<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #000000;">Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13 aprile 2021, n. 2999</span></b></span></span> <span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><b><i>PRINCIPIO DI DIRITTO</i></b></span></span> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><b><i>In tema di accordi tra pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 34 TUEL, deve escludersi la configurabilità di un affidamento giuridicamente rilevante alla conclusione dell’accordo a favore del soggetto privato interessato;quest’ultimo, invero, si trova in una situazione di terzietà rispetto all’attività di amministrazione concordata, con la conseguenza che può vantare, al più, una mera aspettativa di fatto. </i></b></span></span></p> <span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #222222;">TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</span></b></span></span> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">29.1.3. Segnatamente, l’accordo di programma, secondo l’interpretazione che viene data della disciplina che regge il suddetto istituto (l’art. 34 del d.l.gs n. 267 del 2000) implica il consenso unanime delle amministrazioni che tale accordo stipulano per attuare un’opera o un progetto (Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2018, n. 4413; sez. IV, 28 aprile 2006, n. 2411; sez. IV, 17 giugno 2003, n. 3403; sez. IV, 1 agosto 2001, n. 4206).</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">29.1.4. Con specifico riferimento alla deduzione relativa alla circostanza che il ripensamento del Comune avrebbe frustrato l’attività amministrativa fino a quel momento compiuta, il Collegio evidenzia che, in base ai principi enunciati nel tempo dalla giurisprudenza di questo Consiglio e poc’anzi ribaditi, contrariamente a quanto affermato dalla società, non può dubitarsi che ciascun ente rimane libero di addivenire o meno alla conclusione dell’accordo di programma.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">29.2. Le amministrazioni che hanno intrapreso le attività preordinate alla conclusione di un accordo di programma possono sempre, nell’esercizio delle loro prerogative istituzionali, rivalutare l’opportunità di giungere al suo perfezionamento, specialmente allorché si verifichino delle sopravvenienze in fatto, come nel caso di specie (la sopravvenuta chiusura dello stabilimento del Gres e l’opportunità di recuperare tale area, piuttosto che occupare altro suolo inedificato).</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">29.3. Può affermarsi, dunque, che, sino a quando l’accordo di programma non si è perfezionato - e impregiudicata ogni statuizione, da parte del Collegio, sui poteri degli enti in caso di sua conclusione, non costituendo tale questione oggetto del presente giudizio (ancorché su questo aspetto, in senso favorevole al potere di recesso, si vedano Cons. Stato, sez. IV, 9 marzo 2021, n. 1948; sez. V, 24 ottobre 2000, n. 5710) - gli enti che hanno intrapreso le attività necessarie per valutarne l’opportunità, il contenuto e quant’altro occorra per giungere alla sua conclusione, rimangono pienamente legittimati ad interrompere tali attività e, conseguenzialmente, possono liberamente sottrarsi alla sua conclusione.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">29.4. Non sussiste, dunque, alcuna illegittimità degli atti con i quali tale volontà è stata manifestata dal Comune di Sorisole.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">29.5. Si puntualizza che eventuali profili di illegittimità della nota del Sindaco del Comune, per incompetenza dell’organo, rimangono superati dalla successiva adozione della deliberazione, da parte del Consiglio comunale, che ha manifestato, motivatamente, un intento pressoché identico a quello previamente espresso dalla nota sindacale.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">Un simile atto consiliare varrebbe dunque come convalida dell’atto precedente o, comunque, come atto autonomamente lesivo della posizione della società appellante (sicché un’eventuale pronuncia di annullamento del primo atto non sortirebbe alcun risultato pratico favorevole per l’impresa).</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">29.6. Il primo motivo di appello va pertanto respinto.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">30. Parimenti infondato è il secondo motivo di appello, con il quale si lamenta, in sintesi, la lesione del legittimo affidamento riposto dalla società nella conclusione dell’accordo e il mancato risarcimento dei danni che ne sarebbero scaturiti.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">31. Invero, le deduzioni dell’appellante poggiano su un fondamento che questo Collegio non condivide e, anzi, ritiene manifestamente infondato.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">31.1. Non sussiste, infatti, alcun affidamento che possa qualificarsi come “legittimo”, se rapportato sia alla natura, sia alle caratteristiche dell’istituto dell’accordo di programma, sia, infine, all’iter procedimentale che è stato effettivamente intrapreso e svolto nella vicenda in esame.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">31.1.1. Quanto al primo aspetto, va rimarcato come l’accordo previsto e disciplinato dall’art. 34 del T.u.e.l. costituisce un’ipotesi di amministrazione negoziata, con il quale più amministrazioni competenti in procedimenti pluristrutturati o che comunque interessano il territorio di più Comuni concordano le linee di azione per la realizzazione di una determinata opera.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">31.1.2. Per tale tipologia di accordi non è prevista la partecipazione dei privati, i quali dunque rispetto a tutta l’attività ivi svolta non possono che considerarsi terzi.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">31.1.3. Già tale constatazione è sufficiente ad evidenziare come nessun legittimo affidamento può sorgere rispetto ad un’attività che non coinvolge in maniera diretta e da un punto di vista prettamente giuridico la parte privata, in base all’ovvia considerazione, costituente un caposaldo dell’ordinamento giuridico, che “</span><span style="color: #000000;"><i>res inter alios acta neque prodest neque nocet</i></span><span style="color: #000000;">”.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">31.2. Questa Sezione, inoltre, ha avuto modo di sottolineare (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2016, n. 4599; sez. IV, 5 settembre 2016, n. 3806; sez. IV, 25 maggio 2016 n. 2221; sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710), che l’esercizio del potere di pianificazione urbanistica del territorio è attribuito ai Comuni; a questi ultimi, non soltanto compete l’individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale (ed in particolare la possibilità e limiti edificatori delle stesse), ma, in termini più generali, è attribuita, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, la possibilità di realizzare anche finalità economico – sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037).</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">31.2.1. A fronte di un’ampia discrezionalità e latitudine del potere di governo del territorio, conferito alla gestione comunale, risulta arduo, nella maggioranza dei casi, configurare, in capo al privato, un affidamento definibile come “legittimo”, ossia basato non su una mera aspettativa di fatto, ma su circostanze che oggettivamente, univocamente e incontrastabilmente conducano, ragionevolmente e secondo una valutazione rigorosa, a intravedere la futura concessione del bene della vita.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">32.2.2. Nel caso in esame, mancano indici concreti, conducenti e concordanti di una simile evenienza.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">32.2.3. Si consideri che, come segnalato dal Comune, non vi sono evidenze, in base agli atti del procedimento, che l’attività preordinata all’accordo fosse in uno stadio molto avanzato e questo fosse in procinto di essere concluso, cosicché, persino laddove si volesse adoperare, come mero espediente di ragionamento e per assurdo, la categoria civilistica del recesso dalle trattative precontrattuali (art. 1337 c.c.), comunque non potrebbe dirsi sorto quell’affidamento legittimo che giustifica e sorregge la richiesta del risarcimento per responsabilità precontrattuale.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">33. Si rimarca, infine, che, in consonanza a quanto sinora evidenziato, si è avuto modo di sottolineare, anche di recente, l’ampia discrezionalità di cui godono i Comuni nelle scelte urbanistiche che coinvolgono il loro territorio (cfr. Corte cost., 21 dicembre 2020, n. 276).</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">33.1. Ove si opinasse, come lascia intendere la società, che tali scelte possono essere foriere di responsabilità (salvo casi eccezionali), si menomerebbe di fatto una prerogativa che invece è riconosciuta all’ente di diritto.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">33.2. Tali conclusioni sono coerenti coi principi sviluppati dalla costante giurisprudenza circa la tassatività dei casi in cui è consentito riconoscere una situazione di affidamento giuridicamente rilevante in sede di pianificazione del territorio (in sostanza le uniche evenienze, che richiedono una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali sono date dal superamento degli standards minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con riferimento alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree, dalla lesione dell'affidamento qualificato del privato, derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi fra il comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di titoli edilizi o di silenzio rifiuto su una domanda di rilascio di un titolo e, infine, dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo, cfr. fra le tante Cons. Stato, sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037; 18 novembre 2013, n. 5453).</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">34. Il secondo motivo di appello va pertanto respinto.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">35. In conclusione, alla luce delle motivazioni suesposte, l’appello va respinto.</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">36. Quanto alle spese del giudizio, Il Collegio rileva, inoltre, che l’infondatezza del ricorso in appello si fonda su ragioni manifeste in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 12 aprile 2018, n. 2205; sez. IV, 28 dicembre 2016, n. 5497, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della sanzione), conformemente ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. da ultimo sez. VI, n. 11939 del 2017; n. 22150 del 2016).</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">36.1. A tanto consegue il pagamento della sanzione nella misura di € 4.000 per l’appellante (cfr. sul punto, fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, n. 2205 del 2018; n. 2116 del 2018; n. 364 del 2017; cui si rinvia a mente dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.).</span></span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #000000;">36.2. La condanna dell’appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2-</span><span style="color: #000000;"><i>quinquies,</i></span><span style="color: #000000;"> lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.</span></span></span></p>