione nella Circolare n. 2 del 6 giugno 2017 sull’Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA) – di qui in avanti, per brevità, Circolare FOIA n. 2/2017 – laddove, nel valorizzare il criterio della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo, ha chiarito al par. 2.2 che «dato che l’istituto dell’accesso generalizzato assicura una più ampia tutela all’interesse conoscitivo, qualora non sia specificato un diverso titolo giuridico della domanda (ad es. procedimentale, ambientale, ecc.), la stessa dovrà essere trattata dall’amministrazione come richiesta di accesso generalizzato».</p> <p style="text-align: justify;">Solo ove l’istante abbia inteso, espressamente e inequivocabilmente, limitare l’interesse ostensivo ad uno specifico profilo, quello documentale o quello civico, la pubblica amministrazione dovrà limitarsi ad esaminare quello specifico profilo, senza essere tenuta a pronunciarsi sui presupposti dell’altra forma di accesso, non richiesta dall’interessato.</p> <p style="text-align: justify;">A questo punto, l’Adunanza Plenaria ritiene di esaminare anche la questione circa il campo di indagine della PA a fronte di un’istanza che faccia esclusivo riferimento alla l. 241/90.</p> <p style="text-align: justify;">Al riguardo, ritiene il Collegio che, in presenza di una istanza di accesso ai documenti espressamente motivata con esclusivo riferimento alla disciplina generale della l. n. 241 del 1990, o ai suoi elementi sostanziali, la pubblica amministrazione, una volta accertata la carenza del necessario presupposto legittimante della titolarità di un interesse differenziato in capo al richiedente, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. b), della l. n. 241 del 1990, non può esaminare la richiesta di accesso civico generalizzato, a meno che non sia accertato che l’interessato abbia inteso richiedere, al di là del mero riferimento alla l. n. 241 del 1990, anche l’accesso civico generalizzato e non abbia inteso limitare il proprio interesse ostensivo al solo accesso documentale, uti singulus.</p> <p style="text-align: justify;">Diversamente, infatti, la pubblica amministrazione si pronuncerebbe, con una sorta di diniego difensivo “in prevenzione”, su una istanza, quella di accesso civico generalizzato, mai proposta, nemmeno in forma, per così dire, implicita e/o congiunta o, comunque, ancipite dall’interessato, che si è limitato a richiedere l’accesso ai sensi della l. n. 241 del 1990.</p> <p style="text-align: justify;">Ne discende che al giudice amministrativo, in sede di esame del ricorso avverso il diniego di una istanza di accesso motivata con riferimento alla disciplina ordinaria, di cui alla l. n. 241 del 1990 o ai suoi presupposti sostanziali, è precluso di accertare la sussistenza del diritto del richiedente secondo i più ampi parametri di legittimazione attiva stabiliti dalla disciplina dell’accesso civico generalizzato, stante l’impossibilità di convertire, in sede di ricorso giurisdizionale, il titolo dell’accesso eventualmente rappresentato all’amministrazione sotto l’uno o l’altro profilo.</p> <p style="text-align: justify;">In altri termini, electa una via in sede procedimentale, alla parte è preclusa la conversione dell’istanza da un modello all’altro, che non può essere né imposta alla pubblica amministrazione né ammessa – ancorché su impulso del privato – in sede di riesame o di ricorso giurisdizionale, ferma restando però, come si è già rilevato, la possibilità di strutturare in termini alternativi, cumulativi o condizionati la pretesa ostensiva in sede procedimentale.</p> <p style="text-align: justify;">Se è vero che il rapporto tra le diverse forme di accesso, generali e anche speciali, deve essere letto secondo un criterio di integrazione e non secondo una logica di irriducibile separazione, per la miglior soddisfazione dell’interesse conoscitivo, è d’altro lato innegabile che questo interesse conoscitivo nella sua integralità e multiformità deve essere stato fatto valere e rappresentato, anzitutto, in sede procedimentale dal diretto interessato e valutato dalla pubblica amministrazione nell’esercizio del suo potere, non potendo il giudice pronunciarsi su un potere non ancora esercitato, stante il divieto dell’art. 34, comma 2, c.p.a., per non essere stato nemmeno sollecitato dall’istante.</p> <p style="text-align: justify;">È vero che il giudizio in materia di accesso, pur seguendo lo schema impugnatorio, non ha sostanzialmente natura impugnatoria, ma è rivolto all’accertamento della sussistenza o meno del diritto dell’istante all’accesso medesimo e, in tal senso, è dunque un “giudizio sul rapporto”, come del resto si evince dall’art. 116, comma 4, del d. lgs. n. 104 del 2010, secondo cui il giudice, sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti. Ma il c.d. giudizio sul rapporto, pur in sede di giurisdizione esclusiva, non può essere la ragione né la sede per esaminare la prima volta avanti al giudice questo rapporto perché è il procedimento la sede prima, elettiva, immancabile, nella quale la composizione degli interessi, secondo la tecnica del bilanciamento, deve essere compiuta da parte del soggetto pubblico competente, senza alcuna inversione tra procedimento e processo.</p> <p style="text-align: justify;">Il secondo quesito posto a questa Adunanza plenaria consiste nel chiarire se sia configurabile, o meno, in capo all’operatore economico, utilmente collocato nella graduatoria dei concorrenti, determinata all’esito della procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente, la titolarità di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. b), della l. n. 241 del 1990, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva delle prestazioni, in vista della eventuale sollecitazione del potere dell’amministrazione di provocare la risoluzione per inadempimento dell’appaltatore e il conseguente interpello per il nuovo affidamento del contratto, secondo la regole dello scorrimento della graduatoria.</p> <p style="text-align: justify;">L’Adunanza plenaria ritiene che gli operatori economici, che abbiano preso parte alla gara, sono legittimati ad accedere agli atti della fase esecutiva, con le limitazioni di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, purché abbiano un interesse attuale, concreto e diretto a conoscere tali atti.</p> <p style="text-align: justify;">La giurisprudenza è univoca nell’ammettere l’accesso documentale, ricorrendone le condizioni previste dagli artt. 22 e ss. dell’art. 241 del 1990, anche agli atti della fase esecutiva laddove funzionale, ad esempio, a dimostrare, attraverso la prova dell’inadempimento delle prestazioni contrattuali, l’originaria inadeguatezza dell’offerta vincitrice della gara, contestata dall’istante nel giudizio promosso contro gli atti di aggiudicazione del servizio.</p> <p style="text-align: justify;">L’accesso documentale agli atti della fase esecutiva è ammesso espressamente dallo stesso art. 53, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016, laddove esso rimette alla disciplina degli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990, «il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici», ma anche e più in generale dalla l. n. 241 del 1990, richiamata dall’art. 53 testé citato.</p> <p style="text-align: justify;">Questa, dopo la riforma della l. n. 15 del 2015 che ha recepito l’orientamento consolidato dell’Adunanza.</p> <p style="text-align: justify;">Non rileva, pertanto, che la fase esecutiva del rapporto negoziale sia tendenzialmente disciplinata da disposizioni privatistiche, poiché anche e, si direbbe, soprattutto questa fase rimane ispirata e finalizzata alla cura in concreto di un pubblico interesse, lo stesso che è alla base dell’indizione della gara e/o dell’affidamento della commessa, che anzi trova la sua compiuta realizzazione proprio nella fase di realizzazione dell’opera o del servizio; e lo stesso accesso documentale, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce, come prevede l’art. 22, comma 2, della l. n. 241 del 1990, siccome sostituito dall’art. 10 della l. n. 69 del 2009, «principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza»: dell’attività amministrativa, quindi, considerata nel suo complesso.</p> <p style="text-align: justify;">Esiste, in altri termini, una rilevanza pubblicistica (anche) della fase di esecuzione del contratto, dovuta alla compresenza di fondamentali interessi pubblici, che comporta una disciplina autonoma e parallela rispetto alle disposizioni del codice civile – applicabili «per quanto non espressamente previsto dal presente codice e negli atti attuativi»: art. 30, comma 8, del d. lgs. n. 50 del 2016) – e questa disciplina si traduce sia nella previsione di disposizioni speciali nel codice dei contratti pubblici (artt. 100-113-bis del d. lgs. n. 50 del 2016), sia in penetranti controlli da parte delle autorità preposte a prevenire e a sanzionare l’inefficienza, la corruzione o l’infiltrazione mafiosa manifestatasi nello svolgimento del rapporto negoziale.</p> <p style="text-align: justify;">Sotto tale ultimo profilo, basti menzionare, tra gli altri, le funzioni di vigilanza attribuite all’ANAC dall’art. 213, comma 3, lett. b) e c), del d. lgs. n. 50 del 2016 in materia di esecuzione dei contratti pubblici, o i controlli antimafia da parte del prefetto, con gli effetti interdittivi di cui all’art. 88, comma 4-bis, del d. lgs. n. 159 del 2011.</p> <p style="text-align: justify;">Sotto il profilo degli interessi pubblici sottesi alla fase dell’esecuzione del rapporto, vanno richiamati il principio di trasparenza e quello di concorrenza.</p> <p style="text-align: justify;">LLa trasparenza, nella forma della pubblicazione degli atti (c.d. discosclure proattiva), è espressamente disciplinata dall’art. 29 del d. lgs. n. 50 del 2016; alla disciplina dell’accesso agli atti è dedicato l’art. 53 dello stesso codice dei contratti pubblici, che tuttavia rinvia, in generale, alla disciplina della l. n. 241 del 1990, salvi gli specifici limiti all’accesso e alla divulgazione previsti dal comma 2 al comma 6 dello stesso art. 53.</p> <p style="text-align: justify;">Ma a esigenze di trasparenza, che sorregge il correlativo diritto alla conoscenza degli atti anche nella fase di esecuzione del contratto, conducono anche il principio di concorrenza e il tradizionale principio dell’evidenza pubblica che mira alla scelta del miglior concorrente, principio che non può non ricomprendere la realizzazione corretta dell’opera affidata in esecuzione all’esito della gara.</p> <p style="text-align: justify;">È vero che il codice dei contratti pubblici, pur nell’esigenza che l’esecuzione dell’appalto garantisca la qualità delle prestazioni, menziona i principî di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza solo in riferimento alla fase pubblicistica dell’affidamento di appalti e di concessioni, ma non vi è dubbio che la fase dell’esecuzione, se si eccettuano le varianti in corso d’opera ammesse dalla legge e le specifiche circostanze sopravvenute tali da incidere sullo svolgimento del rapporto contrattuale, deve rispecchiare e rispettare l’esito della gara condotto secondo le regole della trasparenza, della non discriminazione e della concorrenza.</p> <p style="text-align: justify;">L’attuazione in concreto dell’offerta risultata migliore, all’esito della gara, e l’adempimento delle connesse prestazioni dell’appaltatore o del concessionario devono dunque essere lo specchio fedele di quanto risultato all’esito di un corretto confronto in sede di gara, perché altrimenti sarebbe facile aggirare in sede di esecuzione proprio le regole del buon andamento, della trasparenza e, non da ultimo, della concorrenza, formalmente seguite nella fase pubblicistica anteriore e prodromica all’aggiudicazione.</p> <p style="text-align: justify;">Il delineato quadro normativo e di principî rende ben evidente l’esistenza di situazioni giuridicamente tutelate in capo agli altri operatori economici, che abbiano partecipato alla gara e, in certe ipotesi, che non abbiano partecipato alla gara, interessati a conoscere illegittimità o inadempimenti manifestatisi dalla fase di approvazione del contratto sino alla sua completa esecuzione, non solo per far valere vizi originari dell’offerta nel giudizio promosso contro l’aggiudicazione, ma anche con riferimento alla sua esecuzione, per potere, una volta risolto il rapporto con l’aggiudicatario, subentrare nel contratto od ottenere la riedizione della gara con chance di aggiudicarsela.</p> <p style="text-align: justify;">La persistenza di un rilevante interesse pubblico nella fase esecutiva del contratto, idoneo a sorreggere situazioni sostanziali e strumentali di altri soggetti privati, in primis il diritto a una corretta informazione sulle vicende contrattuali, è dimostrato, sul piano positivo, da una serie di disposizioni che si vengono a richiamare.</p> <p style="text-align: justify;">Vanno anzitutto ricordate, a monte del costituendo rapporto, le regole del codice dei contratti pubblici che prevedono in generale i controlli di legittimità sull’aggiudicatario previsti dalle disposizioni proprie delle stazioni appaltanti, il cui esito positivo costituisce condizione sospensiva del contratto insieme con l’approvazione del contratto stesso.</p> <p style="text-align: justify;">Nel corso del rapporto, poi, rilevano le molteplici, complesse, ipotesi di recesso facoltativo da parte della stazione appaltante, che configurano, in realtà, altrettante ipotesi di autotutela pubblicistica, frutto di valutazione discrezionale e riconducibili al generale paradigma dell’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990.</p> <p style="text-align: justify;">Ci si riferisce in particolare, tra le ipotesi che consentono il recesso facoltativo –contemplate, rispettivamente per i contratti e le concessioni, dall’art. 108, comma 1, e dall’art. 176, commi 1 e 2, del codice – alle eventuali modifiche sostanziali del contratto, che avrebbero richiesto una nuova procedura di appalto ai sensi dell’art. 106 (art. 108, comma 1, lett. a), del d. lgs. n. 50 del 2016); al manifestarsi di una delle cause di esclusione dalla gara, previste dall’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016, al momento dell’aggiudicazione; alla violazione di gravi obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuta dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in un procedimento di infrazione ai sensi dell’art. 258 TFUE.</p> <p style="text-align: justify;">Vi sono poi specifiche ipotesi di risoluzione di natura privatistica ammesse dal codice dei contratti pubblici, oltre a quelle previste in via generale dal codice civile, per gravi inadempimenti da parte dell’appaltatore, tali da compromettere la buona riuscita delle prestazioni, accertate dal direttore dei lavori o dal responsabile dell’esecuzione del contratto, se nominato (art. 108, comma 3, del d. lgs. n. 50 del 2016) o comunque, anche al di fuori delle ipotesi di grave inadempimento, ipotesi di ritardi per negligenza dell’appaltatore rispetto alle previsioni del contratto (art. 108, comma 4, del d. lgs. n. 50 del 2016).</p> <p style="text-align: justify;">E deve qui ricordarsi, peraltro, che i gravi e persistenti inadempimenti dell’operatore economico nell’esecuzione di precedenti contratti di appalto o di concessione, che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento o la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili, costituiscono, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-ter, del d. lgs. n. 50 del 2016, causa di esclusione dalla gara e tali circostanze assumono particolare rilievo ai fini della partecipazione alla gara.</p> <p style="text-align: justify;">Ancora, più radicalmente, peraltro, la rilevanza della vicenda contrattuale anche nella fase di esecuzione è confermata dalle ipotesi di recesso obbligatorio dal rapporto contrattuale, previste dall’art. 110, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, che in realtà configurano forme di autotutela pubblicistica c.d. doverosa (con la conseguente, pacifica, giurisdizione del giudice amministrativo: Cons. St., sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2212), per l’intervenuta decadenza dell’attestazione di qualificazione per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci o per il sopraggiungere di un provvedimento definitivo, che dispone l’applicazione di una delle misure di prevenzione previste dal d. lgs. n. 159 del 2011, con effetto interdittivo antimafia; o per l’intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per uno dei reati di cui all’art. 80 (art. 108, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016); o, ancora, per il recesso di cui all’art. 88, comma 4-ter, del d. lgs. n. 159 del 2011, in seguito a comunicazione o informazione antimafia adottata dal Prefetto (art. 110, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016).</p> <p style="text-align: justify;">In tutte queste ipotesi l’art. 110, comma 1, del vigente d. lgs. n. 50 del 2016 prevede che la stazione appaltante, se intende mantenere l’affidamento alle medesime condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede di offerta, proceda allo scorrimento della graduatoria, esercitando quella che pur sempre, nonostante il contrario avviso di autorevole dottrina, è rimasta anche nel nuovo codice dei contratti pubblici una facoltà discrezionale della pubblica amministrazione, come è reso manifesto dalla lettera dell’art. 108, comma 8, del medesimo d. lgs. n. 50 del 2016, laddove menziona «la facoltà prevista dall’art. 110, comma 1».</p> <p style="text-align: justify;">La circostanza che tuttavia la stazione appaltante, al ricorrere delle ipotesi di risoluzione di cui all’art. 108, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016, abbia la mera facoltà di procedere allo scorrimento della graduatoria, con il subentro del secondo classificato o dei successivi secondo l’ordine della stessa, o di indire una nuova gara per il soddisfacimento delle proprie esigenze, laddove permangano immutate – e salva, ovviamente, l’eccezionale facoltà di revocare l’intera procedura di gara stessa, se queste esigenze siano addirittura venute meno, e di non bandirne più nessuna – non rende tuttavia evanescente l’interesse dell’operatore economico, che abbia partecipato alla gara, quantomeno meno a conoscere illegittimità, afferenti alla pregressa fase pubblicistica ma emersi solo in sede di esecuzione (ipotesi di c.d. recesso pubblicistico o, più precisamente, forme di annullamento in autotutela, discrezionale o doverosa, secondo le ipotesi sopra ricordate in via esemplificativa), o comunque inadempimenti manifestatisi in fase di esecuzione (ipotesi di c.d. recesso privatistico).</p> <p style="text-align: justify;">L’esecuzione del pubblico contratto o della pubblica concessione, se riguardata infatti anche dal necessario versante del diritto amministrativo e delle norme del codice dei contratti pubblici, che pure la regolano in ossequio ai dettami del diritto dell’Unione, non è una “terra di nessuno”, un rapporto rigorosamente privatistico tra la pubblica amministrazione e il contraente escludente qualsivoglia altro rapporto o interesse, ma è invece soggetta, oltre al controllo dei soggetti pubblici, anche alla verifica e alla connessa conoscibilità da parte di eventuali soggetti controinteressati al subentro o, se del caso, alla riedizione della gara.</p> <p style="text-align: justify;">L’interesse concorrenziale alla corretta esecuzione del contratto riacquista concretezza ed attualità, in altri termini, in tutte le ipotesi in cui la fase dell’esecuzione non rispecchi più quella dell’aggiudicazione, conseguita all’esito di un trasparente, imparziale, corretto gioco concorrenziale, o per il manifestarsi di vizi che già in origine rendevano illegittima l’aggiudicazione o per la sopravvenienza di illegittimità che precludano la prosecuzione del rapporto (c.d. risoluzione pubblicistica, facoltativa o doverosa) o per inadempimenti che ne determinino l’inefficacia sopravvenuta (c.d. risoluzione privatistica), sì che emerga una distorsione di tutte quelle regole concorrenziali che avevano condotto all’aggiudicazione della gara in favore del miglior concorrente per la miglior soddisfazione dell’interesse pubblico.</p> <p style="text-align: justify;">Tanto chiarito sulla sussistenza di un interesse, e sulla conseguente legittimazione che deriva dalla titolarità dello stesso, alla conoscenza dello svolgimento del rapporto contrattuale, occorre però, ai fini dell’accesso, che l’interesse dell’istante, pur in astratto legittimato, possa considerarsi concreto, attuale, diretto, e, in particolare, che preesista all’istanza di accesso e non ne sia, invece, conseguenza; in altri termini, che l’esistenza di detto interesse – per il verificarsi, ad esempio, di una delle situazioni che legittimerebbe o addirittura imporrebbe la risoluzione del rapporto con l’appaltatore, ai sensi dell’art. 108, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, e potrebbero indurre l’amministrazione a scorrere la graduatoria – sia anteriore all’istanza di accesso documentale che, quindi, non deve essere impiegata e piegata a “costruire” ad hoc, con una finalità esplorativa, le premesse affinché sorga ex post.</p> <p style="text-align: justify;">Diversamente, infatti, l’accesso documentale assolverebbe ad una finalità, espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull’attività, pubblicistica o privatistica, delle pubbliche amministrazioni (art. 24, comma 4, della l. n. 241 del 1990).</p> <p style="text-align: justify;">Invero, la situazione dell’operatore economico che abbia partecipato alla gara, collocandosi in graduatoria, non gli conferisce infatti, nemmeno ai fini dell’accesso, una sorta di superlegittimazione di stampo popolare a conoscere gli atti della fase esecutiva, laddove egli non possa vantare un interesse corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al cui accesso aspira (art. 22, comma 1, lett. b), della l. n. 241 del 1990).</p> <p style="text-align: justify;">Se l’accesso documentale soddisfa un bisogno di conoscenza (c.d. need to know) strumentale alla difesa di una situazione giuridica, che peraltro non necessariamente deve sfociare in un esito contenzioso (essendo la situazione legittimante all’accesso autonoma e distinta da quella legittimante all’impugnativa giudiziale e dall’esito stesso di questa impugnativa), questa situazione giuridica deve necessariamente precedere e, per di più, motivare l’accesso stesso.</p> <p style="text-align: justify;">Né giova opporre che l’accesso documentale è proprio finalizzato a fornire la prova di questo riattualizzato interesse perché altro è il bisogno di conoscere per tutelare una interesse collegato ad una situazione competitiva già esistente o chiaramente delineatasi, laddove il principio di concorrenza già opera in fase di gara e al fine eventuale di impugnare il provvedimento di aggiudicazione, e altro, evidentemente, il desiderio di conoscere per sapere se questa situazione possa crearsi per l’occasione, del tutto eventuale, di un inadempimento contrattuale.</p> <p style="text-align: justify;">E proprio nella distanza che intercorre tra bisogno di conoscenza e desiderio di conoscenza sta del resto il tratto distintivo che, al di là di ulteriori aspetti, connota l’accesso documentale rispetto a quello civico generalizzato, nel quale la conoscenza si atteggia quale diritto fondamentale (c.d. right to know), in sé, che è premessa autonoma e fondamentale per l’esercizio di qualsivoglia altro diritto.</p> <p style="text-align: justify;">L’Adunanza plenaria, proprio con riguardo all’accesso documentale, ha precisato che essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è una condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi «diretto, concreto e attuale», poiché è anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio passa a esaminare l’ultimo quesito, posto dall’ordinanza di rimessione, e cioè se la disciplina dell’accesso civico generalizzato, di cui al d. lgs. n. 33 del 2013, come modificato dal d. lgs. n. 97 del 2016, sia applicabile, in tutto o in parte, in relazione ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, inerenti al procedimento di evidenza pubblica e alla successiva fase esecutiva, ferme restando le limitazioni ed esclusioni oggettive previste dallo stesso d. lgs. n. 33 del 2013.</p> <p style="text-align: justify;">L’art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33 del 2013, introdotto dall’art. 6 del d. lgs. n. 97 del 2016, prevede testualmente che il diritto di accesso civico generalizzato, di cui all’art. 5, comma 2, del medesimo d. lgs. n. 33 del 2013, «è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990».</p> <p style="text-align: justify;">L’art. 53, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016 prevede, a sua volta, che «il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241».</p> <p style="text-align: justify;">In proposito l’Adunanza Plenaria delinea le due posizioni giurisprudenziali contrastanti.</p> <p style="text-align: justify;">Secondo l’orientamento espresso dalla sentenza n. 3780 del 5 giugno 2019 (condiviso, anche nella giurisprudenza di primo grado, da numerose pronunce), il richiamo dell’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui rinvia agli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990, non può condurre alla generale esclusione dell’accesso civico generalizzato in relazione ai contratti pubblici perché il richiamo a specifiche condizioni, modalità e limiti si riferisce a determinati casi in cui, per una materia altrimenti ricompresa per intero nella possibilità di accesso, norme speciali o l’art. 24, comma 1, della l. n. 241 del 1990 possono prevedere specifiche restrizioni.</p> <p style="text-align: justify;">Ciò non implicherebbe, però, che intere materie siano sottratte all’accesso civico generalizzato, se è vero che l’ambito delle materie sottratte deve essere definito senza possibilità di estensione o analogia interpretativa, dovendosi distinguere, nell’ambito delle eccezioni assolute previste dall’art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 50 del 2016, tra materie sottratte interamente e singoli casi sottratti nell’ambito di materie altrimenti aperte all’accesso generalizzato. Mentre il riferimento alla disciplina degli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990 costituirebbe il mero frutto di un mancato coordinamento del legislatore tra le due normative.</p> <p style="text-align: justify;">Un diverso orientamento ha seguito invece la V sezione di questo Consiglio di Stato, insieme con numerose altre pronunce dei giudici di primo grado.</p> <p style="text-align: justify;">Anzitutto, sul piano della interpretazione letterale, questo secondo orientamento ritiene che l’eccezione assoluta, contemplata nell’art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33 del 2016, ben possa essere riferita a tutte le ipotesi in cui vi sia una disciplina vigente che regoli specificamente il diritto di accesso, in riferimento a determinati ambiti o materie o situazioni, e che l’eccezione non riguardi quindi soltanto le ipotesi in cui la disciplina vigente abbia quale suo unico contenuto un divieto assoluto o relativo di pubblicazione o di divulgazione «se non altro perché tale ipotesi è separatamente contemplata nella medesima disposizione» (Cons. St., sez. V, 2 agosto 2019, n. 5503).</p> <p style="text-align: justify;">Si tratterebbe, insomma, di effettuare un coordinamento volta per volta, verificando se la disciplina settoriale, da prendere prioritariamente in considerazione in ossequio al principio di specialità, consenta la reciproca integrazione ovvero assuma portata derogatoria.</p> <p style="text-align: justify;">Secondo l’Adunanza plenaria ritiene che l’accesso civico generalizzato debba trovare applicazione, per le ragioni che si esporranno, anche alla materia dei contratti pubblici.</p> <p style="text-align: justify;">Come è stato esattamente osservato, l’accesso civico generalizzato introdotto nel corpus normativo del d. lgs. n. 33 del 2013 dal d. lgs. n. 97 del 2016, in attuazione della delega contenuta nell’art. 7 della l. n. 124 del 2015, come diritto di “chiunque”, non sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza, viene riconosciuto e tutelato «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33 del 2013).</p> <p style="text-align: justify;">L’esplicita precisazione del legislatore evidenzia proprio la volontà di superare quello che era e resta il limite connaturato all’accesso documentale che, come si è detto, non può essere preordinato ad un controllo generalizzato sull’attività delle pubbliche amministrazioni (art. 24, comma 3, della l. n. 241 del 1990).</p> <p style="text-align: justify;">Nell’accesso documentale ordinario, “classico”, si è dunque al cospetto di un accesso strumentale alla protezione di un interesse individuale, nel quale è l’interesse pubblico alla trasparenza ad essere, come taluno ha osservato, “occasionalmente protetto” per il c.d. need to know, per il bisogno di conoscere, in capo al richiedente, strumentale ad una situazione giuridica pregressa. Per converso, nell’accesso civico generalizzato si ha un accesso dichiaratamente finalizzato a garantire il controllo democratico sull’attività amministrativa, nel quale il c.d. right to know, l’interesse individuale alla conoscenza, è protetto in sé, se e in quanto non vi siano contrarie ragioni di interesse pubblico o privato, ragioni espresse dalle cc.dd. eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 33 del 2013.</p> <p style="text-align: justify;">Nel parere n. 515 del 24 febbraio 2016, il Consiglio di Stato, fornendo indicazioni sulle modifiche normative da introdurre nel d. lgs. n. 33 del 2013, ha evidenziato nel par. 11.2 che «il passaggio dal bisogno di conoscere al diritto di conoscere (from need to right to know, nella definizione inglese F.O.I.A.) rappresenta per l’ordinamento nazionale una sorta di rivoluzione copernicana, potendosi davvero evocare la nota immagine […] della Pubblica Amministrazione trasparente come una “casa di vetro”».</p> <p style="text-align: justify;">Anche nel nostro ordinamento l’evoluzione della visibilità del potere, con la conseguente accessibilità generalizzata dei suoi atti sul modello del FOIA, è la storia del lento cammino verso la democrazia e, con il progressivo superamento degli arcana imperii di tacitiana memoria, garantisce la necessaria democraticità del processo continuo di informazione e formazione dell’opinione pubblica (Corte cost., 7 maggio 2002, n. 155).</p> <p style="text-align: justify;">Il principio di trasparenza, che si esprime anche nella conoscibilità dei documenti amministrativi, rappresenta il fondamento della democrazia amministrativa in uno Stato di diritto, se è vero che la democrazia, secondo una celebre formula ricordata dallo stesso parere n. 515 del 24 febbraio 2016, è il governo del potere pubblico in pubblico, ma costituisce anche un caposaldo del principio di buon funzionamento della pubblica amministrazione, quale “casa di vetro” improntata ad imparzialità, intesa non quale mera conoscibilità, garantita dalla pubblicità, ma anche come intelligibilità dei processi decisionali e assenza di corruzione.</p> <p style="text-align: justify;">La stessa Corte costituzionale, ancor di recente (sent. n. 20 del 21 febbraio 2019), ha rimarcato che il diritto dei cittadini ad accedere ai dati in possesso della pubblica amministrazione, sul modello del c.d. FOIA (Freedom of information act), risponde a principî di pubblicità e trasparenza, riferiti non solo, quale principio democratico (art. 1 Cost.), a tutti gli aspetti rilevanti dalla vita pubblica e istituzionale, ma anche, ai sensi dell’art. 97 Cost., al buon funzionamento della pubblica amministrazione.</p> <p style="text-align: justify;">La stessa impostazione si rinviene ormai anche nel consolidato orientamento del Consiglio di Stato non solo in sede consultiva, come nel citato parere n. 515 del 2016, ma anche in sede giurisdizionale, laddove numerose pronunce rimarcano che il nuovo accesso civico risponde pienamente ai principi del nostro ordinamento nazionale di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa e di partecipazione diffusa dei cittadini alla gestione della “cosa pubblica”, ai sensi degli artt. 1 e 2 Cost., nonché, ovviamente, dell’art. 97 Cost., secondo il principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 Cost..</p> <p style="text-align: justify;">Il FOIA si fonda sul riconoscimento del c.d. “diritto di conoscere” (right to know) alla stregua di un diritto fondamentale, al pari di molti altri ordinamenti europei ed extraeuropei, come del resto si evince espressamente anche dall’art. 1, comma 3, del d. lgs. n. 33 del 2013, secondo cui le disposizioni dello stesso decreto, tra le quali anzitutto quelle dettate per l’accesso civico, costituiscono livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell’art. 117, secondo comma, lett. m), Cost..</p> <p style="text-align: justify;">Non solo, peraltro, l’accesso civico generalizzato, nel quale la trasparenza si declina come “accessibilità totale” (Corte cost., 21 febbraio 2019, n. 20), è un diritto fondamentale, in sé, ma contribuisce, nell’ottica del legislatore (v., infatti, art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 33 del 2013), al miglior soddisfacimento degli altri diritti fondamentali che l’ordinamento giuridico riconosce alla persona.</p> <p style="text-align: justify;">Bene si è osservato che il diritto di accesso civico è precondizione, in questo senso, per l’esercizio di ogni altro diritto fondamentale nel nostro ordinamento perché solo conoscere consente di determinarsi, in una visione nuova del rapporto tra potere e cittadino che, improntata ad un aperto e, perciò stesso, dialettico confronto tra l’interesse pubblico e quello privato, fuoriesce dalla logica binaria e conflittuale autorità/libertà.</p> <p style="text-align: justify;">La luce della trasparenza feconda il seme della conoscenza tra i cittadini e concorre, da un lato, al buon funzionamento della pubblica amministrazione ma, dall’altro, anche al soddisfacimento dei diritti fondamentali della persona, se è vero che organizzazione amministrativa e diritti fondamentali sono strettamente interrelati.</p> <p style="text-align: justify;">La natura fondamentale del diritto di accesso civico generalizzato, oltre che essere evincibile dagli artt. 1, 2, 97 e 117 Cost e riconosciuta dall’art. 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea per gli atti delle istituzioni europee, deve però collocarsi anche in una prospettiva convenzionale europea, laddove essa rinviene un sicuro fondamento nell’art. 10 CEDU, come hanno rilevato le citate Linee guida dell’ANAC, nel par. 2.1, e le Circolari FOIA n. 2/2017 (par. 2.1) e n. 1/2019 (par. 3).</p> <p style="text-align: justify;">Ricostruita così la natura del c.d. accesso civico generalizzato, quale “terza generazione” del diritto all’accesso, dopo quello documentale di cui alla l. n. 241 del 1990 e quello civico c.d. semplice di cui all’originaria formulazione del d. lgs. n. 33 del 2013, occorre interrogarsi sulle c.d. eccezioni assolute, previste dal già richiamato art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 50 del 2016, con particolare riferimento alla materia qui controversa.</p> <p style="text-align: justify;">Nella disciplina delle c.d. eccezioni relative ed assolute, infatti, il nostro ordinamento ha seguito una soluzione simile a quella adottata dall’ordinamento anglosassone, che distingue tra absolute exemptions e qualified exemptions.</p> <p style="text-align: justify;">Questa disposizione detta, a ben vedere, tre ipotesi di eccezioni assolute: i documenti coperti da segreto di Stato; gli altri casi di divieti previsti dalla legge, compresi quelli in cui l’accesso è subordinato al rispetto di specifiche condizioni, modalità e limiti; le ipotesi contemplate dall’art. 24, comma 1, della l. n. 241 del 1990.</p> <p style="text-align: justify;">Le eccezioni assolute sono state previste dal legislatore per garantire un livello di protezione massima a determinati interessi, ritenuti di particolare rilevanza per l’ordinamento giuridico, come è in modo emblematico per il segreto di Stato, sicché il legislatore ha operato già a monte una valutazione assiologica e li ha ritenuti superiori rispetto alla conoscibilità diffusa di dati e documenti amministrativi.</p> <p style="text-align: justify;">In questo caso la pubblica amministrazione esercita un potere vincolato, che deve essere necessariamente preceduto da un’attenta e motivata valutazione in ordine alla ricorrenza, rispetto alla singola istanza, di una eccezione assoluta e alla sussunzione del caso nell’ambito dell’eccezione assoluta, che è di stretta interpretazione.</p> <p style="text-align: justify;">L’Adunanza plenaria, pur consapevole della infelice formulazione della disposizione, ne ritiene preferibile una lettura unitaria – a partire dall’endiadi «segreti e altri divieti di divulgazione» – evitando di scomporla e di trarne con ciò stesso dei nuovi, autonomi l’uno dagli altri, limiti, perché una lettura sistematica, costituzionalmente e convenzionalmente orientata, impone un necessario approccio restrittivo (ai limiti) secondo una interpretazione tassativizzante.</p> <p style="text-align: justify;">La disposizione non può invero essere intesa nel senso di esentare dall’accesso generalizzato interi ambiti di materie per il sol fatto che esse prevedano casi di accesso limitato e condizionato, compresi quelli regolati dalla l. n. 241 del 1990, perché, se così fosse, il principio di specialità condurrebbe sempre all’esclusione di quella materia dall’accesso, con la conseguenza, irragionevole, che la disciplina speciale o, addirittura, anche quella generale dell’accesso documentale, in quanto e per quanto richiamata per relationem dalla singola disciplina speciale, assorbirebbe e “fagociterebbe” l’accesso civico generalizzato.</p> <p style="text-align: justify;">Verrebbe meno così, radicalmente, il concorso tra le due forme di accesso – documentale e generalizzato – che, per quanto problematico, è fatto salvo dall’art. 5, comma 11, del d. lgs. n. 33 del 2013, che mantiene ferme «le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241».</p> <p style="text-align: justify;">Ma in linea generale il rapporto tra le due discipline generali dell’accesso documentale e dell’accesso civico generalizzato e, a sua volta, il rapporto tra queste due discipline generali e quelle settoriali – si pensi, tra le più importanti, all’accesso civico di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 267 del 2000 e a quello ambientale di cui all’art. 3 del d. lgs. n. 195 del 2005 – non può essere letto unicamente e astrattamente, secondo un criterio di specialità e, dunque, di esclusione reciproca, ma secondo un canone ermeneutico di completamento/inclusione, in quanto la logica di fondo sottesa alla reazione tra le discipline non è quella della separazione, ma quella dell’integrazione dei diversi regimi, pur nelle loro differenze, in vista della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo che rifugge in sé da una segregazione assoluta “per materia” delle singole discipline.</p> <p style="text-align: justify;">Occorre, cioè, indagare circa la portata e il senso di tali limiti per verificare, caso per caso (la disposizione, appunto parla di “casi”) e non per interi ambiti di materia, se il filtro posto dal legislatore a determinati casi di accesso sia radicalmente incompatibile con l’accesso civico generalizzato quale esercizio di una libertà fondamentale da parte dei consociati. Anche le eccezioni assolute insomma, come osservato pure in dottrina, non sono preclusioni assolute perché l’interprete dovrà valutare, appunto, la volontà del legislatore di fissare in determinati casi limiti più stringenti all’accesso civico generalizzato.</p> <p style="text-align: justify;">Un diverso ragionamento interpretativo, che identificasse interi ambiti di materia esclusi dall’applicazione dell’accesso civico generalizzato, avallerebbe il rischio, ben avvertito in dottrina, che i casi del comma 3 dell’art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013, letti in modo frazionato e non sistematico, si trasformino in un “buco nero” della trasparenza – frutto anche di un sistema di limiti che si apre ad altri che rinviano ad ulteriori con un potenziale circolo vizioso e un regressus ad infinitum – ove è risucchiato l’accesso generalizzato, con un ritorno all’opacità dell’azione amministrativa per effetto di una interpretazione che trasforma l’eccezione in regola e conduce fatalmente alla creazione in via pretoria di quelli che, con felice espressione, sono stati definiti “segreti di fatto” accanto ai “segreti di diritto”, espressamente contemplati dalla legge.</p> <p style="text-align: justify;">L’art. 53, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016 prevede infatti che – fatta salva la disciplina dettata dal codice dei contratti pubblici per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza (ipotesi straordinarie sicuramente rientranti tra le eccezioni accesso di cui all’art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33 del 2013 per il divieto assoluto di divulgazione e accesso) – il diritto di accesso sia semplicemente differito, in relazione al nominativo dei soggetti che nelle procedure aperte hanno presentato offerte o, nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito e che hanno manifestato il loro interesse e in relazione alle offerte stesse, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime offerte; in relazione alle offerte e al procedimento di verifica dell’anomalia, fino all’aggiudicazione.</p> <p style="text-align: justify;">Questi atti, fino alla scadenza di termini indicati, «non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti» (art. 53, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016) e la trasgressione di tale divieto è presidiata dalla sanzione penale di cui all’art. 326 c.p..</p> <p style="text-align: justify;">È questa una esclusione assoluta del diritto di accesso, per quanto temporalmente limitata, incompatibile con il diritto di accesso civico generalizzato, ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2, del d. lgs. n. 33 del 2013, perché finalizzata a preservare la regolare competizione tra i concorrenti e il buon andamento della procedura di gara da indebite influenze, intromissioni, e turbamenti, e quindi dalla conoscenza di tali atti, prima della gara, da parte di chiunque, uti singulus ed uti civis.</p> <p style="text-align: justify;">Viene qui in rilievo una disciplina speciale, il cui nucleo centrale è costituito dalla conoscibilità progressiva della documentazione di gara, regolata da precise scansioni temporali volte a contemperare le ragioni dell’accesso con l’esigenza di assicurare il regolare svolgimento delle procedure selettive.</p> <p style="text-align: justify;">L’art. 53, comma 5, del d. lgs. n. 50 del 2016 prevede, parimenti, una esclusione assoluta del diritto di accesso in relazione:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali;</li> <li>b) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del codice dei contratti pubblici per la soluzione delle liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;</li> <li>c) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto;</li> <li>d) alle soluzioni tecniche e ai programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche, ove coperti da diritti di privativa intellettuale.</li> </ol> <p style="text-align: justify;">L’unica deroga a queste eccezioni assolute è prevista, nel comma 6 dell’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, per l’accesso documentale c.d. difensivo del concorrente in ordine alle informazioni contenute nell’offerta o nelle giustificazioni di altro concorrente per la tutela in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto, in linea, del resto, con quanto prevede in generale l’art. 23, comma 6, della l. n. 241 del 1990 per la prevalenza dell’accesso documentale c.d. difensivo.</p> <p style="text-align: justify;">La portata limitata anche temporalmente e motivata di questi casi, peraltro di stretta interpretazione, non può comportare ex se l’esclusione dell’intera materia dall’applicazione dell’accesso civico generalizzato, che riacquista la sua naturale vis expansiva una volta venute meno le ragioni che giustificano siffatti limiti, condizioni o modalità di accesso.</p> <p style="text-align: justify;">Le conclusioni sin qui raggiunte si rinvengono sostanzialmente anche nella delibera ANAC n. 317 del 29 marzo 2017 nella quale l’Autorità ha chiarito che, se è esatto che tra i limiti all’accesso civico generalizzato di cui agli artt. 5 e 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013 ci sono le pertinenti disposizioni del codice dei contratti pubblici, deve per converso ritenersi che, una volta venute meno le condizioni che sorreggevano quei limiti, e quindi successivamente all’aggiudicazione della gara, il diritto di accesso debba essere consentito a chiunque, ancorché nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 5-bis, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 33 del 2013.</p> <p style="text-align: justify;">Con specifico riferimento alla materia dei contratti pubblici, le esigenze di accesso civico generalizzato, assumono, a ben vedere, una particolare e più pregnante connotazione, perché costituiscono la «fisiologica conseguenza» dell’evidenza pubblica, in quanto che ciò che è pubblicamente evidente, per definizione, deve anche essere pubblicamente conoscibile, salvi, ovviamente, i limiti di legge e solo di legge, per le ragioni già esposte.</p> <p style="text-align: justify;">È vero che la l. n. 190 del 2012 ha previsto, nel comma 32, numerosi obblighi di pubblicazione degli atti di gara e l’art. 37 del d. lgs. n. 33 del 2013, in attuazione di tale delega, stabilisce un generale regime di pubblicità per tali atti. E l’art. 29 del d. lgs. n. 50 del 2016, come si è già accennato, ha disciplinato in modo analitico la pubblicazione di tali atti. Ma la sussistenza di obblighi di pubblicazione di numerosi atti in materia di gara non può condurre all’esclusione dell’accesso civico generalizzato sul rilievo che gli obblighi “proattivi” di pubblicazione soddisferebbero già, in questa materia, il bisogno o, comunque, il desiderio di conoscenza che contraddistingue il principio di trasparenza.</p> <p style="text-align: justify;">Una siffatta lettura, ancora una volta, sconta una logica di separatezza anzi che di integrazione tra le diverse tipologie di accesso che il legislatore ha inteso lasciar coesistere nel nostro ordinamento. Per contro, è proprio questa logica ermeneutica di integrazione che induce a ritenere che la obbligatoria pubblicità di determinati atti (c.d. disclosure proattiva) è solo un aspetto, pur fondamentale, della trasparenza, che tuttavia si manifesta e si completa nell’accessibilità degli atti (c.d. disclosure reattiva) nei termini previsti per l’accesso civico generalizzato.</p> <p style="text-align: justify;">Del resto la configurazione di una trasparenza che risponda a “un controllo diffuso” della collettività sull’azione amministrativa è particolarmente avvertita nella materia dei contratti pubblici e delle concessioni e, in particolare, nell’esecuzione di tali rapporti, dove spesso si annidano fenomeni di cattiva amministrazione, corruzione e infiltrazione mafiosa, con esiti di inefficienza e aree di malgoverno per le opere costruite o i servizi forniti dalla pubblica amministrazione e gravi carenze organizzative tali da pregiudicare persino il godimento di diritti fondamentali da parte dei cittadini nella loro pretesa ai cc.dd. diritti sociali.</p> <p style="text-align: justify;">Non è più possibile affermare, in un quadro evolutivo così complesso che impone una visione d’insieme anche alla luce delle coordinate costituzionali, eurounitarie e convenzionali, che l’accesso agli atti di gara costituisca un microcosmo normativo compiuto e chiuso.</p> <p style="text-align: justify;">La lettura unitaria, armonizzante, integratrice tra le singole discipline, divenuta predominante nella giurisprudenza di questo Consiglio già nel rapporto tra l’accesso agli atti di gara e l’accesso documentale della l. n. 241 del 1990 in termini di complementarietà, deve essere estesa a tutte le tipologie di accesso, ivi incluso quello civico, semplice e generalizzato, come suggerisce condivisibilmente l’ordinanza di rimessione, senza peraltro dover fare riferimento alla pur raffinata tecnica del rinvio “mobile” dell’art. 53 alla l. n. 241 del 1990, per le ragioni tutte esplicitate, alle disposizioni della l. n. 241 del 1990 siccome integrate/combinate con il complesso normativo del d. lgs. n. 33 del 2013.</p> <p style="text-align: justify;">Le sentenze n. 5502 e n. 5503 del 2 agosto 2019 della V sezione hanno ben richiamato l’essenziale ruolo di vigilanza svolto dall’ANAC in questo settore, ma non va trascurato il ruolo che un controllo generalizzato sull’aggiudicazione e sull’esecuzione del contratto svolge proprio l’accesso civico generalizzato, come ridisegnato dal d. lgs. n. 96 del 2017, con la conseguente possibilità di effettuare segnalazioni documentate da parte di terzi, una volta ottenuta la relativa documentazione con l’accesso, anche all’ANAC, che può esercitare il suo potere di raccomandazione ai sensi dell’art. 213 del d. lgs. n. 50 del 2016 anche nella fase esecutiva.</p> <p style="text-align: justify;">Il vigente Regolamento sull’esercizio dell’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici, adottato dall’ANAC e pubblicato sulla G.U. del 16 ottobre 2018, prevede, all’art. 12, comma 1, lett. b), che il procedimento di vigilanza possa concludersi, infatti, con «l’accertamento di atti illegittimi o irregolari della procedura di gara o dell’esecuzione del contratto, eventualmente accompagnato da raccomandazioni, rivolte alle stazioni appaltanti interessate, a rimuovere le illegittimità o irregolarità riscontrate, ovvero ad adottare atti volti a prevenire, per il futuro, il ripetersi di tali illegittimità e irregolarità». E particolare attenzione a sua volta l’art. 24 del Regolamento, dedica, sempre in relazione alla fase esecutiva, alle varianti in corso d’opera.</p> <p style="text-align: justify;">Risulta così confermato che, nel nostro ordinamento, l’esecuzione del contratto non è una terra di nessuno, lasciata all’arbitrio dei contraenti e all’indifferenza dei terzi, ma sottoposta all’attività di vigilanza da parte dell’ANAC, trattandosi di una fase rilevante per l’ordinamento giuridico, come dimostrano le funzioni pubbliche di vigilanza e controllo previste, nella cui cornice trova spazio, in funzione si direbbe complementare e strumentale, anche l’accesso generalizzato dei cittadini.</p> <p style="text-align: justify;">Questo, invero, non solo non è escluso dall’attività di vigilanza dell’ANAC, ma anzi può ben porsi rispetto alla stessa in funzione, come si è appena ricordato, strumentale; può consentire, infatti, che, tramite l’accesso civico generalizzato, siano valutate «le segnalazioni di violazione della normativa in materia di contratti pubblici presentate da terzi, compatibilmente con le esigenze organizzative e di funzionamento degli uffici, tenendo conto in via prioritaria della gravità della violazione e della rilevanza degli interessi coinvolti dall’appalto» (art. 4, comma 4, del Regolamento) e che l’apposito modulo della segnalazione, predisposto dall’ANAC, sia «corredato della eventuale documentazione» (art. 5, comma 2, del Regolamento) acquisita in occasione dell’accesso generalizzato, essendo altrimenti di fatto impossibile per il cittadino “contribuente” segnalare eventuali violazioni all’Autorità di settore, come invece auspica il considerando n. 122, in maniera consapevole e documentata.</p> <p style="text-align: justify;">Argomenti di carattere letterale, teleologico e sistematico come quelli esposti depongono, dunque, nel senso di una accessibilità totale degli atti di gara, seppur sempre nel rispetto degli interessi-limite, pubblici e privati, e delle conseguenti eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 33 del 2013.</p> <p style="text-align: justify;">A questo punto, secondo il Collegio occorre però tener conto di ulteriori importanti questioni.</p> <p style="text-align: justify;">La prima questione concernente il delicato bilanciamento tra il valore, fondamentale dell’accesso e quello, altrettanto fondamentale, della riservatezza, la circostanza che l’accesso possa prevedibilmente soccombere di fronte alle ragioni normativamente connesse alla riservatezza dei dati dei concorrenti non può condurre a un’aprioristica esclusione dell’accesso.</p> <p style="text-align: justify;">Tutte le eccezioni relative all’accesso civico generalizzato implicano e richiedono un bilanciamento da parte della pubblica amministrazione, in concreto, tra l’interesse pubblico alla conoscibilità e il danno all’interesse-limite, pubblico o privato, alla segretezza e/o alla riservatezza, secondo i criteri utilizzati anche in altri ordinamenti, quali il cd. test del danno (harm test), utilizzato per esempio in Germania, o il c.d. public interest test o public interest override, tipico dell’ordinamento statunitense o di quello dell’Unione europea (art. 4, par. 2, del reg. (CE) n. 1049/2001: v., per un’applicazione giurisprudenziale, Trib. UE, sez. I, 7 febbraio 2018, in T-851/16), in base al quale occorre valutare se sussista un interesse pubblico al rilascio delle informazioni richieste rispetto al pregiudizio per l’interesse-limite contrapposto.</p> <p style="text-align: justify;">È vero, infatti, che escludere dall’accesso anche generalizzato la documentazione suscettibile di rivelare gli aspetti tecnologici, produttivi, commerciali e organizzativi, costituenti i punti di forza o di debolezza delle offerte nel confronto competitivo, costituisce un obiettivo delle norme in materia di appalti pubblici dell’Unione, e che per conseguire tale obiettivo è necessario che le autorità aggiudicatrici non divulghino informazioni il cui contenuto potrebbe essere utilizzato per falsare la concorrenza.</p> <p style="text-align: justify;">E tuttavia questo obiettivo può e deve essere conseguito appunto, in una equilibrata applicazione del limite previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. c), del d. lgs. n. 33 del 2013, secondo un canone di proporzionalità, proprio del test del danno (c.d. harm test), che preservi il know-how industriale e commerciale dell’aggiudicatario o di altro operatore economico partecipante senza sacrificare del tutto l’esigenza di una anche parziale conoscibilità di elementi fattuali, estranei a tale know-how o comunque ad essi non necessariamente legati, e ciò nell’interesse pubblico a conoscere, per esempio, come certe opere pubbliche di rilevanza strategica siano realizzate o certi livelli essenziali di assistenza vengano erogati da pubblici concessionari.</p> <p style="text-align: justify;">Va ribadito – concludendo sul punto – che ciò che distingue le eccezioni relative dalle eccezioni assolute è proprio il fatto che non sussista a monte, nella scala valoriale del legislatore, una priorità ontologica o una prevalenza assiologica di alcuni interessi rispetto ad altri, sicché è rimesso all’amministrazione effettuare un adeguato e proporzionato bilanciamento degli interessi coinvolti..</p> <p style="text-align: justify;">La seconda questione riguarda il notevole aumento dei costi di gestione del procedimento di accesso, da parte delle singole pubbliche amministrazioni, aumento che, in una prospettiva di diffusa applicazione dell’accesso civico generalizzato anche ai contratti pubblici, necessiterebbe di apposita disposizione di legge.</p> <p style="text-align: justify;">Se il nostro ordinamento ha ormai accolto il c.d. modello FOIA non è l’accesso pubblico generalizzato degli atti a dover essere, ogni volta, ammesso dalla legge, ma sono semmai le sue eccezioni a dovere rinvenire un preciso, tassativo, fondamento nella legge.</p> <p style="text-align: justify;">Non deve nemmeno essere drammatizzato l’abuso dell’istituto, che possa condurre a una sorta di eccesso di accesso.</p> <p style="text-align: justify;">Innanzi tutto, va rilevato che l’esperienza applicativa del FOIA nei primi tre anni dalla sua introduzione, come emerge dai dati pubblicati dal Dipartimento della funzione pubblica, rivela un uso “normale” delle istanze di accesso civico; infatti, le istanze pervenute ai ministeri sono aumentate da 1146 nel 2017 a 1818 nel 2018, con una media, nel secondo anno, di 11 richieste mensili per ministero, assolutamente in linea con la media europea e con un tasso di risposte evase da parte dei ministeri nel termine di legge (trenta giorni), in aumento, dal 74% nel 2017 all’83% nel 2018.</p> <p style="text-align: justify;">In secondo luogo, è ovvio che l’accesso, finalizzato a garantire, con il diritto all’informazione, il buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), non può finire per intralciare proprio il funzionamento della stessa, sicché il suo esercizio deve rispettare il canone della buona fede e il divieto di abuso del diritto, in nome, anzitutto, di un fondamentale principio solidaristico (art. 2 Cost.).</p> <p style="text-align: justify;">Il diritto di accesso civico generalizzato, se ha un’impronta essenzialmente personalistica, quale esercizio di un diritto fondamentale, conserva una connotazione solidaristica, nel senso che l’apertura della pubblica amministrazione alla conoscenza collettiva è funzionale alla disponibilità di dati di affidabile provenienza pubblica per informare correttamente i cittadini ed evitare il propagarsi di pseudoconoscenze e pseudocoscienze a livello diffuso, in modo – come è stato efficacemente detto – da «contribuire a salvare la democrazia dai suoi demoni, fungendo da antidoto alla tendenza […] a manipolare i dati di realtà».</p> <p style="text-align: justify;">Sarà così possibile e doveroso evitare e respingere: richieste manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche (v., sul punto, Circolare FOIA n. 2/2017, par. 7, lett. d; Cons. St., sez. VI, 13 agosto 2019, n. 5702), contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi; richieste vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo, da valutarsi ovviamente in base a parametri oggettivi.</p> <p style="text-align: justify;">La terza questione riguarda la possibilità che l’ammissibilità dell’accesso civico generalizzato, in questa materia, verrebbe utilizzato per la soddisfazione di interessi economici e commerciali del singolo operatore, nell’intento di superare i limiti interni dei rimedi specificamente posti dall’ordinamento a tutela di tali interessi, ove compromessi dalla conduzione delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.</p> <p style="text-align: justify;">La circostanza che l’interessato non abbia un interesse diretto, attuale e concreto ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, non per questo rende inammissibile l’istanza di accesso civico generalizzato, nata anche per superare le restrizioni imposte dalla legittimazione all’accesso documentale.</p> <p style="text-align: justify;">Non si deve confondere da questo punto di vista la ratio dell’istituto con l’interesse del richiedente, che non necessariamente deve essere altruistico o sociale né deve sottostare ad un giudizio di meritevolezza, per quanto, come detto, certamente non deve essere pretestuoso o contrario a buona fede.</p> <p style="text-align: justify;">Ciò che va tutelato è l’interesse alla conoscenza del dato e questa conoscenza non può essere negata.</p> <p style="text-align: justify;">Conclusivamente, vengono enunciati i seguenti principi di diritto:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>a) la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della l. n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell’art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento;</li> <li>b) è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale;</li> <li>c) la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali soggetti da sempre coinvolge la tematica dell’annullamento dell’aggiudicazione e della sorte del contratto a valle?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>il <strong>privato ricorrente</strong> che ha <strong>ottenuto l’annullamento </strong>dell’<strong>aggiudicazione</strong> <strong>illegittima</strong> punta ad una <strong>tutela sostanziale ed effettiva</strong> che si compendia <strong>nell’ottenimento del bene della vita</strong> avvinto alla <strong>relativa partecipazione</strong> (<strong><em>prima facie</em></strong>, senza successo) alla <strong>gara</strong>, e dunque alla <strong>stipulazione del contratto</strong>; il relativo obiettivo è dunque quello di <strong>subentrare</strong> in un contratto che, in <strong>un primo momento</strong>, è stato <strong>stipulato con chi si è illegittimamente aggiudicato</strong> la gara giusta <strong>provvedimento</strong> (di aggiudicazione) alfine <strong>annullato</strong>;</li> <li>il privato che <strong>in un primo momento si è aggiudicato </strong>il contratto, a propria volta, si ritrova <strong>di colpo</strong> a dovervi <strong>rinunciare</strong>, vedendosi dunque sottratto quel medesimo <strong>bene della vita</strong> anche da lui anelato (e <strong><em>prima facie</em> ottenuto</strong>); ciò per <strong>cause</strong> che – anche se non sempre – sono <strong>sovente a lui non riconducibili</strong>, finendo dunque per “<strong><em>subire</em>” l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> e la conseguente <strong>privazione <em>ex post</em></strong> del contratto a cagione di <strong>illegittimità talvolta “<em>derivate</em>”</strong> dal procedimento gara e, durante tale <strong>fase procedimentale di evidenza pubblica</strong>, da lui <strong>non </strong>(sempre) <strong>riconoscibili,</strong> quale concorrente risultato <strong>alfine (illegittimo) aggiudicatario</strong>;</li> <li><strong>la PA</strong>, per parte sua, è coinvolta in <strong>rapporti con soggetti privati</strong> diversi; rapporti dei quali occorre garantire la <strong>massima certezza e stabilità</strong>, coinvolgendo le pertinenti dinamiche <strong>l’interesse pubblico</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre ricordare - dal punto di vista tanto sostanziale che processuale - del contratto a valle post annullamento dell’aggiudicazione prima dell’avvento del c.p.a. e della direttiva ricorsi 2007/66/CE?</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Annullata l’aggiudicazione</strong>, sulla <strong>sorte del contratto a valle</strong> si sono avvicendate <strong>diverse tesi</strong> dal punto di vista <strong>sostanziale</strong>, con imprescindibili <strong>ricadute</strong> dal punto di vista <strong>processuale</strong>:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>il contratto <strong>è annullabile</strong> ed è <strong>la sola PA a poter far valere</strong> tale annullabilità, ex <strong>1441</strong> c.c.: durante la <strong>procedura di evidenza pubblica</strong> vengono posti in essere degli <strong>atti</strong> che <strong>precedono la stipulazione del contratto a valle</strong> con il soggetto alfine risultato aggiudicatario, ed è <strong>attraverso questi atti della procedura</strong> che affiora <strong>la capacità e la volontà</strong> della PA di <strong>addivenire alla stipula</strong> del successivo contratto ridetto, onde - laddove venga meno l’aggiudicazione perché <strong>illegittima</strong> - è <strong>solo la PA a poter invocare l’annullamento del contratto</strong>, stante il proprio <strong>difetto di capacità o di volontà</strong>, tanto in via di <strong>azione</strong> che di <strong>eccezione </strong>(ovvero allorché l’aggiudicatario illegittimo ne invochi <strong>l’esecuzione</strong>); solo la PA è dunque <strong>legittimata a chiedere l’annullamento</strong> del contratto, dacché esso si assume <strong>inficiato da violazioni delle norme pubblicistiche</strong> che il legislatore ha emanato <strong>nell’interesse</strong> appunto della <strong>sola PA</strong>; trattandosi poi di far valere <strong>incapacità</strong> o <strong>vizi della volontà contrattuale</strong>, la <strong>giurisdizione</strong> sulla domanda di annullamento spiccata dalla PA non può che essere <strong>del GO</strong>. Si è tuttavia obiettato dalla <strong>dottrina</strong> che, abbracciando questa tesi, il <strong>privato che ha ottenuto l’annullamento</strong> dell’aggiudicazione <strong>non ottiene alfine</strong> una <strong>tutela piena ed effettiva</strong>, non essendo egli <strong>poi legittimato ad impugnare</strong> il contratto a valle in sede di <strong>annullamento</strong>; inoltre, le <strong>norme sul procedimento amministrativo</strong> di gara <strong>non risultano essere poste</strong> in realtà <strong>nel solo interesse della PA</strong>, garantendo <strong>anche i privati</strong> che aspirino ad ottenere la <strong>commessa pubblica</strong> e dunque l’aggiudicazione e la <strong>successiva stipula del contratto a valle</strong> della gara sulla base di una <strong>competizione</strong> che si connoti <strong>in senso aperto e concorrenziale</strong>; dal punto di vista <strong>sistematico</strong> poi il fatto che <strong>l’aggiudicazione</strong>, scaturigine del <strong>procedimento di gara</strong>, una volta <strong>annullata</strong>, abbia prodotto (o comunque manifestato) la <strong>incapacità di contrattare</strong> della PA (ex art.1425 c.c.) o abbia <strong>fatto affiorare un vizio del consenso pubblico</strong> (ex art.1427 cc.) si palesa indicazione <strong>meramente</strong> <strong>generica</strong> che non affiora <strong>in senso univoco</strong> dal sistema, non spiegandosi con argomentazioni sufficienti <strong>perché la PA sarebbe incapace</strong> e <strong>quale vizio della volontà affetterebbe</strong> il contratto a valle; sul crinale <strong>processuale</strong> infine, la <strong>tendenza</strong> del legislatore viene individuata nella <strong>volontà di concentrazione di tutte le controversie</strong> in tema di appalti pubblici nella <strong>giurisdizione esclusiva del GA</strong>, mentre questa tesi <strong>dissocia</strong> la <strong>giurisdizione del GO sul contratto</strong> da quella, preliminare, <strong>del GA sulla aggiudicazione illegittima</strong>;</li> <li>il contratto <strong>è nullo </strong>e <strong>chiunque</strong> può <strong>far valere</strong> tale <strong>nullità</strong>, peraltro <strong>rilevabile anche d’ufficio</strong> dal giudice, ex <strong>1421</strong> c.c.: occorre tenere conto che la PA <strong>persegue un preciso scopo</strong> assegnatole dalla <strong>Legge</strong>, ovvero il <strong>soddisfacimento dell’interesse pubblico</strong>, onde le <strong>deviazioni procedimentali</strong> sfociate nell’aggiudicazione illegittima – impedendo il <strong>raggiungimento</strong> di tale <strong>scopo fondamentale</strong> – non possono che <strong>compendiare la violazione di norme imperative</strong>, con conseguente <strong>nullità del contratto a valle</strong>; inoltre, dal momento che <strong>il vizio</strong> del contratto a valle “<strong><em>discende</em></strong>” dalla <strong>previa caducazione dell’aggiudicazione illegittima</strong>, proprio tale <strong>annullamento</strong> della aggiudicazione, <strong>retroagendo <em>ex tunc</em></strong>, finisce con <strong>privare <em>ab origine</em> di fondamento</strong> il <strong>consenso dalla PA espresso</strong> in sede di stipula del contratto, con <strong>mancanza della volontà</strong> di <strong>una delle parti</strong> (quella <strong>pubblica</strong> appunto) e conseguente <strong>nullità strutturale del contratto a valle</strong> ridetto per <strong>combinato disposto</strong> degli <strong>articoli 1418, comma 2</strong>, e <strong>1325, n.1</strong>, c.c.. Anche questa tesi viene <strong>criticata</strong> dalla <strong>dottrina più avvertita</strong> e da parte della <strong>giurisprudenza</strong>, facendo perno sulle <strong>peculiari esigenze di certezza e stabilità dei rapporti giuridici</strong> che coinvolgono <strong>la PA</strong> e <strong>gli interessi pubblici</strong> di cui essa è portatrice, decisamente <strong>in frizione</strong> con la <strong>possibilità di far valere</strong> la <strong>nullità</strong> del contratto a valle <strong>da chiunque</strong> e <strong>in ogni tempo</strong>, peraltro con possibile <strong>rilevabilità d’ufficio</strong> nel processo; inoltre, sul piano <strong>sistematico</strong> la nullità viene in genere additata quale <strong>vizio genetico del contratto</strong>, mentre in questa ipotesi si è <strong>nella sostanza</strong> al cospetto di <strong>una nullità “<em>sopravvenuta</em>”,</strong> che <strong>discende</strong> dalla <strong>retroattività dell’annullamento</strong>, <strong><em>ex post</em></strong>, dell’aggiudicazione illegittima da parte del GA.;</li> <li>il contratto è <strong>inefficace</strong> e la <strong>legittimazione a far valere</strong> tale inefficacia è <strong>riconoscibile solo</strong> al <strong>privato che ha ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> da parte del <strong>GA</strong>, con contenimento del pregiudizio subito dall’<strong>originario aggiudicatario illegittimo di buona fede</strong>; durante la <strong>sequenza di gara</strong> si è venuta <strong>formando</strong> la <strong>volontà della PA</strong> che, tuttavia, è poi <strong>sfociata</strong> in un riconoscimento di <strong>illegittimità della procedura</strong> da parte del GA ed in un <strong>conseguente annullamento dell’aggiudicazione</strong>; ciò ha finito col <strong>privare la PA</strong>, con effetti <strong><em>ex tunc</em></strong>, della <strong>legittimazione a contrattare</strong>, fattispecie capace di produrre appunto (non già <strong>la nullità</strong>, quanto piuttosto) <strong>l’inefficacia sopravvenuta</strong> del contratto a valle, “<strong><em>relativa</em></strong>” perché <strong>inopponibile al solo privato</strong> il quale <strong>ha fatto ricorso</strong> ed ha <strong>ottenuto dalla PA l’annullamento dell’aggiudicazione</strong>, annullamento <strong>dal quale</strong> la ridetta inefficacia discende; ciò <strong>in applicazione analogica</strong> degli <strong>articoli 23 e 25</strong>c., che – in caso di <strong>annullamento della deliberazione</strong> di una <strong>associazione</strong> o di una <strong>fondazione</strong> – fanno <strong>salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede</strong> in conseguenza degli <strong>atti esecutivi della deliberazione</strong> a contrarre, poi annullata; si tratta di garantire la <strong>certezza dei rapporti giuridici</strong> in cui è coinvolta la <strong>parte pubblica</strong> e, ad un tempo, di <strong>non pregiudicare oltremodo</strong> il <strong>terzo di buona fede</strong> che ha <strong>beneficiato</strong> della <strong>delibera</strong> poi giudicata illegittima; <strong>l’inefficacia sopravvenuta</strong> – che va dichiarata dallo <strong>stesso GA</strong> che ha <strong>caducato</strong> l’aggiudicazione illegittima - a<strong> differenza </strong>della <strong>nullità,</strong> <strong>non estende</strong> dunque i relativi <strong>effetti</strong> alla <strong>prestazioni già eseguite <em>medio tempore</em></strong> da chi, <strong>originario aggiudicatario</strong> illegittimo, ha proceduto alla <strong>stipula del contratto in buona fede</strong> ed alla <strong>erogazione</strong> delle ridette, pertinenti prestazioni; in sostanza, anche questa tesi <strong>predica una retroattività</strong> della <strong>inefficacia</strong> che nondimeno – a differenza della <strong>nullità retroattiva</strong> – estendendosi <strong>fino al momento </strong>della<strong> domanda giudiziale </strong>di<strong> inefficacia</strong> <strong>del contratto</strong> da parte di <strong>chi ha ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> (e <strong>non già</strong> fino al momento <strong>della stipula</strong> del contratto medesimo), <strong>non pregiudica</strong> i diritti acquistati <em>medio tempore</em> dal <strong>terzo di buona fede</strong> (segnatamente, <strong>dall’originario aggiudicatario illegittimo</strong>) né <strong>conculca le prestazioni</strong> da lui <strong>già eventualmente eseguite</strong>, secondo una disciplina analoga a quella che il <strong>codice civile</strong> detta, a <strong>tutela dei terzi</strong>, nelle varie fattispecie di <strong>demolizione</strong> che investa <strong>rapporti di durata</strong> che hanno appunto <strong>coinvolto terzi</strong> la cui <strong>buona fede</strong> va tutelata (articoli del c.c. <strong>1452</strong> in tema di <strong>rescissione</strong>, <strong>1458, comma 2</strong> , e <strong>1467</strong> in tema di <strong>risoluzione</strong>; <strong>2901</strong> in tema di <strong>revocatoria</strong>);</li> <li>il contratto è <strong>automaticamente caducato</strong>, quale <strong>effetto immediato e diretto</strong> dell’<strong>annullamento dell’aggiudicazione illegittima</strong>; il contratto <strong>a valle</strong>, proprio perché <strong>tale</strong>, è legato da un <strong>nesso di presupposizione necessaria</strong> rispetto al <strong>provvedimento di aggiudicazione</strong> e proprio tale rapporto di <strong>stretta consequenzialità</strong> impone di assumere <strong>direttamente ed immediatamente caducato</strong> il <strong>contratto successivo</strong> una volta demolita dal GA la <strong>aggiudicazione preventiva</strong>; poiché aggiudicazione e contratto <strong><em>simul stabunt, simul cadent</em></strong>, una volta <strong>caduta la prima</strong> (l’aggiudicazione), vengono <strong>automaticamente a mancare i presupposti di efficacia del secondo</strong> (il contratto), che viene <strong>privato in via definitiva</strong> dei propri <strong>effetti giuridici</strong>; <strong>sopravviene </strong>una<strong> inidoneità funzionale</strong> del <strong>programma negoziale</strong> originario per l'<strong>incidenza esterna </strong>di<strong> interessi giuridici preminenti</strong>, <strong>incompatibili</strong> con l'<strong>interesse interno negoziale</strong> e riconducibili all’interazione dell’<strong>ordinamento interno</strong> con <strong>quello europeo</strong>, stante anche il disposto di cui all’<strong>117, comma 1, Cost.</strong> come novellato nel <strong>2001</strong>. La prima critica mossa a questa teoria è che <strong>non esiste alcuna norma</strong> che <strong>espressamente prevede</strong> (siamo prima del codice del processo amministrativo) una <strong>caducazione automatica</strong> del contratto in forza <strong>dell’annullamento dell’aggiudicazione</strong>; inoltre, si tratta di una <strong>opzione ermeneutica rigida</strong>, dacché implica <strong>sempre automaticamente la caducazione</strong> del contratto stipulato con <strong>l’originario (illegittimo) aggiudicatario</strong>, senza peraltro distinguere da <strong>caso a caso</strong> sulla base della <strong>gravità del vizio</strong> che ha inficiato l’aggiudicazione, della <strong>situazione di buona fede o meno</strong> dell’originario aggiudicatario anch’egli destinatario della caducazione (assieme alla PA), nonché dello <strong>stato di maggiore o minore avanzamento nell’esecuzione del contratto</strong> da parte di quest’ultimo.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Dopo l’avvento del c.p.a. del 2010, quale vizio inficia il contratto “a valle”, tenendo conto che esso – testualmente - può essere dichiarato (o va dichiarato) inefficace da parte del GA?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>inefficacia “<strong><em>accertativa</em></strong>”: il c.p.a. utilizza l’espressione “<strong><em>inefficacia del contratto</em></strong>” in senso <strong>meramente descrittivo</strong>, e quindi con riferimento agli <strong>effetti della fattispecie</strong>, occorrendo dunque assumere il <strong>vizio</strong> del contratto a valle <strong>in termini di “<em>nullità</em>”</strong>, come si evince anche dalla <strong>dicitura</strong> usata sia <strong>dall’art.121</strong> che <strong>dall’art.122</strong> in termini di “<strong><em>dichiarazione</em></strong>” dell’<strong>inefficacia</strong>; il contratto deve considerarsi <strong>nullo</strong> per <strong>violazione di norme imperative (</strong>quelle afferenti alle <strong>gare</strong>), potendo peraltro il GA <strong>rilevare tale nullità anche d’ufficio</strong> e, conseguentemente, <strong>dichiarare l’inefficacia</strong> del contratto; l’<strong>azione</strong> per far dichiarare la <strong>inefficacia/nullità</strong> è <strong>spiccabile da qualsivoglia interessato</strong>, è <strong>imprescrittibile</strong>, la declaratoria pertinente <strong>può avvenire d’ufficio</strong> e la pronuncia <strong>ha natura dichiarativa</strong>;</li> <li>inefficacia “<strong><em>costitutiva</em></strong>”. il c.p.a. disegna una figura di <strong>inefficacia tecnicamente intesa</strong>, e dunque di “<strong>risoluzione <em>ope iudicis</em></strong>”; invero, è <strong>lo stesso giudice</strong> “<strong><em>che annulla l’aggiudicazione</em></strong>” il solo che <strong>può dichiarare l’inefficacia</strong> del contratto, e poiché, genericamente, <strong>la sorte del contratto</strong> a valle è <strong>già affidata al GA</strong> (in sede di <strong>giurisdizione esclusiva</strong>) <strong>dall’art.133, comma 1, lettera e), n.1</strong> del codice, le norme che specificamente prevedono il <strong>potere del GA di dichiarare l’inefficacia</strong> (articoli <strong>121 e 122</strong>) del ridetto contratto sarebbero <strong>pleonastiche</strong> se non si desse loro una <strong>significato diverso</strong>, pregnante proprio in termini di <strong>qualificazione giuridica specifica e tecnica</strong> di tale inefficacia; neppure poi - stante poi la previsione di una <strong>competenza territoriale inderogabile,</strong> come da <strong>combinato disposto</strong> degli <strong>articoli 14, comma 3</strong>, e <strong>119, comma 1, lettera a)</strong> del c.p.a. - si potrebbe <strong>affermare</strong> che tale attribuzione di <strong><em>potestas iudicandi</em> sull’inefficacia</strong> al GA dipenda dalla <strong>necessità di affidare</strong>, in termini di <strong>competenza per connessione</strong>, la giurisdizione <strong>sull’inefficacia</strong> del contratto a valle in parola al <strong>medesimo giudice </strong>dell’<strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong> a monte, poiché tanto sull’<strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong> a monte quanto sulla <strong>declaratoria di inefficacia del contratto</strong> a valle si configura una <strong>competenza territoriale inderogabile</strong> del GA che <strong>giudica sull’aggiudicazione</strong>; bisogna piuttosto prendere atto, secondo questo diverso prisma ermeneutico, di <strong>una sorta di pregiudiziale</strong> del <strong>giudizio di annullamento dell’aggiudicazione</strong> rispetto al <strong>giudizio sull’efficacia del contratto <em>medio tempore</em> concluso</strong>, dovendo tale ultimo giudizio essere <strong>sostanzialmente contestualizzato al primo</strong> (come dimostra appunto la stessa <strong>competenza territoriale inderogabile</strong> sia sull’<strong>aggiudicazione a monte</strong> che sul <strong>contratto a valle</strong>); anche le disposizioni in tema di <strong>risarcimento (per equivalente) del danno</strong> al ricorrente che abbia <strong>ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> (art.124 c.p.a.) sembrano confermare la tesi della <strong>inefficacia</strong> / <strong>risoluzione “<em>ope iudicis</em>”</strong> del contratto a valle, sol che si consideri come la <strong>domanda di conseguire</strong> (tutela <strong>in forma specifica</strong>) <strong>l’aggiudicazione</strong> <strong><em>ex novo</em></strong> del contratto – e dunque il <strong>subingresso</strong> nel medesimo – si palesi <strong>comunque condizionata</strong> alla <strong>declaratoria di inefficacia del contratto già stipulato</strong> con l’originario, illegittimo aggiudicatario <strong>ex art.121 e 122</strong>p.a., onde il GA può, <strong>alternativamente</strong>, dichiarare <strong>l’inefficacia</strong> del contratto e disporre il <strong>subingresso</strong> del ricorrente nel contratto medesimo (tutela in forma specifica), ovvero <strong>non dichiarare tale inefficacia</strong> e <strong>disporre</strong> per il ricorrente il <strong>solo risarcimento del danno per equivalente</strong> (peraltro, secondo la presa di posizione della <strong>Corte di Giustizia UE del 2010</strong>, <strong>senza</strong> che sia necessario <strong>provare la colpa</strong> della PA appaltante, e senza che possa la PA medesima provare il proprio <strong>difetto di colpa</strong>); ecco che allora <strong>l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> si pone come <strong>pregiudiziale</strong> rispetto tanto alla <strong>declaratoria di inefficacia del contratto</strong> (e al conseguente <strong>subentro</strong>, nello stesso, ove possibile) quanto all’eventuale <strong>risarcimento del danno</strong>, dovendosi assumere la <strong>declaratoria di inefficacia</strong> come <strong>strettamente avvinta</strong> allo stesso <strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong>, partecipando della <strong>medesima natura demolitoria e “<em>risolutiva</em>”, </strong>tenuto conto che - laddove la <strong>parte ricorrente</strong> abbia chiesto il <strong>risarcimento del danno</strong> (per equivalente) <strong>in modo sganciato dall’impugnativa dell’aggiudicazione</strong> al terzo - il fatto che <strong>non abbia chiesto senza giustificato motivo di subentrare</strong> nel contratto stipulato con il terzo originario (ed assunto illegittimo) aggiudicatario <strong>può configurare un elemento</strong> (ovviamente <strong>negativo</strong>) di <strong>valutazione dell’<em>an</em> e del <em>quantum</em></strong> del chiesto risarcimento <strong>ai sensi dell’art.1227 c.c.</strong> (<strong>concorso di colpa</strong> del danneggiato), onde chi sceglie di <strong>chiedere il solo risarcimento</strong> <strong>senza impugnare contestualmente </strong>(nei termini) <strong>l’aggiudicazione</strong> e <strong>senza contestualmente chiedere la declaratoria di inefficacia</strong> del contratto a valle ed il <strong>successivo subentro</strong> nel contratto medesimo, corre il rischio di vedere <strong>grandemente scemato</strong>, se non <strong>escluso</strong>, il proprio <strong>diritto al risarcimento del danno</strong>; ciò conferma – secondo questa tesi – che la <strong>domanda di declaratoria di inefficacia del contratto</strong> è <strong>strettamente avvinta</strong> a quella di <strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong>, quasi <strong>vi si innesta</strong>, onde proprio il fatto che il ricorrente <strong>è in qualche modo costretto a chiedere contestualmente</strong> tanto <strong>l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> quanto la <strong>declaratoria di inefficacia del contratto</strong> finisce con il <strong>far qualificare</strong> tale declaratoria di inefficacia quale <strong>risoluzione <em>ope iudicis</em></strong> del contratto con <strong>efficacia costitutiva</strong>, essendosi al cospetto <strong>non già di una inefficacia “<em>descrittiva</em>”</strong> (e dunque di una <strong>nullità</strong>), quanto piuttosto di una <strong>inefficacia tecnicamente intesa</strong>, con <strong>effetti costitutivi di tipo “<em>risolutivo</em>”</strong> o, in subordine, di una <strong>forma di inefficacia contrattuale propria del diritto amministrativo</strong>, <strong>non assimilabile</strong> a quella civilistica e appannaggio del <strong>solo GA</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Può il GA procedere d’ufficio a dichiarare inefficace il contratto a valle?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><strong>si</strong>, sempre e <strong>in ogni caso</strong>, avendo in particolare il codice del processo amministrativo <strong>ampiamente valorizzato il ruolo del GA</strong> proprio in termini di <strong>sorte del contratto a valle</strong>;</li> <li><strong>non sempre</strong>, occorrendo <strong>distinguere i 2 casi</strong>: b.1) dell’<strong>121</strong> c.p.a., che sembra disciplinare <strong>una inefficacia di tipo latamente sanzionatorio</strong>, come dimostra anche il fatto che <strong>laddove il GA decida di non dichiarare</strong> il contratto <strong>inefficace</strong>, applica comunque le <strong>sanzioni alternative</strong> previste <strong>dall’art.123</strong> c.p.a.: in questa evenienza, il GA <strong>può totalmente prescindere</strong> dalle <strong>istanze delle parti</strong> e, a seconda dei casi, <strong>dichiarare in via autonoma</strong> la inefficacia del contratto a valle ovvero, <strong>alternativamente</strong>, ravvisare la sussistenza di quelle <strong>esigenze imperative connesse all’interesse pubblico</strong> che ne impongono la <strong>sopravvivenza effettuale</strong>, <strong>senza</strong> che appunto occorra che <strong>provenga dalle parti una precisa prospettazione</strong> in un senso o nell’altro; coerente con tale logica anche la stessa <strong>lettera della legge</strong>, dacché leggendo <strong>gli articoli 121 e 124</strong> del codice, nel caso di <strong>violazioni gravi</strong> della normativa sull’evidenza pubblica il GA <strong>può appunto dichiarare d’ufficio</strong> l’inefficacia del contratto a valle, sol che si consideri come <strong>non sia prevista</strong> in questi casi <strong>alcuna domanda di declaratoria di inefficacia</strong> del contratto ridetto, ma piuttosto solo <strong>una domanda di annullamento degli atti di gara</strong> (“<em>il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva</em>”) alla quale può <strong>aggiungersene un’altra</strong> di <strong>condanna</strong> della PA a <strong>far subentrare</strong> il ricorrente nel contratto medesimo (tutela <strong>in forma specifica</strong>) ovvero a <strong>risarcirlo del danno subito</strong> (tutela <strong>per equivalente</strong>); si è peraltro rappresentato come <strong>lo stesso art.121</strong> c.p.a. si esprima nel senso onde <strong>il GA che annulla l’aggiudicazione definitiva</strong> “<strong><em>dichiara l’inefficacia</em></strong><em> del contratto nei seguenti casi</em>”, così lasciando intendere che la ridetta declaratoria di inefficacia <strong>prescinde</strong> dalla <strong>esplicita domanda di parte</strong> ed assume carattere di <strong>doverosità</strong>; b.2) dell’<strong>art.122</strong> c.p.a., laddove al contrario sembra <strong>non affiorare alcun intento sanzionatorio</strong> da parte del legislatore (anche in considerazione della <strong>minor gravità della violazione</strong> perpetrata dalla PA in sede di gara), con <strong>declaratoria di inefficacia meramente facoltativa</strong> da parte del GA, circostanza che sembra implicare la necessità di una <strong>esplicita domanda di parte</strong> in senso pertinente.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale natura va annessa alla pronuncia di inefficacia del contratto da parte del GA prevista dal c.p.a. del 2010?</strong></p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di una <strong>questione dubbia</strong>, sol che si consideri come – almeno nei casi di <strong>violazioni più gravi</strong> delle <strong>norme dell’evidenza pubblica</strong> - alla stregua dell’<strong>art.121, comma 1</strong>, del c.p.a. il <strong>giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva</strong> dichiara <strong>l'inefficacia</strong> del contratto precisando, in funzione delle <strong>deduzioni delle parti</strong> e della <strong>valutazione della gravita' della condotta</strong> della stazione appaltante, nonché della <strong>situazione di fatto</strong> scandagliata - se la <strong>declaratoria di inefficacia</strong> e' da intendersi limitata alle sole <strong>prestazioni ancora da eseguire</strong> alla data della pubblicazione del dispositivo (effetti <strong><em>ex nunc</em></strong>: inefficacia parziale) ovvero <strong>opera in via retroattiva</strong> (effetti <strong><em>ex tunc</em></strong>: inefficacia totale); si fronteggiano allora <strong>due tesi</strong>:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>natura <strong>dichiarativa </strong>della pronuncia di inefficacia: il legislatore ha usato <strong>l’espressione “<em>dichiara</em>”</strong>, volendo con ciò intendere appunto che <strong>la declaratoria di inefficacia del contratto</strong> pronunciata dal GA ha <strong>effetto dichiarativo</strong> di una <strong><em>voluntas legis</em></strong>, e <strong>non già costitutivo</strong>; anche la <strong>categoria</strong> prescelta dal legislatore del codice, quella appunto dell’<strong>inefficacia</strong>, presuppone che <strong>qualcosa di esterno</strong> al <strong>regolamento contrattuale</strong> predisposto dalle parti intervenga <strong>su di esso</strong>, che <strong>non può assumersi viziato in sé</strong>, operando piuttosto – appunto <strong><em>ab externo</em></strong> – una <strong>condizione risolutiva</strong>, <em>sub specie</em> di <strong><em>condicio iuris</em></strong>, in presenza del <strong>convergere</strong> del <strong>previo annullamento dell’aggiudicazione</strong> con la <strong>successiva declaratoria giurisdizionale</strong>, appunto, di <strong>inefficacia del contratto</strong>;</li> <li>natura <strong>costitutiva </strong>della pronuncia di inefficacia: in primo luogo si registra uno <strong>stretto legame</strong> tra l’<strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong> – la cui natura è <strong>certamente costitutiva</strong>, legata come essa è <strong>all’impugnativa entro un termine di decadenza</strong> il cui decorso finirebbe con il <strong>consolidare </strong>l’aggiudicazione medesima – ed appunto la <strong>declaratoria di inefficacia</strong> <strong>del contratto</strong>, che non può <strong>non mutuarne la medesima natura costitutiva</strong> (e non dichiarativa); la <strong>Direttiva 2007/66</strong> prevede poi nel <strong>proprio preambolo</strong> che l’inefficacia del contratto a valle <strong>non può intendersi automatica</strong>, dovendo piuttosto <strong>essere accertata</strong> da un <strong>organo di ricorso indipendente</strong>, che nel nostro ordinamento <strong>è stato individuato nel GA</strong>; il quale ultimo deve peraltro <strong>scegliere</strong> tra una <strong>inefficacia <em>ex tunc</em></strong> o una <strong><em>ex nunc</em></strong>, circostanza capace <strong>già di per sé di innovare</strong> sulla situazione preesistente, lasciando affiorare dunque la <strong>natura costitutiva</strong> della pertinente pronuncia; secondo questa opzione ermeneutica dunque <strong>l’annullamento dell’aggiudicazione</strong> non produce <strong>effetti caducanti</strong> (automatici) sul <strong>successivo contratto a valle</strong>, quanto piuttosto <strong>effetti meramente vizianti,</strong> con <strong>(eventuale) inefficacia</strong> che si produce <strong>solo con l’intervento declaratorio</strong> pertinente del GA, <strong>non potendosi parlare</strong> qui di un <strong>mero accertamento</strong> quanto, piuttosto, di un <strong>effetto incisivo di tipo costitutivo</strong> sul contratto inciso; ciò <strong>trova conferma</strong> nella circostanza onde, in <strong>taluni casi</strong>, il GA <strong>può financo decidere di lasciare in vita</strong> il contratto, lasciando che esso <strong>continui a produrre i propri effetti</strong>, onde quando all’opposto <strong>decide di privarlo di effetti</strong> lo fa con <strong>connotazioni costitutive</strong>, e non già meramente dichiarative.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>La giurisdizione del GA sull’inefficacia del contratto a valle è solo “<em>esclusiva</em>” o è da assumersi, implicitamente, anche “<em>di merito</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="88"> <li>si tratta di <strong>giurisdizione esclusiva</strong>, e <strong>non anche di merito</strong>, come si evince dal fatto che - nonostante le <strong>previsioni della Direttiva 2007/66</strong> e della <strong>legge delega n.88.09</strong> - il <strong>legislatore delegato</strong> parla <strong>solo di giurisdizione esclusiva</strong> e <strong>non anche di merito</strong>: è una <strong>scelta da condividersi</strong>, sol che si consideri come la <strong>patologia negoziale</strong> non sia <strong>mai</strong> il precipitato di una <strong>considerazione di opportunità del giudice</strong>, o comunque di un <strong>bilanciamento secondo equità</strong> degli <strong>interessi delle parti</strong> in conflitto, costituendo piuttosto il frutto della <strong>applicazione di norme giuridiche al singolo caso di specie</strong>, applicando allora il GA <strong>sempre principi e regole del diritto positivo</strong> e decidendo appunto <strong>secondo diritto</strong>; peraltro, in questa fattispecie il <strong>principio di legalità</strong> si <strong>concilia</strong> con una <strong>flessibilità applicativa</strong> delle norme pertinenti attraverso la operatività di <strong>una serie di concetti giuridici indeterminati</strong> che rimettono al GA (<strong>senza</strong> tuttavia attribuirgli una <strong>giurisdizione di merito</strong> sul punto) la <strong>decisione concreta</strong> su tutta una serie di <strong>vicende successive all’annullamento dell’aggiudicazione</strong> che il c.p.a. appositamente <strong>non predefinisce</strong>, come per quanto concerne il <strong>subentro nel rapporto contrattuale in corso</strong>, le <strong>restituzioni</strong>, l’inefficacia contrattuale <strong><em>ex nunc</em> ovvero <em>ex tunc</em></strong>, e così via; al GA viene dunque affidata una valutazione di <strong>legittimità sostanziale</strong> (e non puramente formale) che può anche essere assunta <strong>di tipo (latamente) equitativo</strong> giusta applicazione concreta di <strong>concetti giuridici indeterminati</strong> che, tuttavia, sono <strong>previsti dalla legge</strong>, <strong>senza</strong> che entrino in gioco <strong>valutazioni di opportunità</strong> che sono invece <strong>tipiche della giurisdizione di merito </strong>(c.d. impostazione<strong> pan-civilistica</strong>, <strong>prevalente</strong> perché più attinente alla <strong><em>littera legis</em></strong>);</li> <li>si tratta di <strong>giurisdizione non solo esclusiva</strong>, ma <strong>anche di merito</strong>, come si evince dal fatto che – stanti le <strong>previsioni della Direttiva 2007/66</strong> e della <strong>legge delega n.88.09</strong> - il <strong>legislatore delegato</strong> pur parlando <strong>solo di giurisdizione esclusiva</strong>, non può non aver previsto appunto <strong>anche</strong> una giurisdizione <strong>di merito</strong>: lo si evince in particolare dal fatto che <strong>sovente</strong>, nelle <strong>norme pertinenti</strong> (come ad esempio <strong>nell’art.121</strong> del codice), si fa riferimento a quella <strong>necessaria valutazione</strong> da parte del GA dell’<strong>interesse generale</strong> che è invece <strong>del tutto assente</strong> nella <strong>disciplina privatistica sulle invalidità negoziali</strong>; più in specie che – se è pur vero che è <strong>un giudizio di legittimità</strong>, segnatamente avente ad oggetto <strong>l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva</strong>, quello che <strong>precede la declaratoria di inefficacia</strong> del contratto a valle – occorre dare il <strong>giusto risalto</strong> alla circostanza onde <strong>il GA</strong>, nel caso di <strong>violazioni più gravi</strong> (ex art.<strong>121</strong>) è tenuto a considerare le c.d. <strong>esigenze imperative</strong> connesse all’<strong>interesse generale</strong>, e nel caso di <strong>violazioni meno gravi</strong> (ex art.<strong>122</strong>), è tenuto a valutare gli <strong>interessi delle parti</strong>, l’<strong>effettiva possibilità</strong> per il ricorrente di <strong>conseguire l’aggiudicazione</strong> alla luce dei <strong>vizi riscontrati</strong> nella procedura di evidenza pubblica, lo <strong>stato di esecuzione del contratto</strong> e la possibilità stessa di <strong>subentrare</strong> nel contratto stesso, con conseguente <strong>potere di “<em>scegliere</em>”</strong> se <strong>dichiarare o non dichiarare inefficace</strong> il contratto, mantenendolo o meno nella <strong>relativa operatività effettuale</strong>; nella sostanza, secondo questa tesi si verifica <strong>a monte una valutazione di diritto</strong> da parte del GA, che verifica (sul piano della <strong>validità</strong>) se la procedura di gara ed in particolare <strong>l’aggiudicazione definitiva</strong> è <strong>legittima</strong> o meno, mentre <strong>a valle</strong> (sul piano degli <strong>effetti</strong>) può poi scegliere, con <strong>valutazione “<em>di merito</em>”</strong>, a seconda dei casi se <strong>dichiarare inefficace</strong> il contratto ovvero <strong>mantenerlo in vita</strong> con contestuale applicazione di <strong>sanzioni</strong>; la dottrina che, abbracciando questa tesi, <strong>si spinge più avanti</strong> di tutte le altre giunge ad affermare essersi al cospetto di una <strong>fattispecie atipica di giurisdizione di merito</strong>, quantunque <strong>non “<em>nominata</em>”</strong> tale, stante la scelta (operata dal legislatore del <strong>codice del processo amministrativo)</strong> di tipo “<strong><em>giudice-centrico</em></strong>” o comunque “<strong><em>pan-processuale</em></strong>”, laddove si è inteso – assai più che <strong>disciplinare rigorosamente</strong> sul piano <strong>sostanziale</strong> il regime dell’<strong>inefficacia del contratto a valle</strong> – piuttosto <strong>garantire in ogni caso al ricorrente</strong> una <strong>tutela rapida ed effettiva</strong> affidando all’uopo <strong>un ruolo molto significativo al GA</strong> nel corso del processo; in sostanza, al GA viene <strong>attribuito</strong>, in <strong>sostituzione</strong> del <strong>pertinente potere della PA</strong>, un <strong>potere di valutare l’interesse pubblico</strong> (concreto) in via <strong>sostitutiva rispetto alla PA</strong> medesima, demandandogli quella <strong>scelta discrezionale</strong> tipicamente attinente a profili di <strong>opportunità e convenienza</strong> dell’<strong><em>agere </em>pubblico</strong> che si compendia nell’<strong><em>ubi consistam</em></strong> del c.d. <strong>merito amministrativo</strong> (c.d. impostazione<strong> pan-processual-pubblicistica</strong>, <strong>recessiva </strong>perché meno attinente alla <strong><em>littera legis</em></strong>).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in particolare del regime delle sanzioni alternative di cui all’art.123 del c.p.a.?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>tra loro, esse sono <strong>applicabili in via alternativa</strong>, ovvero <strong>cumulativa</strong>; possono altresì <strong>cumularsi</strong> al <strong>risarcimento del danno</strong> dovuto al ricorrente;</li> <li>sono invece <strong>sanzioni “<em>alternative</em>”</strong> rispetto all’<strong>inefficacia</strong> (per vizio <strong>pur grave</strong>, ex art.<strong>121</strong>p.a.) del contratto a valle, onde è da assumersi – secondo taluni - avere <strong>funzione sanzionatoria anche</strong> la stessa <strong>declaratoria di inefficacia</strong> del ridetto contratto (o la relativa, <strong>limitata efficacia temporale</strong>), in quanto appunto <strong>alternativa alle sanzioni</strong> di cui all’art.123 c.p.a.; in entrambi i casi la stazione appaltante ha infatti <strong>posto in essere un contegno illegittimo</strong> nella <strong>gestione della evidenza pubblica </strong>dalla quale il contratto è scaturito, ed è <strong>l’unica destinataria</strong> delle pertinenti <strong>conseguenze alternative</strong> (contratto <strong>inefficace</strong> o <strong>temporalmente inefficace</strong>, ovvero <strong>sanzioni pecuniarie</strong>);</li> <li><strong>destinataria</strong> delle sanzioni è la <strong>stazione appaltante</strong>, non potendosi assumere l’originario, illegittimo aggiudicatario <strong>corresponsabile</strong> delle <strong>violazioni perpetrate <em>ex parte publica</em></strong>, delle quali <strong>ha tuttavia alfine beneficiato</strong> con l’aggiudicazione poi giudicata illegittima;</li> <li>è <strong>sanzione alternativa</strong>, ma <strong>diversa</strong> dalla sanzione <strong>pecuniaria</strong>, quella compendiantesi nella <strong>riduzione della durata del contratto</strong> stipulato con l’illegittimo aggiudicatario; in questo caso, come ha chiosato la dottrina, il GA <strong>ristabilisce la legalità materiale</strong> alterata dalla <strong>stipula <em>contra ius</em></strong> del contratto a valle, seguendo il <strong>paradigma tipico</strong> delle <strong>misure a carattere ripristinatorio</strong> che si incentrano sulla <strong><em>res</em></strong> (nel caso di specie, sul contratto) e che hanno l’obiettivo – assai <strong>più che punire</strong>, se non in via <strong>eccezionale</strong>, la PA responsabile della violazione – piuttosto di <strong>ristabilire l’equilibrio alterato dalla violazione</strong>, così ripristinando appunto la <strong>legalità materiale</strong>, in modo <strong>analogo</strong> a quanto accade nel <strong>diritto privato</strong> con <strong>l’art.1419, comma 2</strong>, c.c. (violazione di <strong>norma imperativa</strong> afferente all’<strong>ordine pubblico economico</strong> e <strong>sostituzione automatica di clausola nulla</strong>), atteggiandosi a <strong>rimedio oggettivo</strong> assimilabile all’<strong>inefficacia (parziale)</strong> del contratto stesso;</li> <li>l’<strong>applicazione</strong> delle sanzioni alternative esige “<strong><em>graduazione</em></strong>”, così da garantire che la <strong>sanzione concretamente prescelta</strong> sia: e.1) <strong>effettiva</strong> rispetto al <strong>passato</strong> e a quanto commesso; e.2) <strong>dissuasiva</strong> per il <strong>futuro</strong>; e.3) <strong>proporzionata</strong> al <strong>valore</strong> del contratto, alla <strong>gravità</strong> della condotta della stazione appaltante e all’<strong>opera svolta <em>ex post</em></strong> dalla stazione appaltante medesima per “<strong><em>eliminare</em></strong>” o “<strong><em>attenuare</em></strong>” le <strong>conseguenze</strong> della violazione; <strong>nessun rilievo</strong> sembra avere <strong>l’elemento soggettivo del dolo o della colpa</strong> di chi ha concretamente agito per la PA, né <strong>alcun rilievo</strong> ha la posizione del <strong>contraente privato, illegittimo aggiudicatario</strong>, che venga <strong>eventualmente inciso</strong> dalla sanzione della riduzione di durata del contratto rispetto a quella originariamente divisata;</li> <li>dal punto di vista <strong>sistematico</strong>, in considerazione del fatto che <strong>infliggere sanzioni amministrative</strong> è <strong>competenza normalmente riservata alla PA</strong>, se ne è <strong>criticata</strong> in dottrina l’attribuzione <strong>al GA</strong>;</li> <li>l’apprezzamento in ordine all’<strong>applicabilità delle sanzioni amministrative</strong> sembra a molti essere <strong>estraneo al ruolo del GA</strong>, che già si occupa di <strong>sindacare la legittimità della procedura di evidenza pubblica</strong> a monte e gli <strong>effetti</strong> che ne derivano sul contratto, tanto in termini di <strong>tutela in forma specifica</strong> (<strong>inefficacia</strong> e subentro del ricorrente) che di <strong>tutela per equivalente</strong> (risarcimento del <strong>danno</strong>);</li> <li>peraltro si tratta di un <strong>apprezzamento assai ampio</strong>, determinando il GA anche la <strong>misura della sanzione prescelta</strong>, in modo che essa sia <strong>effettiva, dissuasiva, proporzionata</strong> (al <strong>valore</strong> del contratto, alla <strong>gravità</strong> della condotta della stazione appaltante e all’<strong>opera da quest’ultima svolta</strong> per eliminare o attenuare le conseguenze della perpetrata violazione);</li> <li>peraltro la <strong>Direttiva 2007/66</strong> prevede semplicemente che le sanzioni siano irrogate <strong>da un organo di ricorso indipendente</strong>, <strong>non obbligando</strong> ad attribuire tale compito, secondo alcuni <strong>in modo</strong> <strong>innaturale</strong>, al <strong>GA</strong>, con <strong>potere di scelta</strong> della sanzione concretamente applicabile;</li> <li>nondimeno, mentre per le <strong>misure sanzionatorie penali</strong> (o comunque incidenti sul bene della <strong>libertà personale</strong>) la Costituzione (art.<strong>13</strong> e seguenti) prevede una <strong>riserva di giurisdizione</strong>, <strong>non</strong> si rintracciano nella Carta disposizioni che, in tema di <strong>sanzioni amministrative</strong>, prevedano una <strong>riserva di Amministrazione</strong>;</li> <li>sul crinale <strong>processuale</strong>, il GA – che ha sul punto <strong>dal 2011</strong> <strong>giurisdizione di merito</strong> - deve garantire il <strong>rispetto del principio del contraddittorio</strong>, facendo in specie applicazione dell’<strong>73, comma 3</strong>, c.p.a., onde il Collegio deve <strong>avvisare le parti dell’intenzione</strong> di comminare le sanzioni alternative; qualora rilevi tale eventualità <strong>dopo il passaggio in decisione</strong>, deve <strong>riservarsi</strong> quest’ultima e contestualmente <strong>fissare con ordinanza alle parti un termine</strong> non superiore a 30 giorni per il <strong>deposito di memorie</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa altro occorre rammentare dal punto di vista della tutela risarcitoria del privato ricorrente?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>anche se il contratto viene dichiarato <strong>privo di effetti</strong>, ciò non esclude <strong>anche</strong> una <strong>tutela risarcitoria</strong> in capo al privato ricorrente, da parametrarsi anche <strong>all’eventuale subentro</strong> <strong><em>de futuro</em></strong> nel <strong>contratto originario dichiarato inefficace</strong>;</li> <li>può configurarsi un danno da <strong>mancata aggiudicazione</strong>, laddove il contratto a valle con l’originario illegittimo aggiudicatario <strong>non venga dal GA privato degli effetti</strong>; in questo caso il ricorrente <strong>avente titolo all’aggiudicazione</strong> può ottenere il <strong>risarcimento del danno</strong> per <strong>perdita di <em>chance</em></strong>;</li> <li>può anche configurarsi un <strong>danno diverso dalla mancata aggiudicazione</strong>, laddove il privato ricorrente <strong>impugni atti della procedura di gara diversi</strong> dall’aggiudicazione <strong>senza impugnare anche</strong> quest’ultima; in questo caso, in cui ovviamente <strong>il contratto a valle non viene privato</strong> dal GA dei <strong>relativi effetti</strong>, il ricorrente che <strong>non ha titolo all’aggiudicazione</strong> (non avendola impugnata e non avendone ottenuto l’annullamento) può comunque ottenere – ex <strong>124</strong> c.p.a. - il risarcimento del <strong>danno per perdita di <em>chance</em></strong>, purché effettivamente <strong>subito e provato</strong>;</li> <li>in presenza di <strong>determinati presupposti</strong>, è poi possibile per il <strong>privato che ha partecipato alla gara</strong> ottenere il <strong>risarcimento del danno</strong> a titolo di <strong>responsabilità precontrattuale della PA</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale è la sorte del contratto a valle laddove l’aggiudicazione sia annullata (non dal GA ma) direttamente dalla PA in via di autotutela?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>secondo una <strong>prima tesi</strong>, laddove la PA <strong>annulli l’aggiudicazione</strong> (o la <strong>revochi</strong>) in via di <strong>autotutela</strong>, non si verifica <strong>nessuna caducazione</strong> <strong>automatica</strong> del contratto a valle e la <strong>giurisdizione</strong> sulle relative controversie appartiene al <strong>GO</strong>, quale <strong>giudice dell’esecuzione contrattuale</strong>; occorre muovere dalla circostanza onde <strong>unico obiettivo della Direttiva 2007/66</strong> emanata in sede <strong>europea</strong> – non a caso, <strong>Direttiva “<em>ricorsi</em>”</strong> - è quello di <strong>disciplinare le conseguenze dell’annullamento</strong> da parte <strong>del giudice</strong> (e <strong>non anche</strong> della <strong>PA</strong>) sul contratto a valle, prevedendo <strong>in caso di ricorso</strong> il <strong>potere del giudice</strong> di <strong>sottrarre efficacia</strong> al ridetto contratto a valle, erogando appunto <strong>tutela al ricorrente</strong>; ciò al <strong>concorrere di determinate circostanze</strong> e valutando <strong>tutti gli interessi coinvolti</strong> nella vicenda, con particolare riguardo alla <strong>necessità di assicurare una regolare e spedita esecuzione</strong> delle <strong>prestazioni contrattuali</strong>; ne discende che <strong>gli articoli 121 e 122</strong>p.a., laddove <strong>attribuiscono al GA</strong> il <strong>potere di dichiarare inefficace</strong> il contratto a valle, producono <strong>effetti di tipo “<em>costitutivo</em>”</strong>, potendo il GA medesimo <strong>decidere discrezionalmente</strong> – financo in caso di <strong>violazioni gravi</strong> – se <strong>mantenere o meno</strong> il contratto a valle <strong>efficace</strong>, onde l’inefficacia <strong>non può assumersi conseguenza automatica</strong> dell’annullamento dell’aggiudicazione, dal quale ultimo <strong>discende il solo potere del GA</strong> di valutare se il contratto <strong>debba ancora produrre effetti</strong> o <strong>non possa più produrli</strong> (se del caso, eliminando anche gli <strong>effetti pregressi</strong>); diverso è invece il caso dell’<strong>annullamento dell’aggiudicazione</strong> da parte della PA <strong>in via di autotutela</strong>, o comunque della <strong>revoca dell’aggiudicazione medesima</strong>, fattispecie che la <strong>normativa europea</strong> e <strong>quella interna di recepimento</strong> non hanno preso in considerazione, stante <strong>l’impossibilità di consentire</strong> ad alcun soggetto, quand’anche <strong>pubblico</strong>, di <strong>sciogliersi unilateralmente</strong> dal <strong>contratto stipulato con l’interlocutore</strong> di volta in volta considerato; <strong>l’effetto ultimo</strong> che ne discende, secondo questo <strong>prisma ermeneutico</strong>, è quello onde – una volta <strong>intervenuta in sede di autotutela</strong> sull’aggiudicazione – la PA <strong>può poi adire il GO</strong>, quale <strong>giudice con giurisdizione sulla fase esecutiva</strong> del contratto, affidandogli l’apprezzamento in ordine agli <strong>effetti dell’annullamento degli atti di gara</strong>, non potendosi il ridetto contratto <strong>assumere immediatamente e direttamente caducato</strong>;</li> <li>stando ad una seconda tesi, abbracciata dal <strong>Consiglio di Stato</strong>, laddove la PA <strong>annulli l’aggiudicazione</strong> in via di <strong>autotutela</strong>, la <strong>sorte degli effetti del contratto a valle</strong> appartiene alla <strong>giurisdizione esclusiva del GA</strong>, non potendosi <strong>diversificare</strong> le ipotesi in cui <strong>l’aggiudicazione sia stata annullata</strong> in sede <strong>giurisdizionale</strong> su ricorso della parte privata e quelle in cui tale annullamento <strong>interviene per valutazioni in termini di illegittimità o inopportunità</strong> dell’atto a monte da parte <strong>della stessa PA</strong> in sede di <strong>autotutela</strong>, stante la <strong>stretta consequenzialità funzionale</strong> tra <strong>aggiudicazione a monte</strong> e <strong>contratto a valle</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p>