<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 21 aprile 2021 n. 75</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata inammissibile la costituzione dell’Azienda agricola Emilia Foderà snc e di Cesare Foderà; va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 20, comma 11, della legge della Regione Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19 (Misure finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l’esercizio finanziario 2005. Disposizioni varie).</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.– In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità, per tardività, della costituzione dell’Azienda agricola Emilia Foderà snc e di Cesare Foderà, avvenuta oltre il termine perentorio previsto dall’art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale di venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione in Gazzetta Ufficiale; tale termine, infatti, scadeva l’8 settembre 2020, essendo la pubblicazione avvenuta il 19 agosto 2020, mentre l’atto di costituzione delle parti private è stato depositato nella cancelleria di questa Corte il 18 settembre 2020, poiché ai giudizi in via incidentale innanzi a questa Corte non si applica la sospensione feriale dei termini.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.– Quanto ai profili di inammissibilità dedotti dalla difesa regionale, questi si riferiscono al difetto di motivazione dell’ordinanza sulla non manifesta infondatezza e all’inidoneità del termine a difesa, poiché la notifica alla Regione dell’ordinanza della Corte di cassazione è avvenuta solo dopo il deposito presso la cancelleria di questa Corte.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale eccezione è infondata; invero, l’art. 3 delle Norme integrative dei giudizi davanti alla Corte costituzionale prevede quale unico termine perentorio per la costituzione nel giudizio di costituzionalità quello di venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza nella Gazzetta Ufficiale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– L’ulteriore eccezione di inammissibilità è riferita al difetto di motivazione per l’omessa indicazione del parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l) Cost.; anch’essa è infondata, invero il richiamo alla violazione dell’ordinamento civile si evince dall’evocazione dell’art. 3 Cost. La violazione del principio di uguaglianza è, infatti, argomentata dalla necessità di garantire in maniera uniforme, su tutto il territorio nazionale, le regole di disciplina dei rapporti privatistici; inoltre l’ordinanza di rimessione fa esplicito riferimento alla indebita invasione della sfera di competenza statale nel diritto privato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.– Nel merito la questione è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Va innanzitutto esclusa la lettura costituzionalmente orientata della norma censurata, così come prospettata dalla difesa della Regione, che richiama in questo senso un risalente parere del proprio ufficio legislativo e legale, reso in riferimento alla legge della Regione Siciliana 28 settembre 1999, n. 22 (Interventi urgenti per il settore agricolo), che aveva contenuto analogo a quello della disposizione regionale oggi all’esame.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La difesa della Regione, richiamandosi al suddetto parere, sostiene che la norma censurata non avrebbe carattere precettivo, bensì meramente “propulsivo”, costituendo solo un invito a porre in essere la prevista proroga delle passività riferite alla rateizzazione, ciò che non avrebbe condizionato sul piano privatistico la volontà delle parti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.– Il tenore letterale della normativa censurata non consente, però, l’accoglimento della interpretazione proposta dalla difesa regionale, in quanto il termine «prorogano», usato dalla disposizione censurata, ha una valenza chiaramente precettiva e, pertanto, incompatibile con la pretesa che si tratti di un mero invito a porre in essere una proroga. D’altra parte, ove si dovesse presupporre un implicito accordo delle parti in ordine alla proroga, la norma non avrebbe alcuna utilità pratica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.– Peraltro, va osservato che, quando il legislatore siciliano in passato ha previsto la facoltà di proroga delle passività agrarie da parte degli enti e degli istituti di credito, ha utilizzato l’espressione «possono prorogare» piuttosto che «prorogano», prevedendo, inoltre, uno stanziamento in denaro (in tal senso l’art. 58 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002) che, nell’individuare forme di finanziamento di soccorso per le passività agricole in scadenza entro il 30.12.2002, prevede la possibilità di riconoscere il concorso pubblico nel pagamento degli interessi; e l’art. 18-bis della legge della Regione Siciliana 21 settembre 2005, n. 11 (Riordino della disciplina dell’attività di garanzia collettiva dei fidi), introdotto dall’art. 80, comma 10, della legge della Regione Siciliana 12 maggio 2010, n. 11 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2010), che prevede l’autorizzazione di spesa di 10 mila migliaia di euro sotto forma di garanzia e contributo in conto interessi).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.– L’art. 20, comma 11, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2005, censurata, proroga le rate dei crediti agrari. Potrebbe così sembrare afferente sia alla materia agricoltura, di competenza esclusiva della Regione, sia alla materia del credito, che integra una competenza regionale concorrente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ma, nonostante la suddetta connessione, va innanzitutto esclusa l’inerenza alla materia agricoltura, apparentemente derivante dalla stretta connessione tra la politica dei sussidi al settore e l’utilizzazione degli strumenti finanziari finalizzati a tale scopo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In proposito, la difesa della Regione si basa su una risalente giurisprudenza di questa Corte in materia di riduzione dei canoni agrari e di estaglio che, pur riconoscendo che la disciplina dei rapporti privatistici richiede un trattamento uniforme, in ossequio al principio di uguaglianza, in presenza di specifiche circostanze ammetteva la possibilità che le Regioni potessero adottare alcune previsioni di stampo privatistico (sentenze n. 160 del 1969, n. 34 del 1962, n. 37 del 1961, n. 21 del 1959, n. 6 del 1958, n. 109, n. 36 e n. 35 del 1957).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le suddette decisioni riguardavano interventi strettamente connessi ai contratti agrari e, quindi, alla materia agricoltura di competenza esclusiva di Regioni a statuto speciale nell’attesa di una riforma complessiva del settore.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Pertanto, l’attrazione alla materia agricoltura è stata ritenuta con esclusivo riferimento ai contratti agrari, ciò che non vale per l’attività creditizia, che viene in rilievo nella specie, ancorché strumentale all’esercizio dell’agricoltura.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Neppure può ritenersi che la Regione abbia legittimamente legiferato nell’esercizio della sua competenza concorrente in materia di credito, competenza che attiene all’organizzazione del sistema creditizio regionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La specifica fattispecie in esame inerisce, al contrario, alle condizioni del sinallagma privatistico, intervenendo sul tempo di adempimento dell’obbligazione, con una previsione normativa che incide sull’autonomia negoziale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Pertanto, la disciplina censurata va ricondotta non alla materia del credito, ma alla disciplina dei rapporti di diritto privato, di cui l’autonomia negoziale è principio fondante posto dal legislatore statale nell’esercizio della sua competenza che, in tale materia, è esclusiva in quanto fondata sull’esigenza, sottesa al principio di uguaglianza, di garantire il trattamento uniforme dei suddetti rapporti su tutto il territorio nazionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Conseguentemente, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 20, comma 11, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2005, in contrasto con l’art. 3 Cost. nonché invasivo della competenza legislativa statale in materia di diritto privato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong> </strong></p>