<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ordinanza 09 giugno 2021, n. 16153</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><em> - che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 32 Cost., artt. 2059 e 1226 c.c. in una con il vizio di motivazione, lamenta a carico della Corte territoriale l’erroneità con specifico riguardo alla mancata considerazione del criterio della personalizzazione del danno non patrimoniale e comunque la carenza di motivazione in ordine ai criteri di liquidazione del danno stesso;</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>- che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di motivazione, il ricorrente imputa alla Corte territoriale di non essersi pronunziata sul motivo d’appello relativo alla non conformità alla tariffa professionale vigente della quantificazione delle spese di lite da parte del primo giudice; che il primo motivo deve ritenersi infondato atteso che le censure ivi mosse non attengono all’aver la Corte territoriale disatteso il riferimento alle tabelle del Tribunale di Milano cui questa Corte ha riconosciuto la valenza di parametro di conformità della <strong>valutazione equitativa del danno non patrimoniale</strong> alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c. (cfr., da ultimo, Cass. n. 20895/2015, n. 9950/2017 e n. 11754/2018) ma si risolvono nel desumere dal tenore della motivazione il mancato ricorso al <strong>criterio della "personalizzazione" del danno non patrimoniale</strong>. Tale criterio è nella specie da escludersi. Si deve considerare che tale procedimento è diretto a valorizzare, insieme alle conseguenze ordinarie già previste e compensate dalla liquidazione forfetizzata assicurata dalle previsioni tabellari nelle quali, alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte a sezioni unite con la nota sentenza n. 26972/2008, risultano incluse le voci del danno biologico, morale ed esistenziale, sicché in questo quadro la loro autonoma considerazione si risolve in una <strong>inammissibile duplicazione risarcitoria</strong> specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, che da quelle si distinguano, siccome legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale nella specie considerata (caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore, o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali) e meritevoli in quanto tali di una differente, più ricca e, dunque, individualizzata, considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità (cfr. Cass. n. 21939/2017).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In effetti, osserva la Corte, il criterio ben può consistere, risultando congruo ai fini della considerazione delle voci di danno morale ed esistenziale, in un <strong>aumento equitativo delle quantificazione del danno biologico attraverso i meccanismi di oscillazione tabellare</strong> quando, come si deve ritenere nella specie, nulla a riguardo avendo il ricorrente specificato in termini che vadano oltre la descrizione della sintomatologia della sindrome da cui è affetto, non rilevino specificità tali da consigliare o imporre lo scostamento da tali valori standard di "personalizzazione" del danno forfettariamente individuato, ovvero quando la specifica vicenda non rientri nell’ambito dell’ordinario e pur differenziato atteggiarsi delle varie possibili situazioni in astratto idonee ad orientare la liquidazione stessa tra il minimo ed il massimo del parametro tabellare, ma se ne discosti per la presenza di circostanze di cui il parametro stesso, evidentemente costruito in base alla considerazione dell’oscillazione ipotizzabile nell’ambito delle diverse situazioni ordinarie configurabili secondo l’id quod plerumque accidit, non possa aver tenuto conto (cfr. Cass. n. 3505/2016, ma altresì le successive n. 21939/2017, n. 2788/2019, n. 25690/2019);</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>- che, di contro, il secondo motivo si rivela inammissibile, al di là della genericità della formulata censura, non dando conto in questa sede il ricorrente dei motivi su cui aveva fondato l’impugnazione proposta in grado di appello e della loro rilevanza, in considerazione del rigetto da parte del primo giudice di un capo non secondario della domanda e dell’esiguità dell’importo dal medesimo liquidato a titolo di risarcimento del danno (17.000 Euro circa).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>- che il ricorso va dunque rigettato;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>- che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo</em></p>