<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sentenza 26 gennaio 2021 (causa C-423/19)</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>PRINCIPIO DI DIRITTO</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>1) L’articolo 2, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), l’articolo 128, paragrafo 1 e l’articolo 133 TFUE nonché con l’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo (n. 4) sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, deve essere interpretato nel senso che, indipendentemente da qualsiasi esercizio da parte dell’Unione europea della propria competenza esclusiva nel settore della politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, esso osta a che uno Stato membro adotti una disposizione che, tenuto conto del suo obiettivo e del suo contenuto, stabilisca il regime giuridico del corso legale delle banconote in euro. Per contro, esso non osta a che uno Stato membro adotti, nell’esercizio di una competenza propria, quale l’organizzazione della sua pubblica amministrazione, una disposizione che obblighi detta amministrazione ad accettare il pagamento in contanti delle obbligazioni di pagamento da essa imposte.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>2) L’articolo 128, paragrafo 1, terza frase, TFUE, l’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo (n. 4) sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, nonché l’articolo 10, seconda frase, del regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che esclude la possibilità di liberarsi da un’obbligazione di pagamento imposta da un’autorità pubblica mediante banconote in euro, a condizione che, in primo luogo, tale normativa non abbia per oggetto né per effetto di stabilire il regime giuridico del corso legale di tali banconote, in secondo luogo, che non comporti, de jure o de facto, un’abolizione di tali banconote, segnatamente rimettendo in causa la possibilità di liberarsi, in generale, da un’obbligazione di pagamento mediante tale contante, in terzo luogo, che sia stata adottata tenendo conto di motivi d’interesse pubblico, in quarto luogo, che la limitazione ai pagamenti in contanti derivante da tale normativa sia idonea a realizzare l’obiettivo di interesse pubblico perseguito e, in quinto luogo, che non ecceda i limiti di quanto è necessario per la realizzazione dello stesso, nel senso che esistano altri mezzi legali per liberarsi dall’obbligazione di pagamento.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>29 Con la prima e la terza questione, alle quali occorre rispondere congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), TFUE, debba essere interpretato nel senso che, indipendentemente da qualsiasi esercizio da parte dell’Unione della propria competenza esclusiva nel settore della politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, esso osti alla normativa di uno Stato membro che obbliga gli organismi pubblici ad accettare banconote in euro in sede di adempimento di obbligazioni di pagamento imposte da un’autorità pubblica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>30 In</em><em> via preliminare, occorre rilevare che, nelle loro osservazioni scritte, la Commissione europea, l’emittente radiotelevisiva pubblica del Land dell’Assia e la BCE hanno espresso dubbi sull’interpretazione dell’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, del BBankG, accolta dal giudice del rinvio, secondo la quale tale disposizione obbligherebbe gli organismi pubblici ad accettare le banconote denominate in euro in sede di adempimento di obbligazioni di pagamento imposte da un’autorità pubblica. Infatti, tale interpretazione si discosterebbe dal tenore letterale di detta disposizione, che prevede soltanto che le banconote denominate in euro siano le uniche banconote aventi corso legale illimitato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>31 A</em><em> questo proposito, è necessario ricordare che, per quanto riguarda l’interpretazione delle disposizioni dell’ordinamento giuridico nazionale, la Corte è, in linea di principio, tenuta a fondarsi sulle qualificazioni contenute nella decisione di rinvio. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, la Corte non è competente ad interpretare il diritto interno di uno Stato membro [sentenza del 17 dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina), C 398/19, EU:C:2020:1032, punto 62, e giurisprudenza ivi citata].</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>32 In</em><em> tali circostanze, occorre rispondere alla prima questione pregiudiziale partendo dalla premessa secondo cui l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, del BBankG obbliga gli organismi pubblici ad accettare le banconote denominate in euro in sede di adempimento di obbligazioni di pagamento imposte da un’autorità pubblica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>33 A</em><em> tale riguardo è importante rilevare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), TFUE, l’Unione ha competenza esclusiva nel settore della politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>34 Occorre altresì ricordare che il Trattato FUE non contiene alcuna definizione precisa della nozione di «politica monetaria», ma definisce, nelle sue disposizioni relative a detta politica, sia gli obiettivi di tale politica sia i mezzi di cui dispone il sistema europeo di banche centrali (SEBC) per attuarla (sentenza dell’11 dicembre 2018, Weiss e a., C 493/17, EU:C:2018:1000, punto 50 nonché giurisprudenza ivi citata).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>35 In</em><em> merito a ciò, occorre rilevare che le disposizioni del Trattato FUE relative alla politica monetaria figurano nel titolo VIII della parte terza di quest’ultimo, intitolato «Politica economica e monetaria».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>36 Orbene, l’articolo 119 TFUE, che apre tale titolo, al paragrafo 1, stabilisce che l’azione degli Stati membri e dell’Unione comprende, alle condizioni previste dai trattati, l’adozione di una politica economica che è fondata sullo stretto coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, sul mercato interno e sulla definizione di obiettivi comuni, condotta conformemente al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza. Lo stesso articolo precisa, al paragrafo 2, che questa azione comprende una moneta unica, l’euro, nonché la definizione e la conduzione di una politica monetaria e di una politica del cambio uniche, che abbiano l’obiettivo principale di mantenere la stabilità dei prezzi e, fatto salvo questo obiettivo, di sostenere le politiche economiche generali nell’Unione conformemente al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>37 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, dall’articolo 119, paragrafo 2, TFUE risulta quindi che l’azione degli Stati membri e dell’Unione comprende tre elementi, vale a dire una moneta unica, l’euro, la definizione e la conduzione di una politica monetaria unica, nonché la definizione e la conduzione di una politica di cambio unica. 38 Pertanto, la nozione di «politica monetaria» non si limita alla sua attuazione operativa, che costituisce, in forza dell’articolo 127, paragrafo 2, primo trattino, TFUE, uno dei compiti fondamentali del SEBC, ma implica altresì una dimensione normativa volta a garantire lo status dell’euro in quanto moneta unica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>39 Una siffatta interpretazione della nozione di «politica monetaria» è corroborata dall’obiettivo principale di tale politica, quale risulta dall’articolo 127, paragrafo 1, TFUE e dall’articolo 282, paragrafo 2, TFUE, ossia mantenere la stabilità dei prezzi. Infatti, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, se lo status dell’euro in quanto moneta unica potesse essere inteso in modo diverso e disciplinato da norme diverse negli Stati membri la cui moneta è l’euro, l’unicità della moneta unica sarebbe rimessa in causa e, in tal modo, il suddetto obiettivo di mantenimento della stabilità dei prezzi sarebbe gravemente compromesso.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>40 Tale interpretazione della nozione di «politica monetaria» è altresì suffragata dal tenore degli articoli 128 e 133 TFUE, di cui al capo 2 del titolo VIII della parte terza del Trattato FUE, i quali possono essere considerati disposizioni di diritto monetario, legate allo status dell’euro in quanto moneta unica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>41 Per quanto riguarda l’articolo 128 TFUE, enunciando, al suo paragrafo 1, che la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote denominate in euro all’interno dell’Unione, che la BCE e le banche centrali nazionali possono emettere banconote e che le banconote così emesse sono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione, tale articolo stabilisce norme relative all’emissione delle banconote denominate in euro all’interno dell’Unione e sancisce nel diritto primario, unitamente all’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo sul SEBC e sulla BCE, il corso legale di tali banconote. Inoltre, prevedendo, al suo paragrafo 2, che gli Stati membri possono coniare monete metalliche in euro con l’approvazione della BCE per quanto riguarda il volume del conio, detto articolo stabilisce anche norme volte a disciplinare l’emissione delle monete metalliche denominate in euro.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>42 Quanto all’articolo 133 TFUE, esso autorizza il legislatore dell’Unione, fatte salve le attribuzioni della BCE, a stabilire le misure di diritto derivato necessarie per l’utilizzo dell’euro come moneta unica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>43 Pertanto, l’articolo 128, paragrafo 1, e l’articolo 133 TFUE, come rilevato sostanzialmente dall’avvocato generale ai paragrafi da 64 a 66 delle sue conclusioni, stanno a fondamento dell’unicità dell’euro e costituiscono una condizione preliminare alla conduzione effettiva della politica monetaria dell’Unione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>44 Infatti, da un lato, attribuendo alle sole banconote in euro emesse dalla BCE e dalle banche centrali nazionali un «corso legale», l’articolo 128, paragrafo 1, TFUE, così come l’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo sul SEBC e sulla BCE, sancisce il carattere ufficiale di tali banconote nella zona euro, escludendo che banconote diverse possano beneficiare di tale carattere.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>45 Poiché detto articolo 128, paragrafo 1, TFUE non rinvia al diritto degli Stati membri per determinare il senso e la portata della nozione di «corso legale» da esso contemplata, quest’ultima costituisce una nozione di diritto dell’Unione che deve trovare, in tutta l’Unione, un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto non soltanto dei termini delle disposizioni in cui essa figura, ma anche del contesto di tali disposizioni e dello scopo da esse perseguito (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, AFMB, C 610/18, EU:C:2020:565, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>46 A</em><em> tale riguardo, occorre rilevare che la nozione di «corso legale» di un mezzo di pagamento denominato in un’unità monetaria significa, nella sua accezione corrente, che tale mezzo di pagamento, in generale, non può essere rifiutato in pagamento di un debito espresso nella stessa unità monetaria, al suo valore nominale pieno, con effetto di estinguere l’obbligazione di pagamento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>47 Tale interpretazione secondo l’accezione corrente è corroborata dalla raccomandazione 2010/191, che riguarda specificamente la portata e gli effetti del corso legale delle banconote e delle monete metalliche denominate in euro, fermo restando che il corso legale di tali monete è stato sancito dall’articolo 11 del regolamento n. 974/98.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>48 È vero che, ai sensi dell’articolo 288, paragrafo 5, TFUE, le raccomandazioni non sono intese a produrre effetti vincolanti e non sono in grado di creare diritti che i singoli possono invocare dinanzi a un giudice nazionale. Esse fanno tuttavia parte degli atti giuridici dell’Unione, cosicché la Corte può prenderle in considerazione quando forniscono elementi utili per l’interpretazione delle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>49 Orbene, il punto 1 della raccomandazione 2010/191 fornisce, come risulta dal suo titolo, la definizione comune della nozione di «corso legale» precisando che, ove esiste un obbligo di pagamento, il corso legale delle banconote e delle monete in euro comporta, in primo luogo, l’obbligo di accettazione di tali banconote e monete, in secondo luogo, l’accettazione di queste ultime al valore nominale pieno e, in terzo luogo, il loro potere di estinguere l’obbligazione di pagamento. Tale punto attesta quindi che la suddetta nozione di «corso legale» comprende, tra l’altro, l’obbligo di principio di accettazione delle banconote e delle monete metalliche in euro a fini di pagamento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>50 Dall’altro lato, nel consentire al legislatore dell’Unione di stabilire le misure necessarie per l’utilizzo dell’euro come moneta unica, l’articolo 133 TFUE, che è succeduto all’articolo 123, paragrafo 4, CE, a sua volta succeduto all’articolo 109 L, paragrafo 4, del Trattato CE, riflette l’esigenza di stabilire principi uniformi per tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro al fine di salvaguardare l’interesse globale dell’Unione economica e monetaria e dell’euro come moneta unica e, di conseguenza, come è stato rilevato al punto 39 della presente sentenza, di contribuire al perseguimento dell’obiettivo principale della politica monetaria dell’Unione, consistente nel mantenere la stabilità dei prezzi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>51 Ne consegue che la competenza inizialmente contemplata nell’articolo 109 L, paragrafo 4, del Trattato CE, poi nell’articolo 123, paragrafo 4, CE, e ormai sancita dall’articolo 133 TFUE, autorizza il solo legislatore dell’Unione a precisare il regime giuridico del corso legale riconosciuto alle banconote in euro dall’articolo 128, paragrafo 1, TFUE e dall’articolo 16, primo comma, terza frase del protocollo sul SEBC e sulla BCE, nonché del corso legale riconosciuto alle monete metalliche in euro dall’articolo 11 del regolamento n. 974/98, nella misura in cui ciò si rivela necessario per l’utilizzo dell’euro come moneta unica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>52 Conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, TFUE, una siffatta competenza esclusiva esclude qualsiasi competenza degli Stati membri in materia, a meno che essi agiscano in quanto autorizzati dall’Unione oppure per dare attuazione agli atti dell’Unione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>53 A</em><em> tale riguardo, al fine di rispondere più specificamente alla terza questione, occorre precisare che, anche nell’ipotesi in cui l’Unione non abbia esercitato la propria competenza esclusiva, l’adozione o il mantenimento da parte di uno Stato membro di una disposizione rientrante in tale competenza non potrebbero essere giustificati da questa sola circostanza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>54 Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 39 delle sue conclusioni, quando una competenza è attribuita all’Unione in via esclusiva, la perdita di competenza degli Stati membri avviene in maniera immediata e, contrariamente a quanto si verifica per i settori rientranti in una competenza concorrente, non rileva, ai fini di tale perdita, che l’Unione abbia o meno esercitato la propria competenza (v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 1981, Commissione/Regno Unito, 804/79, EU:C:1981:93, punto 20).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>55 Ciò premesso, da un lato, non si può ritenere necessario per l’utilizzo dell’euro quale moneta unica, ai sensi dell’articolo 133 TFUE, e più in particolare, per il riconoscimento del corso legale delle banconote in euro, previsto dall’articolo 128, paragrafo 1, TFUE e dall’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo sul SEBC e sulla BCE, imporre un obbligo assoluto di accettazione di tali banconote come mezzo di pagamento. Infatti, dalle precisazioni contenute ai punti da 46 a 49 della presente sentenza discende che detto corso legale non richiede un’accettazione assoluta, ma soltanto un’accettazione di principio delle banconote denominate in euro come mezzo di pagamento. Dall’altro lato, non è neppure necessario per l’utilizzo dell’euro quale moneta unica e, più in particolare, per preservare l’effettività del corso legale del contante in euro, che il legislatore dell’Unione fissi, in modo esaustivo e uniforme, le eccezioni a tale obbligo di principio, purché sia garantita la possibilità per ogni debitore, in linea generale, di liberarsi da un’obbligazione di pagamento mediante tale contante.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>56 Ne consegue che la competenza esclusiva dell’Unione in materia di politica monetaria, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 98 delle sue conclusioni, non pregiudica la competenza degli Stati membri la cui moneta è l’euro a disciplinare le modalità di esecuzione degli obblighi di pagamento, tanto di diritto pubblico quanto di diritto privato, purché, in particolare, una normativa siffatta non incida sul principio secondo cui, in linea generale, deve essere possibile liberarsi da un’obbligazione di pagamento mediante tale contante.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Pertanto, la suddetta competenza esclusiva non impedisce a uno Stato membro, nell’ambito dell’esercizio delle proprie competenze, quale l’organizzazione della sua amministrazione pubblica, di adottare una misura che obbliga tale amministrazione ad accettare pagamenti in contanti da parte degli amministrati o, come previsto nell’ambito della seconda questione, che introduce, per un motivo di interesse pubblico, una deroga a tale obbligo per pagamenti imposti da un’autorità pubblica, fatto salvo il rispetto di talune condizioni che saranno precisate nell’esame di tale questione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>57 Spetta al giudice del rinvio, il solo competente ad interpretare il diritto nazionale, verificare se l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, del BBankG debba essere interpretato, alla luce del suo obiettivo e del suo contenuto, come una misura adottata nell’ambito delle competenze proprie degli Stati membri, quale descritta al punto precedente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>58 Alla luce delle considerazioni di cui sopra, occorre rispondere alla prima e alla terza questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), l’articolo 128, paragrafo 1 e l’articolo 133 TFUE nonché con l’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo sul SEBC e sulla BCE, deve essere interpretato nel senso che, indipendentemente da qualsiasi esercizio da parte dell’Unione della propria competenza esclusiva nel settore della politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, esso osta a che uno Stato membro adotti una disposizione che, tenuto conto del suo obiettivo e del suo contenuto, stabilisca il regime giuridico del corso legale delle banconote in euro.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per contro, esso non osta a che uno Stato membro adotti, nell’esercizio di una competenza propria, quale l’organizzazione della sua pubblica amministrazione, una disposizione che obblighi detta amministrazione ad accettare il pagamento in contanti delle obbligazioni di pagamento da essa imposte.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Sulla seconda questione</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>59 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 128, paragrafo 1, terza frase, TFUE, l’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo sul SEBC e sulla BCE, nonché l’articolo 10, seconda frase, del regolamento n. 974/98 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che esclude la possibilità di liberarsi da un’obbligazione di pagamento imposta da un’autorità pubblica mediante pagamento in contanti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>60 Occorre sottolineare che la risposta a tale questione è necessaria solo nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio giungesse alla conclusione, sulla base della risposta della Corte alla prima e alla terza questione, che l’articolo 14, paragrafo 1, del BBankG, interpretato secondo quanto esposto al punto 32 della presente sentenza, non sia compatibile con la competenza esclusiva dell’Unione per quanto riguarda la politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, e che il resistente nel procedimento principale avesse quindi la facoltà di adottare l’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento sui canoni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>61 A</em><em> tale riguardo, si deve rilevare che il corso legale delle banconote in euro è sancito non soltanto nel diritto primario, dall’articolo 128, paragrafo 1, terza frase, TFUE nonché, con una formulazione pressoché identica, dall’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo sul SEBC e sulla BCE, ma anche nel diritto derivato, dall’articolo 10, seconda frase, del regolamento n. 974/98. Inoltre, come osservato al punto 47 della presente sentenza, sebbene il Trattato FUE sancisca soltanto il corso legale delle banconote denominate in euro, l’articolo 11, seconda frase, del suddetto regolamento conferisce corso legale anche alle monete metalliche denominate in euro.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>62 A</em><em> questo proposito, benché il tenore delle disposizioni di cui si chiede l’interpretazione nell’ambito della seconda questione osti all’adozione di una norma nazionale avente per oggetto o per effetto di abolire, de jure o de facto, il contante in euro, in particolare rimettendo in causa la possibilità, in linea generale, di liberarsi da un’obbligazione di pagamento mediante tale contante, esso non consente di per sé di stabilire se una norma nazionale che si limita a porre restrizioni all’uso del contante al fine di liberarsi da un’obbligazione di pagamento imposta da una un’autorità pubblica sia anch’essa contraria al diritto dell’Unione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>63 Per quanto riguarda il contesto di tali disposizioni, occorre rilevare che il considerando 19 del regolamento n. 974/98 precisa che le eventuali limitazioni di pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri per motivi d’interesse pubblico, non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>64 A</em><em> tal proposito si deve ricordare che, anche se il preambolo di un atto dell’Unione non ha alcun valore giuridico vincolante e non può essere invocato né per derogare alle disposizioni stesse dell’atto in questione, né per interpretare queste disposizioni in un senso contrario al loro tenore letterale, esso è idoneo a precisarne il contenuto, dato che i considerando enunciati in tale preambolo costituiscono importanti elementi di interpretazione idonei a chiarire la volontà dell’autore di tale atto (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Puppinck e a./Commissione, C 418/18 P, EU:C:2019:1113, punti 75 e 76 nonché giurisprudenza ivi citata).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>65 Per quanto riguarda, più in particolare, la menzione, nel considerando 19 del regolamento n. 974/98, dei «motivi d’interesse pubblico», occorre rilevare che, mentre talune versioni linguistiche di tale considerando, come quella in lingua tedesca, utilizzano l’espressione «motivi di ordine pubblico», altre versioni linguistiche, come quelle in lingua inglese o francese, utilizzano l’espressione «motivi d’interesse pubblico».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Orbene, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di tale disposizione, né si può attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Pertanto, in presenza di una simile difformità, la disposizione di cui trattasi dev’essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, Naturschutzbund Deutschland – Landesverband Schleswig-Holstein, C 297/19, EU:C:2020:533, punto 43).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>66 Poiché le restrizioni ai pagamenti mediante banconote e monete metalliche in euro possono, in pratica, essere giustificate tanto da motivi di ordine pubblico relativi alla sicurezza o alla lotta contro la criminalità quanto dall’interesse pubblico di assicurare un’organizzazione efficace dei pagamenti nella società, è opportuno, al fine di garantire un’applicazione uniforme dei motivi derogatori in tutti gli Stati membri, accogliere l’espressione che ha il significato più ampio, vale a dire quella di «motivi d’interesse pubblico».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>67 In</em><em> tali circostanze, l’articolo 10, seconda frase, e l’articolo 11, seconda frase, del regolamento n. 974/98, letti alla luce del considerando 19 di tale regolamento, devono essere intesi nel senso che, da un lato, il corso legale di tali banconote e monete metalliche comporta, in linea di principio, un obbligo di accettazione di tali banconote e monete metalliche, e, dall’altro, tale obbligo può, in linea di principio, essere limitato dagli Stati membri in considerazione di motivi d’interesse pubblico.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>68 Occorre precisare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 129 delle sue conclusioni e come sottolineato dalla maggioranza delle parti interessate che hanno presentato osservazioni, tali restrizioni devono essere proporzionate all’obiettivo di interesse pubblico perseguito.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>69 Infatti, tenuto conto del fatto che, imponendo siffatte restrizioni nell’esercizio delle loro competenze sovrane, gli Stati membri limitano la possibilità, riconosciuta dal diritto dell’Unione, quale regola generale, di liberarsi da un’obbligazione di pagamento mediante banconote e monete metalliche in euro, tali Stati membri devono assicurarsi che le misure da essi adottate rispettino il principio di proporzionalità, il quale fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>70 Orbene, il principio di proporzionalità esige, per consolidata giurisprudenza della Corte, che le misure interessate siano idonee a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa in questione e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungere tali obiettivi (v., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019, Spiegel Online, C 516/17, EU:C:2019:625, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>71 Nel caso di specie, sebbene spetti al giudice del rinvio valutare se la normativa di cui ai procedimenti principali rispetti le condizioni menzionate ai punti da 68 a 70 della presente sentenza, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può tuttavia, ove necessario, fornire precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua decisione (v., in tal senso, sentenza del 2 maggio 2019, Fundación Consejo Regulador de la Denominación de Origen Protegida Queso Manchego, C 614/17, EU:C:2019:344, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>72 Per quanto riguarda i motivi d’interesse pubblico invocati per giustificare l’esclusione, da parte della normativa di cui ai procedimenti principali, del pagamento in contanti del canone radiotelevisivo, occorre rilevare che, nelle sue osservazioni scritte, l’emittente radiotelevisiva pubblica del Land dell’Assia ha sottolineato che, tenuto conto dei circa 46 milioni di contribuenti in Germania, l’obbligo di pagare il canone radiotelevisivo con strumenti di pagamento alternativi al contante mira a garantire il recupero effettivo di tale canone e ad evitare costi supplementari considerevoli.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>73 A</em><em> questo proposito, è effettivamente nell’interesse pubblico che i debiti di somme di denaro nei confronti delle autorità pubbliche possano essere onorati in un modo che non implichi per esse un costo irragionevole che impedirebbe loro di garantire i servizi forniti a costi inferiori. 74 Si deve pertanto ritenere che il motivo d’interesse pubblico relativo alla necessità di garantire l’adempimento di un’obbligazione di pagamento imposta da un’autorità pubblica può giustificare una limitazione ai pagamenti in contanti, in particolare quando il numero di contribuenti nei cui confronti il credito deve essere recuperato è molto elevato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>75 Per quanto riguarda la condizione secondo cui le misure in questione non devono andare oltre quanto è necessario al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, dalla decisione di rinvio risulta che la normativa di cui ai procedimenti principali prevede, per il pagamento del canone radiotelevisivo, mezzi legali diversi dai contanti, vale a dire il prelievo automatico, il bonifico bancario individuale o il bonifico bancario permanente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>76 Orbene, la restrizione di cui trattasi nel procedimento principale sembra essere al contempo idonea e necessaria per realizzare l’obiettivo consistente nel procedere al recupero effettivo del canone radiotelevisivo, in quanto consente di evitare all’amministrazione di essere esposta a un onere finanziario irragionevole rispetto al costo che comporterebbe l’attuazione generalizzata di una procedura che consentisse ai contribuenti di pagare il canone radiotelevisivo in contanti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>77 Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se una siffatta restrizione sia proporzionata a tale obiettivo, in particolare alla luce del fatto che i mezzi legali alternativi di pagamento del canone radiotelevisivo possono non essere facilmente accessibili a tutte le persone debitrici di quest’ultimo, il che implicherebbe di prevedere, per le persone che non hanno accesso a tali mezzi, la possibilità di pagare in contanti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>78 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 128, paragrafo 1, terza frase, TFUE, l’articolo 16, primo comma, terza frase, del protocollo sul SEBC e sulla BCE, nonché l’articolo 10, seconda frase, del regolamento n. 974/98 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che esclude la possibilità di liberarsi da un’obbligazione di pagamento imposta da un’autorità pubblica mediante banconote in euro, a condizione, in primo luogo, che tale normativa non abbia per oggetto né per effetto di stabilire il regime giuridico del corso legale di tali banconote, in secondo luogo, che non comporti, de jure o de facto, un’abolizione di tali banconote, segnatamente rimettendo in causa la possibilità, in generale, di liberarsi da un’obbligazione di pagamento mediante tale contante, in terzo luogo, che sia stata adottata tenendo conto di motivi d’interesse pubblico, in quarto luogo, che la limitazione ai pagamenti in contanti derivante da tale restrizione sia idonea a realizzare l’obiettivo di interesse pubblico perseguito e, in quinto luogo, che non ecceda i limiti di quanto è necessario per la realizzazione dello stesso, nel senso che esistano altri mezzi legali per liberarsi dall’obbligazione di pagamento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Sulle spese</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>79 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.</em></p>