<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In un contesto generale dominato da nudi interessi “</em>di fatto<em>”, come tali non presi in considerazione dal sistema giuridico, il fenomeno della c.d. interconnessione globale ha accelerato – anche grazie alla meritoria opera della giurisprudenza - l’affiorare di interessi “</em>ammantati di diritto<em>”, che norme giuridiche prendono dunque in specifica considerazione e tutelano in guisa multiforme, garantendone un presidio processuale; ciò senza tuttavia che ciò possa – a rigore, ed in via tutt’affatto teorica – davvero autorizzare categorizzazioni “</em>autonome<em>”, debordanti dalla unitaria figura del diritto soggettivo (di pretesa), pur poliedricamente declinato e dunque differentemente atteggiantesi nei relativi “</em>condizionamenti<em>” rispetto ad interessi di natura “</em>collettiva<em>” o “</em>pubblica<em>”.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole)</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1865</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 marzo esce la legge n. 2248, il cui allegato E reca la Legge Abolitrice del Contenzioso amministrativo.</p> <p style="text-align: justify;">Secondo il relativo art.2, sono devolute alla giurisdizione ordinaria – l’unica rimasta operativa – e dunque al GO tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione d'un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la Pubblica Amministrazione, e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell'autorità amministrativa.</p> <p style="text-align: justify;">Stando poi al successivo art.3 gli “<em>affari non compresi</em>” nell'articolo precedente sono attribuiti alle Autorità amministrative, le quali, ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto delle parti interessate, provvedono con decreti motivati, previo parere dei consigli amministrativi che per i diversi casi siano dalla legge stabiliti (comma 1); contro tali decreti, che vanno scritti in calce del parere egualmente motivato, è ammesso il ricorso in via gerarchica in conformità delle leggi amministrative, con esclusione dunque del ricorso al GO (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Ancora, ai sensi dell’art.4 quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità amministrativa, i tribunali – e, dunque, le articolazioni dell’unico giudice, il GO - si limitano a conoscere degli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio (comma 1); l'atto amministrativo non può tuttavia essere (dal giudice ordinario) revocato o modificato se non su ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno – in via di autotutela - al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Infine, ai sensi dell’art.5, in questo caso (atto potenzialmente lesivo di un diritto), come in ogni altro caso, le autorità giudiziarie applicano gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi, potendo dunque disapplicarli (senza eliminarli) laddove per l’appunto non conformi alle legge (principio di legalità).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 25 giugno viene varato il R.D. n.2358, codice civile liberale, nel cui contesto la figura del diritto soggettivo quale situazione giuridica soggettiva di natura sostanziale si considera ormai pienamente acquisita, le situazioni giuridiche processuali (legittimazione ad agire, interesse ad agire e così via) assumendosi esclusivo appannaggio del diritto processuale civile.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Quello stesso 25 giugno viene varato il R.D. n.2366, codice di procedura civile del Regno d’Italia, che sancisce anche a livello nazionale unitario la ormai intervenuta scissione, sul crinale tanto sistematico che scientifico, del codice di procedura civile – e dunque del “<em>processo</em>” – dalla “<em>sostanza</em>” dei tutelati diritti soggettivi, siccome inquadrati nel coevo codice civile.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1869</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 luglio esce un importante parere del Consiglio di Stato, reso su ricorso straordinario al Re, che per la prima volta ammette la legittimazione a ricorrere – al Re, per l’appunto – del partecipante ad un concorso per un pubblico impiego che lamenti del modo in cui il concorso si è svolto, impugnando il decreto di approvazione dei pertinenti atti e la nomina di altro concorrente (c.d. controinteressato).</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di un parere assai importante perché muta la “<em>giurisprudenza</em>” consultiva del Consiglio di Stato in modo assai consistente, in precedenza essendo stato sempre affermato – in modo tutt’affatto costante – potersi concedere il ricorso al Re, come ogni altro analogo rimedio a carattere contenzioso, solo a difesa di “<em>diritti</em>” siccome scaturenti da leggi amministrative o comunque dalla legge medesima attribuiti agli organi (ormai soppressi) del contenzioso amministrativo.</p> <p style="text-align: justify;">In casi del tutto analoghi il Ministero dell’Interno ha peraltro sempre assunto i ricorsi spiccati da persone che abbiano partecipato ad un pubblico concorso avverso gli atti di nomina di altri concorrenti quali semplici denunce capaci, al più, di stimolare o meno il potere di autotutela della PA, <em>sub specie</em> di annullamento di ufficio.</p> <p style="text-align: justify;">E’ proprio con questo parere “<em>innovativo</em>” che viene invertita la tendenza ridetta, dacché il concetto di situazione giuridica tutelabile giusta ricorso al Re viene esteso fino ad abbracciare non più i soli casi nei quali la legga garantisca al singolo un “<em>diritto</em>”, inteso come utilità certa e determinata (quantunque subordinata ad un pubblico interesse: quelli che la dottrina chiamerà diritti “<em>condizionati</em>”, o “<em>fievoli</em>” o “<em>affievolibili</em>” e, più avanti, interessi oppositivi) ma anche le c.d. aspettative legittime, siccome garantite dalla legalità dei procedimenti che danno la stura a procedimenti amministrativi “<em>ampliativi</em>” (quelli che più avanti verranno inquadrati come interessi “<em>pretensivi</em>”).</p> <p style="text-align: justify;">Il mutamento di prospettiva del Consiglio di Stato in parola si colloca peraltro in un frangente temporale in cui inizia a palesarsi una sorta di <em>self restraint</em> del GO – il solo “<em>giudice</em>” operante nel sistema – nei confronti della PA agente, in termini di effettive condanne al risarcimento dei danni prodotti da attività pubblica illegittima, stante il larvato timore di invadere il campo dell’azione amministrativa così ponendosi in frizione con il principio di divisione dei poteri, siccome teorizzato da Montesquieu.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1877</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 31 marzo viene varata la legge n.3761 sui c.d. conflitti di attribuzione fra autorità amministrativa e giudiziaria, venendo fissate le competenze delle sezioni di Cassazione neo istituite a Roma.</p> <p style="text-align: justify;">Più in specie, vengono attribuiti alle appena costituite Sezioni Unite della Cassazione i conflitti di attribuzione tra il GO e l'Amministrazione, prima affidati alla decisione di quel Consiglio di Stato che, appartenendo proprio all’Amministrazione (consultiva), non si profila come propriamente “<em>imparziale</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta al momento di conflitti “<em>di attribuzione</em>” tra autorità giurisdizionale e autorità amministrativa che – in futuro, verranno qualificati conflitti “<em>di giurisdizione</em>” allorché vedranno la luce giurisdizioni diverse da quella ordinaria e, segnatamente, la giurisdizione amministrativa.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1880</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 maggio Silvio Spaventa, in un suo celebre discorso all’Assemblea costituzionale di Bergamo, afferma preoccupato: “<em>le nostre amministrazioni, per difetto di vera giurisdizione del nostro diritto pubblico, minacciano di corrompersi irrimediabilmente a cagione di studio e interesse di parte</em>”; avverte inoltre che la legge 20 marzo 1865 “<em>abolendo radicalmente la giurisdizione </em>[dei tribunali amministrativi]<em>, privò molti interessi di qualsiasi guarentia di giustizia, e lasciò molti diritti senza più giudice in balìa dell’amministrazione</em> ” dal momento che “<em>i tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell’atto in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, ma non possono né revocarlo né modificarlo</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">L’insigne giurista conclude rappresentando l’urgente necessità “<em>… di avere veri giudici e veri giudizi di diritto pubblico in tutte le sfere della nostra amministrazione”</em> mediante “<em>una semplice riforma delle attribuzioni del Consiglio di Stato”</em> e col <em>“perfezionamento di altri organi della giurisdizione amministrativa”</em> concludendo che “<em>finché noi non avremo fatto ciò, il nostro diritto pubblico rimarrà, per una gran parte, senza nessuna garanzia</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1889</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 31 marzo viene varata la legge n.5992, di modifica della legge sul Consiglio di Stato (c.d. legge Crispi), recante Istituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato, secondo il cui art.3 spetta alla neo istituita, ridetta sezione IV del Consiglio di Stato decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e provvedimenti di un’autorità amministrativa o di un corpo amministrativo deliberante, che abbiano per oggetto un interesse di individui o di enti morali giuridici, quando i ricorsi medesimi non siano di competenza dell’autorità giudiziaria, né si tratti di materia spettante alla giurisdizione od alle attribuzioni contenziose di corpi o collegi speciali (comma 1).</p> <p style="text-align: justify;">Il ricorso alla IV sezione – che ha natura amministrativa contenziosa, e non già giurisdizionale – non è tuttavia ammesso se si tratta di atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Ancora, il ricorso che non implichi incompetenza od eccesso di potere non è ammesso contro le decisioni che concernano controversie doganali o questioni sulla leva militare (comma 3): si tratta dunque di decisioni che non possono essere impugnate per mera (e generica) violazione di legge.</p> <p style="text-align: justify;">A differenza di quanto riscontrabile nel contesto della legge abolitrice del contenzioso amministrativo del 1865, laddove campeggiano i “<em>diritti civili e politici</em>” e, dunque, le situazioni giuridiche soggettive fatte oggetto di tutela, qui è in primo piano il “<em>rimedio</em>” dell’annullamento dell’atto amministrativo viziato, sul crinale dell’incompetenza, della violazione di legge o dell’eccesso di potere.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1891</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 giugno esce la nota sentenza delle SSUU della Cassazione sul c.d. caso <em>Laurens</em>, che in sede di conflitto di “<em>attribuzioni</em>” tra sé medesima ed il Consiglio di Stato (che non è ancora un “<em>giudice</em>”), afferma per la prima volta autorevolmente doversi prendere le mosse dalla distinzione tra diritti e interessi.</p> <p style="text-align: justify;">Il Ministero dell’Interno solleva un conflitto nell’ambito di un giudizio promosso innanzi alla neo istituita IV sezione del Consiglio di Stato giusta ricorso spiccato dall’armatore <em>Laurens</em> ed inteso ad ottenere l’annullamento di una circolare ministeriale in materia di emigrazione.</p> <p style="text-align: justify;">Il Ministero eccepisce, più in specie, l’incompetenza del Consiglio di Stato assumendo come il proprio atto si atteggi a “<em>politico</em>” e, come tale, insindacabile; in subordine, rappresenta come in ogni caso il Consiglio di Stato debba assumersi in “<em>difetto di attribuzione</em>”, stante la riconducibilità della situazione giuridica soggettiva dell’armatore <em>Laurens</em> alla categoria del diritto soggettivo perfetto.</p> <p style="text-align: justify;">Il Consiglio di Stato sospende il giudizio a norma dell’art.41 del T.U. del 1889 e rinvia i pertinenti atti alla Corte di Cassazione perché decida il conflitto secondo la legge del 1877; quest’ultima, pur assumendo la natura non politica dell’atto gravato, dichiara in ogni caso “<em>l’incompetenza</em>” del Consiglio di Stato a favore dell’autorità giudiziaria ordinaria trattandosi di questione involgente un diritto soggettivo perfetto.</p> <p style="text-align: justify;">Dinanzi all’alternativa agitata anche in dottrina tra <em>causa petendi</em> di cui alla legge abolitrice del contenzioso amministrativo del 1865 – che si appunta sulla presenza (o meno) di (ormai) sostanziali diritti soggettivi – e <em>petitum</em> di annullamento per incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge di cui al T.U. del 1889, le SSUU privilegiano, a fini di riparto, il c.d. <em>petitum</em> sostanziale o “<em>causa petendi</em>” quale criterio principe per il riparto di attribuzione che, in seguito, diverrà riparto di giurisdizione.</p> <p style="text-align: justify;">Il fatto tuttavia che si discorra di <em>petitum</em> o di <em>causa petendi</em> tradisce la prospettiva “<em>processuale</em>” – e non già sostanziale - dalla quale la questione viene osservata: in particolare, l’interesse del quale si predica tutela dinanzi al Consiglio di Stato in sede contenziosa giusta tutela demolitoria è l’interesse a ricorrere avverso un provvedimento sfavorevole, con connotati dunque assai più “<em>processuali</em>” che sostanziali.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1907</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 17 agosto viene varato il R.D. n.638, che istituisce la sezione V del Consiglio di Stato, affiancandola alla IV e conferendo <em>ex lege</em> ad entrambe natura non più amministrativa contenziosa, quanto piuttosto, esplicitamente, giurisdizionale.</p> <p style="text-align: justify;">Quelli che erano conflitti di attribuzione tra Consiglio di Stato e G.O. diventano, da questo momento, conflitti di giurisdizione, che è chiamata a sciogliere la Cassazione di Roma a Sezioni Unite in forza della legge del 1877.</p> <p style="text-align: justify;">Stando all’art.22 del Decreto, che ricalca sul punto quanto già previsto dall’art.3 della legge 5992/1889, spetta al Consiglio di Stato in sede “<em>giurisdizionale</em>” decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e provvedimenti di un’autorità amministrativa o di un corpo amministrativo deliberante, che abbiano per oggetto un “<em>interesse</em>” di individui o di enti morali giuridici, quando i ricorsi medesimi non siano di competenza dell’autorità giudiziaria, né si tratti di materia spettante alla giurisdizione od alle attribuzioni contenziose di corpi o collegi speciali.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Quel medesimo 17 agosto viene varato anche il R.D. n.642, recante approvazione del regolamento di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato.</p> <p style="text-align: justify;">Interessante il pertinente art.2, onde qualora si pretenda che un atto o provvedimento amministrativo offenda “<em>interessi</em>” d'individui o di enti giuridici, i quali - non essendo direttamente contemplati nell'atto o provvedimento medesimo - non ne abbiano avuta notificazione nelle forme prescritte dagli articoli seguenti, il termine per ricorrere alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato decorre dal giorno della pubblicazione di un estratto di quell'atto o provvedimento nella Gazzetta ufficiale del Regno, o nel bollettino degli annunzi legali per la provincia.</p> <p style="text-align: justify;">Dalla disposizione traspare evidente tanto l’affiorare del concetto di “<em>interesse</em>” giuridicamente qualificato e, nondimeno, non meglio specificato, diverso dal diritto soggettivo; quanto, parallelamente, il relativo atteggiarsi ad interesse che ha ad oggetto la reazione ad un atto amministrativo illegittimo, con palmare valenza “<em>a cavallo</em>” tra sostanza e processo, limitrofa al c.d. interesse ad agire.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1909</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 giugno esce la decisione delle IV sezione del Consiglio di Stato alla cui stregua il giudicato di annullamento dell’atto amministrativo – ad opera del Consiglio di Stato medesimo – “<em>ripristina l’impero della norma violata dall’Amministrazione, ma lascia impregiudicata la questione della pertinenza del diritto subiettivo, civile o politico, di cui si lamenta la lesione</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">In sostanza, per il Consiglio di Stato è ben possibile invocare innanzi a sé, sulla scorta del criterio del <em>petitum</em>, l’annullamento dell’atto amministrativo assunto illegittimo, lasciando impregiudicato – sul crinale della <em>causa petendi</em> – l’accertamento del diritto soggettivo (assunto violato) dinanzi al GO.</p> <p style="text-align: justify;">Se dunque il privato vuole ottenere il riconoscimento del proprio diritto soggettivo e della pertinente violazione pubblica, deve rivolgersi al GO secondo il criterio della <em>causa petendi</em>; se invece anela alla caducazione del provvedimento amministrativo illegittimo deve rivolgersi – in difetto di intervenuta autotutela della PA – al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale secondo il criterio del <em>petitum</em>, ed invocando appunto l’annullamento dell’atto assunto illegittimo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1924</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 giugno viene varato il R.D. n.1054, recante approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato.</p> <p style="text-align: justify;">Stando al pertinente art.26 – che ricalca sul punto quanto già previsto dall’art.3 della legge 5992/1889 e dall’art.22 del R.D. 638.07 - spetta al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e provvedimenti di un’autorità amministrativa o di un corpo amministrativo deliberante, che abbiano per oggetto un “<em>interesse</em>” di individui o di enti morali giuridici, quando i ricorsi medesimi non siano di competenza dell’autorità giudiziaria, né si tratti di materia spettante alla giurisdizione od alle attribuzioni contenziose di corpi o collegi speciali.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1929</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 29 novembre esce la decisione della V sezione del Consiglio di Stato n.648 alla cui stregua un diritto leso da un atto amministrativo può tutelarsi “…<em>anche con il ricorso di legittimità al Consiglio di Stato, chiedendo la revoca o l’annullamento dell’atto medesimo</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">A differenza della IV sezione, che si è andata via via uniformando al <em>decisum</em> delle SSUU della Cassazione in ordine alla prevalenza del criterio della <em>causa petendi</em> su quello del <em>petitum</em> a fini di riparto della giurisdizione tra Consiglio di Stato e GO, la V sezione si attesta dunque su una posizione di contrasto, continuando a preferire la tesi del “<em>petitum</em>” (richiesta di annullamento dell’atto, da spiccarsi innanzi al Consiglio di Stato, piuttosto che di risarcimento del danno, da invocarsi dal GO).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1930</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 giugno esce la decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.1, che sana il contrasto insorto tra la propria V sezione e le SSUU della Cassazione.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Collegio, la regola di riparto tra giurisdizione amministrativa (erogata dal Consiglio di Stato) e GO va rintracciata in un criterio che – lungi dall’attestarsi sul solo rilievo del <em>petitum</em> (annullamento dell’atto o risarcimento del danno) – trovi il proprio fulcro in entrambi i profili, tanto del <em>petitum</em> quanto della <em>causa petendi</em>, valorizzando adeguatamente dunque la situazione giuridica soggettiva assunta vulnerata (diritto soggettivo o “<em>interesse</em>”).</p> <p style="text-align: justify;">Solo laddove sia dunque presente un “<em>interesse</em>” da tutelare è possibile, per l’Adunanza, rivolgersi al Consiglio di Stato per invocare la demolizione dell’atto illegittimo (senza tuttavia poter chiedere il risarcimento del danno); in caso contrario, e dunque in presenza di veri e propri “<em>diritti soggettivi</em>”, andrà invece adito il GO invocando il risarcimento del danno (senza tuttavia poter chiedere l’annullamento dell’atto).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 luglio esce la decisione delle SSUU della Cassazione n.2680, che corrobora la sanatoria del contrasto in precedenza insorto tra la V sezione del Consiglio di Stato e le SSUU medesime.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Collegio, riaffermando quanto già deciso dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato un mese prima, la regola di riparto tra giurisdizione amministrativa (erogata dal Consiglio di Stato) e GO va rintracciata in un criterio che – lungi dall’attestarsi sul solo rilievo del <em>petitum</em> (annullamento dell’atto o risarcimento del danno) – trovi il proprio fulcro in entrambi i profili, tanto del <em>petitum</em> quanto della <em>causa petendi</em>, valorizzando adeguatamente dunque la situazione giuridica soggettiva assunta vulnerata (diritto soggettivo o “<em>interesse</em>”).</p> <p style="text-align: justify;">Solo laddove sia dunque presente un “<em>interesse</em>” da tutelare è possibile, anche per le SSUU, rivolgersi al Consiglio di Stato per invocare la demolizione dell’atto illegittimo (senza tuttavia poter chiedere il risarcimento del danno); in caso contrario, e dunque in presenza di diritti soggettivi, andrà invece adito il GO invocandone il risarcimento del danno (senza tuttavia poter chiedere l’annullamento dell’atto).</p> <p style="text-align: justify;">Il combinato disposto delle due autorevoli decisioni delle SSUU e dell’Adunanza Plenaria passerà alla storia come “<em>concordato D’Amelio – Santi Romano</em>”, dal nome dei due Presidenti (rispettivamente, della Cassazione e del Consiglio di Stato) che si sono spesi per raggiungere l’accordo ad esso sotteso.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1939</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 dicembre esce la decisione della V sezione del Consiglio di Stato n.795, meglio nota come sentenza “<em>Fagiolari</em>” dal nome del Presidente ed estensore della medesima, che distingue per la prima volta – nell’ambito della giurisdizione esclusiva del GA, con particolare riguardo alla materia del c.d. pubblico impiego – gli atti autoritativi, cui devono assumersi giustapposti interessi legittimi da tutelarsi con azione caducatoria entro un termine di decadenza, dagli atti c.d. “<em>paritetici</em>”; in presenza dei quali campeggiano piuttosto diritti soggettivi dell’impiegato pubblico da farsi valere in un (di norma, assai più lungo) termine di prescrizione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 marzo viene varato il R.D. n.262, nuovo codice civile (entrato in vigore il 21 aprile), che prevede diritti soggettivi in guisa multiforme e generalizzata, disegnandone nondimeno lo statuto anche in termini di pertinenti “<em>limiti</em>”, come nel caso del diritto di proprietà di cui all’art.832 onde il proprietario ha <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1141.html">diritto di godere</a> e <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1142.html">disporre</a> delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.</p> <p style="text-align: justify;">Ancora, alla stregua del successivo art.869 i proprietari d'<a href="https://www.brocardi.it/dizionario/3575.html">immobili</a> nei comuni dove sono formati piani regolatori devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti.</p> <p style="text-align: justify;">Sul crinale dei c.d. diritti “<em>potestativi</em>”, nella cui struttura campeggia dunque una “<em>potestas</em>”, significativo l’art.1373 del codice in tema di recesso unilaterale, onde se a una delle parti è <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=attribuita">attribuita</a> la facoltà per l’appunto di <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=recedere">recedere</a> dal contratto, tale facoltà può essere <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=esercitata">esercitata</a> finché il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=contratto">contratto</a> – laddove ad esecuzione istantanea - non abbia avuto un principio di esecuzione (comma 1); nei <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=contratti">contratti</a> a <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=esecuzione">esecuzione</a> continuata o periodica, tale facoltà può invece essere <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=esercitata">esercitata</a> anche successivamente, ma il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=recesso">recesso</a> non ha <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=effetto">effetto</a> per le <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=prestazioni">prestazioni</a> già eseguite o in corso di esecuzione (comma 2); qualora sia stata stipulata la <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=prestazione">prestazione</a> di un corrispettivo per il recesso, questo ha <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=effetto">effetto</a> quando la <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=prestazione">prestazione</a> è eseguita (comma 3), ma è comunque salvo il patto contrario (comma 4).</p> <p style="text-align: justify;">Altro esempio classico di diritto potestativo, in ambito stavolta di diritti reali, è quello di cui all’art.874 in tema di comunione forzosa del muro di confine, onde il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=proprietario">proprietario</a> di un fondo <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=contiguo">contiguo</a> al muro altrui può <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=chiederne">chiederne</a> – per l’appunto - la <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=comunione">comunione</a> per tutta l'altezza o per parte di essa, purché lo faccia per tutta l'estensione della relativa proprietà, per <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=ottenere">ottenere</a> la <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=comunione">comunione</a> dovendo tuttavia pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito, oltre a dover eseguire le opere che <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=occorrono">occorrono</a> per non <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=danneggiare">danneggiare</a> il vicino.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong>Significativo, ancora l’art.1032 onde - quando, in forza di legge, il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=proprietario">proprietario</a> di un fondo ha diritto di ottenere da parte del <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=proprietario">proprietario</a> di un altro fondo la <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=costituzione">costituzione</a> di una servitù - questa, in <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=mancanza">mancanza</a> di contratto, è <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=costituita">costituita</a> con sentenza e può anche essere <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=costituita">costituita</a> con atto dell'autorità amministrativa nei casi <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=specialmente">specialmente</a> determinati dalla legge (comma 1); la sentenza <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=stabilisce">stabilisce</a> le modalità della servitù e determina l'indennità dovuta (comma 2), prima del <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=pagamento">pagamento</a> dell'indennità ridetta il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=proprietario">proprietario</a> del fondo <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=servente">servente</a> potendo <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=opporsi">opporsi</a> all'esercizio della servitù (comma 3).</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di una fattispecie di diritto potestativo “<em>a necessaria cooperazione</em>” del giudice in difetto di cooperazione della controparte, tipico esempio della quale è la servitù di passaggio coattivo ex art.1051 onde il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=pubblica">pubblica</a> né può <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=procurarsela">procurarsela</a> senza eccessivo dispendio o disagio, ha per l’appunto diritto di <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=ottenere">ottenere</a> il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=passaggio">passaggio</a> sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo (comma 1).</p> <p style="text-align: justify;">In tema di onere, significativo l’art.2697 c.c., onde chi vuol far valere un diritto in giudizio “<em>deve</em>” (contegno imprescindibile) provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (comma 1) e parimenti chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto “<em>deve</em>” – a propria volta - provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.</p> <p style="text-align: justify;">Sul crinale della c.d. aspettativa, emblematico l’art.1358, rubricato “<em>comportamento delle parti nello stato di pendenza</em>”, alla cui stregua colui che si è <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=obbligato">obbligato</a> o che ha <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=alienato">alienato</a> un diritto sotto <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=condizione">condizione</a> sospensiva, ovvero lo ha <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=acquistato">acquistato</a> sotto <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=condizione">condizione</a> risolutiva, deve, in <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=pendenza">pendenza</a> della condizione, <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=comportarsi">comportarsi</a> secondo buona fede per <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=conservare">conservare</a> integre le <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=ragioni">ragioni</a> dell'altra parte.</p> <p style="text-align: justify;">Per il successivo art.1359 poi, recante la significativa rubrica “<em>avveramento della condizione</em>”, la <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=condizione">condizione</a> ridetta si <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=considera">considera</a> <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=avverata">avverata</a> qualora sia <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=mancata">mancata</a> per una causa <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=imputabile">imputabile</a> a quella parte che aveva <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=interesse">interesse</a> <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=contrario">contrario</a> all'<a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=avveramento">avveramento</a> pertinente.</p> <p style="text-align: justify;">Stando all’art.1140, è poi “<em>possesso</em>” il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1140.html">proprietà</a> o di altro <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1140.html">diritto reale</a>, potendosi peraltro possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1474.html">detenzione della cosa</a> medesima.</p> <p style="text-align: justify;">Sul crinale delle situazioni giuridiche “<em>passive</em>”, alla stregua dell’art.1173, in tema di fonti delle obbligazioni, le <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=obbligazioni">obbligazioni</a> <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=derivano">derivano</a> da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=produrle">produrle</a> in conformità dell'<a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=ordinamento">ordinamento</a> giuridico; tra i “<em>fatti</em>” generatori di obbligazioni, particolarmente rilevante – ai sensi dell’art.2043 – il c.d. fatto illecito, onde qualunque “<em>fatto</em>” doloso o colposo, che <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=cagiona">cagiona</a> ad altri un danno ingiusto, <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=obbliga">obbliga</a> colui che ha <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=commesso">commesso</a> il fatto a <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=risarcire">risarcire</a> il danno.</p> <p style="text-align: justify;">Sempre in orbita passiva, di sicuro interesse anche l’art.143, rubricato “<em>diritti e doveri <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=reciproci">reciproci</a> dei coniugi</em>”, onde se alla stregua del comma 1 con il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=matrimonio">matrimonio</a> il marito e la moglie acquistano gli stessi <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=diritti">diritti</a> e assumono i <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=medesimi">medesimi</a> “<em>doveri</em>”, in forza del comma 2, dal <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=matrimonio">matrimonio</a> deriva l'”<em>obbligo</em>” reciproco (dei coniugi medesimi) alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=famiglia">famiglia</a> e alla coabitazione; infine (comma 3) entrambi i <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=coniugi">coniugi</a> sono tenuti, ciascuno in <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=relazione">relazione</a> alle <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=proprie">proprie</a> <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=sostanze">sostanze</a> e alla <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=propria">propria</a> capacità di lavoro <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=professionale">professionale</a> o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.</p> <p style="text-align: justify;">In tema di “<em>interesse legittimo</em>”, significativo l’art.1206 alla cui stregua il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=creditore">creditore</a> è in mora quando, “<em>senza motivo legittimo</em>”, non riceve il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=pagamento">pagamento</a> <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=offertogli">offertogli</a> nei modi <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=indicati">indicati</a> dagli <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=articoli">articoli</a> <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=seguenti">seguenti</a> o non compie quanto è <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=necessario">necessario</a> affinché il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=debitore">debitore</a> possa <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=adempiere">adempiere</a> l'obbligazione: il diritto soggettivo del debitore a liberarsi e la pertinente “<em>pretesa</em>” appaiono dunque “<em>condizionati</em>” dal ridetto motivo legittimo di rifiuto dell’adempimento quale pertinente potere assegnato al creditore.</p> <p style="text-align: justify;">Di sicuro interesse <em>ratione materiae</em> anche tutte le norme in tema di revoca di (o recesso da) un contratto per giusta causa, come nel classico caso dell’art.1723, alla stregua del cui comma 1 il mandante può revocare il mandato, ma, se era stata <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=pattuita">pattuita</a> l'irrevocabilità, <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=risponde">risponde</a> dei danni, salvo che <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=ricorra">ricorra</a> una giusta causa; stando al successivo comma 2, ll <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=mandato">mandato</a> conferito anche nell'interesse del mandatario o di terzi non si <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=estingue">estingue</a> per revoca da parte del mandante, salvo che sia <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=diversamente">diversamente</a> <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=stabilito">stabilito</a> o <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=ricorra">ricorra</a> una giusta causa di revoca (né si <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=estingue">estingue</a> per la morte o per la <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=sopravvenuta">sopravvenuta</a> incapacita' del mandante).</p> <p style="text-align: justify;">Sul crinale del recesso, significativo l’art.2119 c.c. onde, in tema di lavoro subordinato, ciascuno dei contraenti può <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=recedere">recedere</a> dal pertinente <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=contratto">contratto</a> prima della scadenza del termine, se il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=contratto">contratto</a> è a tempo determinato, o senza preavviso, se il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=contratto">contratto</a> è a tempo indeterminato, qualora si <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=verifichi">verifichi</a> una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto; se il <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=contratto">contratto</a> è a tempo indeterminato, al <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=prestatore">prestatore</a> di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo 2118 (comma 1); non costituisce tuttavia giusta causa di risoluzione del <a href="https://www.ricercagiuridica.com/codici/indice.php?codice=codice%20civile&search=contratto">contratto</a> il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Il codice prevede peraltro tutta una serie di rimedi a tutela dell’”<em>interesse legittimo</em>” di diritto privato, in forma specifica (procedimento di liberazione dal debito nella <em>mora credendi</em>: art.1210 e seguenti c.c.; rimedi a disposizione del minore ai sensi degli articoli 316 e 333 c.c.; impugnazione caducatoria, e dunque finalizzata all’annullamento, della delibera assembleare condominiale, ex art.1137 c.c., e societaria ex art.2377 c.c.); e per equivalente, come nel caso della tutela risarcitoria prevista dall’art.1207 c.c. in tema di <em>mora credendi</em>; ovvero ancora “<em>misti</em>”, come nell’ipotesi della violazione del canone di buona fede ex art.1175, 1337 e 1375 del codice che – sottendendo un sostanziale inadempimento – finisce (anche solo teoricamente) col chiamare in causa conseguenti forme di tutela risolutoria e risarcitoria.</p> <p style="text-align: justify;">Di sicuro interesse anche l’art.2907, secondo il cui limpido disposto alla tutela giurisdizionale dei “<em>diritti</em>” provvede l'autorità giudiziaria su <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/3416.html">domanda di parte</a> e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/3695.html">pubblico ministero</a> o d'ufficio (comma 1), mentre la tutela giurisdizionale dei diritti nell'interesse delle categorie professionali è attuata su domanda delle “<em>associazioni legalmente riconosciute</em>”, nei casi determinati dalla legge e con le forme da questa stabilite.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 gennaio entra in vigore la Costituzione repubblicana, secondo il cui fondamentale art.2 la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia “<em>nelle formazioni sociali</em>” ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, in tal modo ventilando il potenziale “condizionamento” di ciascuna situazione giuridica soggettiva siccome racchiusa nel contesto di una più o meno estesa “<em>collettività</em>” di persone.</p> <p style="text-align: justify;">Stando poi al successivo art.28, i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di “<em>diritti</em>” (comma 1), in tali casi la (sola) responsabilità civile estendendosi allo Stato e agli enti pubblici (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Significativo l’art.24, comma 1, onde - in via generale - tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi; stando al successivo, più specifico art.103, il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi (comma 1), mentre la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge (comma 2), senza dunque distinguersi tra diritti e interessi.</p> <p style="text-align: justify;">Ancora, ai sensi dell’art.113 contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa (comma 1); tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti (comma 2); infine, la legge determina quali organi di giurisdizione possono “<em>annullare</em>” gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa (comma 3).</p> <p style="text-align: justify;">Ne affiora dunque – seppure per pochi voti di scarto in sede di Assemblea Costituente - una bipartizione ormai costituzionalmente sancita tra diritti soggettivi e interessi legittimi, cui corrisponde una sostanziale bipartizione di plessi giurisdizionali posti a pertinente tutela, da un lato stagliandosi il GO e dall’altro il GA.</p> <p style="text-align: justify;">Su altro crinale pertinente ai c.d. interessi collettivi, stando all’art.39 l'organizzazione sindacale è libera (comma 1), ai sindacati non potendo essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge (comma 2), ponendo tuttavia come condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati medesimi sanciscano un ordinamento interno a base democratica (comma 3). Infine, si chiarisce che i sindacati registrati hanno personalità giuridica e che possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce (comma 4).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1949</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 luglio esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.1657 che inizia a discostarsi dal criterio della <em>causa petendi</em> in ambito di riparto della giurisdizione tra GO e GA, imperniandosi piuttosto sul tipo di sindacato chiesto di volta in volta al giudice in ordine all’attività amministrativa, con particolare riguardo alla carenza di potere affidata al GO, da un lato, e al cattivo esercizio del potere, affidato al GA, dall’altro.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1951</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 giugno esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.1471, onde, ormai in modo cristallino, al GO spetta la tutela di un diritto soggettivo che si assuma essere stato vulnerato dalla PA per difetto (carenza) di un potere discrezionale capace di “<em>affievolirlo</em>” in interesse legittimo, occasionalmente e condizionatamente protetto; spetta invece al GA conoscere della pertinente controversia ogni qual volta si faccia questione non già dell’esistenza del potere discrezionale, bensì di un pertinente esercizio scorretto.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte, il ridetto accertamento a fini di riparto della giurisdizione va operato sulla base della domanda spiccata di volta in volta dall’attore, e dunque indipendentemente dall’effettiva sussistenza del diritto vantato dall’attore medesimo.</p> <p style="text-align: justify;">Se da un lato sembra dunque profilarsi una sempre maggiore sostanzializzazione dell’interesse legittimo del quale, come del diritto soggettivo, si invoca di volta in volta tutela giurisdizionale, dall’altro il criterio di riparto sembra di nuovo orientarsi in ottica di “<em>petitum</em>”, da ricollegarsi appunto alla prospettazione attorea.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di una pronuncia che nondimeno, proprio sotto quest’ultimo profilo, rimarrà isolata invalendo vieppiù il criterio fondato sul c.d. <em>petitum</em> sostanziale e, dunque, sulla <em>causa petendi</em>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1954</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 giugno esce la decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.20 onde – in tema di riparto di giurisdizione – la <em>potestas iudicandi</em> spetta al GA allorché la controversia abbia ad oggetto un preteso esercizio scorretto del potere discrezionale <em>ex parte publica</em>, sotto il profilo della competenza, della forma o del contenuto.</p> <p style="text-align: justify;">La giurisdizione spetta invece al GO laddove il privato contesti in radice la stessa esistenza del potere nel caso di specie esercitato discrezionalmente dalla PA al fine di disporre del pertinente diritto soggettivo, ovvero assuma il potere medesimo essere stato esercitato del tutto al di fuori dei limiti tassativi che ne disciplinano l’esercizio.</p> <p style="text-align: justify;">Tale accertamento va operato per il Collegio non con riferimento alla domanda in sé considerata, quanto piuttosto in relazione al vero oggetto della controversia sottoposta al giudice ed alla stessa natura della materia dedotta in giudizio (<em>causa petendi</em>), dovendosi assumersi ormai superata la teoria della prospettazione (c.d. <em>petitum</em>).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1963</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 febbraio esce la sentenza delle SSUU della Cassazione onde, sulla scia della dottrina più autorevole, si riafferma – in linea peraltro con la giurisprudenza assolutamente dominante – che allo scopo di determinare a chi spetti la giurisdizione il giudice deve esaminare la domanda dell’attore-ricorrente non soltanto in relazione a quanto egli chiede (c.d. <em>petitum</em> formale), quanto piuttosto in relazione al vero oggetto della controversia, quale risulta dalla stessa natura della materia dedotta in giudizio (c.d. <em>petitum</em> sostanziale o <em>causa petendi</em>).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1971</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 dicembre viene varata la legge n.1034, istitutiva dei Tar (Tribunali Amministrativi Regionali), secondo il cui art.3, comma 1, sono devoluti appunto alla competenza dei Tar i ricorsi per incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge avverso atti o provvedimenti amministrativi.</p> <p style="text-align: justify;">Resta ancora dunque in primo piano il profilo “<em>caducatorio</em>” di tutela dell’interesse legittimo, in termini di reazione “<em>processuale</em>” avverso un atto amministrativo sfavorevole.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1979</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 ottobre esce la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.24 (caso <em>Italia Nostra</em>) alla cui stregua, superandosi il criterio “<em>formale</em>” incentrato sulla personalità giuridica dell’ente associativo, va assunto tutelabile innanzi al GA l’interesse degli appartenenti alla collettività insediata in un determinato ambiente nei confronti dei provvedimenti che incidano sull’assetto di questo.</p> <p style="text-align: justify;">L’Adunanza si pronuncia con riguardo ad una fattispecie di autorizzazione della locale sovraintendenza ai monumenti alla costruzione di una seggiovia nel Parco Nazionale d’Abruzzo.</p> <p style="text-align: justify;">Per l’Adunanza va assunto inammissibile per carenza di legittimazione il ricorso proposto contro il provvedimento che incida sull’assetto di un determinato ambiente dall’Associazione “<em>Italia Nostra</em>”, trattandosi di una compagine che si propone un fine – concorrente con quello dei pubblici poteri – di tutelare in genere il patrimonio artistico, storico e naturale dell’Italia, indipendentemente dalla localizzazione dei singoli beni da proteggere.</p> <p style="text-align: justify;">Nondimeno, nel contesto motivazionale l’Adunanza medesima precisa che il riconoscimento di una associazione e, dunque, l’acquisto della personalità giuridica, non è condizione necessaria per acquisire la ridetta legittimazione processuale, da ancorarsi piuttosto al criterio sostanziale della “<em>rappresentatività</em>” degli interessi, <em>ab origine</em>, diffusi o adespoti per i quali si chiede tutela giurisdizionale.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 novembre esce la celebre sentenza delle SSUU della Cassazione n.5688 che per la prima volta assume configurabili gli interessi legittimi anche nel settore privatistico dell’ordinamento.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte deve assumersi rientrare nella giurisdizione del GO, che può esaminare le posizioni di interesse legittimo configurabili nei rapporti di lavoro privato, la cognizione della domanda del funzionario di banca (cassa di risparmio: ente pubblico economico) volta ad ottenere la dichiarazione di illegittimità e di nullità della delibera di promozione a dirigenti di altri dipendenti di pari grado, che si assume adottata dall’ente bancario senza considerare la posizione dell’attore, sebbene egli sia in possesso di titoli poziori rispetto a quelli vantati dai colleghi promossi, nonché il riconoscimento del diritto alla promozione con decorrenza dalla data della delibera stessa, ed ai relativi emolumenti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1980</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 29 ottobre esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.5800 che ribadisce configurabili gli interessi legittimi anche nel settore privatistico dell’ordinamento.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1986</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’8 luglio viene varata la legge n.349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale, secondo il cui art.18, comma 5, le associazioni individuate in base all’art.13 della legge medesima possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi.</p> <p style="text-align: justify;">Viene dunque ad esse conferita una legittimazione ex lege, quali enti “<em>esponenziali</em>” dei relativi interessi “<em>diffusi</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 novembre esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.7081 alla cui stregua un datore di lavoro, in caso di violazione delle regole di correttezza e buona fede nell’ambito di un concorso per l’assunzione, risponde a titolo di responsabilità contrattuale, e non già precontrattuale.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di una pronuncia che testimonia lo spostamento dell’asse della Cassazione – al cospetto di interessi legittimi di diritto privato – da una tutela demolitoria analoga a quella erogata dal GA, per denunciata illegittimità o nullità della delibera datoriale – ad una tutela risarcitoria e comunque da inadempimento, imperniantesi sulla violazione della regola della c.d. buona fede oggettiva.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1987</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 10 agosto esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.6864, che ribadisce configurabili gli interessi legittimi anche nel settore privatistico dell’ordinamento, peraltro in un contesto di riconoscimento del diritto al risarcimento del pregiudizio per perdita di chance, e dunque di possibilità di conseguire un risultato utile.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte, più nel dettaglio, il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno conseguente ad una mancata promozione “<em>per scelta</em>” nell’ambito di una procedura bandita da una cassa di risparmio, a cagione della violazione di regole di correttezza e buona fede contrattuale, non presuppone l’accertamento – sia pure <em>incidenter tantum</em> – del diritto alla promozione, ma solo del nesso di causalità fra inadempimento datoriale e mancata promozione.</p> <p style="text-align: justify;">Ai fini poi dell’accertamento del nesso causale fra inadempimento e mancata promozione “<em>per scelta</em>” in una cassa di risparmio del candidato non collocato in graduatoria a ridosso dei promossi, non è sufficiente per la Corte che questi risulti in possesso di titoli poziori rispetto ad alcuni dei promossi e che non sia stata contestata l’adeguatezza dei punteggi attribuiti a questi ultimi, ma occorre piuttosto la prova della sottovalutazione e del fatto che la sfavorevole posizione dell’attore in graduatoria sia stata da essa determinata.</p> <p style="text-align: justify;">Se peraltro la normativa dettata dalla contrattazione collettiva o dalla regolamentazione interna prevede un meccanismo di scelta in base a determinati requisiti, riservando al datore di lavoro la valutazione discrezionale di alcuni di essi, il lavoratore non vanta un interesse legittimo ma piuttosto – chiosa il Collegio – il diritto all’adempimento dell’obbligo di applicare i criteri oggettivi prefissati e di compiere le pertinenti valutazioni secondo buona fede o correttezza.</p> <p style="text-align: justify;">Il controllo del giudice circa il rispetto della correttezza e buona fede delle valutazioni datoriali in una promozione “<em>per scelta</em>” deve tuttavia per la Corte avere riguardo alla relativa esistenza (e non già al contenuto di esse), con lo scopo di verificare non l’intrinseca congruità del valore attribuito ad un determinato requisito individuale, quanto piuttosto la coerenza di più valori o elementi estranei alla comparazione, arrestandosi dinanzi ad una “<em>ragionevole motivazione</em>” delle differenziazioni tra i candidati operate dal datore di lavoro e, dunque, dinanzi al “<em>merito</em>” delle pertinenti scelte.</p> <p style="text-align: justify;">Ove alfine il lavoratore sia stato illegittimamente escluso dalla promozione “per scelta” della banca datoriale e si limiti a chiedere in giudizio il risarcimento dei danni conseguente alla violazione delle regole di correttezza e buona fede contrattuale, e dunque una tutela “<em>per equivalente</em>”, non è per la Corte necessario integrare il contraddittorio nei confronti dei candidati “<em>controinteressati</em>” promossi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1988</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 settembre viene varato il D.p.R. n.477, nuovo codice di procedura penale, secondo il cui significativo art.91 gli <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/5595.html">enti</a> e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, siano state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato medesimo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1990</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 agosto viene varata la legge n.241, legge generale sul procedimento amministrativo, che conclude anche a livello di legislazione ordinaria il processo di “<em>sostanzializzazione</em>” dell’interesse legittimo, quale figura soggettiva “<em>attiva</em>” del privato che dialoga col potere pubblico in seno al procedimento e la cui soddisfazione va assunta condizionata alla compatibilità con l’interesse pubblico.</p> <p style="text-align: justify;">Particolarmente significativo l’art.9 della legge, alla cui stregua qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1992</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 febbraio viene varata la legge n.104, legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, secondo il cui art.36 per i reati di cui agli articoli 519, 520, 521, 522, 523, 527 e 628 del codice penale, nonché per i delitti non colposi contro la persona, di cui al titolo XII del libro II del codice penale, e per i reati di cui alla legge 20 febbraio 1958, n. 75, qualora l'offeso sia una persona handicappata la pena è aumentata da un terzo alla metà (comma 1).</p> <p style="text-align: justify;">Per i ridetti procedimenti penali è ammessa la costituzione di parte civile del difensore civico, nonché dell’”<em>associazione</em>” alla quale risulti iscritta la persona handicappata o un suo familiare (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1999</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 febbraio esce la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n…. che si occupa della configurabilità, nell’ambito del diritto di famiglia, dell’interesse legittimo.</p> <p style="text-align: justify;">Esso campeggia più in specie, per il Collegio, dinanzi all'esercizio della potestà dei genitori, la quale costituisce un vero e proprio “<em>ufficio di diritto privato</em>”, attribuito per la cura dell'esclusivo interesse del minore.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Collegio non è quindi sufficiente che i genitori assumano le pertinenti decisioni con ponderazione, essendo necessario altresì verificare che la decisione non sia di pregiudizio - anche solo eventuale - per il minore stesso</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 luglio esce la nota sentenza delle SSUU della Cassazione n.500 che – sovvertendo una giurisprudenza considerata come “<em>pietrificata</em>” – per la prima volta garantisce tutela risarcitoria alle lesioni inferte ad interessi legittimi.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte l'interesse legittimo va inteso come la posizione di vantaggio - riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita e incisa dall’esercizio del potere pubblicistico - che si compendia nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione o la difesa dell'interesse al bene.</p> <p style="text-align: justify;">Trattandosi di una situazione giuridica sostanziale tutelata al pari del diritto soggettivo, in caso di pertinente lesione il danno che ne deriva va assunto “<em>ingiusto</em>” ai sensi dell’art.2043, garantendo al relativo portatore il diritto al risarcimento del subito pregiudizio, da erogarsi dal GO previa disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo (secondo uno schema conforme a quello instaurato dalla Legge Abolitrice del Contenzioso amministrativo nel 1865).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 dicembre esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.14547 onde – conformemente a collaudata giurisprudenza sul punto - va qualificata come interesse legittimo di diritto privato la posizione di un lavoratore dinanzi all’esercizio del potere datoriale di organizzazione di un concorso, per l’appunto, “<em>privato</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2000</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 febbraio esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.41 onde va premesso che, una volta fondato il rapporto di lavoro pubblico su base paritetica, a tale rapporto rimane estranea ogni connotazione autoritativamente discrezionale (Corte Cost. 16 luglio 1987 n. 268).</p> <p style="text-align: justify;">Quand’anche dunque la lesione lamentata dal prestatore di lavoro derivi dall'esercizio di poteri discrezionali dell’amministrazione datrice di lavoro, la situazione soggettiva lesa deve qualificarsi per il Collegio, alla stregua delle più recenti classificazioni civilistiche, come interesse legittimo di diritto privato, da riportare, quanto alla tutela giudiziaria, all’ampia categoria dei “<em>diritti</em>” di cui all'articolo 2907 c.c..</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 giugno esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.8132 che ribadisce come vada qualificata “<em>interesse legittimo di diritto privato</em>” la posizione di un lavoratore dinanzi all’esercizio del potere datoriale di organizzazione di promozioni c.d. “<em>a scelta</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di un ambito nel quale, in termini di rimedi, campeggia soprattutto la tutela per equivalente attraverso il risarcimento della c.d. perdita di chance, laddove il danno può appunto consistere nella perdita non già del vantaggio che il lavoratore avrebbe ottenuto in caso di esito favorevole della valutazione, ma soltanto nella perdita della possibilità (chance) di tale esito; pregiudizio il cui ammontare può essere determinato dal giudice di merito in via equitativa (ex art.1226 cc).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 luglio viene varata la legge n.205 in tema di processo amministrativo, il cui articolo 7 attribuisce al GA la giurisdizione in tema di risarcimento del danno tutte le volte che al detto giudice appartenga la giurisdizione, tanto esclusiva che di legittimità: in sostanza, il risarcimento del danno “<em>consequenziale</em>” da lesione di interesse legittimo (a valle dell’intervenuto annullamento di un atto illegittimo) - innovativamente riconosciuto dalle SSUU con la sentenza n.500 del 1999 - viene per legge attribuito alla competenza giurisdizionale del GA (e non più del GO).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 settembre esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.11875 onde va qualificata come interesse legittimo di diritto privato la posizione di un lavoratore dinanzi all’esercizio del potere datoriale organizzativo, anche laddove estrinsecantesi in licenziamento individuale o collettivo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2001</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 marzo esce il decreto della sezione minorenni del Tribunale di Messina che si occupa dell’interesse legittimo in ambito familiare, assumendolo quale limite alla potestà dei genitori rispetto alla quale, sulla scorta degli artt. 147 e 155 c.c., va riconosciuta non solo ai figli, ma anche ai nonni, la titolarità di interessi legittimi di diritto privato.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Tribunale pur non spettando, “<em>de iure condito</em>", ai ridetti nonni (ed agli altri parenti) un vero è proprio diritto soggettivo di visita dei nipoti minori, difettando nel sistema una norma esplicita che tale diritto direttamente preveda, tuttavia – ritenuto che i sentimenti affettivi di un minore collegati ai più stretti vincoli di sangue hanno, di regola, una notevolissima, certa rilevanza positiva ai fini dell’armonica crescita psicologica e culturale del minore stesso — l'interesse legittimo dei nonni (e degli altri parenti) a visitare i minori, permanendo con loro, trova incondizionato riconoscimento e piena tutela ogni qual volta esso venga a coincidere con l'interesse dei nipoti ad instaurare e mantenere costanti, regolari e congrui rapporti con i propri congiunti diversi dai genitori, vale a dire allorché la visita (e la permanenza) dei nonni (e degli altri parenti) non arrechi ai minori un danno rilevante ed un eventuale divieto dei genitori si ponga, perciò, contro l'interesse dei minori ad un’ottimale, proficua integrazione della propria personalità nell’“<em>ambito della parentela</em>”</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 luglio viene varato il decreto legislativo n.216, recante attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità i trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.</p> <p style="text-align: justify;">Stando al relativo art.5, in tema di legittimazione ad agire, le rappresentanze locali delle organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative a livello nazionale, in forza di delega, rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata, a pena di nullità, sono legittimate ad agire ai sensi dell’art.4, in nome e per conto o a sostegno del soggetto passivo della discriminazione, contro la persona fisica o giuridica cui è riferibile il comportamento o l’atto discriminatorio (comma 1).</p> <p style="text-align: justify;">Le rappresentanze locali ridette sono altresì legittimate ad agire nei casi di discriminazione collettiva qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla discriminazione.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 luglio esce la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria onde va qualificata come interesse legittimo di diritto privato la posizione di un lavoratore dinanzi all’esercizio del potere datoriale di organizzazione <em>sub specie</em> di attribuzione al lavoratore di determinate mansioni.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 ottobre esce la nota sentenza delle SSUU della Cassazione n.15403 alla cui stregua va rimarcata – in ambito di pubblico impiego - la distinzione tra concorsi “<em>interni</em>” per la progressione tra livelli c.d. “<em>orizzontale</em>”, nell’ambito dunque della medesima Area di inquadramento, e concorsi interni per la progressione c.d. “<em>verticale</em>”, che consentono il passaggio tra livelli da un’Area di inquadramento all’altra.</p> <p style="text-align: justify;">Si ravvisano interessi legittimi di diritto privato solo in ambito di progressioni c.d. “<em>orizzontali</em>”, attribuite alla giurisdizione del GO, mentre con riguardo alle progressioni c.d. “<em>verticali</em>” campeggia la potestà pubblica <em>tout court</em>, cui si giustappongono i tradizionali interessi legittimi pubblicistici (con giurisdizione del GA).</p> <p style="text-align: justify;">Se dunque in tema di concorsi “<em>esterni</em>” si configurano sempre interessi legittimi pubblicistici, quando il concorso è “<em>interno</em>” si è al cospetto di interessi legittimi pubblicistici (e giurisdizione del GA) quando si tratta di passare di Area, mentre si configurano interessi legittimi di diritto privato (e giurisdizione del GO) quando si tratta di passare, all’interno della medesima Area, meramente di livello.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2004</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 4 marzo esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.4462 onde va qualificata come interesse legittimo di diritto privato la posizione di un lavoratore dinanzi all’esercizio del potere datoriale di organizzazione di un concorso, per l’appunto, “<em>privato</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Collegio va premesso che nel rapporto di lavoro privato campeggia il principio di libertà di iniziativa economica (art. 41 cost.), alla cui stregua l'imprenditore – quale parte datoriale - è libero, salvo eccezioni previste dalla legge o dai contratti collettivi, nell’assunzione <em>ex ante</em> e nella promozione <em>ex post</em> dei propri dipendenti.</p> <p style="text-align: justify;">Qualora tuttavia il ridetto imprenditore si risolva nel senso di indire all’uopo - per libera scelta o perché obbligato – una procedura concorsuale o comunque “<em>competitiva</em>”, per il Collegio attraverso il bando di concorso viene formulata un'offerta al pubblico, valida come proposta contrattuale (art 1336, comma 1, c.c.) con la quale la parte datoriale assume l'obbligo di procedere alla selezione secondo i criteri indicati nello stesso bando e comunque secondo il principio di correttezza e di buona fede canonizzato negli articoli 1175 e 1375 c.c., che si specifica nei doveri di imparzialità e di trasparenza dell’azione pertinente.</p> <p style="text-align: justify;">Il contenuto dell'obbligo corrispondente, ossia la prestazione in concreto dovuta dall'imprenditore e datore di lavoro, consiste in un'attività discrezionale e più precisamente nella valutazione comparativa dei titoli e della capacità professionale dei candidati, in veste di potenziali (o già effettivi, in caso di concorso “<em>interno</em>”) prestatori di lavoro; discrezionalità per il Collegio “<em>controllabile</em>” e dunque non equivalente a mero arbitrio, con la conseguente configurazione, in capo a ciascun candidato, di una posizione soggettiva, oltreché di credito, di interesse legittimo di diritto privato, e non di soggezione.</p> <p style="text-align: justify;">Non è infatti raro – conclude significativamente la Corte - che, all'interno del rapporto obbligatorio, il compimento della prestazione dovuta comporti l'esercizio di scelte da parte del debitore.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di un ambito nel quale il danno può peraltro consistere nella perdita non già del vantaggio che il lavoratore avrebbe ottenuto in caso di esito favorevole della valutazione, ma soltanto nella perdita della possibilità (<em>chance</em>) di tale esito, ed il cui ammontare potrà essere determinato dal giudice di merito in via equitativa (art. 1226 c.c.).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2005</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 29 aprile esce la sentenza della sezione III della Cassazione n.8976 che, inserendosi in un preciso solco pretorio con riguardo ai rapporti familiari, qualifica come aspettativa “<em>di diritto</em>” la posizione del convivente <em>more uxorio</em>, con riguardo alla prosecuzione del pertinente <em>menage</em>.</p> <p style="text-align: justify;">In caso di uccisione del convivente <em>more uxorio</em>, al convivente sopravvissuto va peraltro riconosciuto per il Collegio il diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 settembre viene varato il decreto legislativo n.206, codice del consumo, secondo il cui art. 2, , espressamente “<em>sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne è promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Stando al successivo art.139, comma 1, le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di cui all'articolo 137 sono legittimate ad agire, ai sensi dell'articolo 140, a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti.</p> <p style="text-align: justify;">Oltre a quanto disposto dall'articolo 2, le dette associazioni sono legittimate ad agire nelle ipotesi di violazione degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle materie disciplinate dal codice medesimo, nonché dalle disposizioni legislative subito oltre elencate (che verranno peraltro successivamente e via via integrate da provvedimenti normativi successivi).</p> <p style="text-align: justify;">L’art.140 disciplina la pertinente procedura, onde i soggetti di cui all'articolo 139 sono legittimati nei casi ivi previsti ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti richiedendo al tribunale: a) di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti; b) di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate; c) di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento possa contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate.</p> <p style="text-align: justify;">Le associazioni di cui all’art. 139 del Codice dunque, oltre a poter attivare gli originari strumenti di protezione previsti dall’art 1469 <em>sexies</em> c.c. (azione inibitoria; ordine di pubblicazione del provvedimento giudiziale), vengono anche legittimate ad avvalersi di una inibitoria cautelare ove sussistano “<em>giusti motivi d'urgenza</em>” (art. 140, comma 8), potendo peraltro richiedere al giudice l'adozione di misure “<em>atipiche</em>” idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate (art. 140, comma 1, lett, b), potendo anche espletare, prima del ricorso al giudice, un tentativo di conciliazione (art. 140, comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Una forma di tutela collettiva e “<em>associativa</em>” che peraltro - fatte salve le norme sulla litispendenza, sulla continenza, sulla connessione e sulla riunione dei procedimenti - non preclude il diritto ad azioni individuali dei consumatori che si assumano – per l’appunto, “<em>individualmente</em>” - danneggiati dalle medesime violazioni (att. 140, comma 9).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 febbraio esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.3880 onde l'intera materia degli incarichi dirigenziali è da assumersi retta dal diritto privato e l'atto di conferimento del ridetto incarico va qualificato quale espressione del potere datoriale di organizzazione, rispetto al quale la posizione soggettiva del dirigente aspirante all'incarico non può atteggiarsi come diritto soggettivo pieno, bensì come interesse legittimo di diritto privato, da riportare, quanto alla tutela giudiziaria, nella più ampia categoria dei "<em>diritti</em>" di cui all'art. 2907 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">La tutela di tale posizione giuridica soggettiva, affidata al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, non è dissimile – chiosa il Collegio - da quella già riconosciuta al partecipante ad una procedura di selezione concorsuale adottata dal datore di lavoro privato ed è estesa a tutte le garanzie procedimentali di selezione previste dalla legge (nel caso in esame dalla L.R. siciliana n. 10 del 2000, art. 9) e dai contratti collettivi.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 3 aprile viene varato il decreto legislativo n.152, testo unico in materia ambientale, che abroga l’art.18 della legge 349.86 così ridimensionando il regime di legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste.</p> <p style="text-align: justify;">Alla stregua, in particolare, dell’art.309, comma 1 e 2, le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte sesta del decreto possono presentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta del presente decreto (comma 1); le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente, di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sono del pari riconosciute titolari dell'interesse di cui al comma 1 (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">In sostanza dunque alle associazioni ambientaliste di cui al ridetto art.13 il codice riconosce il solo potere di presentare al Ministro dell'ambiente denunce ed osservazioni concernenti qualsiasi caso di danno ambientale.</p> <p style="text-align: justify;">Stando poi al successivo art.310, comma 1, i soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire, secondo i princìpi generali, per l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del codice nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta dunque di una legittimazione “<em>contingentata</em> <em>per materia</em>” che opera nei limiti di quanto previsto dalla parte sesta del codice e dunque, in sostanza, nell’ambito della prevenzione, del ripristino ambientale e del connesso risarcimento del danno.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2007</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 01 febbraio esce l’ordinanza del Tribunale di Napoli che – in materia di interesse legittimo nell’ambito familiare – ribadisce doversi assumere quest’ultimo quale limite alla potestà dei genitori rispetto alla quale, sulla scorta degli artt. 147 e 155 c.c., va riconosciuta non solo ai figli, ma anche ai nonni, la titolarità di interessi legittimi di diritto privato.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Tribunale, pur non spettando, “<em>de iure condito</em>", ai ridetti nonni (ed agli altri parenti) un vero è proprio diritto soggettivo di visita dei nipoti minori, mancando nel sistema una norma esplicita che tale diritto direttamente preveda, tuttavia – ritenuto che i sentimenti affettivi di un minore collegati ai più stretti vincoli di sangue hanno, di regola, una notevolissima e certa rilevanza positiva ai fini di un'armonica crescita psicologica è culturale del minore stesso — l'interesse legittimo dei nonni (e degli altri parenti) a visitare i minori, permanendo con loro, trova incondizionato riconoscimento e piena tutela ogni qual volta esso venga a coincidere con l'interesse dei nipoti ad instaurare e mantenere costanti, regolari e congrui rapporti con i propri congiunti diversi dai genitori, vale a dire allorché la visita (e la permanenza) dei nonni (e degli altri parenti) non arrechi ai minori un danno rilevante ed un eventuale divieto dei genitori si ponga, perciò, contro l'interesse dei minori ad un’ottimale, proficua integrazione della propria personalità nell’“<em>ambito della parentela</em>”</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 febbraio esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.4275 onde, in tema di conferimento di incarichi dirigenziali da parte della PA datoriale, con riferimento a tutti i pertinenti atti preliminari sono configurabili posizioni di interesse legittimo di diritto privato suscettibili di tutela giurisdizionale in forma risarcitoria, detto risarcimento postulando nondimeno “<em>…l'allegazione e la prova a carico del lavoratore circa la lesione dell'interesse legittimo suddetto, nonché del danno subito dal lavoratore, in dipendenza dell'inadempimento di obblighi gravanti sull'amministrazione, senza che la pretesa risarcitoria possa essere fondata sulla lesione del diritto al conferimento dell'incarico dirigenziale, insussistente in assenza del contratto stipulato con l'amministrazione</em>".</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 giugno esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.14624 onde, in tema di conferimento di incarichi dirigenziali da parte della PA datoriale l’aspirante all'incarico, poiché non vanta un diritto soggettivo pieno, bensì soltanto un interesse legittimo di diritto privato a conseguire l'incarico stesso, non può pretendere la retribuzione ad esso corrispondente.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 dicembre viene varata la legge n.244, legge finanziaria per il 2008, il cui art.2, comma 446, introduce nel codice del consumo un nuovo art.140 bis, e, con esso, la c.d. <em>class action</em> quale forma di tutela collettiva consumeristica con foggia di azione collettiva risarcitoria.</p> <p style="text-align: justify;">Prende forma uno strumento alternativo all’azione individuale tale da consentire a una pluralità di consumatori e utenti che abbiano subito un danno di ottenere il relativo risarcimento, avvalendosi di un’unica procedura giurisdizionale “<em>collettiva</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Legittimati a spiccare azione sono, oltre ai soggetti indicati nell’art. 139, commi 1 e 2, anche i comitati e le associazioni che siano adeguatamente rappresentativi degli interessi collettivi fatti valere.</p> <p style="text-align: justify;">Può essere chiesto in particolare al tribunale del luogo in cui ha sede l'impresa l’accertamento del diritto al risarcimento del danno e alla restituzione delle somme spettanti ai singoli consumatori o utenti nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti stipulati ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, ovvero in conseguenza di atti illeciti extracontrattuali, di pratiche commerciali scorrette o di comportamenti anticoncorrenziali, quando sono lesi i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti.</p> <p style="text-align: justify;">Si è dunque in presenza di uno strumento “<em>collettivo</em>” alternativo all’azione individuale che abilita una pluralità di consumatori e utenti che affermino di aver subito un danno ad ottenere il pertinente risarcimento avvalendosi di un’unica (“<em>collettiva</em>”) procedura giurisdizionale.</p> <p style="text-align: justify;">Legittimati ad esercitare l’azione <em>de qua</em> sono come visto - oltre ai soggetti indicati nell’art. 139, commi 1 e 2, del codice - anche i comitati e le associazioni che siano adeguatamente “<em>rappresentativi</em>” degli interessi collettivi fatti valere.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 settembre viene varato il decreto legislativo n.164, recante attuazione della direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE, 93/6/CEE e 2000/12/CE e abroga la direttiva 93/22/CEE, che inserisce nel Testo Unico della Finanza n.58.98 un articolo 32 bis alla cui stregua le associazioni dei consumatori inserite nell'elenco di cui all'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, codice del consumo, sono legittimate ad agire per la tutela degli interessi collettivi degli investitori, connessi alla prestazione di servizi e attività di investimento e di servizi accessori e di gestione collettiva del risparmio, nelle forme previste dagli articoli 139 e 140 del predetto decreto legislativo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2008</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’8 aprile viene varato il decreto legge n.59, recante diposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, il cui art. 8 <em>septies</em> modifica i due comma dell’art.5 del decreto legislativo 216.03 in tema di discriminazione negli ambienti di lavoro.</p> <p style="text-align: justify;">La legittimazione ad agire contro le discriminazioni viene affidata, oltre che alle organizzazioni sindacali, anche alle associazioni e alle organizzazioni rappresentative del diritto o dell’interesse leso dalla discriminazione.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 giugno viene varata la legge n.101 che converte in legge, con modificazioni, il decreto legge n.59.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2010</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 luglio viene varato il decreto legislativo n.104, codice del processo amministrativo, secondo il cui art.29 la tradizionale azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere – il rimedio “<em>tipico</em>” caducatorio che presidia l’interesse legittimo – va proposta nel termine di decadenza di 60 giorni.</p> <p style="text-align: justify;">Di sicuro rilievo per la portata innovativa che esso esprime è il successivo art.30, rubricato “<em>azione di condanna</em>” ed alla cui stregua l’azione, per l’appunto, di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva del GA e nei casi di cui ai successivi comma, anche in via autonoma (comma 1).</p> <p style="text-align: justify;">Più in specie, può essere chiesta “<em>autonomamente</em>” (e, dunque, in guisa slegata dalla domanda di annullamento dell’atto amministrativo) la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria, nei casi di giurisdizione esclusiva potendo altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi (comma 2), precisandosi che, laddove ne sussistano i presupposti siccome previsti dall’art.2058 c.c., può essere anche chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.</p> <p style="text-align: justify;">Alla tradizionale tutela caducatoria dell’interesse legittimo il legislatore affianca dunque anche una potenziale, autonoma tutela risarcitoria (per equivalente), la pertinente domanda – quella di risarcimento per lesione di interessi legittimi – dovendo essere proposta entro il termine di decadenza di 120 giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo; nel determinare il risarcimento il giudice deve valutare tutte le circostanze di fatto ed il comportamento complessivo delle parti, escludendo comunque il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti (comma 3).</p> <p style="text-align: justify;">Per il risarcimento dell’eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza della inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di 120 giorni previsto dal comma 3 non decorre fintanto che perdura l’inadempimento, iniziando comunque a decorrere dopo 1 anno dalla scadenza del termine per provvedere (comma 4).</p> <p style="text-align: justify;">Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento, la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a 120 giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza, con conseguente maggior favore per una tutela risarcitoria che sia “<em>complementare</em>” ed “<em>ulteriore</em>” rispetto a quella demolitoria (comma 5).</p> <p style="text-align: justify;">Infine, di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesione di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi viene investito esclusivamente il GA (comma 6).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 agosto esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.18857 alla cui stregua, nel lavoro pubblico privatizzato, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l'attitudine professionale all'assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo (v. fra le altre Cass. Civ., 22 dicembre 2004, n. 23760, Cass. Civ., 20 febbraio 2007, n. 3929, Cass. Civ., 15 febbraio 2010, n. 3451) mentre i dirigenti non vantano alcun diritto soggettivo all'attribuzione, o a mantenimento, di un incarico dirigenziale essendo la nuova disciplina privatistica fondata sui principi della temporaneità e della fiduciarietà degli incarichi dirigenziali medesimi (v. Cass. Civ., 6 aprile 2005, n. 7131).</p> <p style="text-align: justify;">L'intera materia degli incarichi dirigenziali – prosegue il Collegio - è retta dal diritto privato e l'atto di conferimento è espressione del potere di organizzazione (v. Cass. Civ., 22 febbraio 2006, n. 3880), rispetto al quale la posizione soggettiva del dirigente aspirante all'incarico non può atteggiarsi come diritto soggettivo pieno, bensì come interesse legittimo di diritto privato, da riportare, quanto alla tutela giudiziaria, nella più ampia categoria dei "<em>diritti</em>" di cui all'art. 2907 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">La tutela di tale posizione giuridica soggettiva, affidata al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, non è dissimile da quella già riconosciuta al partecipante ad una procedura di selezione concorsuale adottata dal datore di lavoro privato ed è estesa a tutte le garanzie procedimentali di selezione previste dalla legge (nel caso in esame dalla L.R. siciliana n. 10 del 2000, art. 9) e dai contratti collettivi (v. Cass. Civ., 22 febbraio 2006, n. 3880).</p> <p style="text-align: justify;">Al riguardo, vanno, quindi richiamate per la Corte le regole in materia di limiti interni dei poteri attribuiti al privato datore di lavoro, i quali si delineano in relazione a previsioni, normative o contrattuali, che sanciscono le prescrizioni dell'esercizio del potere discrezionale, sul piano sostanziale o su quello procedimentale, precetti questi suscettibili di essere integrati e precisati dalle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.).</p> <p style="text-align: justify;">Del resto, chiosa ancora il Collegio, le Sezioni Unite hanno precisato che, nell'ambito del rapporto di lavoro privatizzato, alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il GO sottopone a sindacato i poteri esercitati dall'Amministrazione nella veste di datrice di lavoro sotto il profilo dell'osservanza delle regole di correttezza e buona lede, siccome regole applicabili anche all'attività di diritto privato alla stregua dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. (v. Cass. Civ., SS.UU., 26 giugno 2002, n. 932, Cass. Civ., SS.UU., 25 novembre 2003, n. 18017, <a href="https://www.altalex.com/documents/news/2004/10/19/cassazione-civile-ss-uu-ordinanza-23-01-2004-n-1252">Cass. Civ., SS.UU., 23 gennaio 2004, n. 1252</a>, cfr. da ultimo anche Cass. Civ., 30 settembre 2009, n. 20979).</p> <p style="text-align: justify;">Pertanto, conclude la Corte, con riferimento a tutti gli atti preliminari sono configurabili posizioni di interesse legittimo di diritto privato suscettibili di tutela giurisdizionale in forma risarcitoria, detto risarcimento postulando nondimeno “<em>…l'allegazione e la prova a carico del lavoratore circa la lesione dell'interesse legittimo suddetto, nonché del danno subito dal lavoratore, in dipendenza dell'inadempimento di obblighi gravanti sull'amministrazione, senza che la pretesa risarcitoria possa essere fondata sulla lesione del diritto al conferimento dell'incarico dirigenziale, insussistente in assenza del contratto stipulato con l'amministrazione</em>" (v. Cass. Civ., 23 febbraio 2007, n. 4275).</p> <p style="text-align: justify;">Del resto, rammenta ancora la Corte, come pure è stato precisato, il dirigente aspirante all'incarico, poiché non vanta un diritto soggettivo pieno, bensì soltanto un interesse legittimo di diritto privato a conseguire l'incarico stesso, non può pretendere la retribuzione corrispondente (v. <a href="https://www.altalex.com/documents/massimario/2008/01/21/pubblico-impiego-scelta-prioritaria-della-sede-portatore-di-handicap">Cass. Civ., 22 giugno 2007, n. 14624</a>).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2011</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 marzo esce la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.3 onde l’interesse legittimo – mutuandone la definizione dalla nota sentenza delle SSUU della Cassazione n.500 del 1999 – non rileva quale situazione meramente processuale, ossia quale titolo di legittimazione per la proposizione del ricorso al giudice amministrativo, né si risolve in un mero interesse alla legittimità dell’azione amministrativa in sé intesa, ma si rivela posizione schiettamente sostanziale, correlata, in modo intimo e inscindibile, ad un interesse materiale del titolare ad un bene della vita, la cui lesione (in termini di sacrificio o di insoddisfazione a seconda che si tratti di interesse oppositivo o pretensivo) può concretizzare un pregiudizio.</p> <p style="text-align: justify;">L'interesse legittimo per il Collegio va quindi inteso come la posizione di vantaggio - riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita e incisa dall’esercizio del potere pubblicistico - che si compendia nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione o la difesa dell'interesse al bene.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 settembre esce l’ordinanza della sezione lavoro del Tribunale di Trani , onde va ravvisato l’interesse legittimo di diritto privato laddove il titolare della situazione giuridica soggettiva non possa soddisfare il proprio interesse materiale tramite l'esercizio di un potere conferitogli dall'ordinamento, potendo piuttosto realizzarlo solo per il tramite di un atto di terzi - nel caso di specie, del proprio datore di lavoro - alla cui legittimità (quale espressione del potere datoriale) egli abbia interesse.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">L’11 novembre esce la legge n.180, c.d. Statuto delle imprese, secondo il cui art. 4, comma 2, va riconosciuta alle associazioni di categoria maggiormente rappresentative ai diversi livelli territoriali la legittimazione a impugnare gli atti amministrativi “<em>lesivi di interessi diffusi</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2014</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 settembre esce l’ordinanza della III sezione del Tribunale di Torino alla cui stregua, laddove un chiesto provvedimento cautelare concerna la tutela del diritto alla salute - inteso come diritto soggettivo individuale assoluto e fondamentale della persona umana, comprensivo della pretesa ad abitare in un ambiente di vita salubre - il pregiudizio lamentato deve essere considerato “<em>irreparabile e imminente</em>”, integrando quindi il requisito richiesto dalla tutela d’urgenza ex <a href="https://www.altalex.com/documents/news/2014/12/10/dei-procedimenti-speciali-dei-procedimenti-sommari#art700">art. 700 c.p.c.</a></p> <p style="text-align: justify;">La pronuncia si inserisce nel noto filone pretorio orientato a sussumere l’interesse a vivere in un ambiente salubre sotto l’egida del diritto soggettivo assoluto e fondamentale alla salute di cui all’art.32 Cost., come tale tutelabile anche in via d’urgenza attivando il procedimento cautelare atipico ex art.700 c.p.c.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 21 luglio esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n.3303 che – ponendosi fuori da un solco giurisprudenziale consolidato - dubita, in radice, della tenuta attuale della tradizionale impostazione basata sulla collettivizzazione dell’interesse diffuso a mezzo dell’associazionismo spontaneo.</p> <p style="text-align: justify;">Il primo argomento, di carattere sistematico, utilizzato dal Collegio, è teso a mettere in dubbio la persistente validità e attualità dell’elaborazione giurisprudenziale attraverso la quale si è ammessa la tutela degli interessi legittimi collettivi dinanzi al giudice amministrativo, a prescindere da una specifica previsione di legge (tesi c.d. del doppio binario).</p> <p style="text-align: justify;">Secondo tale impostazione, in una prima fase, a fronte di un ordinamento ancora non adeguato alle emergenti istanze di tutela degli interessi meta-individuali, il ruolo degli enti esponenziali è stato determinante e meritorio, perché ha consentito a questi interessi di assumere una dimensione giuridica e di avere un centro soggettivo di riferimento.</p> <p style="text-align: justify;">Successivamente, tuttavia, nel corso del tempo l’esigenza di supplire alla carenza di un sistema istituzionale di tutela si è via via attenuata, perché il legislatore ha progressivamente preso atto dei cambiamenti in corso e ha iniziato a prevedere – introducendole per legge – forme e modalità specifiche di tutela.</p> <p style="text-align: justify;">Si è avuta così – chiosa il Collegio - la progressiva istituzionalizzazione di quella tutela che prima, pretoriamente, era affidata, o lasciata, all’iniziativa dei gruppi e delle associazioni private.</p> <p style="text-align: justify;">Sempre più spesso quindi la legittimazione ad agire degli enti esponenziali trova espresso riconoscimento in una puntuale disciplina normativa, che si preoccupa però anche di stabilire chi può agire e, soprattutto, il tipo di azione che può essere esercitata.</p> <p style="text-align: justify;">Si riscontra in sostanza, conclude il Collegio, l’affermazione di una nuova e più matura “<em>tassatività</em>” delle azioni esperibili (sia sul piano soggettivo, sia su quello oggettivo) nei predetti ambiti.</p> <p style="text-align: justify;">Il secondo argomento critico utilizzato dal Collegio al fine di trarre indizi in relazione al preteso affermarsi di un principio di necessaria tipizzazione della legittimazione straordinaria delle associazioni, è ricavato da una norma processuale impeditiva, sostanziantesi nel generale divieto di sostituzione processuale sancito dall’art. 81 del Codice di procedura civile: a mente del quale “<em>fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">È ben vero – secondo l’impostazione del Collegio – che uno dei risultati raggiunti attraverso la sopra richiamata teoria dell’interesse collettivo è stato quello di trasformare l’interesse diffuso dei singoli in interesse collettivo proprio dell’ente esponenziale; è altrettanto vero, tuttavia, come tale trasformazione sia stato il frutto di una <em>fictio iuris</em>, che non altera il connotato sostanziale del rapporto sottostante e non riesce, quindi, a superare il dato ontologico rappresentato dalla oggettiva alterità esistente tra la effettiva titolarità dell’interesse (il singolo) e il soggetto che lo fa valere (l’ente).</p> <p style="text-align: justify;">Tale <em>fictio iuris</em>, pertanto, non può tradursi in una non consentita forma di legittimazione processuale straordinaria e generalizzata, priva di base legislativa (in contrasto con la regola sancita dall’art. 81 c.p.c.); giacché ogni affermazione di legittimazione ad agire, per avere fondamento, deve trovare in ogni singolo caso una base normativa positiva.</p> <p style="text-align: justify;">Le fattispecie concernenti la tutela consumeristica richiedono poi, per il Collegio, ulteriori approfondimenti in considerazione della sussistenza di peculiari norme di settore, che escludono l’esperibilità dell’azione di annullamento.</p> <p style="text-align: justify;">L’art. 32-bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico della finanza) prevede testualmente che: “<em>Le associazioni dei consumatori inserite nell'elenco di cui all'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sono legittimate ad agire per la tutela degli interessi collettivi degli investitori, connessi alla prestazione di servizi e attività di investimento e di servizi accessori e di gestione collettiva del risparmio, nelle forme previste dagli articoli 139 e 140 del predetto decreto legislativo</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Dallo specifico riferimento alle “<em>forme previste dagli articoli 139 e 140” deriva – secondo il Collegio - che le uniche azioni possibili sono quelle proponibili dinanzi al giudice ordinario, tese a: a) inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti; b) adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate; c) ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate” (così l’art. 140 cit.)</em></p> <p style="text-align: justify;">Difetta dunque, nell’attuale ordinamento e segnatamente nella materia <em>de qua</em>, una norma che abiliti le associazioni ad agire dinanzi al giudice amministrativo a mezzo dell’azione di annullamento.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 marzo esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.1640 alla cui stregua l’interesse collettivo del quale si è tradizionalmente occupata la giurisprudenza è una "<em>derivazione</em>" dell'interesse diffuso per relativa natura adespota.</p> <p style="text-align: justify;">Esso non è dunque una "<em>superfetazione</em>" o una "<em>posizione parallela</em>" di un interesse legittimo comunque ascrivibile anche in capo ai singoli componenti della collettività.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 aprile viene varata la legge n.31, recante disposizioni in materia di azione di classe, che introduce nel sistema una disciplina organica dell'azione di classe (c.d. <em>class action</em>) la quale viene trasferita dal Codice del consumo all'interno del codice di procedura civile, in chiusura del Libro IV.</p> <p style="text-align: justify;">Dopo il Titolo VIII del codice di procedura civile dedicato alla disciplina dell'Arbitrato viene infatti inserito il nuovo Titolo VIII-bis "<em>Dei procedimenti collettivi</em>" (artt. da 840-bis a 840-sexiesdecies), che provvede a disciplinare in via generale la ridetta di classe, con contestuale inserimento di talune nuove disposizioni di dettaglio all'interno delle norme di attuazione del c.p.c., al fine di disciplinare le comunicazioni a cura della cancelleria e gli avvisi pertinenti, oltre all'elenco delle organizzazioni e associazioni legittimate all'azione di classe.</p> <p style="text-align: justify;">L’entrata in vigore di tale disciplina non è peraltro immediata, venendo posticipata a 12 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta, dovendosi consentire al Ministero della giustizia di attuare gli accorgimenti tecnici necessari sui sistemi informativi onde permettere il compimento delle pertinenti attività processuali con modalità telematiche.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2020</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 gennaio esce l’ordinanza della sezione lavoro della Cassazione n.712 onde in tema di impiego pubblico privatizzato, come la Corte sostiene di avere già affermato, gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali cui devono applicarsi i criteri generali di correttezza e buona fede, alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., che obbligano la P.A. a valutazioni comparative motivate, senza alcun automatismo della scelta - che resta rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro - cui corrisponde una posizione soggettiva di interesse legittimo degli aspiranti all’incarico, tutelabile ai sensi dell’art. 2907 cod. civ., anche in forma risarcitoria.</p> <p style="text-align: justify;">Ne consegue per la Corte che, ove la P.A. non abbia fornito elementi circa i criteri e le motivazioni della selezione, l’illegittimità della stessa richiederà una nuova valutazione, sempre ad opera del datore di lavoro, senza possibilità di un intervento sostitutivo del giudice, salvo i casi di attività vincolata e non discrezionale.</p> <p style="text-align: justify;">Costituisce ulteriore specificazione di tale principio – prosegue il Collegio – come la suddetta posizione soggettiva di interesse legittimo di diritto privato sia suscettibile di tutela giurisdizionale, anche in forma risarcitoria, a condizione che l’interessato ne alleghi e provi la lesione, nonché il danno subito in dipendenza dell’inadempimento degli obblighi gravanti sull’Amministrazione datoriale, senza che la pretesa risarcitoria possa fondarsi sulla lesione del diritto al conferimento dell’incarico, che non sussiste prima della stipula del contratto con la P.A.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 febbraio esce la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.6, alla cui stregua gli enti associativi esponenziali, iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative di utenti o consumatori oppure in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza, sono legittimati ad esperire azioni a tutela degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità o categorie, e in particolare l’azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità, indipendentemente da un’espressa previsione di legge in tal senso.</p> <p style="text-align: justify;">La questione sottoposta al Collegio è in particolare quella se - alla luce dell’evoluzione dell’ordinamento, fermo il generale divieto di cui all’art. 81 c.p.c. - possa ancora sostenersi la sussistenza di una legittimazione generale degli enti esponenziali in ordine alla tutela degli interessi collettivi dinanzi al giudice amministrativo, o se sia invece necessaria, a tali fini, una legittimazione straordinaria conferita dal legislatore.</p> <p style="text-align: justify;">Essa, chiosa il Collegio, insorge nell’ambito di una controversia che concerne i provvedimenti con i quali la Banca d’Italia ha disposto la risoluzione degli istituti di credito a causa del ritenuto stato di dissesto in cui essi si trovavano, ai sensi dell’art. 32 del d.lgs. 180/2015, e adottato i provvedimenti conseguenziali. Il contenzioso si riferisce dunque al settore bancario e l’interesse azionato riguarda l’ambito della tutela dei consumatori.</p> <p style="text-align: justify;">L’associazione dei ricorrenti (Codacons) risulta bensì iscritta nello speciale elenco delle associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale di cui all’art. 137 del Codice del consumo, d.lgs. 6 settembre 2005 n.206, ma la questione della sua legittimazione si pone in quanto il predetto codice non prevede espressamente che le associazioni in questione siano abilitate ad esperire azione di annullamento dinanzi al giudice amministrativo. In altri termini, argomentando dalla mancata espressa previsione, nell’ambito del codice del consumo, dell’azione di annullamento di provvedimenti amministrativi, e postulata la tassatività delle azioni esperibili dalle associazioni a tutela dei consumatori, tutte di pertinenza della giurisdizione ordinaria, si giunge a dubitare che le associazioni siano provviste di legittimazione generale in ordine alla tutela di interessi collettivi.</p> <p style="text-align: justify;">La questione - per come posta - può essere per il Collegio, a ben vedere, riguardata sotto il profilo della legittimazione, o della tipologia delle azioni esperibili: infatti, dal dato positivo della mancata previsione di un’azione (di annullamento in sede giurisdizionale amministrativa) si inferisce, in tesi, un’assenza di legittimazione, per così dire, in parte qua, ovvero, secondo il diverso angolo di visuale segnalato, e in positivo, una legittimazione limitata a proporre solo le azioni espressamente previste.</p> <p style="text-align: justify;">Tale ultima impostazione per il Collegio già di per sé suscita perplessità, in quanto la configurazione di una legittimazione selettivamente limitata quanto al diritto di azione appare come una situazione soggettiva monca, perché privata dell’ordinario diritto, di derivazione costituzionale, normalmente connesso alla titolarità di una situazione soggettiva.</p> <p style="text-align: justify;">Anche a non voler tener conto della considerazione appena fatta, peraltro, la questione della legittimazione all’impugnazione in sede giurisdizionale amministrativa va riportata per il Collegio nell’ambito generale della questione della legittimazione ad agire nel giudizio amministrativo delle associazioni a tutela degli interessi collettivi, qualunque sia il settore in cui abbia operato la PA.</p> <p style="text-align: justify;">Com’è noto, chiosa ancora il Collegio, la protezione degli interessi “<em>diffusi</em>”, ossia adesposti, non consentita in via teorica a causa della mancata sussistenza del requisito della differenziazione che tradizionalmente qualifica la posizione giuridica di interesse legittimo, è stata sin dagli anni ’70 assicurata attraverso il riconoscimento dell’esistenza di un interesse legittimo di natura collettiva imputabile ad un ente che, in forza del possesso di alcuni requisiti giurisprudenzialmente individuati (effettiva rappresentatività, finalità statutaria, stabilità e non occasionalità, in taluni casi collegamento con il territorio) diviene idoneo ad assumerne la titolarità (Cons. Stato, V, 9.3.1973, n. 253; Cass., S.U., 8.5.1978, n. 2207; Cons. Stato, A.P., 19.11.1979, n. 24).</p> <p style="text-align: justify;">Il riconoscimento legislativo degli interessi collettivi in materia ambientale e la conseguente legittimazione riconosciuta alle associazioni dall’articolo 18, comma 5, della legge n. 349 del 1986 (comma sopravvissuto all’abrogazione disposta dall’art. 318 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) – norma che consente alle associazioni ambientaliste individuate in base all’art. 13 (ossia quelle ricomprese in un elenco approvato con decreto del Ministro dell’Ambiente) di “<em>intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi</em>” - ha poi generato un dibattito circa l’esclusività di tale legittimazione.</p> <p style="text-align: justify;">In relazione a tale aspetto, prosegue il Collegio, è ben noto l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’iscrizione nell’elenco di cui all’art. 13 della legge 349/86 non determina un rigido automatismo, potendo il giudice, all’esito di una verifica della concreta rappresentatività, ammettere all’esercizio dell’azione anche associazioni non iscritte, secondo il criterio del cd “<em>doppio binario</em>” che distingue tra la legittimazione ex lege delle associazioni di protezione ambientale di livello nazionale riconosciute (che non necessita di verifica) e la legittimazione delle altre associazioni (tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5760; sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6554).</p> <p style="text-align: justify;">Quest’ultima deve essere accertata in ciascuno dei casi concreti con riguardo alla sussistenza di tre presupposti: gli organismi devono perseguire statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, devono possedere un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e devono avere un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (<em>ex plurimis</em>, Cons. Stato., IV, 16.2.2010, n. 885).</p> <p style="text-align: justify;">L’esperienza e l’evoluzione ordinamentale hanno nel tempo mostrato – prosegue il Collegio - l’esistenza di una serie di fattispecie di rilievo superindividuale che, sebbene nel dibattito siano state descritte come di interesse collettivo, assumono valenza specifica o addirittura si ascrivono ad altri ed eterogenei fenomeni quali quello degli interessi isomorfi, fortemente avvertito soprattutto nell’ambito della tutela civilistica dei consumatori.</p> <p style="text-align: justify;">La varietà delle fattispecie ha impegnato la giurisprudenza in una considerevole attività di selezione e di differenziazione che non ha tuttavia alterato i profili fondamentali della questione relativa alla tutela degli interessi collettivi dinanzi al giudice amministrativo.</p> <p style="text-align: justify;">Il fondamento teorico – prosegue il Collegio - della cd. collettivizzazione dell’interesse diffuso a mezzo della relativa entificazione risiede, come già accennato, nella individuazione di interessi che sono riferibili ad una collettività o a una categoria più o meno ampia di soggetti (fruitori dell’ambiente, consumatori, utenti, etc.) o in generale a una formazione sociale, senza alcuna differenziazione tra i singoli che quella collettività o categoria compongono, e ciò in ragione del carattere sociale e non esclusivo del godimento o dell’utilità che dal bene materiale o immateriale, a quell’interesse correlato, i singoli possono trarre (sul punto, Cons. Stato, sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6554, cit.).</p> <p style="text-align: justify;">E’ evidente da questa definizione, precisa a questo punto l’Adunanza, che il <em>discrimen</em> più complesso da stabilire sia, non quello sul versante dell’interesse legittimo individuale (caratterizzato dall’esclusività del godimento o dell’utilità riconoscibile in capo ai singoli) ma, piuttosto, sul diverso e più generale versante dell’interesse pubblico vero e proprio, la cui cura è rimessa, secondo la tradizionale impostazione, unicamente all’Amministrazione sulla base del principio di legalità.</p> <p style="text-align: justify;">La circostanza che la cura dell’interesse pubblico generale (ad es. all’ambiente) sia rimessa all’Amministrazione non toglie, tuttavia, che essa sia soggettivamente riferibile, sia pur indistintamente, a formazioni sociali, e che queste ultime, nella loro dimensione associata, rappresentino gli effettivi e finali fruitori del bene comune della cui cura trattasi.</p> <p style="text-align: justify;">Le situazioni sono infatti diverse ed eterogenee: l’Amministrazione ha il dovere di curare l’interesse pubblico e dunque gode di una situazione giuridica capace di incidere sulle collettività e sulle categorie (potestà); le associazioni rappresentative delle collettività o delle categorie invece incarnano l’interesse sostanziale, ne sono fruitrici, e dunque la situazione giuridica della quale sono titolari è quella propria dell’interesse legittimo, id est, quella pertinente alla sfera soggettiva dell’associazione, correlata a un potere pubblico, che, sul versante processuale, si pone in senso strumentale ad ottenere tutela in ordine a beni della vita, toccati dal potere riconosciuto all’amministrazione.</p> <p style="text-align: justify;">Del resto, prosegue l’Adunanza, che possano esservi situazioni soggettive di natura diffusa e collettiva è confermato dal legislatore, il quale, all’art. 2 del codice del consumo, espressamente prevede che “<em>sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne è promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa</em>”; o ancora, dallo Statuto delle imprese (l. 11 novembre 2011, n. 180) che all’art. 4, co. 2, riconosce alle associazioni di categoria maggiormente rappresentative ai diversi livelli territoriali la legittimazione a impugnare gli atti amministrativi “<em>lesivi di interessi diffusi</em>”; finanche, e soprattutto, dalla legge generale sul procedimento amministrativo, la quale, all’art. 9 prevede che “<em>qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Tale ricostruzione – rammenta a questo punto il Collegio - è stata da ultimo sottoposta a critica con dovizia di argomenti dalla Sezione VI, con sentenza del 21 luglio 2016 n.3303, la quale dubita, in radice, della tenuta attuale della tradizionale impostazione basata sulla collettivizzazione dell’interesse diffuso a mezzo dell’associazionismo spontaneo.</p> <p style="text-align: justify;">Il primo argomento, di carattere sistematico, utilizzato, è teso a mettere in dubbio la persistente validità e attualità dell’elaborazione giurisprudenziale attraverso la quale si è ammessa la tutela degli interessi legittimi collettivi dinanzi al giudice amministrativo, a prescindere da una specifica previsione di legge (tesi del doppio binario).</p> <p style="text-align: justify;">Secondo tale impostazione, “<em>in una prima fase, a fronte di un ordinamento ancora non adeguato alle emergenti istanze di tutela degli interessi meta-individuali, il ruolo degli enti esponenziali è stato….determinante e meritorio, perché ha consentito a questi interessi di assumere una dimensione giuridica e di avere un centro soggettivo di riferimento. Successivamente, tuttavia, nel corso del tempo l’esigenza di supplire alla carenza di un sistema istituzionale di tutela si è via via attenuata, perché il legislatore ha progressivamente preso atto dei cambiamenti in corso e ha iniziato a prevedere – introducendole per legge – forme e modalità specifiche di tutela. Si è avuta così la progressiva istituzionalizzazione di quella tutela che prima, pretoriamente, era affidata, o lasciata, all’iniziativa dei gruppi e delle associazioni private</em>.</p> <p style="text-align: justify;"><em>Sempre più spesso, quindi, la legittimazione ad agire degli enti esponenziali trova espresso riconoscimento in una puntuale disciplina normativa, che si preoccupa però anche di stabilire chi può agire e, soprattutto, il tipo di azione che può essere esercitata. Si riscontra, in sostanza, l’affermazione di una nuova e più matura “tassatività” delle azioni esperibili (sia sul piano soggettivo, sia su quello oggettivo) nei predetti ambiti</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Come può evincersi dalla parte finale del riportato brano della sentenza, la tesi sostenuta fonde, in un’unica considerazione, legittimazione ad agire e tipologia delle azioni esperibili, per limitarne il riconoscimento in capo ai soggetti, e limitatamente agli oggetti, specificamente previsti per legge.</p> <p style="text-align: justify;">L’Adunanza plenaria dichiara tuttavia di non condividere una siffatta lettura interpretativa della descritta evoluzione e ritiene che il percorso compiuto dal legislatore sia stato piuttosto contraddistinto dalla consapevolezza dell’esistenza di un diritto vivente che, secondo una linea di progressivo innalzamento della tutela, ha dato protezione giuridica ad interessi sostanziali diffusi (ossia condivisi e non esclusivi) riconoscendone il rilievo per il tramite di un ente esponenziale che ne assume statutariamente e non occasionalmente la rappresentanza.</p> <p style="text-align: justify;">In altri termini, secondo l’Adunanza plenaria, l’evoluzione del dato normativo positivo non può certamente essere letto in una chiave che si risolva nella diminuzione della tutela.</p> <p style="text-align: justify;">Tralasciando per il momento la materia consumeristica, prosegue il Collegio, il legislatore è infatti intervenuto dopo oltre un decennio dall’emersione giurisprudenziale degli interessi collettivi a mezzo dell’articolo 18, comma 5, della legge n. 349 del 1986 (comma sopravvissuto all’abrogazione disposta dall’art. 318 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), istitutiva del Ministero dell’Ambiente, consentendo alle associazioni ambientaliste individuate in base all’art. 13 di “<em>intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi</em>”, e così dando veste positiva ad un fenomeno che, come si è detto, scinde la titolarità della funzione di cura dell’ambiente imputata al neo costituito Ministero dell’Ambiente dalla titolarità dell’interesse sostanziale collettivo, invece riconosciuto alle associazioni, quali organismi rappresentativi dei fruitori ultimi.</p> <p style="text-align: justify;">A questa ipotesi, speciale <em>ratione materiae</em>, si aggiunge la previsione generale di cui all’art. 4, comma 2, l. 11 novembre 2011, n. 180, che riconosce alle associazioni di imprenditori maggiormente rappresentative ai diversi livelli territoriali la legittimazione a impugnare gli atti amministrativi lesivi di interessi diffusi.</p> <p style="text-align: justify;">Questi interventi normativi non devono per il Collegio essere letti nel senso di previsioni che scindono, in via straordinaria, la legittimazione, dalla lesione di una situazione giuridica, ma quale emersione positiva dell’esigenza di protezione giuridica di interessi diffusi, secondo lo schema già delineato in via generale dalla giurisprudenza, e in linea con il ruolo che l’art. 2 Cost. assegna alle formazioni sociali, oltre che con la più attenta ed evoluta impostazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 Cost..</p> <p style="text-align: justify;">Ma ciò che forse è ancora più significativo è il silenzio del legislatore sul generale tema della tutela degli interessi collettivi, che testimonia più di ogni altro elemento, soprattutto in epoca di iperproduzione legislativa come quella attuale, la stabilità e la profonda condivisione di un orientamento che da ormai un cinquantennio caratterizza l’approccio giurisprudenziale, e che è del tutto incompatibile con l’affermazione di un opposto principio di tipizzazione <em>ex lege</em>, soggettiva o oggettiva, della legittimazione a ricorrere o delle azioni esperibili, in controtendenza con l’orientamento “<em>storico</em>” della giurisdizione amministrativa di selezione degli interessi giuridicamente rilevanti, e perciò necessariamente tutelabili, nel confronto dinamico con il potere pubblico.</p> <p style="text-align: justify;">Il secondo argomento critico, utilizzato al fine di trarre indizi in relazione al preteso affermarsi di un principio di necessaria tipizzazione della legittimazione straordinaria delle associazioni, è ricavato da una norma processuale impeditiva, sostanziantesi nel generale divieto di sostituzione processuale sancito dall’art. 81 del Codice di procedura civile: a mente del quale “<em>fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">“È ben vero” – secondo l’impostazione in commento – “che uno dei risultati raggiunti attraverso la sopra richiamata teoria dell’interesse collettivo è stato quello di trasformare l’interesse diffuso dei singoli in interesse collettivo proprio dell’ente esponenziale; è altrettanto vero, tuttavia, che tale trasformazione sia stato il frutto di una fictio iuris, che non altera il connotato sostanziale del rapporto sottostante e non riesce, quindi, a superare il dato ontologico rappresentato dalla oggettiva alterità esistente tra la effettiva titolarità dell’interesse (il singolo) e il soggetto che lo fa valere (l’ente). Tale fictio iuris, pertanto, non può tradursi in una non consentita forma di legittimazione processuale straordinaria e generalizzata, priva di base legislativa (in contrasto con la regola sancita dall’art. 81 c.p.c.); giacché ogni affermazione di legittimazione ad agire, per avere fondamento, deve trovare in ogni singolo caso una base normativa positiva”.</p> <p style="text-align: justify;">Su tale argomento occorre per l’Adunanza soffermarsi in modo specifico.</p> <p style="text-align: justify;">L’interesse diffuso del quale si sta discorrendo è un interesse sostanziale che eccede la sfera dei singoli per assumere una connotazione condivisa e non esclusiva, quale interesse di “<em>tutti</em>” in relazione ad un bene dal cui godimento individuale nessuno può essere escluso, ed il cui godimento non esclude quello di tutti gli altri.</p> <p style="text-align: justify;">Ciò chiarito, l’interesse sostanziale del singolo, inteso quale componente individuale del più ampio interesse diffuso, non assurge ad una situazione sostanziale “<em>personale</em>” suscettibile di tutela giurisdizionale (non è cioè protetto da un diritto o un interesse legittimo) posto che l’ordinamento non può offrire protezione giuridica ad un interesse sostanziale individuale che non è in tutto o in parte esclusivo o suscettibile di appropriazione individuale.</p> <p style="text-align: justify;">E’ solo proiettato nella dimensione collettiva – prosegue il Collegio - che l’interesse diviene suscettibile di tutela, quale sintesi e non sommatoria dell’interesse di tutti gli appartenenti alla collettività o alla categoria, e che dunque si dota della protezione propria dell’interesse legittimo, sicché - per tornare alla critica mossa dall’orientamento giurisprudenziale citato, incentrata sull’asserita violazione dell’art. 81 cpc - seppur è lecito opinare circa l’esistenza o meno, allo stato dell’attuale evoluzione sociale e ordinamentale, di un interesse legittimo collettivo, deve invece recisamente escludersi che le associazioni, nel richiedere in nome proprio la tutela giurisdizionale, azionino un “<em>diritto</em>” di altri.</p> <p style="text-align: justify;">La situazione giuridica azionata è la propria, chiarisce piuttosto l’Adunanza.</p> <p style="text-align: justify;">Essa è relativa ad interessi diffusi nella comunità o nella categoria, i quali vivono sprovvisti di protezione sino a quando un soggetto collettivo, strutturato e rappresentativo, non li incarni. Non in forza di una <em>fictio</em> ma di un giudizio di individuazione e selezione degli interessi da proteggere, nonché della rigorosa verifica della rappresentatività del soggetto collettivo che ne promuove la tutela.</p> <p style="text-align: justify;">Sin qui la ricostruzione della tutela dell’interesse diffuso, da ritenersi ancora pienamente attuale.</p> <p style="text-align: justify;">La concreta questione portata all’attenzione dell’Adunanza, riguarda tuttavia, essa rammenta, un caso concernente la tutela consumeristica che richiede ulteriori approfondimenti in considerazione della sussistenza di peculiari norme di settore.</p> <p style="text-align: justify;">Tali norme di settore, secondo la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, 21 luglio 2016 n. 3303, più volte citata quale caposaldo dell’orientamento contrario a quello prevalente, escluderebbero l’esperibilità dell’azione di annullamento.</p> <p style="text-align: justify;">L’art. 32-bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico della finanza) prevede testualmente che: “Le associazioni dei consumatori inserite nell'elenco di cui all'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sono legittimate ad agire per la tutela degli interessi collettivi degli investitori, connessi alla prestazione di servizi e attività di investimento e di servizi accessori e di gestione collettiva del risparmio, nelle forme previste dagli articoli 139 e 140 del predetto decreto legislativo”.</p> <p style="text-align: justify;">Dallo specifico riferimento alle “forme previste dagli articoli 139 e 140” deriverebbe – secondo la ricostruzione giurisprudenziale citata - che le uniche azioni possibili sono quelle proponibili dinanzi al giudice ordinario, tese a: a) inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti; b) adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate; c) ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate” (così l’art. 140 cit.)</p> <p style="text-align: justify;">Dunque mancherebbe, nell’attuale ordinamento, nella materia de qua, una norma che abiliti le associazioni ad agire dinanzi al giudice amministrativo a mezzo dell’azione di annullamento.</p> <p style="text-align: justify;">Ritiene l’Adunanza plenaria che nemmeno questo argomento, specificatamente riferito alla tutela consumeristica, sia in grado di incidere sull’attualità e validità della lunga elaborazione giurisprudenziale assolutamente prevalente, e in effetti consolidata. Ciò, non solo per le generali e dirimenti considerazioni di cui sopra, ma anche per quanto essa si appresta ad argomentare.</p> <p style="text-align: justify;">Le disposizioni citate, a ben vedere, riguardano il diritto civile e il relativo processo. La circostanza che il legislatore sia intervenuto espressamente a disciplinare, in ambito processual-civilistico, un caso di legittimazione straordinaria per la tutela di interessi collettivi non può certamente leggersi come l’epilogo di un generale percorso di delimitazione soggettiva della legittimazione degli enti associativi e di tipizzazione delle azioni esperibili in ogni e qualsiasi altro ambito processuale, come, nello specifico, quello amministrativo.</p> <p style="text-align: justify;">Piuttosto essa rappresenta il definitivo riconoscimento della rilevanza giuridica degli interessi nella loro dimensione collettiva, persino in un ambito, quello civilistico, in cui non viene in rilievo l’esercizio di un potere suscettibile di concretizzarsi in atti autoritativi generali lesivi, impugnabili a mezzo dell’azione demolitoria secondo la traiettoria già tracciata dalla giurisprudenza amministrativa, ma in cui piuttosto assumono importanza anche i temi della disparità di forza contrattuale, dell’asimmetria informativa, dell’abuso di posizione dominante.</p> <p style="text-align: justify;">Temi, questi ultimi, connotati da una dimensione eccedente la sfera giuridica del singolo e da situazioni giuridiche omogenee e seriali di una vasta platea di consumatori, espressamente qualificate come “<em>diritti fondamentali</em>” dalla legge, anche nella loro dimensione collettiva (art. 2 codice dei consumatori).</p> <p style="text-align: justify;">Questo processo di espansione delle posizioni giuridiche verso una dimensione collettiva in ambito civilistico consente di spostare avanti la soglia di tutela, affrancandola dal vincolo contrattuale individuale, e di conferire alla stessa una caratteristica inibitoria idonea a paralizzare, ad un livello generale, gli atti e i comportamenti del soggetto privato “<em>forte</em>” suscettibili di ripercuotersi pregiudizievolemente sui diritti collettivi fondamentali dei consumatori.</p> <p style="text-align: justify;">Interessando posizioni giuridiche paritarie, seppur asimmetriche, è chiaro che tale processo non avrebbe potuto inverarsi senza l’emersione positiva di situazioni giuridiche collettive e la tipizzazione delle azioni giuridiche esperibili da parte di un soggetto – quello a base associativa e con funzioni rappresentative, come anche il Codancos incluso nell’elenco citato – che non sia parte dei rapporti giuridici instaurandi e instauratisi tra il soggetto “<em>forte</em>” e i singoli consumatori.</p> <p style="text-align: justify;">Non è così – chiarisce a questo punto l’Adunanza - nei rapporti di diritto pubblico, in cui le posizioni non sono connesse a negozi giuridici, e trovano piuttosto genesi nell’esercizio non corretto del potere amministrativo, tutte le volte che esso impatti su interessi sostanziali (cd. “<em>beni della vita</em>”) meritevoli di protezione secondo l’apprezzamento che ne fa il giudice amministrativo sulla base dell’ordinamento positivo.</p> <p style="text-align: justify;">La cura dell’interesse pubblico, cui l’attribuzione del potere è strumentale, non solo caratterizza, qualifica e giustifica, nel diritto amministrativo, la dimensione unilaterale e autoritativa del potere rispetto agli atti e ai comportamenti dell’imprenditore o del professionista - nel diritto civile invece subordinati al principio consensualistico - ma vale anche a dare rilievo, a prescindere da espliciti riconoscimenti normativi, a posizioni giuridiche che eccedono la sfera del singolo e attengono invece a beni della vita a fruizione collettiva della cui tutela un’associazione si faccia promotrice sulla base dei criteri giurisprudenziali della rappresentatività, del collegamento territoriale e della non occasionalità.</p> <p style="text-align: justify;">In conclusione, per il Collegio la tenuta del diritto vivente sulla tutela degli interessi diffusi non è messa in dubbio nemmeno dagli articoli 139 e 140 del codice del consumo (oggi trasposti nel nuovo titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile, in materia di azione di classe dalla L. 12/04/2019, n. 31), che riguardano altro ambito processuale, e che di certo non possono essere letti nell’ottica di un ridimensionamento della tutela degli interessi collettivi nel giudizio amministrativo, nei termini sin qui chiariti dalla giurisprudenza amministrativa.</p> <p style="text-align: justify;">Deve quindi ritenersi che un’associazione di utenti o consumatori, iscritta nello speciale elenco previsto dal codice del consumo oppure che sia munita dei requisiti individuati dalla giurisprudenza per riconoscere la legittimazione delle associazioni non iscritte, sia abilitata a ricorrere dinanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimità.</p> <p style="text-align: justify;">La legittimazione, in altri termini, si ricava o dal riconoscimento del legislatore quale deriva dall’iscrizione negli speciali elenchi o dal possesso dei requisiti a tal fine individuati dalla giurisprudenza. Una volta “<em>legittimata</em>”, l’associazione è abilitata a esperire tutte le azioni eventualmente indicate nel disposto legislativo e comunque l’azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità.</p> <p style="text-align: justify;">Alla luce di quanto sino ad ora argomentato può pertanto formularsi per l’Adunanza il principio di diritto onde gli enti associativi esponenziali, iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative di utenti o consumatori oppure in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza, sono legittimati ad esperire azioni a tutela degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità o categorie, e in particolare l’azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità, indipendentemente da un’espressa previsione di legge in tal senso.</p> <p style="text-align: justify;">Tanto chiarito in relazione al generale tema della tutela degli interessi diffusi e all’astratta ammissibilità dell’azione di annullamento introdotta dalle associazioni esponenziali, ritiene a questo punto l’Adunanza di dover dare alla Sezione remittente ulteriori indicazioni utili a dirimere il caso di specie, in cui, quale nota peculiare, sembra esservi la compresenza di interessi individuali e collettivi.</p> <p style="text-align: justify;">Si è sin qui chiarito che, fermi i presupposti individuati nel tempo dalla giurisprudenza, nessun dubbio debba porsi in ordine alla legittimazione delle associazioni, quando siano presenti, nella situazione giuridica azionata, tutti i tratti salienti dell’interesse collettivo. In altri termini, la legittimazione, per sussistere, deve riferirsi a un interesse originariamente diffuso, e quindi adespota, che, attenendo a beni a fruizione collettiva, si “personalizza” in capo a un ente esponenziale, munito di dati caratteri, ponendosi per tale via come interesse legittimo proprio dell’ente (la qual cosa esclude la pertinenza del richiamo, per negare la legittimazione, alla sostituzione processuale di cui all’articolo 81, c.p.c.).</p> <p style="text-align: justify;">La situazione in esame – chiosa ancora il Collegio - è tuttavia peculiare poiché gli atti impugnati hanno verosimilmente provocato la lesioni di plurimi interessi legittimi individuali, e prova ne è che fra i ricorrenti vi sono anche numerosi risparmiatori.</p> <p style="text-align: justify;">Occorre dunque chiedersi se sia ravvisabile, a latere dell’interesse plurisoggettivo dei singoli risparmiatori (<em>id est</em> una sequenza di interessi legittimi di identico contenuto), anche un più ampio interesse collettivo proprio dell’associazione nei termini sino ad ora indicati, ossia una posizione giuridica derivante dalla diffusione nella comunità di meri interessi omogenei non individualmente protetti.</p> <p style="text-align: justify;">Ovvero occorre, detto altrimenti, chiedersi per il Collegio se la sussistenza di interessi individualmente protetti, e quindi azionabili dagli interessati <em>uti singuli</em>, escluda di per sé la possibilità di una “<em>personalizzazione</em>” in capo all’ente di un interesse diffuso e la sua conseguente azionabilità quale interesse proprio di natura collettiva.</p> <p style="text-align: justify;">Il tema si pone in relazione alle deduzioni –contenute anche negli scritti di parte- concernenti il profilo dell’omogeneità degli interessi tutelati rispetto alla generalità dei consumatori rappresentati, interessi di cui l’ente esponenziale assume di farsi portatore, in modo da poter escludere qualsiasi contrasto “interno” tra i potenziali interessati.</p> <p style="text-align: justify;">In proposito l’Adunanza ritiene che quando vi sia compresenza di interessi collettivi in capo all’ente associativo e di interessi individuali concorrenti, autonomamente azionabili, sia necessario acclarare che l’ente non si stia affiancando alle posizioni individuali di più soggetti nella difesa di un interesse che resta individuale pur se plurisoggettivo – il che potrebbe al più sorreggere una legittimazione al mero intervento - ma stia piuttosto facendo valere un interesse proprio, di natura collettiva nei termini dianzi evidenziati, che può coesistere con più posizioni individuali.</p> <p style="text-align: justify;">Tale accertamento, per il Collegio, non può che essere condotto alla luce dei seguenti punti fermi:</p> <p style="text-align: justify;">- l’interesse collettivo del quale si è occupata la giurisprudenza, sin qui considerata, è una "<em>derivazione</em>" dell'interesse diffuso per sua natura adespota, non già una "<em>superfetazione</em>" o una "<em>posizione parallela</em>" di un interesse legittimo comunque ascrivibile anche in capo ai singoli componenti della collettività (sul punto, Consiglio di Stato, Sez V, 12 marzo 2019, n. 1640).</p> <p style="text-align: justify;">- esso può considerarsi sussistente ove riferito a beni materiali o immateriali a fruizione collettiva e non esclusiva, tenendo comunque presente, in linea generale, che è pur possibile che un provvedimento amministrativo incida al contempo su interessi sia collettivi che individuali, ma che l’associazione è legittimata ad agire solo quando l’interesse collettivo possa dirsi effettivamente sussistente secondo la valutazione che ne fa il giudice;</p> <p style="text-align: justify;">- la diversità ontologica dell’interesse collettivo (ove accertato secondo il criterio sin qui rappresentato), rispetto all’interesse legittimo individuale, porta ad escludere, in radice, la necessità di un’indagine in termini di omogeneità (oltre che degli interessi diffusi dal quale quello collettivo promana, anche) degli interessi legittimi individuali eventualmente lesi dall’esercizio del potere contestato. Nel senso che se l’interesse collettivo c’è, si tratta di un interesse dell’ente e quindi diventa non pertinente in radice porsi anche il tema dell’omogeneità degli interessi legittimi individuali dei singoli (in tal senso, chiaramente, Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5451).</p> <p style="text-align: justify;">E’ ben noto al Collegio quanto affermato da questa Adunanza plenaria con la decisione n. 9/2015, a mente della quale “E’, inoltre, indispensabile che l’interesse tutelato con l’intervento sia comune a tutti gli associati, che non vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi e che non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all’associazione (anche con gli interessi di uno solo dei consociati), che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio (cfr. <em>ex multis</em> Cons. St., sez. III, 27 aprile 2015, n.2150)”.</p> <p style="text-align: justify;">L’affermazione deve però – chiosa ancora l’Adunanza - essere rettamente intesa, in coerenza con quanto si qui detto, in guisa da evitare che in casi come quello di specie (in cui accanto agli interessi diffusi, coagulatisi nella loro dimensione collettiva in capo all’associazione, convivono interessi legittimi in senso proprio dei singoli) si finisca per porre a raffronto, in nome del requisito dell’omogeneità, gli interessi indistinti e diffusi nella comunità o categoria, con i plurimi interessi legittimi individuali, posto che, com’anzi detto, la tipologia e la natura degli interessi in questione restano ontologicamente distinti.</p> <p style="text-align: justify;">L’omogeneità dell’interesse diffuso nella comunità o categoria rappresentata è infatti requisito consunstanziale dell’interesse collettivo tutelato, inteso quale aggregazione di interessi diffusi oggettivamente assonanti secondo la valutazione che ne fa il giudicante; per converso, l’omogeneità non è requisito che debba riferirsi agli interessi legittimi individuali.</p> <p style="text-align: justify;">Trasferita sul piano pratico, l’affermazione può tradursi nel senso che non è affatto necessario che la tutela dell’interesse collettivo ridondi anche in un materiale ed effettivo vantaggio per tutti i singoli componenti della comunità o della categoria che, in relazione agli atti contestati, vantino un interesse individuale, concreto e qualificato.</p> <p style="text-align: justify;">Esemplificando, e con riferimento al caso di specie, per il Collegio se l’interesse collettivo incarnato dall’associazione è quello di tutelare i risparmiatori in presenza di vicende amministrative o normative che ne possano mettere in pericolo il relativo patrimonio, il requisito dell’omogeneità potrà escludersi solo se può ragionevolmente ipotizzarsi che nell’ambito della categoria rappresentata, vi possano essere risparmiatori presso i quali è diffuso un interesse opposto.</p> <p style="text-align: justify;">Sarebbe invece ultroneo verificare se, in concreto, tutti i singoli risparmiatori, nessuno escluso, siano stati effettivamente lesi nel patrimonio, o se piuttosto vi siano uno o più risparmiatori, controinteressati, che da quegli atti impugnati abbiano invece ritratto un vantaggio materiale, poiché così procedendo – se si aprisse cioè ad un’indagine circa la coerenza dell’interesse collettivo (oltre che rispetto all’interesse diffuso, anche) rispetto alle posizioni di interesse legittimo in ordine a “<em>beni della vita</em>” dei singoli - l’inevitabile risultato sarebbe quello di confondere i piani dell’interesse collettivo e della relativa lesione con quello della lesione delle singole posizioni giuridiche di ciascuno dei componenti la comunità o la categoria.</p> <p style="text-align: justify;">Tanto chiarito, ritiene concludendo il Collegio che, nel caso in esame, sussistano i presupposti perché, a seguito dell’enunciazione del pertinente principio di diritto, la causa sia rimessa alla Sesta Sezione del Consiglio di Stato, la quale ne valuterà le concrete ricadute al fine di deciderla con la sentenza definitiva, con ogni conseguenza anche in ordine alle spese di giudizio.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 aprile esce l’ordinanza delle SSUU della Cassazione n.8236 alla cui stregua spetta alla <em>potestas iudicandi</em> del GO la giurisdizione sulle controversie relative a una pretesa risarcitoria fondata sulla lesione dell’affidamento incolpevole del privato nell’adozione di un provvedimento amministrativo a causa di una condotta della Pubblica Amministrazione difforme dai canoni civilistici di correttezza e buona fede.</p> <p style="text-align: justify;">Ciò per il Collegio, tanto nel caso in cui il danno derivi dalla adozione e dal successivo annullamento di un provvedimento amministrativo favorevole, quando nel caso in cui nessun provvedimento sia stato adottato e il privato abbia riposto senza colpa il proprio affidamento in un mero comportamento.</p> <p style="text-align: justify;">In entrambi i casi, per il Collegio la responsabilità della PA è catalogabile come di tipo contrattuale secondo lo schema della responsabilità da “<em>contatto sociale qualificato</em>”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 ottobre viene varato il decreto legge n.137 che, dopo una precedente serie di rinvii, dispone un ulteriore rinvio per l’entrata in vigore della legge 31.19 sulla <em>class action</em> generalizzata, prevedendolo per il 19 maggio 2021.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 dicembre esce l’ordinanza della I sezione della Cassazione n.28646 alla cui stregua, in tema di condotte discriminatorie in ambiente di lavoro, ai sensi dell’art. 5, D.Lgs. n. 216 del 2003, le associazioni esponenziali degli interessi lesi possono agire per il risarcimento del danno nei confronti dell’autore di dichiarazioni lesive del principio di non discriminazione, ancorché esse siano state rese al di fuori dell’ambito di una procedura di selezione di lavoratori.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte va pertanto respinto il ricorso proposto da un avvocato, condannato al risarcimento del danno in favore di una associazione per i diritti L.G.B.T.I., a causa delle relative dichiarazioni discriminatorie nei confronti degli avvocati aventi un determinato orientamento sessuale.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 dicembre viene varata la legge n.176 che converte in legge, con modificazioni, il decreto legge 137.20.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2021</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 gennaio esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.615 che si occupa, significativamente, di cassa integrazione guadagni, lesione dell’affidamento dell’imprenditore da parte dell’Amministrazione, “<em>comportamento</em>”, “<em>rapporto relazionale</em>” e risarcibilità del danno innanzi al giudice ordinario ex art.1173 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di una pronuncia sensibilmente rilevante proprio laddove ribadisce come la posizione dell’amministrato dinanzi all’azione pubblica si vada vieppiù atteggiando a “<em>pretesa</em>”, con conseguente qualificabilità come “<em>inadempimento</em>” del contegno <em>contra ius</em> eventualmente spiegato dall’Amministrazione con la quale egli entri in rapporto.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Collegio, più in specie, spetta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria la controversia relativa ad una pretesa risarcitoria fondata sulla lesione dell’affidamento del privato nell’emanazione di un provvedimento amministrativo a causa di una condotta della pubblica amministrazione che si assume difforme dai canoni di correttezza e buona fede, atteso che la responsabilità della P.A. per il danno prodotto al privato quale conseguenza della violazione dell’affidamento dal medesimo riposto nella correttezza dell’azione amministrativa sorge da un rapporto tra soggetti (la pubblica amministrazione ed il privato che con questa sia entrato in relazione) inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale, secondo lo schema della responsabilità relazionale o da "<em>contatto sociale qualificato</em>", inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c. e ciò non solo nel caso in cui tale danno derivi dalla adozione e dal successivo annullamento di un atto ampliativo illegittimo, ma anche nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato adotatto, cosicché il privato abbia riposto il proprio affidamento in un mero comportamento dell’amministrazione.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte, nel dettaglio, in materia di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, spetta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria la controversia relativa alla pretesa risarcitoria dell’imprenditore, fondata sulla lesione dell’affidamento riposto nella condotta della pubblica amministrazione, assunta come difforme dai canoni di correttezza e buona fede.</p> <p style="text-align: justify;">La responsabilità della P.A. per il danno prodotto all’imprenditore quale conseguenza della violazione dell’affidamento dal medesimo riposto nella correttezza dell’azione amministrativa sorge infatti da un rapporto tra soggetti (la pubblica amministrazione ed il privato che con questa sia entrato in relazione), inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale, secondo lo schema della responsabilità relazionale o da "<em>contatto sociale qualificato</em>", inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c. e ciò non solo nel caso in cui tale danno derivi dalla emanazione e dal successivo annullamento di un atto ampliativo illegittimo, ma anche nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato emanato, cosicché il datore di lavoro abbia riposto il proprio affidamento in un mero comportamento dell’amministrazione.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 febbraio esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.4365 che si occupa di controversie relative all'applicazione delle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d'Italia affermando la giurisdizione del G.O., da intendersi estesa anche agli atti amministrativi e regolamentari prodromici rispetto all'emissione del provvedimento finale.</p> <p style="text-align: justify;">È rimasto nel caso accertato – premette il Collegio - che, all’esito di accertamenti ispettivi effettuati tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, con provvedimento n. XXXXXX del 1/3/2016 adottato D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 145, la Banca d’Italia ha irrogato all’odierna controricorrente B. sanzione amministrativa pecuniaria in ragione di "<em>alcune violazioni del testo unico bancario e delle disposizioni di attuazione</em>", e in particolare di: "<em>a) carenze nel governo, nella gestione e nel controllo dei rischi e connessi riflessi sulla situazione patrimoniale da parte dei consiglieri di amministrazione in carica nell’ultimo biennio; b) carenze nel governo, nella gestione e nel controllo dei rischi da parte dei componenti del Consiglio di amministrazione in carica fino ai primi mesi del 2014; c) carenze nel governo, nella gestione e nel controllo dei rischi da parte dell’ex Direttore generale; d) inosservanza delle disposizioni in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione da parte dei consiglieri di amministrazione; e) carenze nei controlli da parte dei componenti del Collegio sindacale</em>".</p> <p style="text-align: justify;">La Banca d’Italia ha altresì ("<em>con nota del 28 aprile 2015, comunicata il 12 maggio successivo</em>) alla medesima contestato irregolarità relative a "funzioni di consigliere di amministrazione" della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio dalla medesima svolte.</p> <p style="text-align: justify;">In ordine all’opposizione dalla B. spiegata avverso il suindicato provvedimento della Banca d’Italia, in riforma della pronunzia Tar Lazio 5/3/2018 declinatoria della giurisdizione in favore del giudice ordinario, chiosa ancora il Collegio, con l’odiernamente impugnata sentenza il Consiglio di Stato ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo sul solo atto regolamentare presupposto, a monte del provvedimento D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 145, irrogativo della sanzione amministrativa pecuniaria in argomento, rimettendo gli atti al giudice di prime cure per l’esame del merito.</p> <p style="text-align: justify;">Attesa l’impugnazione formulata dall’odierna ricorrente, la questione sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite è dunque se al giudice che ha giurisdizione sull’asseritamente illegittimo provvedimento di irrogazione della sanzione amministrativa spetti la cognizione anche dei relativi atti amministrativi e regolamentari presupposti.</p> <p style="text-align: justify;">La risposta per il Collegio deve essere affermativa.</p> <p style="text-align: justify;">Le Sezioni Unite rammentano di avere già avuto modo di affermare come le controversie relative all’applicazione delle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 145, per violazioni commesse nell’esercizio dell’attività bancaria siano devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, la cui cognizione si estende agli atti amministrativi e regolamentari presupposti che hanno condotto all’emissione del provvedimento finale, i quali costituiscono la concreta e diretta ragione giustificativa della potestà sanzionatoria esercitata nel caso concreto ed incidono pertanto su posizioni di diritto soggettivo del destinatario (v., con riferimento a precedente in termini, Cass., Sez. Un., 2/10/2019, n. 24609).</p> <p style="text-align: justify;">Atteso che la giurisdizione va determinata sulla base della domanda, e ai fini del relativo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non già la prospettazione compiuta dalle parti bensì il <em>petitum</em> sostanziale, si è posto al riguardo anzitutto in rilievo che quest’ultimo va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronunzia che si chiede al giudice bensì in funzione della <em>causa petendi</em>, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati (v. Cass., Sez. Un., 23/9/2019, n. 23551; Cass., Sez. Un., 14/7/2017, n. 17547; Cass., Sez. Un., 25/2/2016, n. 3732; Cass., Sez. Un., 7/4/2015, n. 6916; Cass., Sez. Un., 5/7/2013, n. 16883; Cass., Sez. Un., 11/10/2011, n. 20902; Cass., Sez. Un., 25/6/2010 n. 15323).</p> <p style="text-align: justify;">In altri termini, prosegue la Corte, il <em>petitum</em> sostanziale va identificato non solo in base al provvedimento che si chiede al giudice ma anche dalla <em>causa petendi</em>, dovendo il giudice indagare sulla effettiva natura della controversia in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio ed alla consistenza delle situazioni giuridiche soggettive in cui esso si articola e si svolge (v. Cass., Sez. Un., 8/5/2007, n. 10375; Cass., Sez. Un., 1/8/2006, n. 17461; Cass., Sez. Un., 30/11/2006, n. 25521; Cass., Sez. Un., 11/4/2006, n. 8374).</p> <p style="text-align: justify;">Si è ulteriormente precisato che, a tale stregua, la giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo a una domanda proposta dal privato nei confronti della P.A., non può essere invero esclusa nemmeno allorquando contenga la richiesta di annullamento di un atto amministrativo, giacché ove tale richiesta si ricolleghi alla tutela di una posizione di diritto soggettivo in considerazione della dedotta inosservanza di norme di relazione da parte dell’Amministrazione, quella giurisdizione va affermata, fermo restando il potere del giudice ordinario di provvedere alla sola disapplicazione dell’atto amministrativo nel caso concreto, in quanto lesivo di detto diritto soggettivo (v. Cass., Sez. Un., 30/11/2006, n. 25521; Cass., Sez. Un., 22/2/2005, n. 3508).</p> <p style="text-align: justify;">Si è d’altro canto osservato – chiosa ancora il Collegio - che, anche nelle ipotesi in cui in particolari materie la giurisdizione risulta normativamente attribuita al giudice amministrativo, essa non si estende ad "<em>ogni controversia</em>" in qualche modo concernente la materia devoluta alla relativa giurisdizione esclusiva, non essendo sufficiente il dato della mera attinenza ad essa della controversia, ma soltanto alle controversie che abbiano in concreto ad oggetto la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi espressione di pubblici poteri (cfr., con riferimento a differente ipotesi, Cass., Sez. Un., 23/9/2019, n. 23551; Cass., Sez. Un., 25/2/2011, n. 4614. Cfr. altresì Cass., Sez. Un., 25/2/2016, n. 3732).</p> <p style="text-align: justify;">In tema non solo di sanzioni amministrative si è pertanto dalle medesime Sezioni Unite affermato che il sindacato del giudice del provvedimento sanzionatorio si estende, in ossequio al principio <em>accessorium sequitur principale</em>, alla validità sostanziale del rapporto presupposto, concernendo tutte le fasi procedimentali in cui lo stesso si scandisce nonché gli atti presupposti e regolamentari posti a fondamento dell’emissione del provvedimento impugnato, i quali delineano il <em>modus</em> di esercizio della <em>potestas iudicandi</em> (cfr. Cass., Sez. Un., 9/5/2010, n. 11082; con riferimento all’organizzazione e alla gestione dei rapporti di lavoro, cfr. Cass., Sez. Un., 17/12/2018, n. 32625; Cass., Sez. Un., 7/7/2014, n. 15427; Cass., Sez. Un., 15/9/2010, n. 19552; Cass., Sez. Un., 14/4/2010, n. 8836; e già Cass., Sez. Un., 8/11/2005, n. 21592. Cfr. altresì, in tema di tutela dei dati personali, Cass., Sez. Un., 14/4/2011, n. 8487).</p> <p style="text-align: justify;">A tale stregua, con riferimento al procedimento sfociato nell’emissione della sanzione amministrativa D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 145, giusta provvedimento della Banca d’Italia n. XXXXXX del 1/3/2016 in argomento, come invero correttamente osservato (anche) dal giudice di prime cure la cognizione dei relativi atti presupposti spetta per la Corte al giudice che in ordine al medesimo ha giurisdizione, costituendo i medesimi la concreta e diretta ragione giustificativa della potestà sanzionatoria nel caso esercitata.</p> <p style="text-align: justify;">In altri termini, la valutazione dell’esercizio dei poteri da parte dell’Autorità spetta al giudice che ha giurisdizione sul provvedimento finale, che di tali poteri costituisce espressione.</p> <p style="text-align: justify;">La valutazione da parte di tale giudice va infatti estesa – prosegue il Collegio - agli atti e ai regolamenti presupposti e funzionalmente collegati all’adozione, pretesamente illegittima, del provvedimento sanzionatorio finale, costituendone l’imprescindibile ragione giustificativa, quali specifici presupposti ed elementi costitutivi del rapporto giuridico dato (cfr. Cass., Sez. Un., 11/4/2006, n. 8374), e non già elementi da quest’ultimo avulsi, quali beni della vita su cui possa configurarsi tutela autonoma e diversa da quella assicurata dalla loro eventuale disapplicazione.</p> <p style="text-align: justify;">Disapplicazione che costituisce, per la Corte va ribadito, modalità di piena tutela delle posizioni di diritto soggettivo incise dal provvedimento amministrativo illegittimo garantita dal giudice ordinario (cfr. Cass., Sez. Un., 18/6/2008, n. 16540; Cass., Sez. Un., 30/11/2006, n. 25521; Cass., Sez. Un., 5/6/2006, n. 13169), volta al conseguimento del risultato finale perseguito dall’istante (v., da ultimo, Cass., Sez. Un., 2/10/2019, n. 24609).</p> <p style="text-align: justify;">Un tanto risulta confermato dalla considerazione nella specie del petitum sostanziale della domanda del soggetto sanzionato e odierna controricorrente, che va propriamente ravvisato nella caducazione del provvedimento avente ad oggetto la sanzione amministrativa, asseritamente deliberata e irrogata in base ad atti amministrativi e regolamentari dei quali viene lamentata l’illegittimità e il contrasto con normativa di rango superiore, e non già nella lesione direttamente derivante dai suddetti atti presupposti, i quali ultimi assumono concreta (e non già meramente astratta) e diretta rilevanza solo se e in quanto come nella specie abbiano dato luogo all’emissione di un provvedimento di irrogazione di sanzione amministrativa, del quale pure è stata richiesta l’eliminazione.</p> <p style="text-align: justify;">Emerge a tale stregua evidente come non possa riconoscersi allora pregio all’argomento secondo cui il giudice ordinario difetta del potere di annullare e disapplicare <em>erga omnes</em> gli atti regolamentari in argomento.</p> <p style="text-align: justify;">Ne discende altresì, quale corollario, l’irrilevanza e non decisività nel caso della questione dall’odierna controricorrente paventata nei propri scritti difensivi relativa all’introduzione a tale stregua di "<em>un vero e proprio unicum nell’ordinamento</em>" costituito da "<em>una singolare categoria di atti amministrativi</em>” - che "<em>vivrebbe nell’esclusivo ambito della disciplina positiva della Banca d’Italia- non autonomamente impugnabili e non annullabili, ma soltanto disapplicabili dal Giudice ordinario</em>".</p> <p style="text-align: justify;">Orbene, le Sezioni Unite rammentano di avere già avuto modo di porre in rilievo, anche dopo l’entrata in vigore della L. n. 205 del 2000 (il cui art. 7 ha introdotto un nuovo testo del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33) le controversie relative all’applicazione delle sanzioni amministrative irrogate ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 145, per la violazione delle norme che disciplinano l’esercizio dell’attività bancaria sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (v. Cass., Sez. Un., 22/7/2004, n. 13709, e conformemente, Cass., Sez. Un., 24/1/2005, n. 1362).</p> <p style="text-align: justify;">D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 1, comma 2, ha una portata meramente ricognitiva della giurisdizione del giudice ordinario e della competenza della Corte d’Appello di Roma, posto che il citato D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, (come sostituito dalla L. n. 205 del 2000, art. 7) non ha determinato l’attribuzione al giudice amministrativo delle controversie in tema di sanzioni amministrative bancarie, emergendo dalla sua formulazione come essa non fosse ricompresa nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto espressamente riferita alle "controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito", sicché la giurisdizione e la competenza permangono in capo alla Corte d’Appello di Roma, senza alcuna soluzione di continuità con il regime anteriore alla riforma del c.d. rito societario (v. Cass., Sez. Un., 15/7/2010, n. 16577, Cfr. altresì, da ultimo, Cass., 22/3/2019, n. 8237).</p> <p style="text-align: justify;">Tale conclusione risulta invero confermata – chiosa ancora il Collegio - anche dal giudice di legittimità costituzionale delle leggi, che nel dichiarare costituzionalmente illegittimo -per violazione dell’art. 76 Cost., l’art. 4, comma 1, n. 17), dell’Allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, nella parte in cui abrogava il D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 145, commi da 4 a 8, ha attribuito alla Corte d’Appello di Roma la competenza funzionale per le controversie in materia di sanzioni inflitte dalla Banca d’Italia (v. Corte Cost., 15/4/2014, n. 94. Analogamente, con riferimento alla Consob, cfr. altresì Corte Cost., 27/6/2012, n. 162).</p> <p style="text-align: justify;">Alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto, deve dunque ribadirsi per le SSUU che al giudice ordinario va riconosciuta la giurisdizione sia in ordine al provvedimento amministrativo sanzionatorio in materia bancaria che relativamente ai relativi atti amministrativi e regolamentari presupposti.</p> <p style="text-align: justify;">Gli atti amministrativi e regolamentari costituenti presupposto e fondamento dell’irrogazione del provvedimento amministrativo sanzionatorio da parte della Banca d’Italia non possono essere invero logicamente considerati astrattamente di per sé e in termini avulsi da quest’ultimo, il quale del relativo procedimento costituisce atto finale, ma vanno funzionalmente valutati unitamente al medesimo, di cui nello specifico caso concreto costituiscono il fondamento, connotando la relativa incidenza su posizioni di diritto soggettivo del soggetto sanzionato.</p> <p style="text-align: justify;">Orbene, nell’affermare che "<em>nel caso di specie risulta esattamente che il ricorso di primo grado ha ad oggetto l’annullamento del Regolamento della Banca d’Italia; mentre non ha assolutamente ad oggetto la sanzione applicata, che infatti è stata impugnata dinanzi al Giudice ordinario. Del resto, l’impugnativa della sanzione consolida l’interesse ad impugnare il Regolamento, essendo la ricorrente titolare di una posizione soggettiva d’interesse legittimo ad ottenerne l’annullamento, anche soltanto </em>in parte qua"; e nel dichiarare la "<em>giurisdizione del giudice amministrativo in relazione al solo atto presupposto, con rimessione della causa al primo giudice per l’esame del merito della controversia</em>", nell’impugnata sentenza il giudice amministrativo d’appello ha invero disatteso il suindicato principio.</p> <p style="text-align: justify;">Della medesima, in accoglimento nei suesposti termini dei primi due motivi di ricorso s’impone pertanto per la Corte la cassazione della impugnata sentenza senza rinvio, con declaratoria della giurisdizione del GO.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 febbraio esce la sentenza della V sezione del Tar Campania n.836, alla cui stregua nella materia dell’appalto e della revisione prezzi, la posizione dell’appaltatore va assunta di interesse legittimo quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Collegio si tratta infatti di una posizione correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta dal sistema alla stazione appaltante, che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione medesima e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 febbraio esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.1251 onde, sulla base di una consolidata giurisprudenza, in materia di contributi pubblici la giurisdizione spetta al GO qualora la controversia dedotta in giudizio attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall’acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, quand’anche si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull’inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo.</p> <p style="text-align: justify;">In tal caso infatti, precisa il Collegio, il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al GO, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all’inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione.</p> <p style="text-align: justify;">E’ invece configurabile per il Collegio una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del GA, allorché la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per frizione <em>ab origine</em> con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 febbraio esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.1331 alla cui stregua l’art. 33, comma 5, <a href="http://www.lexitalia.it/n/1941">l. n. 104/1992</a> - laddove dispone che il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste una persona con handicap in situazione di gravità (coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero a talune condizioni anche entro il terzo grado) ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere (non ricoverata a tempo pieno) e non può essere trasferito senza il relativo consenso ad altra sede – trova applicazione sia <em>ex post</em>, in caso di trasferimento del dipendente, sia <em>ex ante</em>, in caso di pertinente prima assegnazione.</p> <p style="text-align: justify;">In proposito, precisa il Collegio come nessun discrimine in tal senso sia contenuto nella lettera dell’art. 33, comma 5, della <a href="http://www.lexitalia.it/n/1941">l. n. 104 del 1992</a>; né rappresenta un ostacolo alla ridetta conclusione il fatto che si tratti di un “<em>interesse legittimo</em>” e non già di un “<em>diritto soggettivo</em>”, la consistenza di “<em>interesse legittimo</em>” della pertinente situazione tutelata rendendo peraltro necessario un bilanciamento di interessi pubblici e privati.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Che s’intende per situazione giuridica soggettiva?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>occorre muovere giocoforza dal concetto – tipicamente economico – di “<em>interesse</em>”;</li> <li>l’interesse, già etimologicamente (<em>inter-esse</em>), identifica una relazione, e precisamente una relazione tra una persona fisica e “<em>qualcosa</em>”;</li> <li>quando la persona fisica avverte questo “<em>qualcosa</em>” come necessario per soddisfare un proprio bisogno, si crea tra la persona e la cosa una relazione, per l’appunto, di “<em>interesse</em>”;</li> <li>può trattarsi di interesse patrimoniale o non patrimoniale, quest’ultimo meglio definibile come “<em>personale</em>”; tenuto conto che il diritto disciplina i rapporti tra le persone, le “<em>cose</em>” rimanendo sempre giocoforza sullo sfondo, si può meglio distinguere: d.1) l’interesse patrimoniale, quale interesse che punta ad accrescere (o a non diminuire) il patrimonio di beni che si hanno a disposizione per il soddisfacimento di interessi “<em>altri</em>” che, in ultima analisi, sono sempre “<em>personali</em>”, onde l’interesse patrimoniale può anche assumersi quale “<em>interesse personale indiretto</em>”; d.2) l’interesse personale <em>tout court</em>, quale interesse che prescinde dal patrimonio ed investe direttamente la persona, come nel caso classico del proprio nome o della propria immagine, potendosi allora discorrere anche di “<em>interesse personale diretto</em>”;</li> <li>quando una cosa viene percepita da una persona fisica come capace di soddisfarne un bisogno, la relazione di “<em>interesse</em>” che ne discende rende tale cosa un “<em>bene</em>”, proprio perché essa è capace di soddisfare un bisogno e di soddisfare il pertinente, ridetto interesse; può trattarsi di una cosa materiale, ovvero anche non materiale (come nella classica ipotesi dell’opera intellettuale);</li> <li>non tutti gli “<em>interessi</em>” (né tutti gli avvinti “<em>beni</em>”) sono però giuridicamente rilevanti e, come tali, assunti dall’ordinamento giuridico meritevoli di tutela; quando lo sono, non si è al cospetto di interessi “<em>svestiti</em>” o “<em>di mero fatto</em>”, quanto piuttosto – ed ormai – di interessi “<em>vestiti</em>” o giuridicamente rilevanti;</li> <li>il portatore di un interesse giuridicamente rilevante è, proprio perché tale, titolare di una situazione giuridica soggettiva, ovvero di una situazione giuridicamente rilevante che gli viene imputata in quanto soggetto dell’ordinamento;</li> <li>se dunque l’”<em>interesse</em>” è figura dalla genesi “<em>empirico-economica</em>”, quello “<em>giuridicamente rilevante</em>” è un interesse tutt’affatto particolare perché ammantato dalla “<em>qualificazione giuridica</em>” che, sovrastrutturalmente, lo rende giuridicamente tutelabile in un dato contesto storico sociale, sulla base di scelte rimesse al decisore politico (si rinvia sul punto, per approfondimenti, a LEZIONI GIURIDICHE);</li> <li>ciascuna situazione giuridica soggettiva – che è tale perché ha, sotteso, un interesse giuridicamente rilevante – ha una propria consistenza e può essere, in termini di <em>summa divisio</em>: i.1) attiva: essa attribuisce al relativo portatore degli strumenti di tutela, mutuati dall’ordinamento giuridico, che gli consentono di “<em>attivarsi</em>” appunto per soddisfare l’interesse che vi è sotteso; normalmente si considerano situazioni giuridiche soggettive attive il diritto soggettivo, l’onere (ma non mancano dissensi), l’aspettativa, la potestà (che ha tuttavia anche una declinazione “<em>passiva</em>”), il possesso, lo status e l’interesse c.d. “<em>legittimo</em>” (seppure con doverose precisazioni); i.2) passiva: essa implica per il relativo portatore il giustapporsi ad una situazione attiva altrui, rendendolo potenzialmente destinatario degli attivati strumenti di tutela che l’ordinamento attribuisce al ridetto terzo, siccome portatore di una situazione giuridica soggettiva attiva; normalmente si considerano situazioni giuridiche soggettive passive il dovere, l’obbligo e la soggezione (e, da taluni, anche l’onere e – secondo una declinazione “<em>alternata</em>” - la potestà).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in particolare del c.d. diritto soggettivo?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di una situazione giuridica soggettiva “<em>attiva</em>” archetipica;</li> <li>il relativo portatore è titolare di un interesse giuridicamente rilevante che va assunto come massimamente protetto dal sistema giuridico;</li> <li>egli ha infatti il potere di agire per la soddisfazione dell’interesse giuridicamente rilevante che è sotteso al pertinente diritto soggettivo (c.d. <em>agere licere</em>);</li> <li>in dottrina si osserva come il diritto soggettivo coniughi, nel pertinente “<em>portatore</em>”, i valori della libertà e della forza: il titolare del diritto soggettivo è infatti libero di scegliere se attivare i poteri che l’ordinamento gli conferisce per soddisfare l’interesse (giuridicamente rilevante) ad esso sotteso e, in caso affermativo, “<em>esercitare”</em> (in ottica dinamica) il diritto medesimo (siccome staticamente vantato) sprigionando una energia che gli consente, per l’appunto, di soddisfare l’interesse giuridicamente protetto che a quel diritto è sotteso;</li> <li>proprio in sede di esercizio, nondimeno, occorre comunque un atteggiamento ispirato al principio di solidarietà (in particolare, economica e sociale) di cui all’art.2 della Costituzione, onde non è lecito abusare del proprio diritto giusta pertinente esercizio che si collochi al di là dei pertinenti, immanenti limiti “<em>interni</em>”, così deviando dal fine in vista del quale l’ordinamento riconosce tutela al diritto e facendosi luogo – giusta “<em>sviamento</em>” - ad autentico “<em>abuso del diritto</em>” (quale contraltare illecito al lecito esercizio del diritto ridetto, secondo il noto brocardo <em>qui suo iure utitur neminem laedit</em>: si rinvia sul punto all’apposito CRONO-PERCORSO);</li> <li>esercitare un diritto significa dunque porlo “<em>dinamicamente</em>” in azione al fine di soddisfare l’interesse che vi è sotteso, rispettando i limiti ad esso interni e, giocoforza, anche quelli esterni che in quanto tali, lungi dall’essergli immanenti (perché avvinti alla pertinente, specifica consistenza), ad esso provengono <em>ab externo</em> e, segnatamente, dalla legge o dalla volontà delle parti che hanno posto in essere la “<em>fonte</em>” del diritto medesimo (come nel caso classico del contratto);</li> <li>l’interesse che il titolare del diritto intende soddisfare può atteggiarsi: g.1) a “<em>patrimoniale</em>” (o personale indiretto), fondando dunque un diritto patrimoniale e, in caso di pertinente <em>vulnus</em>, un potenziale danno del pari patrimoniale (articoli 1174, 1218 e 2043 c.c.); g.2) a “<em>non</em> <em>patrimoniale</em>”(o personale diretto), fondando dunque un diritto non patrimoniale e, in caso di pertinente <em>vulnus</em>, un potenziale danno del pari non patrimoniale (articoli 1174, 1218 e 2059 c.c.);</li> <li>sul crinale strutturale un diritto, tradizionalmente, può atteggiarsi in guisa duplice: h.1) diritto assoluto: può essere fatto valere nei confronti di tutti e di ciascuno ed è dunque opponibile <em>erga omnes</em>; dinanzi ad un diritto assoluto, tutti i consociati diversi dal pertinente titolare sono tenuti ad un <em>non facere</em> (obbligo di astensione), dovendo omettere qualunque atto che possa turbarne l’esercizio da parte del pertinente titolare; la consistenza di un diritto “<em>assoluto</em>” appare dunque caratterizzata non tanto e solo dalla relazione “<em>diretta</em>” tra il relativo portatore ed un determinato bene giuridico, quanto piuttosto – e massime – dall’obbligo negativo gravante sui tutti gli altri consociati, in relazione a quel determinato bene giuridico. Il diritto assoluto viene anche additato quale situazione giuridica soggettiva “<em>finale</em>” sul presupposto onde l’interesse del relativo portatore può soddisfarsi senza richiedere la collaborazione di terzi, stante la relazione diretta con il bene pertinente; si tratta tuttavia di considerazione che non tiene nel debito conto la necessità, all’opposto, della ridetta collaborazione da parte di tutti i terzi, seppure di tipo omissivo ed astensivo (c.d. <em>non facere</em>), piuttosto che commissivo. Si additano tradizionalmente come diritti “<em>assoluti</em>” i diritti reali di godimento e di garanzia, nonché i diritti della personalità e più in generale i diritti su beni “<em>immateriali</em>”, come nel classico caso del diritto d’autore (per i quali ultimi si rinvia al CRONO-PERCORSO dedicato); h.2) diritto relativo: può essere fatto valere (e, come tale, è opponibile solo) nei confronti di uno o più soggetti determinati o quanto meno determinabili (e dunque “<em>relativi</em>”), sui quali grava non già un generico obbligo omissivo di astensione, quanto piuttosto uno specifico obbligo commissivo di dare o di fare, ovvero un parimenti specifico obbligo di non fare qualcosa; difetta, nelle fattispecie di diritto “<em>relativo</em>”, un immediato nesso tra soggetto che anela a soddisfare il proprio interesse giuridicamente tutelato e bene che potrebbe soddisfarglielo, non trovandosi tale bene nella pertinente disponibilità con la conseguenza onde il titolare del diritto “<em>relativo</em>” in parola necessita, per la soddisfazione del proprio interesse, giocoforza di una “<em>specifica</em>” attività (positiva o negativa) di un terzo che di quel bene, all’opposto, dispone; sono tradizionalmente additati quali diritti “relativi” i diritti di credito, a struttura pretensiva, e – per chi davvero li assume ontologicamente distinti – i c.d. diritti potestativi, ai quali ultimi si giustappone una “<em>soggezione</em>” del terzo del quale – talvolta verso diritto al pagamento di una somma di denaro - non è richiesta collaborazione al fine di soddisfare l’interesse vantato dal titolare del diritto (potestativo) pertinente, quest’ultimo potendo, semplicemente esercitandolo (talvolta giocoforza in sede giurisdizionale, come nel classico esempio della servitù coattiva di passaggio, ai sensi degli articoli 1032 e 1051 c.c.: qui in realtà la cooperazione del terzo occorre in termini di consenso, ma può in difetto essere surrogata dalla sentenza del giudice), modificare di tale terzo unilateralmente la sfera giuridica e così giungere a soddisfarsi; tali diritti potestativi potrebbero tuttavia essere anche letti quale “<em>pretesa autoesecutiva a non opporsi</em>” da parte del debitore, ovvero “<em>pretesa a non opporsi giudizialmente presidiata</em>”; h.3) diritto personale di godimento, per taluni quale sorta di <em>tertium genus</em> tra diritto “<em>assoluto</em>” e diritto “<em>relativo</em>”; si tratta di un diritto che è strutturalmente “<em>relativo</em>” (da un lato, “<em>attivo</em>”, si ha il creditore che può pretendere dall’altro, “<em>passivo</em>”, un <em>pati</em> e, dunque, un sopportare), ma che in qualche modo richiama anche profili di assolutezza, dacché tutti i terzi “<em>altri</em>”, diversi dunque dal debitore – in qualche modo, “<em>principale</em>” – sono tenuti ad astenersi dal pregiudicare la realizzazione dell’interesse del pertinente titolare; classici gli esempi della locazione sul crinale tipico o della c.d. concessione <em>ad aedificandum</em> sul crinale atipico;</li> <li>infine, sul versante funzionale, e dunque parametrato alla natura e alla pregnanza dell’interesse che ciascun diritto sottende, si distinguono: i.1) diritti disponibili (la regola): essi sono alienabili <em>inter vivos</em>, trasferibili <em>mortis causa</em>, rinunciabili, pignorabili, usucapibili, prescrittibili; i.2) diritti indisponibili (per natura o <em>ex lege</em>: l’eccezione): essi sono inalienabili <em>inter vivos</em>, non trasferibili <em>mortis causa</em>, irrinunciabili, impignorabili, inusucapibili, imprescrittibili.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in particolare della c.d. “<em>potestà</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di una situazione giuridica soggettiva – almeno in partenza e <em>prima facie</em> - “<em>attiva</em>”;</li> <li>il relativo portatore è infatti chiamato ad esercitare un potere;</li> <li>sul crinale del concetto basilare di interesse, questo è riconoscibile in capo ad un terzo rispetto a chi esercita il potere;</li> <li>il potere di chi versa in situazione di potestà viene dunque esercitato non nell’interesse del titolare della potestà medesima che tiene un determinato contegno, quanto piuttosto nell’interesse altrui, e dunque di chi fruisce di quel contegno;</li> <li>secondo la ricostruzione della dottrina, con la potestà si assiste ad una divaricazione tra: e.1) soggetto “<em>staticamente</em>” titolare di un diritto, e dunque titolare dell’interesse che ad esso è sotteso, ma che non ha “<em>dinamicamente</em>” il potere di esercitarlo; e.2) soggetto “<em>staticamente</em>” non titolare del diritto, e dunque non titolare dell’interesse che ad esso è sotteso, ma che ha “<em>dinamicamente</em>” il potere di esercitarlo;</li> <li>la potestà configura allora un potere-dovere, palesandosi funzionalizzata al perseguimento di un interesse altrui; il pertinente titolare si trova dunque ad un tempo: f.1) col potere di esercitare un diritto altrui; f.2) col dovere di porre in essere tale esercizio nell’interesse altrui, ovvero del titolare del diritto che egli esercita;</li> <li>è la fonte della potestà che ne definisce estensione ed intensità, e che può identificarsi: g.1) nella legge: tipico il caso della potestà genitoriale o “<em>parentale</em>”, ovvero della potestà del tutore in riguardo alla posizione giuridica dell’interdetto per infermità di mente; qui il titolare non è libero di scegliere se esercitare o non esercitare la potestà, configurandosi dunque un vero e proprio obbligo di pertinente esercizio; parte della dottrina si esprime, a questo proposito, in termini di “<em>ufficio di diritto privato</em>” caratterizzato dallo svolgimento di una “<em>funzione</em>” nell’interesse di un soggetto (altro) incapace; g.2) nella volontà di un soggetto interessato a non esercitare direttamente un proprio diritto: classico l’esempio della rappresentanza diretta, laddove il rappresentato – attraverso la procura – conferisce al rappresentante il “<em>potere</em>” (privato) di agire in nome e per conto proprio, giusta atti di esercizio del diritto del rappresentato che producono direttamente effetti nella pertinente sfera giuridica; qui il titolare della potestà è libero di scegliere se esercitarla o non farlo, fatti ovviamente salvi gli obblighi che per lui scaturiscono dal contratto-fonte e salvo del pari, in caso di esercizio, l’obbligo di perseguire l’interesse del terzo che gli ha conferito il potere di agire, per l’appunto, nel di lui interesse.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in particolare del possesso?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di un potere di fatto che un soggetto esercita su una cosa;</li> <li>tale potere non è un potere quale che sia, ma un potere che “<em>appare</em>”, che “<em>si manifesta</em>” in un’attività corrispondente a quella di chi esercita su quella cosa la proprietà o un altro diritto reale;</li> <li>esso, ai sensi dell’art.1140 c.c., si estrinseca: c.1) attraverso una relazione diretta con la cosa stessa; si tratta del vero e proprio possesso; c.2) attraverso altra persona che ha la relazione diretta con la cosa in parola; si tratta della c.d. “<em>detenzione</em>”;</li> <li>il possesso non è una situazione “<em>giuridica</em>” soggettiva “<em>attiva</em>”, quanto piuttosto una situazione “<em>fattuale</em>” soggettiva “<em>attiva</em>”, alla quale si riconducono specifiche situazioni giuridiche soggettive attive con foggia di diritti soggettivi, e segnatamente lo <em>ius possessionis</em> (diritto a possedere pacificamente la cosa, salvo che taluno provi un diverso titolo sulla cosa stessa) e <em>ius possidendi</em> (diritto a possedere pacificamente la cosa perché titolare di un corrispondente diritto reale sulla cosa stessa, primo fra tutti la proprietà); sono queste le situazioni “<em>giuridiche</em>” soggettive che le azioni a tutela del possesso (manutenzione, spoglio) effettivamente presidiano, e non già la situazione meramente “<em>fattuale</em>” (il puro possesso, per l’appunto) ad esse sottesa;</li> <li>anche per l’importanza che il possesso assume in ambito sistematico di controprova del divieto di autotutela (salve ovviamente le eccezioni previste dal sistema), esso merita un apposito CRONO-PERCORSO<em>.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in particolare della c.d. “<em>aspettativa</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di una situazione giuridica soggettiva “<em>attiva</em>”;</li> <li>la relativa particolarità è quella di essere avvinta ad una fattispecie a formazione progressiva non ancora esaurita, ed al termine della quale il relativo portatore può essere assunto attributario di un’altra situazione giuridica attiva, normalmente un diritto soggettivo;</li> <li>il portatore di una aspettativa si colloca dunque in una posizione di “<em>attesa</em>”, come nel caso di chi abbia acquistato da un terzo un bene, e tuttavia penda una condiziona sospensiva che gli impedisca l’acquisto effettivo e definitivo, quale effetto dello stipulato contratto, in pendenza di realizzazione dell’evento che entrambe le parti hanno dedotto in condizione;</li> <li>muovendo sempre dal concetto basilare di interesse, il relativo portatore – che anela alla pertinente soddisfazione – si trova a dover attendere, in disparte il proprio comportamento (tutt’affatto irrilevante), che si verifichi un evento futuro (nel caso, ad esempio, di un termine) ovvero futuro ed incerto (nel caso, ad esempio, di una condizione) che può compendiarsi in un fatto naturale ovvero in un fatto (comportamento, atto) umano;</li> <li>si parla in proposito di diritto “<em>in itinere</em>”, che si acquisterà al momento in cui la fattispecie a formazione progressiva sarà integralmente perfezionata, potendo <em>medio tempore</em> il titolare della pertinente “<em>aspettativa</em>” compiere esclusivamente atti “<em>conservativi</em>”, in vista degli effetti favorevoli che “<em>si attende</em>” dal ridetto, integrale perfezionamento della fattispecie progressiva;</li> <li>in tema di aspettativa, opera la “summa divisio” tra: f.1) aspettative di fatto: esse non ricevono tutela dall’ordinamento e dunque, di norma, non legittimano al compimento di atti conservativi; f.2) aspettative di diritto: ad esse, all’opposto, l’ordinamento accorda tutela, legittimando il relativo portatore al compimento di atti conservativi;</li> <li>non mancano nondimeno aspettative apparentemente di fatto e che tuttavia, stante la progressiva opera della giurisprudenza in termini di pertinente tutela, si atteggiano ad aspettative di diritto, per la giuridica rilevanza ad esse conferita <em>ope iudicis</em>; ciò si registra storicamente, in via esemplificativa, nell’ambito del diritto di famiglia, come nella nota fattispecie (ante cristallizzazione normativa ad opera delle legge 76.16) della convivenza <em>more uxorio</em>, della connessa aspettativa che un convivente nutre in ordine alla “<em>presenza</em>” personale e patrimoniale dell’altro e al diritto al risarcimento del danno (patrimoniale e non patrimoniale) che il convivente sopravvissuto maturi nei confronti del terzo omicida dell’altro convivente, proprio per lesione della ridetta “<em>aspettativa</em>”.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in particolare del c.d. interesse “<em>legittimo</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta per la dottrina dominante di una situazione giuridica soggettiva “<em>attiva</em>” o, secondo una celebre definizione dottrinale, “<em>attiva-inattiva</em>”;</li> <li>esso storicamente affiora dopo decenni di elaborazione della dottrina e della giurisprudenza, che originariamente lo identificano come interesse a reagire ad un provvedimento sfavorevole della PA;</li> <li>quest’ultimo, più propriamente, configura l’interesse a ricorrere, di natura processuale, rinvenendo il proprio <em>ubi consistam</em> nella intervenuta lesione <em>ex parte publica</em>, attraverso il provvedimento sfavorevole, di una situazione giuridica “<em>sostanziale</em>” che è tipica del dipanarsi della funzione amministrativa nel procedimento;</li> <li>è Mario Nigro – non a caso il padre della legge sul procedimento amministrativo del 1990 – ad isolare in modo più nitido l’interesse legittimo come situazione giuridica, per l’appunto, sostanziale e “<em>procedimentale</em>” (nel senso di “<em>affiorante dal procedimento</em>”), a rilevanza autonoma rispetto al diritto soggettivo;</li> <li>si tratterebbe più specificamente di una posizione di vantaggio qualificata dalla norma attributiva del potere alla PA;</li> <li>proprio tale norma attributiva del potere all’Amministrazione finisce appunto col “<em>qualificare</em>”, in tal modo differenziandola, la situazione soggettiva del cittadino X rispetto a tutti gli altri consociati, conferendogli poteri “<em>privati</em>” capaci di influire sullo svolgimento dell’azione amministrativa (e sul pertinente dispiego di potere “<em>pubblico</em>”) nell’ambito del procedimento, allo scopo di rendere eventualmente possibile il conseguimento di una utilità finale che corrisponde alla soddisfazione dell’interesse – proprio per questo giuridicamente tutelato, e non di mero fatto – che è sotteso all’interesse legittimo ridetto;</li> <li>il che, tuttavia, è quanto dire che il portatore dell’interesse legittimo non è “<em>certo</em>” di vedere soddisfatto il proprio interesse, potendo solo influire – nel procedimento – sul dispiegarsi del potere della PA, al fine appunto di vederlo in qualche modo soddisfatto;</li> <li>tale soddisfazione dipende, nondimeno, dalla compatibilità con l’interesse pubblico, che la PA (in posizione debitoria e quale parte dello Stato Apparato) è chiamata a perseguire nell’interesse “<em>altrui</em>” (collettivo e più in specie, per l’appunto, “<em>pubblico</em>”) dello Stato Comunità “<em>creditore</em>”, del quale esso “<em>cittadino</em>” è “<em>porzione</em>”; quest’ultimo può dunque giungere ad un dato bene della vita – percepito come capace di soddisfarne un bisogno – soltanto se ciò sia per l’appunto conforme all’interesse pubblico collettivo “<em>creditorio</em>” dello Stato Comunità del quale egli è porzione individua;</li> <li>è la PA, normalmente nel bacino procedimentale, a verificare se il bene anelato dal portatore dell’interesse legittimo sia da questi concretamente raggiungibile (con soddisfazione dell’interesse sottesovi) attraverso il dispiego di un’attività connotata da potere e, ad un tempo, dalla doverosità, che si atteggia dunque a “<em>potestà</em>” (potere-dovere) nell’interesse pubblico, ed orientata a verificare se l’evento condizionante di natura risolutiva (acclarata incompatibilità con l’interesse pubblico) impedisca in concreto il raggiungimento del ridetto bene della vita (si rinvia sul punto, per i necessari approfondimenti e schemi, a LEZIONI GIURIDICHE);</li> <li>tradizionalmente, vengono distinti: j.1) gli interessi legittimi oppositivi: il titolare dell’interesse legittimo vuole conservare il bene della vita, quale utilità finale capace di soddisfarne un bisogno, opponendosi ad un provvedimento “<em>restrittivo</em>” della PA; j.2) gli interessi legittimi pretensivi: il titolare dell’interesse legittimo vuole conseguire il bene della vita, quale utilità finale capace di soddisfarne un bisogno, invocando un provvedimento “<em>ampliativo</em>” della PA;</li> <li>la questione è in realtà molto più semplice se si parte dal concetto di prestazione in capo alla PA debitrice; il tripartito “<em>praestare</em>” della tradizione romanistica, giusta attività procedimentale imputabile alla PA ed orientata al provvedimento finale nell’interesse del creditore (collettivamente, dello Stato Comunità; a livello di singola vicenda amministrativa, del singolo “<em>cittadino</em>”) significa alternativamente: k.1) “<em>dare</em>”, cui corrisponde una pretesa a ricevere (con atto ampliativo); k.2) <em>facere</em>, cui corrisponde del pari una pretesa a ricevere (ancora con atto ampliativo); k.3) “<em>non facere</em>”, cui corrisponde una omologa pretesa ad un “<em>non facere</em>” (scongiurando un atto “<em>restrittivo</em>”). Ecco dunque che l’interesse legittimo è sempre “<em>pretensivo</em>”, cambiando solo di volta in volta l’oggetto della pretesa, che è ad un <em>dare</em> o un <em>facere</em> nel caso degli interessi tradizionalmente pretensivi, e – rispettivamente – ad un <em>non facere</em> nel caso degli interessi tradizionalmente oppositivi (si rinvia ancora, per approfondimenti, a LEZIONI GIURIDICHE);</li> <li>è a partire dalla fine degli anni Settanta, sulla scia di illuminata dottrina precedente, che la giurisprudenza della Cassazione tende ad ammettere – in guisa dirompente - la configurabilità di interessi legittimi anche nell’ambito del diritto privato; circostanza ben spiegabile proprio se si concepisce l’interesse legittimo quale particolare diritto soggettivo di credito la soddisfazione del cui sottostante interesse è condizionata (risolutivamente) alla compatibilità con l’interesse pubblico, a valle di un giudizio di accertamento demandato al potere della PA, siccome all’uopo attribuitole dalla legge;</li> <li>nel diritto privato infatti l’interesse legittimo viene assunto quale situazione di vantaggio (e, dunque, “<em>attiva</em>”) ad un tempo “<em>inattiva</em>”, stante come il soddisfacimento dell’interesse del pertinente titolare dipenda non già da una condotta del titolare medesimo ma - proprio come nel caso del “<em>cittadino</em>” rispetto alla PA - dall’esercizio di un “<em>potere privato</em>” da parte di un terzo soggetto che è tenuto ad esercitare tale potere “<em>nell’interesse dell’interessato</em>” ed è dunque, nella sostanza, titolare di una potestà (quale potere-dovere nell’interesse appunto di un terzo);</li> <li>il potere-dovere, o potestà, di diritto privato viene attribuito nell’interesse generale e/o collettivo e ad un tempo – proprio come accade nel settore pubblicistico – nell’interesse di un “<em>creditore</em>” che è porzione di una data comunità, come nel caso paradigmatico del minore in ambito familiare;</li> <li>il titolare di tale potere-dovere, o potestà, di diritto privato gode con riguardo al pertinente esercizio – proprio come accade in ambito pubblicistico – di un certo margine di discrezionalità e, dunque, di scelta, sulla base delle norme che gli conferiscono il ridetto potere-dovere o potestà; il titolare dell’interesse legittimo è titolare dell’interesse al rispetto di tali norme che configurano limiti all’esercizio del potere-dovere o potestà in parola; chi li esercita è tenuto al rispetto di tali limiti, ai quali è giustapposto un interesse la cui soddisfazione appare, ancora una volta, condizionata alla compatibilità con l’interesse pubblico o collettivo che le menzionate norme presidiano proprio laddove attribuiscono ad un soggetto un dato potere comportamentale nell’interesse altrui;</li> <li>le norme che limitano l’esercizio del potere-dovere privatistico, o potestà, si rinvengono non solo (ed eventualmente) nella legge specifica, ma anche nello stesso codice civile, identificandosi vieppiù nei canoni di c.d. correttezza e buona fede oggettiva che – in piena corrispondenza con i canoni di imparzialità e buon andamento di cui all’art.97 Cost. in ambito “<em>pubblicistico-amministrativo</em>” - caratterizzano la prestazione del debitore, così vedendosi riaffermata la riconducibilità dell’interesse legittimo, per l’appunto, anche “<em>pubblicistico</em>” ad una sostanziale “<em>pretesa creditoria</em>” (ancorché condizionata alla compatibilità con un interesse “<em>collettivo</em>”), come peraltro palesa la più recente giurisprudenza delle SSUU della Cassazione (2020-2021) orientata a vedere nella responsabilità della PA nulla più che un inadempimento ex art.1218 c.c. da lesione del “<em>rapporto relazionale</em>” con il cittadino;</li> <li>nel diritto privato il potere-dovere e l’interesse legittimo che gli è giustapposto campeggiano in svariati settori che vanno dalle obbligazioni e dai contratti in generale fino alle associazioni, alle società, alla famiglia, ai rapporti di lavoro (compreso quello pubblico “<em>privatizzato</em>”), specie in relazione al potere datoriale organizzativo e disciplinare, alle procedure concorsuali;</li> <li>con riguardo alle obbligazioni e ai contratti, oltre ai casi di “<em>parte speciale</em>” di conferito potere di recesso o revoca “<em>per giusta causa</em>” da un contratto (è il caso ad esempio dell’art.1723 c.c. in tema di mandato o dell’art.2119 c.c. in tema di lavoro subordinato), tutt’affatto emblematico nella “parte generale” l’art.1206 c.c. in tema di c.d. <em>mora credendi</em>, onde l’interesse del debitore a liberarsi tempestivamente dal proprio vincolo obbligatorio va qualificato come interesse legittimo stante il giustapporglisi del potere del creditore di rifiutare l’adempimento al cospetto di un “<em>motivo legittimo</em>”, capace di rendere il pertinente diritto soggettivo del debitore alla liberazione come “<em>condizionato</em>”;</li> <li>in ambito societario, più in specie, dinanzi al potere dell’assemblea di distribuire utili ai soci, ovvero di escludere o limitare il diritto di opzione dei soci stessi in caso di aumento di capitale, la situazione giuridica dei soci medesimi viene assunta quale interesse legittimo; ciò stante il disposto: s.1) da un lato, dell’art.2433 c.c. che - nel subordinare alla positiva delibera assembleare la ridetta distribuzione degli utili - implica che solo dopo la delibera “<em>positiva</em>” medesima possa parlarsi in capo al socio di diritto al dividendo che, nella fase anteriore, si declina appunto in termini di interesse legittimo; s.2) dall’altro, dell’art.2441, comma 5, c.c., che – nell’attribuire ancora una volta all’assemblea il potere di escludere o limitare il diritto di opzione del socio in caso di aumento di capitale, giusta delibera motivata sulla scorta di una relazione degli amministratori e laddove la società lo richieda – ancora una volta reca seco l’anteriore posizione del socio (rispetto alla positiva delibera assembleare) quale interesse legittimo, e non già diritto soggettivo;</li> <li>la lesione dell’interesse legittimo di diritto privato e pubblico lascia affiorare in capo al relativo portatore rimedi: t.1) talvolta specifici, siccome <em>expressis verbis</em> dettati dalla legge; t.1.1.) in forma specifica (procedimento di liberazione dal debito nella <em>mora credendi</em>: art.1210 e seguenti c.c.; rimedi a disposizione del minore ai sensi degli articoli 316 e 333 c.c.; impugnazione caducatoria, e dunque finalizzata all’annullamento, della delibera assembleare condominiale, ex art.1137 c.c., e societaria ex art.2377 c.c.); t.1.2) per equivalente, come nel caso della tutela risarcitoria prevista dall’art.1207 c.c. in tema di <em>mora credendi</em> ovvero della tutela risarcitoria prevista dall’art.30 del codice del processo amministrativo 104.10 e, prima ancora, dalla celebre pronuncia delle SSUU della Cassazione n.500 del 1999); t.1.3) misti, come nell’ipotesi in cui la lesione dell’interesse legittimo si sia tradotta nell’inadempimento agli obblighi di buona fede oggettiva di cui agli articoli 1175, 1337 e 1375 c.c., con conseguente operatività dei mezzi di reazione di tipo risolutorio e risarcitorio; t.2) talaltra generici, come nel caso in cui nulla sia previsto dalla legge, con conseguente prevalenza della tutela risarcitoria per equivalente, più agevole perché “<em>monetizzante</em>” e sovente legata al ristoro della c.d. perdita di <em>chance</em>, su quella reintegratoria e caducatoria (che entrambe comunque, a rigore, presuppongono una esplicita previsione legislativa, configurandosi come rimedi “<em>tipici</em>”).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in particolare del c.d. onere?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta per la dottrina dominante (ma non mancano autorevoli voci di dissenso) di una situazione giuridica soggettiva “<em>attiva</em>”;</li> <li>occorre prendere le mosse sempre dal concetto di interesse;</li> <li>allorché per soddisfarlo – lungi dal poter pretendere contegni, commissivi od omissivi, di terzi – occorra dispiegare un comportamento del medesimo soggetto portatore dell’interesse, si parla appunto di “<em>onere</em>” (peso);</li> <li>il comportamento in questione è dunque imprescindibile per la soddisfazione del pertinente interesse, come nel classico caso dell’onere della prova (art.2697 c.c.) imprescindibile per ottenere l’accertamento di una data affermazione processuale (esistenza di un diritto o relativo vulnus; esistenza di fatti impeditivi di un diritto altrui e così via);</li> <li>proprio l’imprescindibilità del comportamento sospinge parte della dottrina, non senza fondamento, a scorgere nell’onere, all’opposto, una situazione giuridica soggettiva (“<em>pesante</em>”, e quindi) “<em>passiva</em>”.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale è, sul versante “<em>passivo</em>”, la differenza che intercorre tra “<em>dovere</em>” ed “<em>obbligo</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta in entrambi i casi di situazioni giuridiche soggettive, per l’appunto, “<em>passive</em>”;</li> <li>il “<em>dovere</em>” si caratterizza per la indeterminatezza ed indeterminabilità <em>a priori</em> dei relativi destinatari, onde si “<em>deve</em>” qualcosa a qualcuno (o “<em>anche</em>” a qualcuno) che non si sa chi è e chi mai sarà, potendo potenzialmente essere tutti i membri di una data collettività organizzata, come nel classico caso del dovere di solidarietà politica, economica e sociale, siccome scolpito all’art.2 Cost.;</li> <li>l’obbligo si caratterizza, all’opposto, per la determinatezza o comunque determinabilità dei relativi destinatari, che dunque già si conoscono; il destinatario dell’obbligo è noto, trattandosi di un creditore – titolare dunque di un diritto soggettivo di credito – il cui interesse deve essere soddisfatto attraverso la prestazione dovuta dal debitore, quale titolare del pertinente obbligo;</li> <li>non mancano circostanze in cui il dovere, “<em>concretizzandosi</em>”, tramuta in obbligo, affiorando come certo destinatario di un obbligo chi, <em>ab origine</em>, è incerto destinatario di un dovere; è quanto esemplarmente accade nell’ipotesi in cui il dovere di <em>neminem laedere</em> alcuno, tipico del c.d. fatto illecito ex art.2043 c.c. (si pensi al dovere di non recare danno a tutti gli utenti della strada), diviene obbligo di non recare pregiudizio ad un soggetto ormai ben individuato come creditore (“<em>quel</em>” determinato passante; “<em>quel</em>” determinato automobilista, e così via), onde il fatto illecito – fonte di obbligazione risarcitoria – in null’altro si risolve se non nell’inadempimento ad un obbligo che è concretizzazione di un precedente dovere, giusta identificazione dell’originario “<em>passante</em>” in specifico “<em>creditore</em>” da non danneggiare; proprio quest’ultimo meccanismo, tutt’affatto peculiare, spiega per quale motivo il regime del “<em>fatto illecito</em>” ex art.2043 e seguenti c.c. (si pensi alla prescrizione, alla prevedibilità del danno, all’onere della prova) differisce – in un rapporto che è di sostanziale eccezione alla regola – da quello generale di cui all’art.1218 c.c. (inadempimento di obbligo precostituito).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in particolare del c.d. “<em>status</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta per la dottrina dominante (ma non mancano autorevoli voci di dissenso) di una situazione giuridica soggettiva “<em>attiva</em>”, che sembra tuttavia più precisamente qualificabile come situazione giuridica soggettiva “<em>mista</em>”;</li> <li>occorre partire dal concetto di collettività organizzata e di appartenenza di un soggetto alla stessa;</li> <li>il fatto di appartenere a tale collettività organizzata (Stato, società, associazione, famiglia e così via) attribuisce al soggetto che vi appartiene (cittadino, socio, associato, coniuge o figlio) un fascio, più o meno ampio, di situazioni giuridiche soggettive, a rigore, anche di natura “<em>passiva</em>”; questo fa dire ad autorevole dottrina che, più che dinanzi ad una situazione giuridica soggettiva, ci si trova piuttosto dinanzi ad una “<em>qualità giuridica soggettiva</em>”, derivante appunto dall’inserimento del pertinente portatore in una data collettività organizzata (affiorando anche, dal sistema, qualità giuridiche che prescindono dal ridetto inserimento in una collettività organizzata, come nel classico caso della “<em>qualità</em>” di erede);</li> <li>potendo avvalersi delle c.d. azioni di stato, orientate ad accertare l’esistenza di uno status e/o la pertinente violazione, il titolare di uno <em>status</em> si trova comunque in una situazione giuridicamente tutelata che è a propria volta oggetto di un diritto, il c.d. diritto di <em>status</em>, tendenzialmente caratterizzato da assolutezza (e, dunque, opponibilità <em>erga omnes</em>), indisponibilità (ma non sempre: dello <em>status</em> di socio si può, ad esempio, disporre), imprescrittibilità (anche qui, non sempre), inalienabilità (ancora una volta, non in via generalizzata);</li> <li>esistono anche “<em>doveri</em>” ed “<em>obblighi</em>” di <em>status</em>, come nel caso dello status di coniuge che, ai sensi dell’art.143 c.c., genera per l’appunto doveri ed obblighi;</li> <li>una volta venuto meno lo <em>status</em>, e dunque la specifica “<em>qualità</em>” soggettiva che ad esso si annette dal sistema, vengono meno ad un tempo i diritti e i doveri ed obblighi ad esso riconnessi (<em>simul stabunt, simul cadent</em>);</li> <li>vanno divisi: g.1) gli <em>status</em> di diritto pubblico; ne costituiscono esempi tradizionali tanto lo <em>status civitatis</em>, e dunque lo <em>status</em> di cittadino, quanto lo <em>status familiae</em>, e dunque lo <em>status</em> di membro di un gruppo familiare; sono infatti regole pubblicistiche di fonte primaria quelle che disciplinano l’appartenenza di un soggetto ad una famiglia e vieppiù ad una comunità nazionale; g.2) gli <em>status</em> di diritto privato: ne costituiscono esempi tradizionali tanto lo stato di socio quanto quello di associato; sono invero (accanto a norme di diritto pubblico e di fonte legislativa) norme per lo più privatistiche e, dunque, norme che costituiscono espressione della collettività organizzata dei membri, quelle che – attraverso il c.d. “<em>statuto</em>” – disciplinano l’appartenenza ad una società o ad una associazione.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in particolare degli interessi c.d. “<em>diffusi</em>” e degli interessi c.d. “<em>collettivi</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>occorre muovere dal concetto di interesse “<em>di fatto</em>”, come tale non tutelato dal sistema giuridico;</li> <li>molti interessi di fatto sono “<em>generalizzati</em>”, ovvero compresenti contemporaneamente in capo a più persone fisiche o giuridiche;</li> <li>si tratta di interessi superindividuali, ovvero – per l’appunto – appartenenti a più individui contemporaneamente;</li> <li>taluni interessi superindividuali si collocano, storicamente, tra l’ambito non tutelato del “<em>fatto</em>” e quello tutelato del “<em>diritto</em>”;</li> <li>le categorie più note di interessi superindividuali che – assurgendo dal “<em>fatto</em>” – possono assumere, peraltro con fogge diverse, un rilievo “<em>giuridico</em>”, divenendo come tali potenzialmente tutelabili dinanzi ad un giudice, sono fondamentalmente 2, ovvero: e.1) gli interessi “<em>diffusi</em>”: si tratta di interessi contraddistinti dalla generalizzata, omogenea tensione verso un bene insuscettibile di appropriazione individua, venendo pertanto riferiti ad una collettività nel relativo complesso globalmente e “<em>diffusamente</em>” (non unitariamente) considerato; tali interessi, proprio nel loro essere propri di una collettività indifferenziata, risultano privi di un titolare tanto individuo quanto collettivo, venendo come tali additati quali “<em>adespoti</em>” (classico l’esempio dell’interesse di tutti e di ciascuno alla salubrità dell’aria); e.2) gli interessi “<em>collettivi</em>”: si tratta di interessi contraddistinti dalla tensione verso un bene che è in qualche modo suscettibile di appropriazione e fruizione differenziata, riferendosi essi ad una pluralità determinata di individui organizzati in forma stabile (c.d. “<em>collettività</em>”); qui, alla titolarità individua di ciascun interesse omogeneo (ad esempio, quello dei lavoratori di un determinato settore produttivo), si appaia la titolarità dell’interesse della collettività organizzata, che è la sintesi (e non la semplice somma) degli interessi di ciascuno (ad esempio, quello dell’organizzazione sindacale cui i ridetti lavoratori sono iscritti e fanno riferimento);</li> <li>per una lunga fase storica, gli interessi superindividuali sono stati privi di una tutela giurisdizionale, a cagione della inesistenza di una espressa disciplina legislativa, confondendosi con gli interessi di mero fatto;</li> <li>i primi interessi superindividuali a trovare un riconoscimento legislativo, financo costituzionale, sono stati gli interessi “<em>collettivi</em>”, grazie all’evolversi della disciplina lavoristica e, in particolare, delle norme in materia di organizzazioni sindacali (si pensi all’art.39 Cost. e, prima ancora, all’art.2907, comma 2, c.c.); solo successivamente si è trovato il modo di attribuire tutela giurisdizionale anche agli interessi superindividuali “<em>adespoti</em>”;</li> <li>in entrambi i casi, l’operazione è stata quella - alternativamente e nell’ottica della pertinente, possibile tutela - di ricondurre tali interessi superindividuali a più collaudate figure giuridiche soggettive, e segnatamente: h.1) alla figura del diritto soggettivo (individuo o riconosciuto in capo ad una data collettività esponenziale); si pensi a tutta la giurisprudenza sulla tutelabilità anche in via cautelare, giusta attivazione ex art.700 c.p.c., del “<em>diritto alla salute</em>”, assunto quale diritto fondamentale e assoluto; h.2) alla figura dell’interesse legittimo (ancora una volta, individuo o riconosciuto in capo ad una data collettività esponenziale), circostanza vieppiù rilevante in considerazione della tradizione giurisprudenziale amministrativa orientata – in senso opposto - a scorgere una legittimazione a ricorrere e, ancor prima, per l’appunto un interesse legittimo in posizioni sufficientemente individuali, qualificate e differenziate; h.3) alla figura dell’interesse pubblico, da riconoscersi come “<em>fine</em>” in capo ad una Pubblica Amministrazione (che, sovente, ha foggia di Autorità indipendente);</li> <li>per quanto riguarda in particolare i rapporti con la figura dell’interesse legittimo, quest’ultima è stata via via rivisitata dalla giurisprudenza (soprattutto amministrativa) assumendola tale da poter essere imputata non già solo a persone fisiche, quanto piuttosto anche a persone giuridiche o comunque a soggetti di diritto diversi dalle persone fisiche, con il risultato di agevolare la sussunzione dell’interesse collettivo - e, in qualche caso, dello stesso interesse diffuso o “<em>adespota</em>” - nello schema, per l’appunto, dello stesso interesse legittimo; più nel dettaglio, un interesse “<em>diffuso</em>” è stato in qualche caso “<em>reso collettivo</em>” (e quindi “legittimo) sottendendolo ad una situazione giuridica “<em>differenziata</em>” perché riferibile ad organizzazioni di tipo associativo tali da assumersi distinguibili – quali pertinenti figure esponenziali – tanto, da un lato, dai singoli componenti persone fisiche quanto, dall’altro, dalla collettività indifferenziata; tale situazione giuridica “<em>differenziata</em>” è stata ad un tempo progressivamente assunta come “<em>qualificata</em>” dal sistema giuridico; in altri termini, organizzazioni a struttura associativa costituitesi spontaneamente a valle dell’esercizio di una autonomia negoziale di natura, per l’appunto, associativa si sono viste via via riconoscere la titolarità di situazioni giuridiche “<em>differenziate e qualificate</em>” tali da fondarne la legittimazione ad agire (dinanzi al GA, a ricorrere) a tutela di interessi nati come “<em>adespoti</em>” e rivisitati, all’uopo, come “<em>collettivi</em>” (una sorta di collettivizzazione di interessi adespoti giusta imputazione a soggetti associativi privati);</li> <li>il dato “<em>associativo</em>” esprimente la qualificazione e capace, come tale, di trasformare in collettivo-legittimo un interesse <em>ab origine</em> adespota è stato individuato dalla giurisprudenza attraverso criteri in successione tra loro, muovendo dalla “<em>formale</em>”, acquisita personalità giuridica da parte dell’associazione alla più “<em>sostanziale</em>” rappresentatività dell’associazione medesima (anche in difetto dunque di acquisita personalità giuridica), con riguardo all’interesse superindividuale assunto a faro di azione ed operatività statutaria della compagine di volta in volta considerata;</li> <li>tale sostanziale rappresentatività dell’ente associativo, in ottica di tutela di un dato interesse “<em>collettivo-legittimo</em>”, è stata via via ancorata a determinati indici sintomatici quali: k.1) la c.d. <em>vicinitas</em>, e dunque il nesso che lega dal punto di vista territoriale l’ente medesimo e la zona in cui affiora l’interesse superindividuale che si intende tutelare; k.2) lo statuto, quanto a presenza nel relativo contesto letterale di finalità che inglobano proprio la tutela dell’interesse superindividuale considerato; k.3) la “<em>non episodicità</em>” dell’ente, non potendosi riconoscere la legittimazione ad agire a tutela di un dato interesse superindividuale ad enti con struttura organizzativa non sufficientemente stabile e tale da farne assumere la natura “<em>di comodo</em>”; k.4) la partecipazione procedimentale ex art.9 della legge 241.90, da taluni assunta tale da fondare la “<em>processuale</em>” legittimazione ad agire (a ricorrere) della singola associazione per la tutela di un dato interesse superindividuale, secondo uno schema criticato da chi tende piuttosto a separare la natura “<em>collaborativa</em>” della prima (partecipazione procedimentale) a fronte di quella “<em>difensiva</em>” della seconda (legittimazione processuale);</li> <li>non sono mancate peraltro specifiche prese di posizione del legislatore che – quando non ha creato apposite Autorità indipendenti, così rendendo “<em>pubblico</em>” l’interesse superindividuale e ad esse affidandone la cura nell’ambito dell’ordinamento sezionale di riferimento (si pensi a Banca d’Italia, Consob, Isvap, divenuta poi Ivass, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, Garante della Privacy e così via – ha provveduto a qualificare “<em>ex lege</em>” determinate associazioni o “<em>gruppi</em>”, attribuendo loro la legittimazione ad agire (c.d. <em>legitimatio</em> <em>ad causam</em>) massime nei settori della tutela ambientale e della tutela del consumatore;</li> <li>in materia consumeristica, in particolare, a partire dal 2008 è stata introdotta – giusta novellazione del c.d. codice del consumo del 2006 - la c.d. <em>class action</em>, che consente forme di tutela collettiva dei pertinenti interessi superindividuali, recuperandone in qualche modo anche sul crinale processuale, per l’appunto, la “<em>super-individualità</em>”, secondo uno schema che nel 2019 è stato generalizzato attraverso lo spostamento (e, per certi versi, il completamento) della disciplina della <em>class action</em> nella topografia del codice di procedura civile.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p>