<p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 26 febbraio 2021 n. 5422</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="7"> <li><em> Il primo motivo è inammissibile.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Il Tribunale Superiore delle acque pubbliche, giudicando sul primo motivo di appello del Consorzio, ha ritenuto che l’atto di citazione contenesse una precisa ricostruzione dei fatti, con la chiara individuazione sia del petitum sia della causa petendi: secondo il giudice dell’appello, la citazione della N. richiamava le due esondazioni dell’alveo XXXXXXX, conteneva uno specifico riferimento all’incuria della Regione nella gestione del corso d’acqua, indicava i danni subiti ai terreni e alle colture di culi si chiedeva il risarcimento.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>7.1. Con il motivo in esame, il Consorzio mira ad ottenere una diversa lettura dell’atto rispetto a quella compiuta dal giudice del merito, con un apprezzamento che, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere sindacato in cassazione sotto il profilo del vizio di motivazione e non anche per il suo contenuto (v. Cass. 13 luglio 1965, n. 1479; Cass. 1/7/1999, n. 6714; Cass. 16/11/2018, n. 29609; Cass. 03/12/2019, n. 31546).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>7.2. Deve aggiungersi, quale ulteriore ragione di inammissibilità, che il motivo è del tutto carente di specificità, perché il ricorrente si è limitato a trascrivere solo brevi stralci dei suoi atti di costituzione in primo e secondo grado senza tuttavia trascrivere, quantomeno nelle parti idonee a sorreggere la censura, l’atto di citazione della N. , rinnovato a seguito dell’ordine impartito dal primo giudice ai sensi dell’art. 164 c.p.c.; infine, tali atti non risultano depositati unitamente al ricorso per cassazione nè il ricorrente fornisce elementi per una loro facile e immediata localizzazione negli atti di causa. Risultano così violati gli oneri imposti a pena di inammissibilità e di improcedibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="8"> <li><em> Il secondo, il terzo ed il sesto motivo, che si trattano congiuntamente, sono in parte inammissibili e in parte infondati.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>8.1. Va precisato che l’art. 200 del T.U. sulle acque pubbliche dispone al comma 1 che "Contro le decisioni pronunciate in grado di appello dal Tribunale superiore delle acque pubbliche è ammesso il ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione: a) per incompetenza o eccesso di potere ai termini della L. 31 marzo 1877, n. 3761, art. 3; b) per violazione o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 517 c.p.c., n. 3, o se si verifichi la c:ontraddittorietà prevista nel numero 8 dell’art. 517 medesimo".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>8.2. Questa Corte ha più volte precisato che nella violazione di legge, deducibile come motivo di ricorso per cassazione contro le decisioni, in unico grado od in appello, del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, può ricomprendersi il solo vizio di motivazione (sotto i profili dell’inesistenza, della contraddittorietà o della mera apparenza) risultante dal testo dei provvedimenti impugnati, mentre non rientra nei compiti della Corte di cassazione la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle "quaestiones facti", la quale comporta un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (Cass. Sez. Un. 16 maggio 1992 n. 5888; Cass. Sez.Un. 10/7/2006, n. 15617; Cass. Sez.Un. 22/08/2007, n 17822, con ampi richiami; Cass. Sez. Un. 6/11/2018, n. 28220). Il ricorso per cassazione è altresì ammesso anche per denunziare il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. Un. 2-12-2008 n. 28547), che nella disciplina risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, è previsto solo per "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti" (Cass. Sez. Un. 7/1/2016, n. 67).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>8.3. Il discrimine tra l’ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa e l’ipotesi della erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 26/3/2010, n. 7394; Cass. 13/10/2017, n. 24155).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>8.4. Ora, nel caso in esame le censure, pur essendo rubricate come violazioni di legge, prospettano contestualmente questioni di diritto e questioni di fatto, denunciando oltre alla violazione delle norme indicate in rubrica anche un’erronea ricognizione, da parte del Tribunale, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa. 8.5. In particolare, il ricorrente pone a fondamento della denunciata violazione di legge un presupposto fattuale - la natura di corso d’acqua naturale e demaniale dell’alveo XXXXXXX, "di preminente interesse regionale agli effetti di quanto previsto dall’art. 12" (da ciò facendone discendere la responsabilità esclusiva della Regione nella sua manutenzione) -, espressamente escluso dal Tribunale superiore il quale, al contrario, ha ritenuto trattarsi di un corso d’acqua artificiale, facente parte del bacino dei (OMISSIS) , creato in età borbonica, precisando altresì che tale affermazione, contenuta nella sentenza di primo grado, non era stata contestata dal Consorzio (pag. 13 della sentenza).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>8.6. I motivi di ricorso sono dunque costruiti in ragione di una diversa natura dell’alveo XXXXXXX, il che, in disparte il rilievo che il ricorrente non indica neppure quali siano gli elementi istruttori che sosterrebbero la sua opzione e che non sarebbero stati considerati dal Tribunale, pone la censura al di fuori della cornice del vizio di violazione di legge e involge la tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è ammissibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione, nei limiti in cui esso è deducibile in questa sede (Cass. Sez.Un. 5/4/2007, n. 8520; Cass. Sez.Un. 2/8/2007, n. 17822; Cass. Sez.Un. 7/1/2016, n. 67; Cass. Sez. Un. 6/11/2018, n. 28220), nella specie non rispettati.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="9"> <li><em> Per il resto, la ricostruzione compiuta dal Tribunale superiore delle acque è in linea con i recenti arresti di questa Corte, secondo cui le funzioni di progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura ed i conseguenti poteri di custodia, che il D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 89, comma 1, lett. a), ha trasferito dallo Stato alle Regioni, possono da queste ultime essere delegate ai consorzi di bonifica o ai concessionari delle relative opere, la cui posizione, quindi, deve essere valutata di volta in volta sulla base delle singole legislazioni regionali, tenendo presente quanto stabilito dal R.D. 25 luglio 1904, n. 523, sulla classificazione delle opere idrauliche e sul riparto dei relativi compiti di gestione e manutenzione, e dal R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 13, sull’esecuzione delle opere di attuazione del piano generale di bonifica. Ciò che pertanto occorre verificare è se ed in quale misura i consorzi di bonifica siano realmente investiti di funzioni di manutenzione dei corsi d’acqua, con conseguente insorgenza della loro responsabilità a titolo di custodia, ai sensi dell’art. 2051 c.c. (v. Cass. 5/3/2009, n. 5287; Cass. 25/3/2013, n. 7375, come richiamate da Cass. Sez.Un. 32730/2018, cit.; v. pure Cass. Sez.Un. 5/12/2011, n. 25928).</em></li> <li><em> 1. Nella sentenza qui impugnata, il Tribunale superiore delle acque ha individuato nella legge Regione Campania n. 4/2003 le norme di riferimento dalle quali ha desunto la responsabilità del Consorzio nella custodia in manutenzione del canale in questione.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>In particolare, ha rilevato che in forza della legge regionale, adottata nell’ambito di una funzione di riorganizzazione delle funzioni dei consorzi, sono definite opere pubbliche di bonifica attribuite ai consorzi, purché realizzate nei comprensori di bonifica e previste nel piano generale di bonifica, "a) la sistemazione e l’adeguamento della rete scolante, la captazione, raccolta, provvista, adduzione e distribuzione d’acqua a usi prevalentemente irrigui, nonché la sistemazione, regimazione e regolazione dei corsi d’acqua di bonifica ed irrigui ed i relativi manufatti; b) il sollevamento e la derivazione delle acque e connesse installazioni; c) la sistemazione idraulico agraria e la bonifica idraulica; d) gli interventi di completamento, adeguamento funzionale e ammodernamento degli impianti e delle reti irrigue e di scolo e quelle per l’estendimento dell’irrigazione con opere di captazione, raccolta, adduzione e distribuzione delle acque irrigue; e) gli interventi per la realizzazione degli usi plurimi delle acque irrigue, ai sensi della L. 5 gennaio 1994, n. 36, art. 27; f) gli interventi realizzati in esecuzione dei piani e dei programmi adottati dalle Autorità di Bacino)" (L.R. Campania n. 4 del 2003, art. 2, comma 1).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il comma 2 dello stesso art. 2 L. cit., inoltre, attribuisce ai consorzi gli interventi di manutenzione straordinaria nonché i ripristini delle opere di cui al comma 1, conseguenti ai danni causati da calamità naturali in conformità alla L. 14 febbraio 1992, n. 185, e successive modificazioni. Il Tribunale ha poi dato rilievo all’art. 2, comma 3, L.R. cit., a norma del quale, sono escluse dalla competenza dei Consorzi quelle opere pubbliche di bonifica che il Presidente della Giunta regionale, con apposito provvedimento, individua come opere da considerarsi "di preminente interesse regionale agli effetti di quanto previsto all’art. 12" (art. 2, comma 3).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Infine, l’art. 12, comma 3, dispone che "Dalla determinazione delle spese di cui al comma 1, sono comunque escluse le opere di carattere civile-infrastrutturale consegnate ai Comuni, alle Province ed alle Comunità montane, nonché l’esercizio e la manutenzione delle opere pubbliche di bonifica dichiarate di preminente interesse regionale, ai sensi dell’art. 2, comma 3, i cui oneri di manutenzione e gestione sono a carico della Regione.". 9.2. Alla luce di questo quadro normativo e sul presupposto incontestato che, nel caso in esame, manca un espresso provvedimento del Presidente della Giunta regionale che abbia dichiarato il canale XXXXXXX di preminente interesse regionale, nonché sull’ulteriore dato fattuale che tale canale rientra nel bacino dei (OMISSIS) , a sua volta ricompreso nel comprensorio di bonifica (OMISSIS) , il Tribunale ha ritenuto sussistente la responsabilità del Consorzio nella manutenzione dell’alveo in questione.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’assunto del ricorrente secondo cui il corso d’acqua esondato non è un canale consortile, che il bacino dei (OMISSIS) è solo in parte compreso nel comprensorio "effettivo" (sic) del consorzio e questa parte non include l’alveo XXXXXXX, che invece è un affluente secondario, non ha superato la soglia della mera asserzione.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Per contro, è la stessa legge regionale, che all’art. 33, comma 2, lett. a), nel ridefinire gli attuali comprensori di bonifica integrale, con riferimento ai bacini idrografici di cui alle leggi richiamate al comma 1, include nel comprensorio di bonifica "(OMISSIS) " i (OMISSIS) .</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>9.3. Tale inclusione ha l’indubbia finalità non solo di disegnare i confini dei comprensori di bonifica, ma anche, nell’ambito della riorganizzazione delle funzioni attribuite ai consorzi, di individuare i compiti attribuiti agli enti con riferimento alle opere idrauliche esistenti già all’epoca di entrata in vigore della legge regionale. La riconduzione del dovere di manutenzione al presupposto di fatto dell’inclusione dell’alveo nel bacino dei (OMISSIS) , operata dal Tribunale Superiore, si colloca in questo secondo versante della funzione della norma.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>9.4. In altri termini, l’attribuzione della funzione di manutenzione del corso d’acqua discende dalla stessa ricognizione legislativa di cui all’art. 33 e dalla norma fondamentale di cui al R.D. n. 215 del 1933, art. 54, in base al quale "i consorzi provvedono alla esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica o soltanto alla manutenzione ed esercizio di esse".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>9.5. In conclusione, la lettura coordinata della normativa statale e della legge regionale citata conferma la correttezza del giudizio espresso dal Tribunale superiore delle acque, secondo cui l’inserimento espresso dei (OMISSIS) , di cui fa parte l’alveo in questione, nel territorio del Consorzio, da un lato, esclude la necessità di un apposito atto di consegna da parte della Regione e, dall’altro, attribuisce all’ente compiti di manutenzione. 9.6. Si è in presenza di un’espressa attribuzione di funzioni e responsabilità dalla Regione ai Consorzi, il che rende irrilevante verificare se, in concreto, il Consorzio ricorrente abbia o meno proceduto alla predisposizione di un piano di classifica e di contribuzione consortile, esigendone il pagamento. Si tratta, dunque, di circostanze di cui difetta all’evidenza ogni decisività, con la conseguenza che non è neppure ipotizzabile il vizio di omesso esame denunciato nell’ultimo motivo di ricorso, che pertanto deve essere rigettato.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="10"> <li><em> Il quarto motivo è infondato.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Il ricorso del giudice alla liquidazione equitativa è legittimo quando la determinazione del preciso ammontare del danno sia impossibile o particolarmente difficile e l’accertamento di tali estremi costituisce indagine di fatto sottratta al sindacato in sede di legittimità, allorquando il giudizio al riguardo espresso dal giudice di merito sia congruamente motivato (Cass. 09/02/1967, n. 336; Cass. 17/06/1968, n. 1978; Cass. 14/03/1969, n. 819; Cass. 16/07/1976, n. 2817; Cass. 23/02/1983, n. 1381; Cass. 26/03/1983, n. 2157).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em><a href="http://10.1.si/" data-saferedirecturl="https://www.google.com/url?q=http://10.1.Si&source=gmail&ust=1616343959849000&usg=AFQjCNF8FZHKpgW-4Ge9VFtICiHy4W3Dqg">10.1.Si</a> è pure precisato che la liquidazione equitativa, anche nella sua forma cd. "pura", consiste pur sempre in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno, e cioè in un giudizio di mediazione tra le probabilità positive e le probabilità negative del danno effettivo nel caso concreto (Cass. 13/09/2018, n. 22272; Cass. 26/5/2020, n. 9778): è quindi pur sempre necessario che, qualora proceda alla liquidazione del danno in via equitativa, il giudice di merito, affinché la sua decisione non presenti i connotati della arbitrarietà, indichi i criteri seguiti per determinare l’entità del risarcimento, risultando il suo potere discrezionale sottratto a qualsiasi sindacato in sede di legittimità solo allorché si dia conto che sono stati considerati i dati di fatto acquisiti al processo come fattori costitutivi dell’ammontare dei danni liquidati (Cass. 04/04/2013, n. 8213; Cass. 8/1/2016, n. 127; Cass. 15/03/2016, n. 5090; Cass. 13/10/2017, n. 24070).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>10.2. Nel caso in esame, il Tribunale ha dato adeguatamente conto del processo logico attraverso il quale si è pervenuti alla liquidazione equitativa, indicando i criteri assunti a base del procedimento valutativo: in particolare, ha valorizzato la consulenza tecnica di parte e le fotografie in atti che raffiguravano la completa invasione dei terreni di proprietà della N. , la presenza di detriti e oggetti di plastica, la destinazione dei fondi alla coltivazione, circostanza quest’ultima ritenuta non contestata; ha poi ritenuto "indiscutibile" che non si potesse procedere ad una precisa liquidazione dei danni e ha condiviso il giudizio espresso dal tribunale circa la loro entità, drasticamente ridotta rispetto alla pretesa dall’attrice, reputando le singole voci liquidate coerenti con la situazione dei luoghi conseguente alle esondazioni.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>10.3. A fronte di questi elementi fattuali, il ricorrente si è limitato ad una generica opposizione, ribadendo la sua tesi di una quantificazione dei danni possibile e non eccessivamente difficoltosa, senza tuttavia confrontarsi con le singole voci di danno liquidate, per escluderle o perché potesse valutarsene la eccessività.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La sentenza impugnata, nella parte in cui dà conto del processo logico seguito nella quantificazione del danno, resta così sottratta alle censure mosse, anche sotto il profilo della violazione dell’art. 1226 c.c..</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="11"> <li><em> Anche il quinto motivo è infondato.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Questa Corte ha più volte chiarito che, affinché un <strong>evento meteorologico</strong>, anche di notevole intensità, possa assumere rilievo causale esclusivo, e dunque rilievo di <strong>caso fortuito</strong> <strong>ai sensi dell’art. 2051 c.c.,</strong> occorre potergli riconoscere <strong>i caratteri dell’eccezionalità e della imprevedibilità</strong> (da ultimo, Cass. 22/11/2019, n. 30521, ed ivi ampi richiami; ex plurimis, Cass. 01/02/2018, n. 2482; Cass. 28/07/2017, n. 18856).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ne deriva che il carattere eccezionale di un fenomeno naturale, nel senso di una sua ricorrenza saltuaria anche se non frequente, non è di per sé sufficiente a configurare tale esimente, in quanto non ne esclude la prevedibilità in base alla comune esperienza (Cass. 11/5/1991, n. 5267; Cass. n. 2482/2018,, cit.).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>11.1. In tal senso, dunque, l’imprevedibilità, alla stregua <strong>di un’indagine ex ante e di stampo oggettivo</strong> in base al principio di regolarità causale, "<strong>va intesa come obiettiva inverosimiglianza dell’evento</strong>", mentre l’eccezionalità è da "identificarsi come una <strong>sensibile deviazione (ed appunto eccezione) dalla frequenza statistica accettata come "normale".</strong></em></p> <p style="text-align: justify;"><em>"In tale ottica, dunque, l’accertamento del "fortuito" rappresentato dall’evento naturale delle precipitazioni atmosferiche deve essere essenzialmente orientato da <strong>dati scientifici di stampo statistico</strong> (in particolare, i <strong>dati c.d. pluviometrici</strong>) riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia" (Cass. n. 2482 del 2018, cit.: Cass. n. 30521/2019).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>11.2. Nel caso in esame, il Tribunale superiore delle acque ha fondato sul giudizio circa la non eccezionalità degli eventi meteorici in questione sulla base del rapporto di evento del 6/11/2011, redatto dallo stesso Consorzio, in cui si è fissato un tempo di ritorno delle piogge in venticinque anni; ha valutato la mancata dichiarazione di uno stato di necessità o di emergenza, ha infine considerato come decisivo il rilievo che l’evento si è ripetuto in un breve arco temporale sì da escludere il carattere di eccezionalità, quanto meno con riferimento a questo secondo evento. Si è in presenza di un apprezzamento fattuale congruo e coerente, insindacabile in questa sede.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="12"> <li><em> Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo, in favore di ciascuno dei controricorrenti, con distrazione delle stesse ai procuratori della N. , in forza della dichiarazione resa ai sensi dell’art. 93 c.p.c..</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Poiché il ricorso è stato notificato in data successiva al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1.</em></p>