<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 12 marzo 2021 n. 37</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata la illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2, e 4, commi 1, 2 e 3 della legge della Regione Valle d’Aosta 9 dicembre 2020, n. 11 (Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d’Aosta in relazione allo stato d’emergenza).</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, comma 4, 5, 6 e 7 della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2020, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 117, commi secondo, lettere m) e q), e terzo, 118 e 120 della Costituzione, e al principio di leale collaborazione.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2020, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. e all’art. 44 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta).</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, «stante la non chiarezza e contraddittorietà del petitum». Esso, infatti, avrebbe investito allo stesso tempo, e senza proporre le domande in via reciprocamente subordinata, sia l’intera legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2020, sia alcune disposizioni di cui essa si compone, omettendo di illustrare le ragioni della incostituzionalità delle norme censurate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il ricorso parte dal presupposto che l’intero testo della legge impugnata invada la sfera di competenza legislativa statale, poiché non spetterebbe al legislatore regionale introdurre un meccanismo di contrasto all’epidemia che diverge da quello progettato dalla legge dello Stato, quale che sia in concreto il grado di siffatta divergenza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Si tratta di <strong>censure del tutto intellegibili</strong>, e adeguatamente motivate, alle quali corrisponde un corpo normativo rispetto ad esse omogeneo (sentenza n. 236 del 2020), posto che la legge regionale impugnata ha il dichiarato scopo di fronteggiare l’emergenza, mediante azioni coordinate e descritte dalle disposizioni entro le quali tale legge si articola. Decidere se e quali di tali disposizioni effettivamente ledano i parametri costituzionali invocati dal ricorrente è profilo che attiene al merito delle questioni, e che non ne lambisce, invece, l’ammissibilità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In via logicamente subordinata, il ricorrente si premura poi di illustrare nel dettaglio in quali punti il concreto atteggiarsi di simili previsioni regionali, per effetto dell’interazione di esse con le ordinanze del Presidente della Giunta, confligga con la disciplina recata dal d.P.C.m. 3 dicembre 2020, applicabile al tempo di adozione della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2020.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il ricorso è perciò esplicito sia nell’indicare il suo oggetto, sia nell’illustrare le censure.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.– La Regione ha inoltre eccepito l’inammissibilità del ricorso, a causa di una inadeguata individuazione dei parametri costituzionali, poiché non sarebbe stato spiegato né il rapporto che intercorre tra le competenze attribuite dalla Costituzione e quelle di fonte statutaria, né per quale ragione la legge regionale impugnata ecceda dai limiti che l’art. 2 dello statuto di autonomia impone alla competenza legislativa primaria della Regione resistente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il ricorrente ha cura di individuare quali attribuzioni statutarie possano in linea astratta giustificare l’adozione delle norme impugnate, per poi dedurre che, alla luce delle finalità perseguite dal legislatore regionale e del fascio di compositi interessi coinvolti, esse non siano nel caso di specie pertinenti, a fronte delle competenze legislative statali poste a base del ricorso.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Così motivando, il ricorrente si è uniformato alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, nei confronti delle autonomie speciali, lo Stato ben può dedurre la violazione delle competenze di cui all’art. 117 Cost. e postulare che la normativa regionale o provinciale impugnata eccede dalle disposizioni statutarie <strong>quando a queste ultime essa non sia in alcun modo riferibile</strong> (sentenza n. 16 del 2012), fermo restando che la motivazione del ricorso su tale profilo dovrà essere tanto più esaustiva, quanto più, in linea astratta, le disposizioni censurate appaiano invece inerenti alle attribuzioni dello statuto di autonomia (sentenza n. 151 del 2015; in seguito, sentenze n. 16 del 2020 e n. 98 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel caso di specie, il ricorso è esplicito nell’affermare che <strong>la materia intersecata dalla legge impugnata</strong> <strong>non è compresa</strong> tra le attribuzioni statutarie della Regione resistente, ciò che lo rende per tale profilo ammissibile.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha infine eccepito l’inammissibilità del ricorso, posto che esso non si confronterebbe con un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa impugnata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Quest’ultima, infatti, si prefiggerebbe di «adeguare la programmazione regionale» alle misure adottate dallo Stato, sicché sarebbe comunque assicurata la conformità della prima alle seconde, mediante le ordinanze del Presidente della Giunta, di cui all’impugnato art. 4, comma 1. Ove una differenza vi fosse, essa sarebbe perciò imputabile ad un vizio di queste ultime, e non già alla legge censurata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che il ricorrente, a differenza del giudice rimettente nell’incidente di costituzionalità, <strong>non ha l’onere di esperire un tentativo di interpretazione conforme a Costituzione</strong> della disposizione impugnata, potendo trovare ingresso, nel giudizio in via principale, anche questioni promosse <strong>in via cautelativa ed ipotetica</strong>, purché le interpretazioni prospettate non siano implausibili e siano ragionevolmente collegabili alle disposizioni impugnate (tra le tante, sentenza n. 177 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.1.– In ogni caso, l’interpretazione conforme suggerita dalla difesa regionale non è compatibile con il testo delle norme impugnate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Come si è visto, infatti, queste ultime garantiscono lo svolgimento di talune attività che, al contrario, la disciplina statale ben potrebbe precludere in assoluto, in ragione dell’andamento dell’epidemia: in tali campi, neppure le ordinanze presidenziali potrebbero risolvere l’antinomia.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ma, prima ancora di ciò, è evidente che la legge regionale impugnata impedisce l’immediata e diretta applicabilità delle misure statali sul territorio valdostano, visto che esse per larga parte non possono trovare spazio, ove differenti dalle previsioni legislative regionali, se non a seguito di un recepimento da parte del Presidente della Giunta.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È perciò chiaro che i vizi di illegittimità costituzionale denunciati dal ricorrente sono imputabili non al volto contingente che l’ordinamento valdostano può assumere, di volta in volta, a seguito delle ordinanze del Presidente della Regione, ma alle previsioni legislative impugnate. Esse collocano tali ordinanze nel quadro di una procedura di contenimento del virus differente da quella statale, e potenzialmente idonea a impedire la immediata applicazione di quest’ultima, per di più in una materia ove, invece, la tempestività della risposta all’evoluzione della curva epidemiologica è fattore decisivo ai fini della sua efficacia.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.– Venendo al merito del ricorso, deve ribadirsi quanto già deciso nella fase cautelare, ovvero che <strong>la materia oggetto dell’intervento legislativo regionale</strong> ricade nella competenza legislativa esclusiva dello Stato a titolo <strong>di «profilassi internazionale»</strong> (art. 117, secondo comma, lettera q, Cost.), che è comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La malattia da COVID-19, infatti, è notoriamente presente in tutto il mondo, al punto che fin dal 30 gennaio 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato l’emergenza di sanità pubblica di rilievo internazionale, profondendo in seguito raccomandazioni dirette alle autorità politiche e sanitarie degli Stati.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Questa Corte ha già ritenuto che la profilassi internazionale concerne norme che garantiscano «uniformità anche nell’attuazione, in ambito nazionale, di programmi elaborati in sede internazionale e sovranazionale» (sentenza n. 5 del 2018; in precedenza, sentenze n. 270 del 2016, n. 173 del 2014, n. 406 del 2005 e n. 12 del 2004).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Del resto, è ovvio che ogni decisione di aggravamento o allentamento delle misure di restrizione ricade sulla capacità di trasmissione della malattia oltre le frontiere nazionali, coinvolgendo così profili di collaborazione e confronto tra Stati, confinanti o meno.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Non a caso, fin dagli artt. 6 e 7 della citata legge n. 833 del 1978, la profilassi internazionale e la «profilassi delle malattie infettive e diffusive, per le quali siano imposte la vaccinazione obbligatoria o misure quarantenarie» sono state qualificate quali <strong>materie tra loro strettamente legate</strong>, affidate alla <strong>competenza dello Stato</strong>, per quanto la seconda di esse poi delegata alle Regioni. Ciò che, pertanto, non esclude un ri-accentramento dell’insieme di tali funzioni, ove la pandemia imponga politiche sanitarie comuni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il nuovo art. 117, secondo comma, Cost. ha perciò confermato, con la menzionata norma di cui alla <strong>lettera q)</strong>, nella sfera della competenza legislativa esclusiva dello Stato la cura degli interessi che emergono innanzi ad una malattia pandemica di larga distribuzione geografica, ovvero tale da dover essere reputata “internazionale”, sulla base della diffusività che la connota.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Né tale competenza ha tratti di trasversalità, come obietta la difesa regionale, per inferirne che essa si limiterebbe a sovrapporsi alla disciplina legislativa regionale altrimenti competente. La materia della profilassi internazionale ha infatti un oggetto ben distinto, che include la prevenzione o il contrasto delle malattie pandemiche, tale da assorbire ogni profilo della disciplina.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.1.– A fronte di <strong>malattie altamente contagiose in grado di diffondersi a livello globale</strong>, «ragioni logiche, prima che giuridiche» (sentenza n. 5 del 2018) radicano nell’ordinamento costituzionale l’esigenza di una disciplina unitaria, di carattere nazionale, idonea a preservare l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute e a tutelare contemporaneamente l’interesse della collettività (sentenze n. 169 del 2017, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Accade, infatti, che ogni decisione in tale materia, per quanto di efficacia circoscritta all’ambito di competenza locale, abbia un effetto a cascata, potenzialmente anche significativo, sulla trasmissibilità internazionale della malattia, e comunque sulla capacità di contenerla. Omettere, in particolare, di spezzare la catena del contagio su scala territoriale minore, mancando di dispiegare le misure a ciò necessarie, equivale a permettere che la malattia dilaghi ben oltre i confini locali e nazionali.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Né si tratta soltanto di questo. Un’azione o un coordinamento unitario può emergere come corrispondente alla distribuzione delle competenze costituzionali e alla selezione del livello di governo adeguato ai sensi dell’art. 118 Cost., per ogni profilo di gestione di una crisi pandemica, per il quale appaia invece, secondo il non irragionevole apprezzamento del legislatore statale, inidoneo il frazionamento su base regionale e locale delle attribuzioni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale conclusione può dunque concernere non soltanto le misure di quarantena e le ulteriori restrizioni imposte alle attività quotidiane, in quanto potenzialmente fonti di diffusione del contagio, ma <strong>anche l’approccio terapeutico</strong>; i criteri e le modalità di rilevamento del contagio tra la popolazione; le modalità di raccolta e di elaborazione dei dati; l’approvvigionamento di farmaci e vaccini, nonché i piani per la somministrazione di questi ultimi, e così via. In particolare i piani di vaccinazione, eventualmente affidati a presidi regionali, devono svolgersi secondo i criteri nazionali che la normativa statale abbia fissato per contrastare la pandemia in corso.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ognuno di tali profili è solo in apparenza confinabile ad una dimensione territoriale più limitata. Qualora il contagio si sia diffuso sul territorio nazionale, e mostri di potersi diffondere con tali caratteristiche anche oltre di esso, le scelte compiute a titolo di profilassi internazionale si intrecciano le une con le altre, fino a disegnare un quadro che può aspirare alla razionalità, solo se i tratti che lo compongono sono frutto di un precedente indirizzo unitario, dotato di una necessaria visione di insieme atta a sostenere misure idonee e proporzionate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.2.– Il <strong>Servizio sanitario nazionale</strong> è «costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività [di Stato, Regioni ed enti locali territoriali] destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica» (art. 1, terzo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione del Servizio sanitario nazionale»). Le autonomie regionali, ordinarie e speciali, non sono quindi estranee alla gestione delle crisi emergenziali in materia sanitaria, in ragione delle attribuzioni loro spettanti nelle materie “concorrenti” della tutela della salute e della protezione civile. In particolare, spetta anche alle strutture sanitarie regionali operare a fini di igiene e profilassi, ma nei limiti in cui esse si inseriscono armonicamente nel quadro delle misure straordinarie adottate a livello nazionale, stante il grave pericolo per l’incolumità pubblica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Dal punto di vista storico, peraltro, la profilassi delle malattie infettive è sempre stata appannaggio dello Stato. L’art. 112, comma 3, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) ha da ultimo confermato, quanto alla sorveglianza e al controllo di epidemie di dimensioni nazionali e internazionali, la competenza statale, pur delegata alle Regioni dall’art. 7, comma 1, lettera a), della menzionata legge n. 833 del 1978.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Se, dunque, sono le strutture sanitarie regionali ad adoperarsi a fini profilattici, resta fermo che, innanzi a malattie contagiose di livello pandemico, ben può il legislatore statale imporre loro <strong>criteri vincolanti di azione, e modalità di conseguimento di obiettivi</strong> che la medesima legge statale, e gli atti adottati sulla base di essa, fissano, quando coessenziali al disegno di contrasto di una crisi epidemica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In definitiva, per quanto fondamentale sia l’apporto dell’organizzazione sanitaria regionale, a mezzo della quale lo Stato stesso può perseguire i propri scopi, il legislatore statale è titolato a prefigurare tutte le misure occorrenti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.– Tale distribuzione delle competenze a livello costituzionale, per i casi in cui si manifesti un’emergenza pandemica, ha trovato tradizionalmente riscontro nella legislazione, quando si tratta di intrecciare i profili attinenti alla tutela della salute con quelli innescati dalla repentinità ed imprevedibilità della crisi, tanto al suo esordio, quanto nelle successive manifestazioni di essa. La natura globale della malattia impone di rinvenire in tale normativa il riflesso della competenza esclusiva che lo Stato vi esercita.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Fin dall’art. 32 della legge n. 833 del 1978, si è stabilito che il <strong>potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti</strong> in materia di igiene e sanità pubblica spetti a Regioni ed enti locali, esclusivamente laddove l’efficacia di tali atti possa essere garantita da questo livello di governo, posto che compete invece <strong>al Ministro della salute</strong> provvedere quando sia necessario disciplinare l’emergenza sull’intero territorio nazionale o su parti di esso comprendenti più Regioni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Che con tale previsione il legislatore non abbia inteso riferirsi all’ovvio limite territoriale di tutti gli atti assunti in sede decentrata, ma, piuttosto, alla natura della crisi sanitaria da risolvere, viene poi confermato dall’art. 117 del d.lgs. n. 112 del 1998, che modula tra Comune, Regione e Stato gli interventi emergenziali nella materia qui coinvolta, a seconda «della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali». Tale disciplina ha poi trovato conferma nell’art. 50, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.1.– Nel vigore del nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione, infine, l’indirizzo volto ad adattare il governo dell’emergenza, anche sanitaria, al carattere locale o nazionale di essa, ha trovato ulteriore sviluppo con il decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 7, comma 1, lettera c), in correlazione con l’art. 24 seguente, radica nello Stato il potere di adottare <strong>ordinanze contingibili e urgenti di protezione civile</strong>, acquisita l’intesa con le Regioni e le Province autonome «territorialmente interessate», sicché, ancora una volta, è l’eventuale concentrazione della crisi su di una porzione specifica del territorio ad imporre il coinvolgimento delle autonomie quando, pur a fronte di simile localizzazione, l’emergenza assuma ugualmente “rilievo nazionale”, a causa della inadeguata «capacità di risposta operativa di Regioni ed enti locali» (sentenza n. 327 del 2003; in seguito, sulla necessità di acquisizione dell’intesa in tali casi, sentenza n. 246 del 2019).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>E, nell’analogo contesto normativo tracciato dalla precedente legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), questa Corte ha avuto modo di ritenere illegittima la legislazione regionale, ove «destinata a incidere sugli effetti prodotti dalle ordinanze emanate» dall’organo statale ai fini della protezione civile, poiché «il legislatore regionale non può utilizzare […] la potestà legislativa per paralizzare […] gli effetti di provvedimenti di necessità ed urgenza» (sentenza n. 284 del 2006).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale conclusione non può che rafforzarsi a fronte di una pandemia, i cui tratti esigono l’impiego di misure di profilassi internazionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>9.– Infatti, il modello offerto dalla legislazione vigente, e appena rammentato, se da un lato appare conforme al disegno costituzionale, dall’altro non ne costituisce l’unica attuazione possibile.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È perciò ipotizzabile che il legislatore statale, se posto a confronto con un’emergenza sanitaria dai tratti del tutto peculiari, scelga di introdurre nuove risposte normative e provvedimentali tarate su quest’ultima. È quanto successo, difatti, a seguito della diffusione del COVID-19, il quale, a causa della rapidità e della imprevedibilità con cui il contagio si spande, ha imposto l’impiego di strumenti capaci di adattarsi alle pieghe di una situazione di crisi in costante divenire.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Fin dal decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 5 marzo 2020, n. 13, il legislatore statale si è affidato ad una sequenza normativa e amministrativa che muove dall’introduzione, da parte di atti aventi forza di legge, di misure di quarantena e restrittive, per culminare nel dosaggio di queste ultime, nel tempo e nello spazio, e a seconda dell’andamento della pandemia, da parte di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Allo stato, il quadro normativo vigente si articola soprattutto sul d.l. n. 19 del 2020 e sul d.l. n. 33 del 2020, con i quali una tale sequenza ha trovato ulteriore specificazione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1 del d.l. n. 19 del 2020 reca un vasto insieme di misure precauzionali e limitative, la cui applicazione continua ad essere affidata a d.P.C.m., assunti, dopo aver acquisito il parere dei Presidenti delle Regioni interessate, o, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale, del Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (art. 2 del d.l. n. 19 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nelle more dell’approvazione di tali decreti, per contenere un aggravamento della crisi, il Ministro della salute può intervenire mediante il citato potere di ordinanza attribuito dall’art. 32 della legge n. 833 del 1978.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1 del d.l. n. 33 del 2020 ha poi reputato opportuno attribuire uno spazio di intervento d’urgenza anche ai sindaci (comma 9), e, soprattutto, alle Regioni (comma 16), alle quali, nelle more dell’adozione dei d.P.C.m., compete l’introduzione di «misure derogatorie restrittive rispetto a quelle disposte» dal d.P.C.m., ovvero anche “ampliative”, ma, per queste ultime, d’intesa con il Ministro della salute, e nei soli casi e nelle forme previsti dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>9.1.– È perciò precipuamente in tali fonti statali ad hoc, e nella successiva produzione legislativa ad esse affine (quale il decreto-legge 5 gennaio 2021, n. 1, recante: «Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19»), che si rende necessario rinvenire <strong>il fondamento giuridico dei poteri esercitati da Stato, Regioni ed enti locali</strong> per rispondere alla pandemia.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Non è in discussione in questo giudizio, che riguarda il riparto di competenze nel contrasto alla pandemia, <strong>la legittimità dei d.P.C.m.</strong> adottati a tale scopo – comunque assoggettati al sindacato del giudice amministrativo – ma è, invece, da affermare il divieto per le Regioni, anche ad autonomia speciale, di interferire legislativamente con la disciplina fissata dal competente legislatore statale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Difatti, «ciò che è implicitamente escluso dal sistema costituzionale è che il legislatore regionale (così come il legislatore statale rispetto alle leggi regionali) utilizzi la potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura solo dannosa o inopportuna […]. Dunque né lo Stato né le Regioni possono pretendere, al di fuori delle procedure previste da disposizioni costituzionali, di risolvere direttamente gli eventuali conflitti tra i rispettivi atti legislativi tramite proprie disposizioni di legge» (sentenza n. 198 del 2004).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>10.– Sulla base di queste premesse, le questioni di costituzionalità degli artt. 1, 2 e 4, commi 1, 2 e 3, della legge regionale impugnata sono fondate, con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera q), Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tali disposizioni, infatti, <strong>surrogano la sequenza di regolazione</strong> disegnata dal legislatore statale appositamente per la lotta contro la malattia generata dal nuovo COVID-19, imponendone una autonoma e alternativa, che fa invece capo alle previsioni legislative regionali e alle ordinanze del Presidente della Giunta.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È perciò evidente l’invasione della sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Essa non dipende dalla manifestazione di un effettivo contrasto tra le singole misure in concreto applicabili sulla base dei d.P.C.m. e quelle imposte in forza della normativa regionale. Infatti, una simile antinomia potrebbe sorgere ad un dato tempo e venire meno in un tempo successivo, o viceversa, a seconda di come evolvano diacronicamente l’ordinamento statale e quello regionale per effetto dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da un lato, e delle ordinanze del Presidente della Regione dall’altro. Non è quindi questione di soffermarsi sulle censure che il ricorso rivolge specificamente a talune previsioni contenute nell’art. 2 impugnato, in forza della divergenza che esse avrebbero rispetto al contenuto del d.P.C.m. vigente al tempo di promulgazione della legge regionale censurata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ciò che rileva, prima ancora e in via assorbente, è invece <strong>la sovrapposizione della catena di regolazione della Regione</strong> a quella prescelta dalla competente normativa dello Stato, con conseguente invasione di una sfera di attribuzione sottratta all’intervento del legislatore regionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>11.– Per tale verso, è infatti pacifico che la competenza statale esclusiva in materia di «profilassi internazionale» si imponga anche alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, atteso che essa non può vantare alcuna attribuzione statutaria avente simile oggetto. Il titolo per normare attivato dal legislatore statale in forza dell’art. 117, secondo comma, lettera q), Cost. corrisponde, infatti, ad una sfera di competenza che lo Stato già deteneva, nei confronti della Regione, prima ancora dell’entrata in vigore del nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Di ciò si trae conferma dall’art. 36 della legge 16 maggio 1978, n. 196 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Valle d’Aosta), che sottrae al trasferimento delle funzioni amministrative in favore della resistente quelle attinenti «ai rapporti internazionali in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera, ivi compresa la profilassi internazionale», venendo così a ribadire l’estraneità di tale materia alle competenze statutarie, e tra queste quella «di integrazione e di attuazione» in tema di «igiene sanità, assistenza ospedaliera e profilattica» (art. 3, lettera l, dello statuto), peraltro meno favorevole rispetto alla «tutela della salute» ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Quest’ultima attribuzione, che pone la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste sul medesimo piano delle Regioni a statuto ordinario (in forza dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante: «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione»), e le altre numerose competenze statutarie indicate dalla difesa regionale, possono pertanto rilevare in termini indiretti e marginali, a seconda dell’oggetto sul quale cade di volta in volta la misura restrittiva statale, ma sono recessive rispetto all’interesse prevalente di profilassi internazionale, al quale va ricondotta la disciplina della materia (sulla irrilevanza degli effetti indiretti e marginali nel processo di individuazione delle materie, ex plurimis, sentenze n. 137 del 2018 e n. 125 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In ogni caso le materie che ad avviso della difesa regionale vengono incise dalle norme statali (impianti a fune, trasporti, eccetera) non vengono in rilievo in quanto tali, ma in quanto relative a luoghi in cui può diffondersi il contagio epidemico.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Pertanto, la clausola di salvaguardia delle competenze statutarie, enunciata dall’art. 5, comma 2, del d.l. n. 19 del 2020 e dall’art. 3, comma 2, del d.l. n. 33 del 2020, richiamata dalla difesa regionale, non ha alcuna ragione di operare in tale ambito, atteso che la Regione resistente non può opporre alla competenza legislativa esclusiva statale alcuna attribuzione fondata sullo statuto o sulle norme di attuazione statutaria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>12.– Non vi può essere in definitiva <strong>alcuno spazio di adattamento della normativa statale alla realtà regionale, che non sia stato preventivamente stabilito dalla legislazione statale</strong>; unica competente sia a normare, la materia in via legislativa e regolamentare, sia ad allocare la relativa funzione ammnistrativa, anche in forza, quanto alle autonomie speciali, del perdurante principio del parallelismo (sentenze n. 179, n. 215 e n. 129 del 2019, n. 22 del 2014, n. 278 del 2010, n. 236 e n. 43 del 2004).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>A tale proposito, si è già rammentato che l’art. 2 del d.l. n. 19 del 2020 ha reputato opportuno, nell’esercizio della discrezionalità propria del legislatore statale in una materia di sua competenza esclusiva (sentenza n. 7 del 2016), attivare un <strong>percorso di leale collaborazione con il sistema regionale</strong>, prevedendo che <strong>i d.P.C.m. siano preceduti, a seconda degli interessi coinvolti, dal parere</strong> dei Presidenti delle Regioni o da quello del Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Si tratta di una soluzione normativa consona sia all’ampiezza del fascio di competenze regionali raggiunte dalle misure di contrasto alla pandemia, sia alla circostanza obiettiva per la quale lo Stato, perlomeno ove non ricorra al potere sostitutivo previsto dall’art. 120 Cost., è tenuto a valersi della organizzazione sanitaria regionale, al fine di attuare le proprie misure profilattiche.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>12.1.– Per altro verso, l’art. 1, comma 16, del d.l. n. 33 del 2020 consente alle Regioni di applicare <strong>misure più restrittive di quelle contenute nei d.P.C.m.</strong> e, a rigide condizioni, anche “ampliative”, allo scopo di assicurare che, nel tempo necessario ad aggiornare le previsioni statali alla curva epidemiologica, non sorgano vuoti di tutela, quanto a circostanze sopravvenute e non ancora prese in carico dall’amministrazione statale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È il caso, ad esempio, della sospensione delle attività didattiche prescritta con ordinanze regionali, il cui fondamento riposa non su una competenza costituzionalmente tutelata delle autonomie, ma sull’attribuzione loro conferita dall’art. 1, comma 16, del d.l. n. 33 del 2020.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ciò che la legge statale permette, pertanto, <strong>non è una politica regionale autonoma sulla pandemia</strong>, quand’anche di carattere più stringente rispetto a quella statale, ma la sola disciplina (restrittiva o ampliativa che sia), che si dovesse imporre per ragioni manifestatesi dopo l’adozione di un d.P.C.m., e prima che sia assunto quello successivo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È però chiaro che – alla stregua del quadro normativo statale – ciò può accadere per mezzo di atti amministrativi, in ragione della loro flessibilità, e non grazie all’attività legislativa regionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Gli artt. 1, 2 e 4, comma 1, della legge impugnata, pertanto, non solo travalicano i limiti che in via generale sono riservati alle autonomie dal legislatore statale, ma dispongono che ciò avvenga con legge, nonostante l’impiego della fonte primaria sia precluso dalla legislazione statale a ciò titolata (sentenze n. 272 del 2020, n. 142 e n. 28 del 2019, n. 66 del 2018 e n. 20 del 2012).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>12.2.– Organiche a tale disegno sono anche le previsioni contenute nei commi 2 e 3 dell’art. 4 impugnato, sì da condividere la sorte della illegittimità costituzionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Quanto all’art. 4, comma 3, esso ha infatti per oggetto proprio il coordinamento, da parte del Presidente della Giunta, degli interventi contemplati dall’art. 2, del quale è già stata affermata la illegittimità costituzionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Quanto al precedente comma 2, è vero che con tale norma il legislatore regionale ha individuato nella Giunta il soggetto al quale spetta l’esercizio del compito assegnato alla Regione dall’art. 1, comma 14, del d.l. n. 33 del 2020, per la definizione di protocolli di sicurezza conformi a quelli nazionali. Tuttavia, ciò è avvenuto con un riferimento alle attività di cui all’art. 2, del quale, perciò, è amplificato l’ambito di illegittimità costituzionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>13.– Né può, pertanto, essere accolta la sollecitazione della difesa regionale ad auto-rimettere la questione di costituzionalità dei d.l. n. 19 del 2020 e n. 33 del 2020, sia nella parte in cui tali disposizioni comprimerebbero l’autonomia regionale (artt. 117 e 118 Cost.), sia nella parte in cui darebbero vita a “fonti dell’emergenza”, ovvero i d.P.C.m., che non sarebbero contemplate dalla Costituzione, in lesione degli artt. 70, 76 e 77 Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Entrambe le questioni di legittimità costituzionale così prospettate sono, infatti, prive di rilevanza, una volta che si sia accertato che si verte in materia affidata alla competenza legislativa esclusiva statale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>14.– Per tali ragioni, sono costituzionalmente illegittimi anzitutto l’art. 1 impugnato, che enuncia gli obiettivi programmatici della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2020, e vincola all’osservanza delle misure introdotte dal successivo art. 2.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Inoltre, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’intero art. 2 impugnato, che in larga parte descrive e prescrive tali misure (art. 2, commi 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 24, 25), sanzionandone l’inosservanza (art. 2, comma 23), e in altra parte pretende di confinare l’esercizio della competenza esclusiva statale alla materia «di ingresso in Italia» e della «disabilità» (art. 2, comma 3), ovvero subordina l’efficacia delle «mitigazioni» statali ad una ricezione regionale (art. 2, comma 22), ovvero ancora ridefinisce le attribuzioni emergenziali dei sindaci (art. 2, comma 21).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Costituzionalmente illegittimo è, infine, l’impugnato art. 4, commi 1, 2 e 3, che disciplina le ordinanze del Presidente della Giunta relative alle misure di cui al precedente art. 2, anche con riferimento all’attività di coordinamento e ai protocolli di sicurezza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>15.– Sono assorbite le ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte avverso gli artt. 1, 2 e 4, commi 1, 2 e 3, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, 118 e 120 Cost. e al principio di leale collaborazione; nonché, quanto al solo art. 2, comma 23, in riferimento all’art. 25, secondo comma, Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>16.– Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, comma 4, 5, 6 e 7 della legge regionale impugnata, promosse in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettere m) e q), e terzo comma, 118 e 120 Cost. non sono fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La competenza dello Stato a disciplinare ogni misura necessaria a contenere e debellare il contagio, nonché ad allocare la relativa funzione amministrativa, non è infatti così vasta da frapporsi all’esercizio delle attribuzioni regionali, laddove esse non abbiano alcuna capacità di interferire con quanto determinato dalla legge statale e dagli atti assunti sulla base di essa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Si è già osservato che l’impatto della pandemia è tale da coinvolgere necessariamente le strutture regionali dotate di attribuzioni sanitarie e di protezione civile. Ciò accade non solo perché il perseguimento degli obiettivi prefissi dallo Stato passa attraverso l’impiego delle energie dei sistemi sanitari regionali, ma anche perché, come si è già ricordato, è la stessa legge statale ad attribuire compiti alle autonomie.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In questo quadro, la definizione di quali organi siano competenti, nell’ambito dell’ordinamento regionale, sia a prestare la collaborazione demandata dallo Stato, sia ad esercitare le attribuzioni demandate alla Regione, non può spettare, in linea di principio, che alla Regione stessa, nell’esercizio della competenza legislativa residuale in tema di ordinamento e organizzazione degli uffici (da ultimo, sentenza n. 250 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È a tale titolo di competenza che perciò va ascritto l’art. 3 impugnato, che dà vita ad una unità di supporto e coordinamento per l’emergenza da COVID-19, incaricata di fornire ausilio agli organi regionali nell’elaborazione di linee di condotta, purché, naturalmente compatibili con la sfera di attribuzioni proprie della Regione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il medesimo titolo di competenza protegge l’art. 4, comma 4, impugnato, che si occupa dell’Ufficio stampa regionale chiamato ad esercitare le attività di comunicazione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 5 impugnato, infine, demanda alla Giunta l’elaborazione di un piano di azioni per fronteggiare l’emergenza economica, «compatibilmente con le misure di contrasto alla diffusione del virus». La individuazione dell’organo competente a pianificare l’esercizio delle attribuzioni regionali in tema di attività economiche si accompagna, perciò, all’osservanza delle misure prescritte dalla disciplina statale, con la conseguenza che anche per tale aspetto non vi è interferenza con la sfera di competenza statale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Gli artt. 6 e 7, contenendo, rispettivamente, la clausola di invarianza finanziaria e la dichiarazione di urgenza della legge impugnata, si appoggiano alle previsioni normative scampate alla dichiarazione di illegittimità costituzionale, e da esse traggono copertura sul piano del riparto delle competenze.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>17.– Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, comma 4, 5, 6 e 7 della legge impugnata, promosse in riferimento al mancato rispetto da parte delle Regione del principio di leale collaborazione, non sono fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È infatti costante affermazione di questa Corte che il principio di leale collaborazione non è applicabile alle procedure legislative, ove non imposto direttamente dalla Costituzione (ex plurimis, sentenza n. 233 del 2019).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>18.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge impugnata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera h) (sicurezza e ordine pubblico), Cost., e all’art. 44 dello statuto di autonomia, è ammissibile.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La difesa regionale ha eccepito il contrario, sostenendo che sia contraddittorio porre a base del ricorso sia una competenza tratta dall’art. 117 Cost., sia una attribuzione statutaria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione è infondata, poiché, secondo il ricorrente, entrambi tali parametri definiscono, in modo convergente, la sfera di attribuzioni del Presidente della Giunta in tema di ordine pubblico e sicurezza, escludendo che queste ultime siano esercitabili da altri soggetti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Non vi è perciò alcuna contraddizione nel porre questi parametri a fondamento di una censura del tutto univoca.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>18.1.– La questione, tuttavia, non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La previsione censurata, come si è visto, è da ascrivere alla competenza legislativa residuale regionale in tema di ordinamento e di organizzazione degli uffici.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ciò vale anche per la lettera della norma, oggetto della specifica censura ora in considerazione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La norma impugnata annovera tra i compiti dell’unità di supporto e coordinamento la promozione del migliore raccordo tra «tutti i soggetti interni e esterni alla Regione, quali gli enti locali, le Forze dell’Ordine ed eventuali portatori di interessi».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, una simile previsione non intacca in alcun modo la titolarità delle prerogative in materia di ordine pubblico, che l’art. 44 dello statuto di autonomia assegna al Presidente della Regione, per delegazione del Governo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’unità prevista dalla norma impugnata, infatti, si limita a fornire supporto per l’esercizio di tali attribuzioni, che restano interamente in capo al Presidente della Giunta.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>19.– La presente pronuncia esaurisce integralmente i profili cautelari già decisi con l’ordinanza n. 4 del 2021.</em></p>