Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 20 luglio 2021 n. 20761
PRINCIPIO DI DIRITTO
In relazione ad istanza di subentro nell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati all’assistenza abitativa e ampliamento del nucleo familiare non trova applicazione l’istituto del silenzio assenso previsto dall’art. 20 legge 7 agosto 1990 n. 241.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 20 legge n. 241 del 1990, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, operando il termine decadenziale di tre mesi per l’ente gestore anche ai sensi dell’art. 12, comma 5, legge reg. n. 12 del 1999, sulle tre istanze si era formato il silenzio assenso per l’applicabilità dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990, come riconosciuto da TAR Lazio n. 3542 del 2011.
- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 11 e 12 legge reg. Lazio n. 12 del 1999, nonché 53 legge reg. Lazio n. 27 del 2006. Osserva la parte ricorrente di avere legalmente abitato nell’immobile con la propria madre e la zia, sulla base delle richiesta di ampliamento inoltrate all’ente proprietario e dell’originaria posizione di Giuseppina Angeloni di componente del nucleo originariamente assegnatario, e che inoltre aveva convissuto nell’appartamento prima del limite temporale previsto dall’art. 53 legge reg. Lazio n. 27 del 2006, contemplante la regolarizzazione dell’alloggio per gli occupanti senza titolo di alloggi di edilizia residenziale pubblica in presenza delle condizioni richieste per l’assegnazione, come confermato dall’art. 11, comma 5 legge reg. n. 12 del 1999, in base al quale fanno parte del nucleo familiare anche i collaterali fino al terzo grado, purché la stabile convivenza con il richiedente duri ininterrottamente da almeno due anni.
- Con il terzo motivo si denuncia nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che sia in primo grado che in secondo grado era stato chiesto l’ordine di esibizione dell’originario contratto di locazione, anteriore a quello in atti del 1995, e prova testimoniale in ordine alla presenza della madre del ricorrente nel nucleo familiare originario nonché sul trasferimento del Franza nell’immobile già a decorrere dal 2003 e che i giudici di merito avevano taciuto sull’istanza di esibizione e parzialmente anche su quella di prova testimoniale, rigettando l’istanza di testimonianze per la presenza del certificato anagrafico, il quale in realtà non impediva di provare la circostanza a mezzo di testimoni.
4.1. Il primo motivo è infondato.
La giurisprudenza di queste Sezioni Unite in materia di riparto di giurisdizione nelle controversie concernenti gli alloggi di edilizia economica e popolare è ferma nel senso che sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo quando si controverta dell’annullamento dell’assegnazione per vizi incidenti sulla fase del procedimento amministrativo, fase strumentale all’assegnazione medesima e caratterizzata dall’assenza di diritti soggettivi in capo all’aspirante al provvedimento, mentre sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o risoluzione del rapporto locatizio, sottratte al discrezionale apprezzamento dell’amministrazione (Cass. Sez. 9 ottobre 2013, n. 22957; 21 luglio 2011, n. 15977; 28 gennaio 2005, n. 1731; 26 febbraio 2004, n. 3946; 11 marzo 2003, n. 5051; 7 marzo 2002, n. 3389; 10 agosto 2000, n. 563; 23 febbraio 2001, n. 67; 18 dicembre 1998, n. 12703).
In linea con tale consolidato orientamento è stato ritenuto che spetta al giudice ordinario la controversia promossa dal familiare dell’assegnatario, deceduto, di alloggio di edilizia economica e popolare, al fine di far accertare il proprio diritto a succedere nel rapporto locatizio, giacché la disciplina recata in relazione al subentro nell’assegnazione dall’art. 12 della legge reg. Lazio n. 12 del 1999 non riserva all’Amministrazione alcuna discrezionalità al riguardo, configurando, pertanto, un diritto soggettivo (Cass. Sez. U. 12 luglio 2019, n. 18828; Cass. 19 agosto 2016, n. 17201; 26 ottobre 2017, n. 25411; 16 gennaio 2007, n. 757; 10 gennaio 2003, n. 178).
Quale efficace sintesi della materia è utile qui trascrivere la motivazione della recente Cass. Sez. U. 15 gennaio 2021, n. 621: “nella materia degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo ed ordinario trova il suo criterio distintivo nell’essere la controversia relativa alla fase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione dell’alloggio, che segna il momento a partire dal quale l’operare della pubblica amministrazione non è più riconducibile all’esercizio di pubblici poteri, ma ricade invece nell’ambito di un rapporto paritetico (Cass., Sez. Un., 8 marzo 2012, n. 3623; Cass., Sez. Un., 20 aprile 2018, n. 9918; Cass., Sez. Un., 26 febbraio 2020, n. 5252; Cass., Sez. Un., 26 febbraio 2020, n. 5253).
Appartiene, pertanto, alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto la legittimità del rifiuto opposto dalla P.A. all’istanza di assegnazione, a titolo di regolarizzazione, di un alloggio già occupato dal richiedente, in quanto relativa alla fase iniziale del procedimento riconducibile all’esercizio di pubblici poteri.
Simmetricamente, la controversia introdotta da chi si opponga ad un provvedimento della P.A. di rilascio di un immobile di edilizia residenziale pubblica occupato senza titolo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, essendo contestato il diritto di agire esecutivamente e configurandosi l’ordine di rilascio come un atto imposto dalla legge e non come esercizio di un potere discrezionale dell’amministrazione, la cui concreta applicazione richieda, di volta in volta, una valutazione del pubblico interesse; e ciò vale anche qualora sia dedotta l’illegittimità di provvedimenti amministrativi (diffida a rilasciare l’alloggio e successivo ordine di sgombero), dei quali è eventualmente possibile la disapplicazione da parte del giudice, chiamato a statuire sull’esistenza delle condizioni richieste dalla legge per dare corso forzato al rilascio del bene (Cass., Sez. Un., 7 luglio 2011, n. 14956; Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2017, n. 24148; Cass., Sez. Un., 5 aprile 2019, n. 9683; Cass., Sez. Un., 24 maggio 2019, n. 14267).
Nella specie, si è al di fuori di un procedimento amministrativo di assegnazione cui l’occupante abbia partecipato come titolare di un legittimo interesse pretensivo ad essere utilmente collocato nella relativa graduatoria. La controversia ha ad oggetto il rilascio dell’immobile di edilizia residenziale pubblica a seguito di occupazione abusiva o senza titolo. L’opponente, per paralizzare la pretesa di rilascio, ha allegato di possedere i requisiti per l’assegnazione di un alloggio e di avere diritto a subentrare all’originaria assegnataria nel godimento dell’alloggio, secondo quanto previsto della L.R. Lazio 6 agosto 1999, n. 12, artt. 11 e 12 (Disciplina delle funzioni amministrative regionali e locali in materia di edilizia residenziale pubblica). La controversia si svolge in un ambito puramente paritetico (Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2017, n. 24148, cit.). I
nfatti, il subentro nell’assegnazione, per un verso, discende direttamente dalla previsione legislativa in presenza di determinate condizioni, il cui accertamento non implica una valutazione discrezionale da parte della P.A.
Per l’altro verso, esso costituisce una possibile evoluzione del rapporto sorto in esito all’assegnazione e non già l’instaurazione di uno nuovo e diverso (Cass., Sez. Un., 26 maggio 2006, n. 12546; Cass., Sez. Un., 16 gennaio 2007, n. 757; Cass., Sez. Un., 5 aprile 2019, n. 9683, cit.; Cass., Sez. Un., 24 maggio 2019, n. 14267, cit.): il che, ai fini che qui rilevano, comprova che la controversia attiene alla fase successiva al provvedimento di assegnazione dell’alloggio”.
4.2. Il caso di specie è relativo ad una fattispecie di subentro nell’assegnazione dell’alloggio ai sensi dell’art. 12 della legge reg. Lazio n. 12 del 1999. Con riferimento alla fattispecie costitutiva del diritto è emerso nella giurisprudenza di questa Corte un indirizzo più rigorista, il quale anche nel subentro richiede il possesso dei requisiti legali prescritti dall’art. 11 (in termini, fra l’altro, di titolarità di diritti e di reddito annuo) per l’assegnazione (Cass. 9 maggio 2017, n. 11230 e n. 11235; 20 dicembre 2019, n. 34161; 19 febbraio 2020, n. 4235; 22 aprile 2021, n. 10587, con riferimento alla legge della Regione Campania; 17 settembre 2004, n. 18738), mentre secondo altro indirizzo è sufficiente ai fini del subentro il requisito soggettivo della qualità di componente del nucleo familiare originario o ampliato (Cass. 26 ottobre 2017, n. 25411; 22 febbraio 2017, n. 4549).
Si tratta, in realtà, di apparente disarmonia perché, ove si consideri che il requisito legale rilevante previsto dall’art. 11, deve permanere “in costanza di rapporto” (come previsto dalla medesima norma), realizzatosi il subentro per effetto del requisito soggettivo della qualità di componente del nucleo familiare si verifica la decadenza ove manchi il requisito legale. Come da ultimo ancora rammentato da Cass. Sez. U. 18 febbraio 2021, n. 4366, con il provvedimento di revoca la Pubblica Amministrazione verifica la ricorrenza di una causa sopravvenuta di decadenza dall’assegnazione.
Quest’ultima è correlata non già ad una (nuova) valutazione dell’interesse pubblico a mantenere l’assegnazione, bensì all’avvenuto accertamento della carenza del requisito dell’impossidenza e/o del superamento dei limiti reddituali, quale previsto dalla legge (nella specie della Regione Lazio) per il diritto alla conservazione dell’alloggio, e perciò costituente atto con valenza dichiarativa incidente su una posizione di diritto soggettivo dell’assegnatario (Cass. Sez. U. 28 dicembre 2011, n. 29095; 16 gennaio 2007, n. 757 e n. 758).
Ciò che quindi va tenuto fermo è che, conformemente alla giurisprudenza di queste Sezioni Unite, il subentro, corrispondendo ad un diritto soggettivo, non è soggetto ad esercizio di discrezionalità da parte dell’ente amministrativo, tale da configurare una nuova assegnazione, sia pure con titolo preferenziale rappresentato dall’appartenenza al nucleo familiare. Il subentro nell’assegnazione, come si è visto, costituisce una possibile evoluzione del rapporto sorto in esito all’assegnazione e non già l’instaurazione di uno nuovo e diverso, ed è sottoposto all’assenza di condizioni ostative alla permanenza nell’alloggio.
4.3. La valenza di diritto soggettivo della posizione corrispondente al subentro nell’assegnazione esclude che venga in rilievo la problematica del silenzio assenso di cui all’art. 20 legge 7 agosto 1990 n. 241, in base al quale nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine previsto, il provvedimento di diniego. Quale provvedimento tacito, il silenzio ha come interfaccia sostanziale una posizione di interesse legittimo.
Esso costituisce esplicazione ex lege di potestà pubblicistica correlata al mancato esercizio dell’attività amministrativa ed è figura equipollente, sul piano degli effetti giuridici, a un provvedimento amministrativo, come si evince anche dal rinvio nell’art. 20 agli articoli 21-quinquies e 21-nonies, rispettivamente sulla revoca e sull’annullamento d’ufficio del provvedimento. All’art. 20 possono poi rinviare discipline speciali, quale l’art. 45 d. Igs. 26 marzo 2010, 59, che disciplina il procedimento per l’iscrizione in albi, registri o elenchi per l’esercizio delle professioni regolamentate. Vero è che l’art. 133, comma 1, lett. a-bis), cod. proc. amm. prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e dunque anche per ciò che riguarda le controversie involgenti diritti soggettivi, “le controversie relative all’applicazione dell’art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
Dalla disposizione sulla giurisdizione non discende tuttavia che il silenzio assenso possa essere fronteggiato in generale anche da diritti soggettivi. L’applicazione dell’art. 20 rilevante in una controversia su diritti soggettivi, è l’applicazione in via incidentale, e non in via principale. Secondo il fondamentale chiarimento di Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204, le controversie su diritti soggettivi devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sono quelle in cui vi è coinvolgimento dell’azione della pubblica amministrativa quale autorità. Il coinvolgimento è tuttavia soltanto mediato, altrimenti il giudizio avrebbe ad oggetto il sindacato dell’esercizio del potere e dunque una posizione di interesse legittimo.
Per atto o comportamento riconducibile solo mediatamente all’esercizio del potere, per riprendere la formula dell’art. 7 cod. proc. amm., si intende che il rapporto amministrativo ha carattere pregiudicante rispetto a quello dedotto in giudizio, che è un rapporto di diritto comune in quanto attinente ad un diritto soggettivo. Quest’ultimo rapporto è così avvinto da un nesso di pregiudizialità-dipendenza al rapporto amministrativo.
In linea generale quando ricorre il nesso di pregiudizialità-dipendenza fra rapporti giuridici, di diritto comune ed amministrativo, al giudice ordinario è dato il potere di accertamento incidentale sul rapporto amministrativo, ove insorga controversia sul punto, e di disapplicare l’atto amministrativo. Il senso della giurisdizione esclusiva è che, quando ricorra un nesso di pregiudizialità-dipendenza fra la controversia su diritti soggettivi ed il rapporto amministrativo, e si tratti di una delle materie che l’art. 133 cod. proc. amm. considera di giurisdizione esclusiva, la giurisdizione è del giudice amministrativo.
Tornando al silenzio assenso, quando il rapporto relativo a diritti soggettivi, dedotto in giudizio, è avvinto da un nesso di pregiudizialità-dipendenza con il rapporto amministrativo nel quale viene in rilievo una fattispecie di silenzio assenso, la controversia è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Mentre nel caso di giudizio avente ad oggetto il rapporto amministrativo si ha applicazione in via principale dell’art. 20, nella controversia di diritto comune l’applicazione è solo incidentale, per la presenza appunto del richiamato nesso di pregiudizialità-dipendenza.
E’ dunque chiaro che, implicando il silenzio assenso una posizione di interesse legittimo, la controversia sul diritto soggettivo al subentro nell’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica resta estranea all’orbita dell’art. 20.
Né risulta configurabile un nesso di pregiudizialità-dipendenza con un rapporto amministrativo connotato da una fattispecie di silenzio assenso (che avrebbe implicato la devoluzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo). Tutti gli elementi della fattispecie alla base del (- L) rapporto dedotto in giudizio rinviano al diritto civile, senza che vi sia alcuna interferenza della Pubblica Amministrazione quale autorità.
Non essendovi intermediazione del potere amministrativo, il subentro nell’assegnazione di edilizia residenziale costituisce integralmente effetto giuridico dei presupposti di fatto previsti dalla norma. E’ agevole osservare che il rimedio del silenzio assenso risulta irrilevante, avendo la posizione soggettiva consistenza di diritto soggettivo e potendo pertanto l’interessato in via immediata proporre domanda di accertamento innanzi al giudice ordinario in sede civile.
Sotto altro profilo, non è inutile aggiungere che il silenzio assenso, essendo relativo al rapporto singolo fra la parte che propone l’istanza e la competente Amministrazione, non è configurabile neanche con riferimento al pubblico concorso indetto per l’assegnazione dell’alloggio (art. 3 sgg. I. 30 dicembre 1972, n. 1035), nel quale, coerentemente alla logica del concorso, l’Amministrazione è il punto di riferimento di una pluralità di concorrenti. Che la fattispecie del silenzio assenso non possa avere spazio “nella materia dell’assegnazione degli alloggi e.r.p., governata da specifica normativa e caratterizzata da complesse graduatorie” è quanto afferma poi la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, V, 10 ottobre 2017, n. 4688 e 19 febbraio 2018, n. 1013).
4.4. Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: “in relazione ad istanza di subentro nell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati all’assistenza abitativa e ampliamento del nucleo familiare non trova applicazione l’istituto del silenzio assenso previsto dall’art. 20 legge 7 agosto 1990 n. 241”.
- Lo scrutinio degli ulteriori motivi esula dalla questione di massima di particolare importanza posta a queste Sezioni Unite e la decisione ha quindi carattere indipendente dalla questione per la quale vi è stata la rimessione. Il ricorso va pertanto rimesso alla sezione semplice per la decisione degli ulteriori motivi.