<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, VI Sezione Penale, sentenza 15 giugno 2021, n. 23330</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><em> Il primo motivo è manifestamente infondato.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Con riferimento alle censure circa la finalità dell’istituto in esame si deve ribadire che non ricorre alcun automatismo nella sua applicazione essendo rimessa al giudice della prevenzione la valutazione della sussistenza dei relativi presupposti, come correttamente affermato nel decreto impugnato.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La questione è stata già affrontata in modo costante nella giurisprudenza di legittimità ed anche le Sezioni Unite nella sentenza n. 46898 del 26/09/2019, Ricchiuto, Rv. 277156, avevano già preso posizione affrontando più specificamente il tema del mezzo di impugnazione, affermando che "Non vi è alcun dubbio che con riferimento all’istituto di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34 e a quello del controllo giudiziario a richiesta della parte pubblica o disposto di ufficio sia doveroso il preliminare accertamento da parte del giudice delle condizioni oggettive descritte nelle norme di riferimento e cioè il grado di assoggettamento dell’attività economica alle descritte condizioni di intimidazione mafiosa e la attitudine di esse alla agevolazione di persone pericolose pure indicate nelle fattispecie. Con riferimento, poi, alla domanda della parte privata, che sia raggiunta da <strong>interdittiva antimafia</strong>, di accedere al controllo giudiziario, tale accertamento (...) non scolora del tutto, dovendo pur sempre il tribunale adito accertare i presupposti della misura, necessariamente comprensivi della occasionalità della agevolazione dei soggetti pericolosi, come si desume dal rilievo che l’accertamento della insussistenza di tale presupposto ed eventualmente di una situazione più compromessa possono comportare il rigetto della domanda e magari l’accoglimento di quella, di parte avversa, relativa alla più gravosa misura della amministrazione giudiziaria o di altra ablativa ".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>È stato poi ulteriormente precisato che la <strong>verifica dell’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa</strong>, che il tribunale è tenuto a compiere per disporre il <strong>controllo giudiziario ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 34-bis</strong>, non deve essere finalizzata ad acquisire un dato statico, consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente, ma deve essere funzionale a un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata, mediante gli strumenti di controllo previsti dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, commi 2 e 3, (Sez. 6, n. 1590 del 14/10/2020, Senesi S.p.a., Rv. 280341).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Tale conclusione è supportata sia dal dato testuale e sia da una ragione di funzionalità del sistema.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Va ricordato, osserva la Corte, che il comma 6 dell’art. 34-bis richiede al Tribunale di verificare la sussistenza "dei <strong>presupposti</strong>" che non possono limitarsi a quelli dell’ammissibilità dell’istanza - <strong>esistenza di una interdittiva prefettizia</strong> e <strong>impugnativa dinanzi al giudice amministrativo</strong> - atteso che l’accesso al "controllo giudiziario" non può rappresentare un espediente per rimuovere gli effetti dell’interdittiva antimafia, soggetta alla verifica giurisdizionale di competenza del giudice amministrativo, tenuto conto che l’ammissione al controllo giudiziario sospende gli effetti della interdittiva prefettizia.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il controllo giudiziario, precisa la Corte, è una <strong>misura di prevenzione patrimoniale giudiziaria</strong>, che, per la sua minore invasività nell’amministrazione dell’impresa, presuppone rispetto alle altre misure patrimoniali <strong>un minor grado di pericolosità di infiltrazione mafiosa</strong>.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nei casi di maggiore pericolo di infiltrazione mafiosa non può trovare, infatti, applicazione la misura del "controllo giudiziario" ma altre più penetranti misure, come il sequestro, la confisca o quella dell’amministrazione giudiziaria prevista dall’art. 34.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Si è osservato, infatti, che tenuto conto delle diverse misure di prevenzione giudiziarie previste dall’ordinamento, non avrebbe senso l’inserimento del comma 6 nel tessuto normativo dell’art. 34 bis, ove l’iniziativa dell’imprenditore, ritenuto "contiguo" alla mafia, potesse orientare la scelta della misura di prevenzione, senza che fosse consentito al giudice della prevenzione di valutarne l’adeguatezza al caso concreto.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Secondo la relazione finale della Commissione Fiandaca, l’istituto si pone effettivamente l’obiettivo di <strong>promuovere il recupero delle imprese infiltrate dalle organizzazioni criminali, nell’ottica di bilanciare in maniera più equilibrata gli interessi che si contrappongono in questa materia</strong>.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ma il punto di incontro tra la misura di prevenzione amministrativa dell’interdittiva antimafia e la misura di prevenzione di competenza della A.G. si colloca nell’ambito di quelle <strong>situazioni di contiguità mafiosa più sfumate e meno gravi</strong>, potendosi solo entro questi limiti, attraverso l’applicazione del controllo giudiziario effettivamente salvaguardarsi l’interesse pubblico alla continuità dell’impresa, sospendendo l’efficacia dei divieti di qualunque attività nei rapporti d’impresa con la pubblica amministrazione (contratti, concessioni o sovvenzioni pubblici), e anche quelli tra privati (autorizzazioni), qualora si reputi che tale rimedio sia sufficiente a scongiurare il pericolo dell’infiltrazione mafiosa e ad emendare l’azienda da tale situazione di rischio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Del resto, soggiunge la Corte, anche il precedente di legittimità richiamato dal ricorrente (Sez. 1, n. 29487 del 07/05/2019, Aniello, Rv. 276303) subordina l’applicazione del controllo giudiziario su richiesta pur sempre alla verifica della rispondenza o meno della misura richiesta alle finalità di recupero dell’impresa, essendosi precisato che “l’analisi delle fonti cognitive disponibili non deve portare, nell’immediato, a riconoscere come sussistente una delle ipotesi tipiche di pericolosità (di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4) a carico del soggetto gestore dell’attività aziendale (posto che, in tal caso, la misura del controllo risulterebbe ictu oculi inadeguata, ed in tale direzione è da ritenersi sia finalizzata la previsione della preliminare interlocuzione con la Procura Distrettuale competente)".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Mentre la posticipazione della verifica del grado di contaminazione mafiosa alla fase posteriore all’accoglimento dell’istanza, sebbene effettivamente prospettata è stata però affermata in termini dubitativi e perplessi, non essendo un tema decisivo per la questione della competenza per territorio affrontata in quella sentenza (essendosi affermato che competente a decidere sulla domanda di applicazione del controllo giudiziario, proposta dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva non è il tribunale del luogo di emissione del provvedimento amministrativo interdittivo, bensì quello del luogo di manifestazione esteriore della pericolosità dei soggetti con cui la compagine aziendale è entrata in contatto).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="3"> <li><em> Le ulteriori censure dedotte nel secondo motivo di ricorso, conclude la Corte, sono inammissibili, perché sollecitano un riesame del merito non consentito in sede di legittimità, attraverso la valutazione degli elementi acquisiti neppure oggetto di impugnazione in sede di appello.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Il Tribunale ha dato conto con scrupolosa e attenta valutazione dei dati acquisiti, delle ragioni per le quali non ha ritenuto che nella specie potesse ravvisarsi una contiguità lieve, indicata come assenza di terzietà dell’impresa ed inadeguatezza della misura, sostanzialmente riconducibile nell’ambito del presupposto normativo della agevolazione meramente "occasionale".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Le argomentazioni del ricorrente volte a prospettare una diversa ricostruzione dei fatti, implicano una lettura alternativa a quella motivatamente fatta propria dal giudice di merito preclusa in sede di ricorso per cassazione, ammissibile in questa materia solo per violazione di legge.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="4"> <li><em> Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila Euro.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p>