<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 09 marzo 2021 n. 49</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 41, nonché 11 e 117, primo comma, della Costituzione, questi ultimi due in relazione agli artt. 16, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.– In via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato nell’ambito del giudizio iscritto al r. o. n. 99 del 2019.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La difesa statale ritiene contraddittoria la motivazione offerta dal giudice a quo a sostegno della rilevanza, poiché l’accoglimento delle censure di cui al primo motivo di ricorso avrebbe portato all’integrale soddisfazione della pretesa fatta valere dai ricorrenti, senza necessità di fare applicazione delle norme censurate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tuttavia, a sostegno di questa eccezione, l’atto di intervento dell’Avvocatura dello Stato riporta affermazioni che non sono affatto contenute nell’ordinanza di rimessione iscritta al r. o. n. 99 del 2019. Quest’ultima non fa menzione di motivi di ricorso diversi dall’illegittimità costituzionale della disposizione di legge di cui l’atto impugnato costituisce applicazione. L’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa statale risulta, pertanto, non fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– Parimenti non fondate sono le eccezioni sollevate dalla difesa delle parti costituite B. E. srl e Coral srl in ordine alla regolarità dell’intervento dell’Avvocatura generale dello Stato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.1.– È vero che nell’atto di intervento depositato dalla difesa statale è indicato erroneamente il numero dell’ordinanza di rimessione; e che il comunicato della determinazione all’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri – pur indicando correttamente la disposizione oggetto di censura, la data dell’ordinanza di rimessione e l’ufficio giudiziario che l’ha emessa – reca l’erronea indicazione del nome delle parti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tuttavia, dalla considerazione complessiva degli atti depositati dalla difesa statale e del contenuto di ciascuno di essi, si comprende agevolmente che si tratta di meri errori materiali che non impediscono di individuare correttamente l’ordinanza di rimessione cui è riferito l’atto di intervento e di riconoscere, pertanto, la sua regolarità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.– Sono inammissibili gli ulteriori motivi di censura illustrati dalla difesa delle parti costituite.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.1.– La difesa delle società B. E. srl e Coral srl assume che le prestazioni previste dalla disposizione censurata abbiano natura tributaria e ravvisa in essa la violazione del principio di progressività del sistema tributario, di cui all’art. 53 Cost., nonché il contrasto con le norme europee sulla libertà di concorrenza, sulla libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, di cui agli artt. 26, 49, 56, e 63 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In riferimento a queste ulteriori censure, le parti private costituite chiedono anche che, ai sensi dell’art. 267 TFUE, sia rimessa alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione pregiudiziale interpretativa della disciplina della proroga tecnica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.2.– I profili di compatibilità con il diritto europeo evidenziati da B. E. srl e Coral srl attengono specificamente alla disciplina introdotta dalla legge n. 147 del 2013. Tuttavia, il giudice a quo non ha affatto censurato il principio dell’onerosità delle concessioni, né è in discussione la legittimità della scelta legislativa di prorogare l’efficacia di titoli concessori ormai scaduti. Le censure del rimettente si rivolgono, infatti, alla sola disposizione dell’art. l, comma 1047, della legge n. 205 del 2017 che, nel modificare la disciplina del 2013, ha elevato l’importo del canone mensile e differito il termine per lo svolgimento della gara.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.3.– E’ nota, al riguardo, la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’oggetto del giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale è limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nelle ordinanze di rimessione, con esclusione della possibilità di ampliare il thema decidendum proposto dal rimettente, fino a ricomprendervi questioni formulate dalle parti, che tuttavia egli non abbia ritenuto di fare proprie (ex plurimis, sentenze n. 186 del 2020, n. 7 del 2019, n. 248, n. 194, n. 120, n. 27, n. 4 del 2018, n. 251, n. 250, n. 35 e n. 29 del 2017; n. 276, n. 214 e n. 96 del 2016, n. 231, n. 209 e n. 83 del 2015).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Da queste considerazioni discende l’estraneità rispetto al presente giudizio di legittimità costituzionale delle ulteriori censure sollevate dalle parti private e della questione interpretativa che le società B. E. srl e Coral srl vorrebbero che fosse sottoposta alla Corte di giustizia.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.4.– La stessa delimitazione delle questioni di legittimità costituzionale all’incremento dei canoni previsto dalla disposizione censurata vale ad escludere che ricorrano i presupposti perché questa Corte sollevi d’ufficio dinanzi a sé la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013, come richiesto dalla difesa delle stesse società B. E. srl e Coral srl.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Lazio non attengono, come già rilevato, alla generale previsione dell’onerosità delle concessioni, siano esse da attribuire, ovvero già attribuite. Le censure del rimettente si appuntano, infatti, sul carattere sproporzionato, arbitrario e irragionevole del solo incremento disposto dall’art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tra le due questioni di legittimità costituzionale non è quindi ravvisabile quel nesso di necessaria strumentalità o di pregiudizialità logica, idoneo a giustificare l’esercizio, da parte di questa Corte, dell’eccezionale potere di autorimessione dinanzi a sé della questione di legittimità costituzionale di una norma rimasta estranea al fuoco delle censure del rimettente (sentenze n. 255 del 2014, n. 179 del 1976, n. 122 del 1976, n. 195 del 1972, nonché ordinanze n. 114 del 2014, n. 42 del 2001; n. 197 e n. 183 del 1996; n. 297 e n. 225 del 1995; n. 294 del 1993; n. 378 del 1992, n. 230 del 1975 e n. 100 del 1970).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.– D’altra parte, non può essere accolta la richiesta, avanzata dalla difesa statale, di restituzione atti al giudice a quo, in considerazione dell’entrata in vigore della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.1.– In effetti, ancora prima di tale intervento legislativo, la disciplina introdotta dall’art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013 è stata ripetutamente modificata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ciò è avvenuto, dapprima, per effetto dell’art. 1, comma 1096, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), che ha ricompreso nella proroga tecnica anche le concessioni in scadenza nel 2019.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In seguito, la disciplina in esame è stata nuovamente modificata dall’art. 24 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019, n. 157, che ha differito al 31 settembre 2020 il termine entro il quale l’ADM indice la gara per l’attribuzione delle concessioni e ha, inoltre, esteso il regime di proroga tecnica anche alle concessioni in scadenza nel 2020.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Successivamente, il settore dei giochi e delle sale bingo è stato interessato da ripetuti interventi normativi connessi all’emergenza epidemiologica da COVID-19.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>A seguito della sospensione dell’attività delle sale bingo disposta dal d.P.C.M. 8 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, all’art. 69, ha previsto che «non è dovuto il canone […] a decorrere dal mese di marzo [2020] e per tutto il periodo di sospensione dell’attività». Il medesimo decreto-legge ha, inoltre, prorogato di sei mesi i termini per l’indizione della gara per le concessioni del gioco del bingo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In seguito, l’art. 18, comma 8-bis, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali) convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40, ha prorogato al 22 settembre 2020 il versamento dei canoni di concessione in scadenza al 30 agosto 2020.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La ripresa dell’attività delle sale bingo è stata poi consentita, a partire dal 15 giugno 2020, dal d.P.C.m. 11 giugno 2020. A seguito degli ulteriori provvedimenti legati all’emergenza epidemiologica da COVID-19, a partire dal 26 ottobre 2020 l’attività delle sale bingo è stata nuovamente sospesa su tutto il territorio nazionale e, allo stato, non è ancora ripresa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Da ultimo, la legge n. 178 del 2020 ha previsto alcune agevolazioni nelle modalità di pagamento, stabilendo in particolare, all’art. l, comma 1131, che il pagamento dei canoni relativi al primo semestre 2021 può essere effettuato in misura ridotta (2.800 euro per ogni mese o frazione di mese superiore a quindici giorni, e 1.400 euro per ogni frazione di mese pari o inferiore a quindici giorni). In base ai successivi commi 1132 e 1133, i titolari di concessione che scelgano di effettuare il pagamento in misura ridotta, sono tenuti a versare la restante parte – «fino alla copertura dell’intero ammontare del canone previsto dalla vigente normativa» – con rate mensili di pari importo, oltre agli interessi legali, dal 10 luglio 2021 ed entro il 10 dicembre 2022. Inoltre, in base al comma 1130, il termine per procedere alla gara per l’attribuzione delle nuove concessioni è stato nuovamente differito al 31 marzo 2023.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Gli interventi legislativi che si sono susseguiti nel 2020, successivi alla sospensione dell’attività dei concessionari, sono quindi volti ad agevolare il pagamento degli oneri concessori, senza eliminare l’obbligazione, né modificarne l’importo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.2.– Questa Corte ha costantemente affermato che «non ogni nuova disposizione che modifichi, integri o comunque possa incidere su quella oggetto del giudizio incidentale di costituzionalità richiede una nuova valutazione della perdurante sussistenza dei presupposti di ammissibilità della questione e segnatamente della sua rilevanza e della non manifesta infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale espressi dal giudice rimettente» (sentenze n. 79 del 2019 e n. 125 del 2018).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel caso in esame, nessuna delle sopravvenienze normative che si sono succedute dopo l’instaurazione del giudizio costituzionale giustifica la restituzione degli atti al giudice a quo per una nuova valutazione sulla rilevanza, così come richiesto dall’Avvocatura generale dello Stato. Esse, infatti, non modificano la disposizione censurata sotto i profili per i quali ne è denunciata l’illegittimità costituzionale, non rendono inattuali le valutazioni compiute dal rimettente e, anzi, presuppongono che essa sia in vigore, limitandosi a prevedere – oltre ad ulteriori rinvii del termine per lo svolgimento della gara – agevolazioni nell’adempimento dell’obbligo, attraverso la rateazione dei pagamenti. Le censure formulate dal rimettente non sono dunque scalfite dalle modifiche normative sopravvenute, che lasciano intatto il significato della disposizione censurata rispetto agli evidenziati profili di illegittimità costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 237 del 2020, n. 79 del 2019, n. 194, 125 e 33 del 2018).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1047 della legge n. 205 del 2017, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.1.– In considerazione del contenuto particolare, nonché del limitato ambito soggettivo, la disciplina censurata va ascritta alla categoria delle leggi-provvedimento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, disposizioni legislative di tale natura non sono di per sé incompatibili con l’assetto costituzionale. Peraltro, in considerazione del pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di questo tipo, esse devono soggiacere a uno scrutinio stretto di costituzionalità, sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza della scelta legislativa (ex plurimis, sentenze n. 116 del 2020, n. 181 del 2019, n. 182 del 2017, n. 275, n. 154 e n. 85 del 2013, n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 288 del 2008; n. 429 del 2002, n. 2 del 1997). La loro legittimità costituzionale deve essere «“valutata in relazione al loro specifico contenuto” […] e devono risultare i criteri che ispirano le scelte con esse realizzate, nonché le relative modalità di attuazione» (sentenze n. 182 del 2017 e n. 270 del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 275 e n. 85 del 2013), attraverso l’individuazione degli interessi oggetto di tutela e della ratio della norma desumibili dalla stessa, anche in via interpretativa, in base agli ordinari strumenti ermeneutici (sentenze n. 168 del 2020, n. 182 del 2017 e n. 270 del 2010).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.2.– La valutazione in ordine alla congruità e proporzionalità delle misure legislative censurate deve essere, quindi, effettuata in funzione delle finalità perseguite in questo particolare settore dell’ordinamento. L’introduzione nel 2013 della originaria disciplina della proroga tecnica si prefiggeva l’obiettivo «di contemperare il principio di fonte comunitaria secondo il quale le concessioni pubbliche vanno attribuite ovvero riattribuite, dopo la loro scadenza, secondo procedure di selezione concorrenziale con l’esigenza di perseguire, in materia di concessioni di gioco per la raccolta del bingo, il tendenziale allineamento temporale di tali concessioni» (art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel caso in esame, il pagamento del canone mensile per i concessionari in proroga tecnica risulta correlato alla possibilità di continuare a svolgere l’attività oggetto di concessione, nonostante la scadenza del relativo termine di efficacia e l’assenza di una nuova gara. In questo modo, è stato attribuito un vantaggio al «concessionario in scadenza che intenda altresì partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione» (art. 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013), riconoscendogli la possibilità di partecipare alla nuova procedura selettiva senza soluzione di continuità rispetto alla precedente attività. Il canone mensile, quindi, oltre ad anticipare l’applicazione del principio di onerosità ad una fase antecedente allo svolgimento della gara per la loro attribuzione, risulta correlato al vantaggio attribuito ai titolari di quelle scadute, ai quali è consentita, in via eccezionale e transitoria, la prosecuzione dell’attività.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.3.– Quanto poi all’incremento degli oneri a carico dei concessionari in proroga tecnica, esso si inserisce in un quadro complessivo di progressiva valorizzazione dei rapporti concessori e dei vantaggi competitivi che ne derivano per i privati, in funzione di una maggiore efficienza nell’utilizzo delle pubbliche risorse. La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo riconosciuto la legittimità di interventi legislativi che adeguano i canoni di godimento dei beni pubblici, in quanto volti, in conformità agli artt. 3 e 97 Cost., a perseguire obiettivi di equità e razionalizzazione dell’uso di tali beni (ex plurimis, sentenze n. 29 del 2017, n. 302 del 2010 e n. 88 del 1997).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Anche in questo caso, il principio di onerosità delle nuove concessioni e – ciò che più rileva nel caso in esame – la tendenza all’incremento, anche significativo, dei canoni rispondono a queste finalità di sistema e costituiscono – nel quadro di un mercato intensamente regolato, come quello dei giochi e delle scommesse in denaro – un elemento fisiologicamente riconducibile al rischio normativo di impresa (in questo senso, sentenza n. 16 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.4.– D’altra parte, dalla relazione depositata dall’Ufficio parlamentare di bilancio a seguito dell’ordinanza istruttoria di questa Corte del 26 marzo 2020 emerge che – anche dopo l’incremento disposto dalla norma oggetto di censura – l’incidenza degli oneri concessori sulla redditività delle concessioni è rimasta, nel complesso, marginale. Pur tenendo presente l’eterogeneità che caratterizza la raccolta delle giocate per singola concessione, per il novanta per cento delle concessioni – che presentano una raccolta di giocate compresa tra 2 e 15 milioni di euro – l’incidenza degli oneri concessori varia in misura compresa tra lo 0,75 e il 2,7 per cento rispetto alla raccolta.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Dalla relazione acquisita risulta, inoltre, la generalizzata adesione dei precedenti concessionari al regime di proroga e, al contempo, la sostanziale stabilità del numero degli stessi operatori a distanza di oltre sette anni dall’introduzione della relativa disciplina e di più di tre anni dall’incremento disposto dalla norma censurata. La considerazione complessiva di tali elementi avvalora, sia la valutazione di convenienza economica effettuata dai concessionari che hanno aderito al regime di proroga tecnica, sia la sostenibilità dei relativi oneri economici.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.5.– È pur vero che con la disposizione censurata è stato abbandonato il precedente criterio di determinazione dei canoni, sino ad allora correlato alla base d’asta per le nuove concessioni. Infatti, nell’impostazione della legge n. 147 del 2013, il canone dovuto dai concessionari in proroga era inizialmente commisurato all’importo della base d’asta per le future gare per l’assegnazione delle nuove concessioni, suddiviso per il numero di mensilità comprese nel termine di durata delle stesse. In questo modo, il versamento dovuto mensilmente rappresentava una sostanziale anticipazione alla fase di proroga del regime oneroso previsto per le nuove concessioni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tuttavia, l’abbandono di questo criterio – in sé considerato – non è indice di arbitrarietà o irragionevolezza dell’incremento introdotto dalla disposizione censurata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Intanto non c’è alcuna ragione che obblighi a correlare gli importi dovuti dai concessionari in proroga all’importo indicato come base d’asta delle nuove gare. Quest’ultimo, infatti, non necessariamente corrisponde all’onere economico che, all’esito della gara, i nuovi concessionari dovranno sostenere. La misura di questo onere è viceversa comparabile al prezzo di aggiudicazione, che è verosimilmente superiore alla soglia per partecipare alla gara. Inoltre, tale prezzo rappresenta un costo che gli aggiudicatari delle nuove concessioni devono liquidare in anticipo e per intero, assumendo così il rischio economico inerente alla complessiva durata del rapporto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La ratio delle disposizioni censurate, volte ad allineare la situazione dei precedenti concessionari a quella di coloro che saranno i nuovi titolari di concessioni, porta a ritenere non irragionevole che il legislatore provveda ad adeguamenti nel tempo che rispondono ad una migliore valorizzazione delle risorse pubbliche e risultano d’altra parte sostenibili per gli interessati.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Sulla base di questi argomenti, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost, deve, quindi, ritenersi non fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.– Non è fondata neppure la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, coma 1047, della legge n. 205 del 2017, sollevata in riferimento all’art. 41 Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il giudice a quo ricollega la lesione della libertà di iniziativa economica dei titolari di concessioni in proroga ai ripetuti differimenti del termine per le gare e alla conseguente mancanza di un orizzonte temporale certo, entro il quale effettuare consapevoli scelte imprenditoriali.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.1.– Come si è evidenziato al punto 6.1, gli interventi normativi che si sono susseguiti anche dopo la pubblicazione delle ordinanze di rimessione hanno determinato una progressiva dilatazione dei tempi per l’indizione della gara per l’attribuzione delle nuove concessioni. In questo modo, il protrarsi dell’efficacia della disciplina di natura transitoria introdotta dalla legge n. 147 del 2013 ha certo impedito sinora la realizzazione degli obiettivi di efficienza, concorrenzialità e trasparenza che avevano ispirato l’adozione di una nuova disciplina delle concessioni per l’esercizio delle sale bingo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.2.– Ciò premesso, va rilevato che, in ogni caso, la valutazione sulla convenienza dell’adesione al regime di proroga tecnica e sulla futura partecipazione alla gara spetta pur sempre all’imprenditore. A questi è rimessa, infatti, la scelta di avvalersi della proroga, a fronte del pagamento del canone mensile, sulla base di un proprio calcolo economico. È pur vero che in questa valutazione rientra anche il fattore temporale, legato alla data di effettivo svolgimento della futura gara, originariamente prevista per il 2014 e ora differita al 31 marzo 2023 (art. 1, comma 1130, della legge n. 178 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tuttavia, nel caso in esame, occorre tenere presente che si tratta di rapporti concessori ormai esauriti, la cui efficacia viene eccezionalmente e temporaneamente “conservata” dall’amministrazione. Rispetto a questi rapporti non è invocabile una tutela dell’affidamento, connessa alla durata dell’ammortamento degli investimenti e alla remunerazione dei capitali, poiché ciò è propriamente riferibile a rapporti concessori non ancora esauriti. In considerazione della temporaneità della proroga tecnica e della limitatezza di nuovi investimenti da affrontare e di nuovi ammortamenti da programmare, i riflessi del differimento della gara sul calcolo di convenienza economica degli operatori non appaiono determinanti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Inoltre, e più in generale, va richiamata l’incidenza di un rischio normativo, che è tipico di settori di mercato, come quello in esame, intensamente regolati per la presenza, in qualità di concedente, della pubblica amministrazione. Come già riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, la pervasiva componente pubblicistica che caratterizza il settore dei giochi pubblici può giustificare l’imposizione di sacrifici o limitazioni, in funzione del perseguimento degli interessi pubblici sottesi alla regolazione di queste attività imprenditoriali.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Proprio nel settore dell’esercizio e della raccolta dei giochi pubblici, questa Corte ha riconosciuto «l’originaria instabilità del nuovo rapporto concessorio (o della prosecuzione del rapporto concessorio scaduto […] derivante […] dall’essere stati individuati, gli stessi concessionari, con una modalità di affidamento (l’assegnazione diretta per legge, sulla base di una loro semplice opzione, ancorché a fronte del pagamento di una somma di denaro), costituente una vistosa eccezione alla regola generale della concorrenzialità. Quest’ultima circostanza in particolare – anche al di là di ogni considerazione sulle ragioni eccezionali che possono avere determinato la scelta del legislatore – contribuisce ad accentuare il carattere pubblicistico del rapporto di concessione in questione e, con esso, la sua ancora maggiore attitudine a essere oggetto di interventi regolativi pubblici funzionali alla cura degli interessi per i quali le attività di raccolta e gestione dei giochi pubblici sono legittimamente riservate al monopolio statale» (sentenza n. 56 del 2015; nello stesso senso, sentenza n. 16 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In applicazione di questi principi, anche in questo caso, il differimento del termine per lo svolgimento della gara e l’estensione della durata dei rapporti concessori in essere non influiscono sulla valutazione della legittimità costituzionale della disposizione censurata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>9.– Anche in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1047, della legge n. 205 del 2017 non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>9.1.– A questo riguardo, il giudice rimettente evoca quali parametri interposti le disposizioni degli artt. 16, 20 e 21 della CDFUE. Mentre l’art. 16 riconosce la libertà d’impresa, gli artt. 20 e 21 sanciscono i principi di uguaglianza davanti alla legge e di non discriminazione. Nel caso in esame, i principi e diritti fondamentali enunciati dalla CDFUE si intrecciano con principi e diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>9.2.– In entrambe le ordinanze di rimessione, il giudice a quo ha sollevato le questioni di legittimità costituzionale, sia in riferimento ai parametri interni, sia in riferimento a quelli della CDFUE, attraverso il richiamo agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., così dimostrando di aderire ai principi enunciati da questa Corte in ordine alla propria competenza a vagliare eventuali profili di contrarietà delle disposizioni di legge nazionali alla Carta dei diritti dell’Unione (sentenze n. 11 del 2020, n. 63 e n. 20 del 2019 e n. 269 del 2017). In questo caso, le ragioni addotte a sostegno della lamentata lesione delle disposizioni della CDFUE interferiscono e si sovrappongono con i valori costituzionali dell’uguaglianza, della ragionevolezza e della libertà dell’iniziativa economica privata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Infatti, la tutela del principio di uguaglianza e della libertà di impresa avviene nella nostra Costituzione e nella CDFUE sulla base di formulazioni normative e di criteri interpretativi che possono ritenersi coincidenti.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Pertanto, nel caso in esame, accertata l’insussistenza della lesione del canone di ragionevolezza, non sussiste neppure la violazione degli analoghi principi, desumibili dagli artt. 20 e 21 della CDFUE, di eguaglianza davanti alla legge e di non discriminazione. Allo stesso modo – esclusa la violazione della libertà di iniziativa economica privata – non ricorre neppure la violazione dell’art. 16 della CDFUE, che contiene il riconoscimento della libertà d’impresa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>10.– Il giudizio qui reso non cancella i gravi profili disfunzionali della prassi legislativa del costante e reiterato rinvio delle gare, mediante interventi che – anziché favorire il passaggio verso la nuova regolazione di questo settore di mercato – si limitano a estendere, di volta in volta, l’ambito temporale della disciplina transitoria della proroga tecnica delle precedenti concessioni. Ciò è fonte di incertezza nelle attività e nelle prospettive degli operatori e rende auspicabile, anche a tutela della concorrenza, l’approdo a un quadro normativo in tutti i suoi aspetti definito e stabile.</em></p> <strong><em>Emilio Barile La Raia</em></strong>