<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, III Sezione Penale, sentenza 18 giugno 2021, n. 23931</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><em> Il ricorso proposto è risultato inammissibile.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Il primo motivo di ricorso è inammissibile, posto che il ricorrente, nel formularlo, non si è adeguatamente confrontato con il reale contenuto della sentenza impugnata.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Si osserva, infatti, che il G. è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’<strong>art. 609-undecies c.p.</strong> in quanto, nel corso di alcune conversazioni da lui intrattenute, con la minore C.S. attraverso il programma di messaggistica digitale denominato Whatsapp, dopo avere tentato di circuire la predetta minore con frasi volte a metterne in luce la bellezza ed il fatto che lui la preferisse ad un’altra ragazzina (conosciuta anche dalla stessa C.) con la quale l’uomo intratteneva una relazione sentimentale, ha chiesto alla detta minore - ben essendo egli consapevole del fatto che questa avesse solamente 12 anni di età - di trasmettergli, sempre attraverso il sistema di messaggistica in questione, delle immagini fotografiche che ne ritraevano delle parti intime, immagini che, indubbiamente, data l’età della C. e dato il soggetto che il G. aveva suggerito di riprodurre (si trattava delle natiche e del seno della minore) sono rientranti nel novero delle <strong>immagini costituenti pedopornografia</strong>, per come definito dall’art. 600-ter c.p., u.c., in quanto atte ad eccitare l’istinto sessuale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ciò posto, rileva il Collegio, poco incide che la condotta descritta del G. possa non apparire finalisticamente idonea alla realizzazione del reato di violenza sessuale ovvero di atti sessuali con minorenni, posto che fra le condotte criminose cui l’art. 609-undecies c.p. appresta una forma di tutela avanzata vi è anche quella integrante i reati di cui agli artt. 600-ter e 600-quater, la cui realizzazione era, evidentemente, lo scopo - forse precipuo, indubbiamente immediato - della condotta posta in essere dal prevenuto.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Deve, pertanto, rilevarsi, osserva la Corte, come non colga affatto nel segno la doglianza formulata dal ricorrente in ordine alla errata configurazione della condotta realizzata dal ricorrente come idonea ad integrare il reato di cui alla disposizione codicistica a lui contestata, previa riqualificazione della originaria imputazione, in sede di giudizio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Passando al secondo motivo di ricorso, riguardante, sotto diversi versanti, il trattamento sanzionatorio inflitto al G. , si rileva - quanto alla mancata estensione nella massima misura possibile della <strong>circostanza attenuante</strong> derivante dalla qualificazione del fatto a lui contestato sub A) della rubrica nell’ambito delle <strong>violazioni di minore gravità dell’art. 609-quater c.p.</strong> - che i giudici del merito, nella loro discrezionalità hanno ritenuto di ridurre, per effetto della ritenuta circostanza attenuante in discorso, la pena base inflitta al prevenuto dalla misura di anni 5 di reclusione, pari già alla soglia minima edittale prevista per il reato in questione, (cioè 60 mesi) sino alla misura di anni 3 e mesi 3 di reclusione (cioè 39 mesi) così abbattendo la pena oltre la misura canonica del terzo di essa, propria delle circostanze attenuanti ordinarie, in tal modo avendo correttamente data atto dell’avventa considerazione dell’effetto speciale caratteristico della attenuante applicata; per il resto la genericità sul punto dell’atto di appello presentato dalla difesa del G. , incentrata al riguardo nell’affermazione, evidentemente inammissibile sul piano della dignità umana oltre che priva di qualsivoglia sostrato giuridico, che, essendo la ragazza già avvezza alle relazioni sessuali, la violazione della sua integrità sessuale avrebbe comunque costituito illecito di minore gravità, ha legittimato la sinteticità della risposta data ad esso dalla Corte la quale non ha ravvisato elementi per estendere oltre la portata demenziale della attenuante.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Quanto agli ulteriori fattori segnalati dalla difesa dell’imputato quali elementi che avrebbero dovuto mitigare il trattamento sanzionatorio a lui inflitto, cioè la giovane età, la sua personalità immatura e disturbata, l’occasionalità delle condotte e le modalità non violente delle stesse, si osserva che la modalità non violenta della condotta (peraltro riferita ai soli reati a sfondo sessuale, posto che le minacce rivolte dal G. , compendiate nel capo C della rubrica, rivelano una non comune carica di aggressività, certamente non tranquillizzante) è stata presa in esame sia in sede di qualificazione giuridica delle condotte delittuose sub A) e B) della rubrica (riferita a delitti non caratterizzati dall’uso della violenza o comunque dalla coartazione della volontà delle persone offese), non tuttavia tale da farle esulare dal fuoco della rilevanza penale, sia in occasione della quantificazione della pena base, contenuta nel minimo edittale; la natura occasionale dell’illecito, soggiunge la Corte, appare smentita sia dalla <strong>pluralità delle condotte contestate</strong> sia dalla loro <strong>pertinace e molteplice articolazione comportamentale</strong>; la personalità dell’imputato non appare presentare dei profili patologicamente rilevanti atti a comportarne una considerazione in sede di determinazione della pena; infine l’età del prevenuto, più che ventunenne al momento dei fatti, egualmente non appare fattore che avrebbe potuto di per sé giustificare un abbattimento della pena, tramite la concessione delle attenuanti generiche, al di sotto dei minimi edittali.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il presente ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Considerata l’avvenuta costituzione di parte civile, l’inammissibilità del ricorso dell’imputato comporta anche la condanna di questo alla rifusione delle spese di difesa di detta parte, secondo le modalità indicate in dispositivo.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p>