<p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 19 aprile 2021 n. 10243</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>3.- L’eccezione è infondata, alla luce del principio secondo cui il regolamento preventivo di giurisdizione è ammissibile relativamente alla sussistenza o meno della giurisdizione italiana, senza che vi osti la circostanza che l’art. 37 c.p.c. - così come modificato dalla L. n. 218 del 1995, art. 73 - menzioni il difetto di giurisdizione del giudice nei soli confronti della p.a. o dei giudici speciali, giacché il rinvio recettizio operato dall’art. 41 c.p.c. all’art. 37 cit. codice per la determinazione del campo di applicazione del regolamento di giurisdizione deve intendersi ora riferito anche alla stessa L. n. 218 del 1995, art. 11 che disciplina, appunto, la rilevabilità del difetto di giurisdizione del giudice italiano (Cass. SU n. 6585 del 2006, 4461 del 2009).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.- Il regolamento è, però, inammissibile perché proposto avverso una decisione della Corte d’appello e perciò al di fuori dei casi previsti dall’art. 41 c.p.c. ("finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado"). L’esperibilità degli ordinari mezzi di impugnazioni esclude infatti l’ammissibilità del regolamento di giurisdizione. Ed infatti, è noto (a partire da SU n. 2466 del 1996) che il disposto della prima parte dell’art. 41 c.p.c. deve essere interpretato nel senso che qualsiasi decisione emanata dal giudice presso il quale il processo è radicato ha efficacia preclusive del regolamento preventivo di giurisdizione; di conseguenza, il regolamento non è proponibile dopo che il giudice del merito abbia emesso una sentenza, anche soltanto limitata alla giurisdizione o ad altra questione processuale, atteso che la risoluzione della questione di giurisdizione può essere rimessa al giudice processualmente sovraordinato, secondo l’ordinario svolgimento del processo. Nella specie, il regolamento è proposto per insorgere contro un provvedimento decisorio emesso dalla Corte fiorentina in sede di reclamo, dunque è inammissibile.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.- E tuttavia, l’istanza di regolamento è convertibile in ricorso straordinario per cassazione, sussistendone i presupposti (Cass. SU n. 14952 del 2007), in quanto proposto tempestivamente e diretto verso provvedimenti del giudice minorile in materia "de potestate", i quali, secondo il più recente indirizzo interpretativo di questa Corte, si ritengono aventi i caratteri della decisorietà e definitività e, avendo attitudine al giudicato rebus sic stantibus, non revocabili o modificabili, salva la sopravvenienza di fatti nuovi (Cass. SU n. 32359 del 2018, sez. 6-1 n. 1668 del 2020).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nel caso in cui ad essere impugnate con ricorso straordinario siano le pronunce, di per sé prive di autonoma valenza di decisorietà e definitività, che disciplinano i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all’esame del giudice, tali pronunce - avendo la medesima natura dell’atto giurisdizionale cui il processo è preordinato - in tanto sono ricorribili per cassazione in quanto tale atto abbia i caratteri della decisorietà e definitività (cfr. Cass. SU n. 11026 del 2003). Si spiega, dunque, perché sia ricorribile per cassazione l’impugnato decreto declinatorio della giurisdizione, in quanto reso dalla Corte fiorentina in funzione strumentale all’esame di una domanda idonea a determinare una discussione sul merito che sfoci in provvedimenti giurisdizionali ricorribili per cassazione, quali sono, per le ragioni già dette, i provvedimenti "de potestate".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>6.- Venendo al fondo della questione controversa, l’istanza del F. è di fare dichiarare l’insussistenza della giurisdizione del giudice italiano e, in tal senso, essa è ammissibile, sebbene in parte prospettata in ragione della sussistenza della giurisdizione dei giudici stranieri - sulla quale non compete alle Sezioni Unite pronunciarsi, non rientrando nelle loro attribuzioni istituzionali - e per motivi concernenti la litispendenza ed anche il decreto impugnato trae argomenti, a sostegno della giurisdizione italiana, da ragioni inerenti alla litispendenza (esclusa dalla Corte territoriale) dei giudizi italiano e straniero.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La litispendenza è, tuttavia, una questione di rito - inerente alla identità delle cause e alla pendenza del giudizio instaurato preventivamente - non interferente con la questione di giurisdizione, che concerne invece l’astratta titolarità in capo al giudice adito della potestas iudicandi, cui è riconosciuta anche la potestà di decidere sulla litispendenza internazionale (SU n. 28675 del 2020). In tal senso la motivazione in diritto del decreto impugnato deve essere corretta, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 4, non avendo tale errore prodotto effetti sul dispositivo che è corretto in diritto.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>7.- L’istanza del F. , diretta, nella sostanza, a fare dichiarare l’insussistenza della giurisdizione del giudice italiano, è infondata, alla luce del principio secondo cui, in tema di giurisdizione sui provvedimenti "de potestate", al fine di stabilire la competenza giurisdizionale, occorre dare rilievo, per principio generale, al criterio della residenza abituale del minore al momento della domanda, intendendo come tale il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Questa Corte ha chiarito che la nozione di "residenza abituale" nella Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 citata (art. 5) - che ha rivisitato la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, ratificata con L. 24 ottobre 1980, n. 742 (sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, art. 1) corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, ha il centro dei propri legami affettivi non solo parentali, derivanti dallo svolgimento in detta località della sua quotidiana vita di relazione (Cass. SU n. 28329 del 2019, n. 8042 e 32359 del 2018, n. 5418 del 2016).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nel caso di specie, è pacifico che la minore A.S. , al momento della proposizione del ricorso, aveva da più di un anno stabile residenza in Italia, ove vive con la madre e frequenta la scuola, dunque in Italia ha consolidato una rete di affetti e relazioni, tali da assicurare un armonico sviluppo psico-fisico.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ne consegue che, in base al menzionato criterio di collegamento, il giudice italiano ha giurisdizione nella causa e il relativo motivo di ricorso è infondato.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>8.- Il secondo motivo (v. sub 1) travisa il contenuto della domanda proposta dalla signora G. , che è finalizzata ad ottenere i provvedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.c. e non l’emissione in via cautelare delle misure di protezione di cui all’art. 11 della citata Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 e, di conseguenza, non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato, risultando pertanto inammissibile. Nè viene in gioco una ipotesi (neppur dedotta in causa) di sottrazione internazionale di minori, che è oggetto della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, ratificata con L. 15 gennaio 1994, n. 64.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>9.- In conclusione, il ricorso è rigettato e deve dichiararsi la giurisdizione del giudice italiano. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.</em></p>