<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza 26 marzo 2021 n. 8568</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="3"> <li style="font-weight: 400;"><em> – Preliminare è l’esame di quest’ultima censura, giacché – come rilevato da queste Sezioni Unite in controversia sorta su vicenda identica (cfr. Cass., S.U., 22 ottobre 2020, n. 23595) – con essa si tende a ottenere la stabilizzazione della sentenza di primo grado in base alla ritenuta inammissibilità dell’impugnazione a suo tempo proposta. La doglianza è, però, inammissibile, poiché il principio evocato dal ricorrente non è pertinente al caso in esame: esso, infatti, “riguarda il ben distinto caso in cui l’appellante si limiti a dedurre soltanto vizi di rito avverso una pronuncia a lui sfavorevole (anche) nel merito (ex aliis Cass. n. 24612-15, Cass. n. 11299-18).</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale principio non si attaglia al caso specifico, nel quale la sentenza di primo grado si è limitata a declinare la giurisdizione. In proposito va osservato che l’impugnazione è sempre ammissibile ove i vizi di rito denunciati impongano, se fondati, la rimessione del procedimento al primo giudice ex artt. 353 e 354 c.p.c.” (così la citata Cass., S.U., n. 23595/2020).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="4"> <li style="font-weight: 400;"><em> – E’, invece, fondato il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi che non attengono alla questione di giurisdizione, ma al merito della controversia. E’ fatto incontroverso che un’area del terreno di proprietà di Lorenzo Bonaccorsi (sita alla via Trinità Contrada Paradiso) è stata oggetto di irreversibile trasformazione in strada pubblica (“Trinità- Misericordia”) all’esito di procedura espropriativa (poi non conclusasi con il relativo decreto) originata da delibera n. 195 dell’Il febbraio 1981 del Comune di Milazzo con la quale veniva approvato il progetto dell’opera pubblica, accompagnata da dichiarazione di pubblica utilità, che non conteneva, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 2359 del 1865, l’indicazione dell’inizio e del termine dei lavori.</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Di qui la domanda risarcitoria dello stesso Bonaccorsi per la perdita di detta porzione della sua proprietà, che è stata proposta con atto di citazione del novembre 2008 e che, dunque, è soggetta, ratione temporis, alla disciplina dettata dall’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall’art. 7, comma primo, lett. b) , della legge n. 205 del 2000.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In riferimento a tale disciplina, è ormai principio consolidato (cfr. Cass., S.U., 30 maggio 2014, n. 12178; Cass., S.U., 25 luglio 2016, n. 15284; Cass., S.U., 29 gennaio 2018, n. 2145; Cass., S.U., 16 aprile 2018, n. 9334; Cass., S.U., 17 settembre 2019, n. 23102; Cass., S.U., 27 novembre 2019, n. 31028; Cass., S.U., 19 marzo 2020, n. 7454) – al quale il Collegio intende dare continuità – quello per cui, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 204 del 2004 e 191 del 2006, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie risarcitorie promosse in epoca successiva al 10 agosto 2000, aventi ad oggetto occupazioni illegittime preordinate all’espropriazione e realizzate in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile come tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano, e ciò anche nel caso in cui l’ingerenza nella proprietà privata e/o la sua utilizzazione, nonché la sua irreversibile trasformazione, siano avvenute senza alcun titolo che le consentisse, ovvero nonostante il venir meno di detto titolo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale giurisdizione non trova giustificazione nell’idoneità della dichiarazione di pubblica utilità a determinare l’affievolimento del diritto di proprietà, e quindi nella configurabilità della posizione giuridica del proprietario come interesse legittimo, ma nella riconducibilità della fattispecie alla materia urbanistico-edilizia, come definita dall’art. 7 citato, in forza della quale spettano alla cognizione del giudice amministrativo tutte le controversie aventi ad oggetto comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere da parte della Pubblica Amministrazione, quali che siano i diritti (reali o personali) fatti valere nei confronti di quest’ultima, nonché la natura (restitutoria o risarcitoria) della pretesa avanzata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Essa si estende, quindi, a <strong>tutte le ipotesi in cui l’esercizio del potere si è manifestato con l’adozione della dichiarazione di pubblica utilità</strong>, anche se poi quest’ultima <strong>sia stata annullata</strong> da parte della stessa autorità amministrativa che l’ha emessa o dal giudice amministrativo, oppure la sua efficacia sia altrimenti venuta meno, o ancora l’apprensione e/o l’irreversibile trasformazione del fondo abbiano avuto luogo in assenza di titolo o in virtù di un titolo a sua volta caducato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Dunque, l’esistenza di una dichiarazione di pubblica utilità è condizione imprescindibile per ritenere che l’apprensione l’utilizzazione e l’irreversibile trasformazione del bene in proprietà privata da parte della pubblica amministrazione siano riconducibili ad un concreto esercizio del potere autoritativo, quale condizione necessaria per affermare la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Né può assumere rilievo, ai fini che qui segnatamente interessano, la circostanza che la delibera di approvazione del progetto non recasse l’indicazione dei termini di cui all’art. 13 della legge n. 2359 del 1865, trattandosi di una omissione che, pur comportando l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, non è di per sé idonea ad escludere il collegamento dell’occupazione e della successiva trasformazione del suolo con un fine di pubblico interesse legalmente dichiarato.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="5"> <li style="font-weight: 400;"><em> – All’accoglimento del primo motivo segue la cassazione della sentenza impugnata, con declaratoria di spettanza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla causa risarcitoria promossa dal Bonaccorsi. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese dell’intero giudizio, essendosi la giurisprudenza di legittimità consolidata nel senso anzidetto successivamente all’introduzione della causa.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Emilio Barile La Raia</em></strong></p>