<p style="text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 12 luglio 2021 n. 151</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Vanno dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Venezia, in composizione monocratica, con le ordinanze in epigrafe.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.– Preliminarmente, in considerazione dell’identità delle questioni, deve essere disposta la riunione dei giudizi, al fine di definirli con un’unica pronuncia.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>3.– Quanto alle eccezioni di inammissibilità delle questioni, è in primo luogo fondata quella dedotta dall’Avvocatura generale dello Stato in relazione all’art. 117, primo comma, Cost., per essere stato detto parametro <strong>evocato genericamente</strong> con riferimento alla intervenuta applicazione del principio del legittimo affidamento da parte della Corte di giustizia.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Infatti, mancano nelle ordinanze di rimessione l’indicazione delle norme interposte e un sia pur minimo percorso argomentativo a supporto della denunciata illegittimità costituzionale. Inoltre, il giudice a quo non svolge alcuna puntuale considerazione sulle specifiche ragioni di contrasto tra il diritto nazionale ed i parametri interposti, dei quali non e` illustrata, neppure in termini sommari, la concreta portata precettiva.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Le evidenziate carenze, impedendo di identificare il denunciato vulnus costituzionale, conducono inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità della questione sollevata in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost. (sentenza n. 311 del 2013).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.– Con riferimento agli altri parametri, è fondata ed assorbente l’eccezione di inammissibilità con la quale tanto il Comune di Venezia, quanto il Presidente del Consiglio dei ministri sottolineano come la reductio ad legitimitatem auspicata dal rimettente postuli <strong>un’addizione non obbligata</strong>, la cui scelta è prioritariamente affidata alla <strong>discrezionalità del legislatore</strong>.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.1.– L’esame della eccezione richiede una sintetica ricostruzione del contesto normativo in cui si colloca la disposizione censurata.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il procedimento sanzionatorio regolato dalla richiamata legge n. 689 del 1981, recante la disciplina generale sulle violazioni amministrative, si articola in due fasi distinte, la prima delle quali, affidata agli organi di vigilanza, è deputata all’acquisizione di elementi istruttori, e la seconda, avente natura lato sensu contenziosa e decisoria, è preordinata all’adozione, da parte dell’autorità titolare della potestà sanzionatoria, di un atto complesso, l’ordinanza-ingiunzione, di applicazione della sanzione pecuniaria e di ingiunzione del relativo pagamento, ovvero dell’ordinanza di archiviazione.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’elemento di raccordo tra gli indicati snodi procedimentali è costituito dalla contestazione dell’illecito, la quale, a norma dell’art. 14 della legge n. 689 del 1981, se non è effettuata nell’immediatezza dell’accertamento, deve essere notificata «agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento». Il superamento di tale termine – che decorre dal momento in cui si è compiuta o si sarebbe dovuta compiere l’attività amministrativa necessaria a verificare l’esistenza dell’infrazione – è espressamente sanzionato con l’estinzione dell’obbligazione pecuniaria.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.1.1.– Analogo termine non è, invece, contemplato <strong>per la conclusione della fase decisoria</strong>, in quanto il censurato art. 18, al primo comma, dispone che, «[e]ntro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità», e al secondo comma che «[l]’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto».</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’unico termine assegnato all’autorità decidente è, dunque, <strong>quello di prescrizione quinquennale </strong>del diritto alla riscossione delle somme dovute per le violazioni amministrative, previsto dall’art. 28 della citata legge n. 689 del 1981.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.1.2.– Deve essere, tuttavia, rammentato che, a differenza di quanto previsto dalla legge generale sulle sanzioni amministrative, per alcuni trattamenti sanzionatori regolati da fonti normative settoriali, come il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), il legislatore ha previsto <strong>sia un termine prescrizionale</strong>, <strong>sia uno, di natura decadenziale</strong>, entro il quale deve essere emesso il provvedimento sanzionatorio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Talora il termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio è stabilito dalla stessa autorità competente in via regolamentare, oppure, di volta in volta, in sede di avvio dell’iter procedimentale. Emblematica, al riguardo, è l’esperienza delle <strong>autorità amministrative indipendenti</strong>, il cui potere sanzionatorio, pur inserendosi nella più complessa funzione di vigilanza e di controllo, <strong>è comunque soggetto alla legge n. 689 del 1981</strong> (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 8 luglio 2015, n. 3401).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.– Nel procedimento sanzionatorio, riconducibile nel paradigma dell’agere della pubblica amministrazione, ma con <strong>profili di specialità</strong> rispetto al procedimento amministrativo generale, rappresentando la potestà sanzionatoria – che vede l’amministrazione direttamente contrapposta all’amministrato – la reazione autoritativa alla violazione di un precetto con finalità di prevenzione, speciale e generale, e non lo svolgimento, da parte dell’autorità amministrativa, di un servizio pubblico (Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 15 luglio 2014, n. 15825), <strong>l’esigenza di certezza</strong>, nella specifica accezione di prevedibilità temporale, da parte dei consociati, delle conseguenze derivanti dall’esercizio dei pubblici poteri, <strong>assume una rilevanza del tutto peculiare</strong>, proprio perché tale esercizio si sostanzia nella inflizione al trasgressore di svantaggi non immediatamente correlati alla soddisfazione dell’interesse pubblico pregiudicato dalla infrazione.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Infatti, in materia di sanzioni amministrative, il principio di legalità non solo, come evidenziato da questa Corte, impone la predeterminazione ex lege di rigorosi criteri di esercizio del potere, della configurazione della norma di condotta la cui inosservanza è soggetta a sanzione, della tipologia e della misura della sanzione stessa e della struttura di eventuali cause esimenti (sentenza n. 5 del 2021), ma deve necessariamente modellare <strong>anche la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo</strong> con specifico riguardo alla scansione cronologica dell’esercizio del potere.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ciò in quanto la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento <strong>dell’esigenza di certezza giuridica</strong>, in chiave di tutela dell’interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Inoltre, la fissazione di un termine per la conclusione del procedimento non particolarmente distante dal momento dell’accertamento e della contestazione dell’illecito, consentendo all’incolpato di opporsi efficacemente al provvedimento sanzionatorio, garantisce un esercizio effettivo del diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost. ed è coerente con il principio di buon andamento ed imparzialità della PA di cui all’art. 97 Cost.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>6.– Alla peculiare finalità del termine per la formazione del provvedimento nel modello procedimentale sanzionatorio corrisponde una <strong>particolare connotazione funzionale</strong> del termine stesso.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Mentre nel procedimento amministrativo il superamento del limite cronologico prefissato dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990 per l’esercizio da parte della pubblica amministrazione delle proprie attribuzioni <strong>non incide ex se, in difetto di espressa previsione, sul potere</strong> (sentenze n. 176 del 2004, n. 262 del 1997), in quanto il fine della cura degli interessi pubblici perdura nonostante il decorso del termine, la predefinizione legislativa di un limite temporale per la emissione della ordinanza-ingiunzione il cui inutile decorso produca <strong>la consumazione del potere</strong> stesso risulta coessenziale ad un sistema sanzionatorio coerente con i parametri costituzionali sopra richiamati.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>6.1.– A fronte della specifica esigenza di contenere nel tempo lo stato di incertezza inevitabilmente connesso alla esplicazione di una speciale prerogativa pubblicistica, quale è quella sanzionatoria, capace di incidere unilateralmente e significativamente sulla situazione giuridica soggettiva dell’incolpato, <strong>non risulta adeguata la sola previsione del termine di prescrizione</strong> del diritto alla riscossione delle somme dovute per le violazioni amministrative, previsto dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Esso, al di là della varietà delle ipotesi ricostruttive cui la natura “ibrida” della nozione legislativa ha dato adito – che ne individuano l’oggetto ora nel diritto di credito dell’autorità competente, ora nell’illecito, ora nello stesso potere sanzionatorio – identifica il margine temporale massimo dell’inerzia dell’amministrazione, superato il quale l’ordinamento presume il venir meno dell’interesse pubblico a dare attuazione alla pretesa punitiva.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>L’ampiezza di detto termine, di durata quinquennale e suscettibile di interruzione</em></strong><em>, lo rende inidoneo a garantire, di per sé solo, la certezza giuridica della posizione dell’incolpato e l’effettività del suo diritto di difesa, che richiedono contiguità temporale tra l’accertamento dell’illecito e l’applicazione della sanzione.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>7.– Ciò posto, deve, tuttavia, rilevarsi che la omissione legislativa denunciata dal rimettente non può essere sanata da questa Corte, essendo rimessa <strong>alla valutazione del legislatore</strong> l’individuazione di termini che siano idonei ad assicurare un’adeguata protezione agli evocati principi costituzionali, se del caso prevedendo meccanismi che consentano di modularne l’ampiezza in relazione agli specifici interessi di volta in volta incisi.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>7.1.– Nel dichiarare l’inammissibilità delle questioni in esame – in ragione del doveroso rispetto della prioritaria valutazione del legislatore in ordine alla individuazione dei mezzi più idonei al conseguimento di un fine costituzionalmente necessario (sentenza n. 23 del 2013) – questa Corte non può, tuttavia, esimersi dal sottolineare che <strong>il protrarsi della segnalata lacuna normativa</strong> rende ineludibile, per le ragioni dianzi poste in evidenza, un tempestivo intervento legislativo. Tale lacuna, infatti, colloca l’autorità titolare della potestà punitiva <strong>in una posizione ingiustificatamente privilegiata</strong> che, nell’attuale contesto ordinamentale, si configura come un anacronistico retaggio della supremazia speciale della pubblica amministrazione.</em></p>