<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 05 febbraio 2020 n. 15</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, secondo comma, del decreto del Presidente della Provincia di Bolzano 7 febbraio 1962, n. 8 (Approvazione del testo unico delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi chiusi nella Provincia di Bolzano) nella parte in cui afferma che «tra i chiamati alla successione nello stesso grado è preferito il più anziano», anziché prevedere che «tra i chiamati alla successione nello stesso grado viene scelta, sentiti i e le coeredi e la commissione locale per i masi chiusi, la persona che dimostra di possedere i migliori requisiti per la conduzione personale del maso chiuso»;</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera g), della legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17 (Legge sui masi chiusi);</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata invece inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, primo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Bolzano.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.– Sotto il profilo della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale, in ragione della disciplina operante ratione temporis, il Tribunale rimettente espone di dover applicare il d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, in quanto diritto sostanziale vigente al momento dell’apertura della successione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.1.– Il riferimento a tale momento per individuare, ai sensi degli artt. 10 e 11 delle Preleggi, la disciplina chiamata a regolare l’assunzione, a seguito di successione legittima, viene suffragato dalla sentenza n. 193 del 2017 di questa Corte e trova, altresì, conforto negli artt. 21 e 23, comma 2, lettera j), del regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo: tali disposizioni individuano il locus della legge applicabile alle divisioni ereditarie in quello dell’apertura della successione, sicché, indirettamente, forniscono una possibile indicazione anche relativamente al tempus.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Del resto, la stessa giurisprudenza di legittimità e la dottrina prevalente hanno sinora condiviso che, per individuare la legge applicabile ratione temporis alla divisione ereditaria, e di riflesso all’assunzione, occorra fare riferimento a quella vigente al momento dell’apertura della successione (ex multis, Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 25 marzo 2016, n. 5950; sezione seconda civile, sentenza 31 maggio 2012, n. 8746; sezione seconda civile, sentenza 23 settembre 2011, n. 19498; sezione seconda civile, sentenza 15 febbraio 2010, n. 3469).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Vero è che un recente orientamento nomofilattico (Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza 7 ottobre 2019, n. 25021) ha decretato la natura costitutiva, e non più dichiarativa, della divisione ereditaria; tuttavia, gli eventuali riverberi di tale mutamento sulla identificazione della legge applicabile ratione temporis alla divisione, e di riflesso all’assunzione, sono meramente ipotetici e tali da non inficiare, nel presente, il giudizio sulla rilevanza che, in ragione delle plurime argomentazioni richiamate, supera certamente il vaglio di non implausibilità richiesto per accedere al processo costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 267, n. 224 e n. 32 del 2020, n. 85 del 2017 e n. 228 del 2016).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.– Le questioni sollevate vanno esaminate affrontando, per prima, quella relativa all’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, in riferimento alla quale il ricorrente nel giudizio principale ha posto due eccezioni di inammissibilità per irrilevanza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In primo luogo, si osserva che il vuoto normativo, conseguente ad un’eventuale pronuncia di fondatezza della questione, dovrebbe essere colmato con l’art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962; in secondo luogo, si obietta che, anche applicando l’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, il diritto di assunzione spetterebbe in ogni caso al fratello maggiore.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.1.– L’art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 prevede che «[s]e l’erede chiamato ad assumere il maso al momento della devoluzione dell’eredità è già proprietario di un maso chiuso, il diritto di preferenza passa agli altri coeredi, ed il maso viene assegnato a quello degli eredi che lo segue nel rango previsto dal presente testo unico, a meno che il primo chiamato non preferisca cedergli il proprio maso al prezzo da stabilirsi in conformità all’art. 25».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>A parere del ricorrente nel giudizio a quo, sarebbe possibile un’interpretazione estensiva o per lo meno analogica dell’art. 19 nonché del principio fondamentale secondo il quale un maso chiuso deve garantire un reddito medio annuo «sufficiente per un adeguato mantenimento di almeno 5 persone, senza superare il triplo di tale reddito» (art. 2 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962); da ciò si inferisce che il fratello già proprietario di un altro maso non potrebbe essere assuntore del maso «L.».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Fermo restando – come già sopra ribadito – che il vaglio sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale deve limitarsi ad un controllo esterno sulla motivazione offerta dal giudice a quo, in ogni caso, deve sottolinearsi che l’art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 considera, come momento nel quale verificare se l’erede chiamato all’assunzione sia già proprietario di un altro maso, quello della «devoluzione dell’eredità», momento in cui il figlio minore non vantava la proprietà su alcun maso, sicché l’indicato art. 19 appare una norma inconferente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>D’altro canto, neppure una sua interpretazione analogica renderebbe priva di rilevanza la questione di legittimità dell’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962. Quest’ultima disposizione, nell’individuare il titolare del diritto all’assunzione, costituisce un antecedente logico dell’art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, che non può operare se prima non si definisce a chi spetti il diritto: dunque, non può inficiare la rilevanza della questione di legittimità costituzionale della norma, che è il suo presupposto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Da ultimo – come rileva la difesa del resistente nel giudizio di merito – non può tacersi che l’art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 non configura un impedimento insuperabile al mantenimento del diritto di assunzione, in quanto consente al suo titolare di preservarlo, offrendo di cedere il maso, di cui era proprietario al momento della devoluzione, al prezzo di cui all’art. 25 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962. E, a tal riguardo, sia l’ordinanza di rimessione sia l’atto di costituzione di G. L. B. riferiscono la disponibilità, più volte manifestata da quest’ultimo, a trasferire la proprietà del maso «S.» in favore del fratello F. J. B., ove quest’ultimo si rendesse disponibile a riconoscergli il diritto di assunzione del maso «L.».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.2.– Con la seconda eccezione di inammissibilità per irrilevanza, il ricorrente nel giudizio a quo ritiene che, anche applicando la successiva legge prov. Bolzano n. 17 del 2001 sui masi chiusi, e in particolare l’art. 14, il giudice dovrebbe, comunque, riconoscere il diritto di assunzione in capo al primogenito.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Infatti, il fratello minore non potrebbe avvantaggiarsi della disciplina di cui all’indicato art. 14, comma 2, potendo invece operare il comma 1 e, nello specifico, la lettera g), che, sino al 2010, ha continuato a riferirsi alla regola del maggiorascato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In ogni caso – conclude la difesa – anche ipotizzando di applicare il comma 2 dell’art 14, il fratello maggiore dovrebbe essere considerato il più idoneo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Anche questa eccezione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il requisito necessario per l’ammissibilità dello scrutinio di legittimità costituzionale di una legge è da ravvisarsi nella circostanza che la norma, di cui si dubita, si ponga come necessaria ai fini della definizione del giudizio, mentre deve ritenersi «totalmente ininfluente sull’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale il “senso” degli ipotetici effetti che potrebbero derivare per le parti in causa da una pronuncia sulla costituzionalità della legge» (sentenza n. 98 del 1997; e, analogamente: sentenza n. 241 del 2008 e ordinanza n. 53 del 2010). Compete, dunque, al Tribunale rimettente valutare le conseguenze applicative che potrebbero discendere da una eventuale pronuncia di accoglimento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La circostanza poi che anche la successiva legge prov. Bolzano n. 17 del 2001 abbia confermato la regola del maggiorascato, abrogata solo nel 2010 con la legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 gennaio 2010, n. 2 (Norme in materia di agricoltura, usi civici, utilizzazione delle acque pubbliche, energia, urbanistica e tutela dell’ambiente), non depone nel senso della irrilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, ma al più evidenzia un problema di eventuale declaratoria in via conseguenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), dell’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera g), della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per il resto, a questa Corte compete un controllo meramente esterno, di non implausibilità, sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale; controllo positivamente superato rispetto all’individuazione di G. L. B. come possibile assuntore, in base al criterio di maggiore idoneità alla gestione del maso, ritenuto applicabile dal giudice a quo in considerazione dei caratteri di tale istituto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– Si può quindi procedere all’esame di merito della prima delle questioni sollevate. Occorre, in particolare, verificare se l’art 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 sia in contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost., perché, in via di automatismo e senza alcuna razionale giustificazione, accorda preferenza al coerede più anziano.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.1.– La questione è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Questa Corte ben rammenta che, con sentenza n. 40 del 1957, in relazione a questioni sostanzialmente analoghe, aventi ad oggetto gli allora vigenti artt. 16 e 18 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 marzo 1954, n. 1 (Ordinamento dei masi chiusi nella Provincia di Bolzano), aveva giustificato la preferenza per il primogenito maschio «sulla base di una presunzione tratta da un fatto normale se non costante»: che il coerede più anziano, avendo vissuto più a lungo accanto al de cuius, titolare dell’azienda, «può di questa conoscere meglio di altri il più efficace sistema di conduzione e può avere un maggiore attaccamento al fondo avito».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Sennonché tale orientamento, alquanto risalente, non può essere confermato ed è stato, invero, già superato dalla sentenza n. 193 del 2017, relativamente alla prevalenza della linea maschile su quella femminile.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La tutela accordata all’istituto del <strong>maso chiuso</strong> non giustifica, infatti, qualsiasi deroga ai principi dell’ordinamento, ma soltanto quelle che siano funzionali alla conservazione dell’istituto, nelle sue <strong>essenziali finalità e specificità</strong>, e che non comportino la lesione di principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale (sentenze n. 193 del 2017, n. 173 del 2010, n. 340 del 1996, n. 40 e n. 5 del 1957).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.2.– Nella prima prospettiva, se è vero che la <strong>regola del maggiorascato</strong>, in base alla normativa del 1962, detta una disciplina di chiusura, finalizzata a garantire l’individuazione dell’unico assuntore del maso chiuso, a seguito di successione legittima, d’altro canto, essa non configura una previsione intangibile, che possa essere modificata soltanto mediante un intervento del legislatore. L’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale di tale regola determinerebbe, infatti, una lacuna suscettibile di essere agevolmente colmata, attraverso la trama del sistema positivo, con un diverso criterio di assunzione, coerente sia con i profili attualmente distintivi dell’istituto del maso sia con i principi costituzionali.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Si tratta – secondo lo stesso giudice rimettente – di quanto dispone l’art. 14, comma 2, della vigente legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, secondo il quale «[n]el caso in cui vi siano più coeredi aventi gli stessi diritti di preferenza […] quale assuntore o assuntrice viene scelta, sentiti i e le coeredi e la commissione locale per i masi chiusi, la persona che dimostra di possedere i migliori requisiti per la conduzione personale del maso chiuso».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale norma, che opera come criterio di chiusura dell’attuale disciplina sul maso chiuso, a presidio dell’indivisibilità, mostra il respiro di una previsione generale e flessibile, fedele ai moderni tratti distintivi dell’istituto, conforme ai principi costituzionali fondamentali e in sintonia con le stesse regole dell’ordinamento civile.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.3.– Sulla base di questa premessa si può, dunque, procedere a verificare se l’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 superi il vaglio di conformità al principio di cui al primo comma dell’art. 3 Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Obietta, in proposito, il ricorrente nel giudizio a quo che la richiamata previsione costituzionale non fa menzione del parametro dell’età. Sennonché è un dato acquisito nell’interpretazione della norma costituzionale che l’elenco di cui all’art. 3, primo comma, Cost. non debba ritenersi tassativo, esprimendo piuttosto il generale divieto di arbitrarie discriminazioni; se ne trae ulteriore conferma dal coordinamento ermeneutico con l’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, che espressamente vieta, al paragrafo n. 1, qualsiasi forma di discriminazione fondata, tra l’altro, sull’età.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Di conseguenza, l’automatica differenziazione sulla base del criterio dell’età in tanto può risultare ragionevole, e per questo non discriminatoria, in quanto evidenzi una giustificazione e risulti, nello specifico, coerente con le finalità proprie dell’istituto regolato, quale viene plasmato dall’evoluzione economico-sociale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In tale prospettiva, e con specifico riferimento all’istituto del maso chiuso, l’indicata sentenza n. 193 del 2017 spiega, in maniera nitida, che l’evoluzione economico-sociale può condurre «ad una diversa valutazione di compatibilità [delle sue regole] con i parametri costituzionali. Proprio la persistenza dell’istituto ne comporta una evoluzione, nel cui ambito alcuni rami possono divenire […] incompatibili con l’ordinamento nazionale».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Né certo convince il diverso avviso – suggerito dalla memoria di F. J. B. – secondo cui il giudizio di legittimità costituzionale dovrebbe svolgersi in un’ottica storica riferita al momento dell’apertura della successione. Da un lato, infatti, i meccanismi costitutivi dell’assunzione e della divisione si realizzano nel presente ed è solo una fictio iuris la retroattività dettata dall’art. 757 cod. civ.; da un altro lato, e soprattutto, è nel presente che si svolge il suddetto giudizio che non può tollerare una differenziazione, ove questa nell’attualità dovesse palesarsi come discriminatoria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.4.‒ Ciò premesso, l’evoluzione economico-sociale dell’istituto del maso chiuso consente di ritenere superata la presunzione di coerenza, costruita dalla sentenza n. 40 del 1957 sulla base dell’id quod plerumque accidit, tra la regola del maggiorascato e le finalità che, nella contemporaneità, connotano l’istituto del maso.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’idea, espressa da quella pronuncia, che sia un «fatto normale se non costante [che] colui che, essendo più a lungo vissuto accanto al titolare dell’azienda agricola, [possa] di questa conoscere meglio di altri il più efficace sistema di conduzione e [possa] avere un maggiore attaccamento al fondo avito», seppure sostenibile in un’epoca caratterizzata dal normale perpetuarsi del mestiere fra i componenti della famiglia, e in specie dagli ascendenti ai discendenti, non può certamente essere riproposta nell’attuale contesto economico-sociale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Non è, dunque, dirimente l’età dei coeredi rispetto agli obiettivi del maso, mentre quel che conta è il tempo effettivo che un soggetto abbia ivi trascorso e quanto si sia dedicato alle attività dell’azienda e alla specializzazione nella sua conduzione. Peraltro, la stessa fattispecie oggetto del giudizio a quo, come ricavabile dalla lettura dell’ordinanza di rimessione, smentisce la ragionevolezza della presunzione, là dove il primogenito aveva per lo più lavorato altrove, mentre il minore si era dedicato in via esclusiva alla coltivazione e alla gestione del maso chiuso, apparendo perciò al giudice rimettente il più idoneo ad acquisire il diritto all’assunzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>D’altro canto, l’avvento delle tecnologie nei metodi di produzione agricola e il diffondersi dell’esercizio contestuale di attività connesse a quella agricola rendono essenziale la preparazione tecnico-specialistica nella gestione, mentre fanno apparire superata la trasmissione – peraltro meramente ipotetica – di competenze da una generazione all’altra.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Se è vero, dunque, che sono le regole di esperienza generalizzate (riassunte nella formula dell’id quod plerumque accidit: ex multis, sentenze n. 185 e n. 48 del 2015) a supportare il vaglio di ragionevolezza di una presunzione, l’irragionevolezza della regola del maggiorascato è comprovata dal carattere “agevole” con cui è dato formulare la “normalità” di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta alla base di tale presunzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.5.‒ Non è un caso, del resto. che, nell’adeguarsi all’evoluzione economico-sociale, lo sviluppo normativo dell’istituto del maso chiuso abbia tradotto le finalità che esso persegue, nella sua moderna configurazione, in criteri preferenziali di attribuzione del diritto di assunzione incentrati sull’effettivo attaccamento al maso e sulla competenza professionale nella gestione aziendale. L’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, oltre a considerare nel comma 1, quali criteri preferenziali, l’essere cresciuto nel maso, l’aver partecipato abitualmente alla sua conduzione e alla sua coltivazione e l’essere in possesso di un diploma ad indirizzo agrario o di economia domestica, ha soprattutto contemplato, nel comma 2, quale clausola di chiusura della nuova disciplina, l’accertamento che il diritto venga attribuito alla «persona che dimostr[i] di possedere i migliori requisiti per la conduzione personale del maso chiuso».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In questa prospettiva, è quanto mai emblematico constatare che l’evoluzione della disciplina sul maso chiuso abbia condotto nel 2010 all’abrogazione proprio della regola del maggiorascato, che era rimasta nel 2001, quale mero criterio preferenziale residuale, antecedente alla sola clausola di chiusura.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.6.– L’evoluzione economico-sociale nonché quella normativa dell’istituto del maso chiuso, appena descritte, palesano, dunque, l’irragionevolezza della presunzione di idoneità sottesa all’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, e tale essa rimane, ove pure si proietti la disposizione in un più complesso quadro normativo, comprensivo dell’art. 18/a dello stesso decreto, secondo il quale «sono normalmente escluse dal diritto all’assunzione del maso per successione legittima le persone […. che] non siano idonee o qualificate a condurre personalmente il maso o non abbiano risieduto abitualmente sullo stesso».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Simile previsione, se in parte tempera la rigidità degli effetti del censurato art. 18, secondo comma, certo non ha il potere di conferire ragionevolezza al criterio legale di attribuzione del diritto sulla base dell’età.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La possibilità, infatti, di escludere chi sia inidoneo alla conduzione del maso o non vi abbia abitualmente risieduto non consente in alcun modo di giustificare il privilegio, irragionevolmente associato al fattore dell’età, nell’attribuzione del diritto di assunzione: simile correttivo non apporta alcun rimedio al rischio che il maso venga assegnato al soggetto con un minor attaccamento al fondo e meno idoneo a gestirlo e a garantire il mantenimento dell’unità economica agricola. Altro è giudicare la fattispecie attributiva di un diritto, nella quale il criterio dell’età opera come automatismo, altro è considerare le fattispecie a posteriori correttive, che non si applicano (e dunque non correggono) se non si verificano le ipotesi limite in esse contemplate. Fuori da tali previsioni estreme, l’automatismo irrimediabilmente si produce, insieme con il conseguente rischio di assegnare il fondo al soggetto meno idoneo a gestirlo rispetto agli altri coeredi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale vizio non pregiudica soltanto l’interesse della persona discriminata, ma lo stesso istituto del maso e, dunque, la tutela oggettiva della res frugifera, di cui tradisce le finalità: l’efficienza dell’azienda, che è garanzia della stessa indivisibilità, e la connessione con la compagine familiare che, nei passaggi in via successoria, non può tollerare discriminazioni da tempo superate nell’ambito dell’istituto giusfamiliare. Sovviene, a riguardo, il rilievo della sentenza n. 193 del 2017, secondo la quale la correlazione fra la regola del maggiorascato e «[l]’esigenza obiettiva di mantenere indiviso il fondo [non è che il frutto di] una ormai superata concezione patriarcale della famiglia come entità bisognosa della formale investitura di un capo del gruppo parentale (in tal senso, sentenza n. 505 del 1988). La desuetudine della visione patriarcale della famiglia e del principio del maggiorascato […] hanno [viceversa] profondamente mutato sia il contesto sociale che quello giuridico di riferimento».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.7.‒ Per le ragioni sopra esposte l’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 si pone in irrimediabile contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>A presidio della indivisibilità dell’istituto in questione, la regola della preferenza per il maggiore d’età viene ad essere sostituita con quella secondo cui, fra più coeredi dello stesso grado, «quale assuntore o assuntrice viene scelta, sentiti i e le coeredi e la commissione locale per i masi chiusi, la persona che dimostra di possedere i migliori requisiti per la conduzione personale del maso chiuso» (art. 14, comma 2, legge prov. Bolzano n. 17 del 2001).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale criterio, infatti, nel contesto attuale, appare perfettamente idoneo a chiudere la disciplina con una previsione flessibile e di respiro generale, che si inserisce nel tessuto normativo coerentemente con i principi costituzionali, con le peculiarità dell’istituto del maso chiuso e con i principi generali dell’ordinamento giuridico in materia di successione legittima e di divisione ereditaria (si vedano, in proposito, le sentenze: Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 3 settembre 2019, n. 22038; sezione seconda civile, sentenza 22 agosto 2018, n. 20961; sezione seconda civile, sentenza 5 novembre 2015, n. 22663).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.8.‒ L’acclarata irragionevolezza della regola del maggiorascato, quale criterio per la determinazione in via di automatismo del diritto di assunzione, comporta, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale in via conseguenziale dell’art. 14, comma 1, lettera g), della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, operante sino all’entrata in vigore della legge prov. Bolzano n. 2 del 2010, in quanto disposizione di contenuto identico rispetto a quello della norma censurata (sentenze n. 229 del 2019 e n. 149 del 2018). La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera g), della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001 non necessita di alcuna sostituzione, in quanto il contenuto del precetto sostitutivo è già presente nel comma 2 del medesimo art. 14 della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.‒ Passando alla seconda questione di legittimità costituzionale, occorre verificare se l’art. 25, primo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, che regola i criteri di determinazione del prezzo di assunzione, violi gli artt. 3 e 42 Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In particolare, si deve accertare se la norma censurata contrasti con l’art. 3 Cost., perché irragionevolmente pone un criterio di calcolo del prezzo di assunzione che conduce alla determinazione di un importo esiguo e comunque del tutto disancorato dal valore di mercato del bene; se ‒ sotto un diverso profilo ‒ l’applicazione dell’indicato art. 25, primo comma, determini un trattamento irragionevolmente deteriore in capo ai coeredi non assuntori del maso rispetto a casi analoghi in cui la fattispecie dell’assunzione di un maso chiuso è regolata dalla disciplina attualmente vigente; e, infine, se il medesimo art. 25, primo comma, sia altresì lesivo dell’art. 42 Cost., perché come sostenuto dal rimettente, l’applicazione del criterio ivi previsto per la determinazione del prezzo di assunzione «comporta una rilevantissima compromissione delle ragioni ereditarie degli eredi ab intestato non assuntori del maso».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.– La questione è inammissibile per incompleta ricostruzione del quadro normativo che si riverbera sia sul profilo della rilevanza, sia su quello della non manifesta infondatezza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.1.– Innanzitutto, l’ordinanza di rimessione non opera alcun cenno all’art. 50, comma 01, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, rubricato «Norme transitorie», introdotto con la legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 aprile 2018, n. 5 (Modifiche della legge provinciale sui masi chiusi e della legge urbanistica provinciale), di oltre un anno antecedente rispetto all’ordinanza di rimessione. In tale disposizione si legge che «[i] criteri per la determinazione del valore di assunzione di cui all’articolo 20, comma 2, trovano applicazione dalla data di entrata in vigore del regolamento in tutti i casi non ancora definiti con decisione giudiziale passata in giudicato».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La norma transitoria riflette un’esigenza propria della determinazione del valore di assunzione, che la accomuna ad analoga istanza sottesa alla disciplina codicistica relativa alla stima di quanto rimane nella massa ereditaria dopo i prelevamenti (art. 726 cod. civ.) nonché alla stima dello squilibrio rilevante ai fini della rescissione della divisione (art. 766 cod. civ.): la necessità del carattere attuale della stima, in sede sia di assunzione sia di divisione, a fronte di comunioni ereditarie che spesso si protraggono per decenni, dopo l’apertura della successione, come, per l’appunto, si è verificato nella vicenda oggetto del giudizio a quo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In tale prospettiva, la norma transitoria – nel contemplare l’applicazione retroattiva dell’art. 20, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, il quale parametra il valore di assunzione al reddito medio netto annuo, riferito non solo all’attività agricola, ma anche alle attività connesse di cui al terzo comma dell’art. 2135 cod. civ. – ha inteso garantire la congruità del valore di assunzione, assicurando l’attualità degli stessi parametri di determinazione del valore e la rivalutazione di quest’ultimo. Il prezzo di assunzione, infatti, per un verso, non deve eguagliare il valore di mercato, bensì deve essere coerente con la funzione dell’istituto del maso, il cui assuntore è destinato a mantenersi con il solo reddito prodotto dall’azienda. Ma, per un altro verso, deve essere stimato in maniera attuale e corrispondente al reddito che nel presente può produrre il maso, se vuole rimanere fedele alla sua stessa funzione, che al contempo giustifica la compressione dell’interesse dei coeredi non assuntori.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Or dunque, se quella richiamata è la ratio della norma transitoria, non supera il vaglio di non implausibilità la valutazione del giudice rimettente, che ha omesso di evocare tale disposizione e, comunque, non ha considerato la possibile applicazione dell’art. 20, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001. Né si comprende perché non abbia argomentato in merito a eventuali ragioni ostative alla disciplina transitoria, quale per ipotesi la mancata emanazione del regolamento, cui fa riferimento in maniera generica l’art. 50, comma 01, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, implicitamente richiamando il regolamento di esecuzione menzionato nell’ultima parte dell’art. 20, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001 (e altresì citato dall’art. 49, che immagina un unitario regolamento di esecuzione comprensivo tanto dei criteri per la stima del valore di assunzione ai sensi dell’art. 20, comma 2, quanto dei titoli di studio e dei diplomi menzionati dagli artt. 2, comma 3, lettera a, e 14, comma 1, lettera c, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In particolare, ove si consideri che l’art. 20, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001 trova regolare applicazione, pur in mancanza dell’emanazione del regolamento di esecuzione, cui si riferiscono tanto l’art. 20, comma 2, quanto, per relationem, l’art. 50, comma 01, resta incomprensibile l’assoluto silenzio dell’ordinanza di rimessione. E questo tanto più stride, ove si consideri che lo stesso giudice rimettente ha chiesto al consulente tecnico d’ufficio di applicare al caso concreto proprio i criteri di cui all’art. 20, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, ma solo al fine di comparare il relativo valore con quello che deriva dall’applicazione dei criteri dettati nel 1962.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È, invero, di tutta evidenza che l’art. 50, comma 01, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001 si sarebbe potuto prestare in primis ad una interpretazione di tipo logico, speculare rispetto a quella invalsa per l’art. 20, comma 2: se la mancata emanazione del regolamento previsto da tale norma non è ostativa all’applicazione dell’art. 20, comma 2, essa avrebbe potuto ritenersi non ostativa anche all’applicazione retroattiva della medesima norma, ai sensi della disposizione transitoria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Del resto, anche a ritenere l’emanazione del regolamento un elemento impeditivo proprio della retroattività, che deroga agli artt. 10 e 11 delle Preleggi, il suo superamento avrebbe potuto connotarsi quale interpretazione costituzionalmente orientata, se è vero che la norma transitoria serve a garantire la coerenza della disciplina sulla determinazione del prezzo di assunzione con la funzione del maso e, nel rispetto di tale funzione, la sua conformità ai principi costituzionali.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Quanto sopra evidenziato palesa le plurime ragioni per ritenere non giustificato il silenzio dell’ordinanza di rimessione in merito all’art. 50, comma 01, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, che doveva essere, viceversa, richiamato ed indagato per acclarare l’effettiva rilevanza della questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 25, primo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.2.‒ La ricostruzione del quadro normativo offerta dal giudice a quo presenta un’ulteriore lacuna che incide sulla valutazione dello scrutinio di non manifesta infondatezza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il rimettente, infatti, non ha considerato il secondo comma del censurato art. 25, secondo il quale l’assuntore o uno qualsiasi dei coeredi possono rifiutare la valutazione automatica effettuata sulla base della norma oggetto del presente giudizio (il primo comma dell’art. 25), presentando domanda al pretore (oggi al giudice monocratico), competente per il certificato ereditario, affinché determini il reddito presunto, dal quale – con l’applicazione del tasso legale – ricavare il valore del bene.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con tale istanza si apre una procedura non contenziosa, che può cessare in ogni momento se le parti raggiungono un accordo tra loro (art. 25, settimo comma; art. 25, primo comma, e art. 33 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962) e che si svolge altrimenti in sede di volontaria giurisdizione, con conseguente sospensione della causa per la determinazione del prezzo di assunzione (art. 25/a del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale procedura conduce ad una valutazione del valore del maso riferita al reddito presunto e, dunque, incentrata su un criterio non dissimile dall’attuale disciplina che si rivolge al “reddito medio netto annuo presunto”.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La normativa del 1962 conosce, allora, un’alternativa che consente di sfuggire ai rigidi criteri dettati dal primo comma dell’art. 25. Pertanto, pur se dall’ordinanza di rimessione non si evince che tale opzione sia stata attivata dalle parti in causa, ad ogni modo si tratta di un’azione a disposizione dei coeredi, che avrebbe dovuto essere scrutinata per una completa ricostruzione del quadro normativo, al fine di motivare la non manifesta infondatezza della dedotta questione sulla legittimità costituzionale della regola dettata per la determinazione del prezzo di assunzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In definitiva, il giudice rimettente, non tenendo conto del secondo comma dell’art. 25 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 e, soprattutto, non facendo alcun richiamo alla disciplina transitoria dettata dall’art. 50, comma 01, della nuova legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, come novellato nel 2018, non ha ricostruito in maniera completa il quadro normativo di riferimento, con ciò pregiudicando in radice l’iter logico che lo ha condotto a ritenere la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, primo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 non manifestamente infondata e rilevante.</em></p>