Massima
“Da un punto di vista processuale, nel giudizio amministrativo il rapporto processuale non perde la sua unitarietà per il fatto di essere articolato in gradi distinti, sicché la sopravvenuta carenza o l’estinzione dell’interesse al ricorso di primo grado determina l’improcedibilità non solo dell’appello – indipendentemente da chi l’abbia proposto – ma pure dell’impugnazione originaria spiegata innanzi al giudice di primo grado, e comporta quindi, qualora non si verta in ipotesi di vizio o difetto inficiante il solo giudizio di appello, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Quanto al merito del ricorso, sempre più dovrà essere soddisfatto, nella misura in cui lo consentiranno e verranno meno le preminenti esigenze di riservatezza volte a preservare la salute quale interesse della collettività, l’interesse pubblico, sotteso all’accesso civico generalizzato, ad ottenere la massima trasparenza in ordine agli atti con i quali il Governo e le autorità sanitarie hanno inteso fronteggiare, sin dal principio, la diffusione della pandemia da Covid-19 e far luce, secondo il principio della “casa di vetro” che contraddistingue la trasparenza dell’azione amministrativa, sui moduli decisionali, invero complessi e articolati, che hanno condotto, anche in una fase procedimentale istruttoria o meramente preparatoria, all’adozione di misure emergenziali fortemente incidenti sull’esercizio dei diritti fondamentali.”
“Piano Nazionale emergenza”: accesso civico generalizzato
- Gli odierni appellati, membri della Camera dei deputati, hanno presentato il 4 agosto 2020 al Ministero della Salute una istanza con cui hanno chiesto di avere copia del “Piano nazionale emergenza” di cui aveva parlato, in una intervista rilasciata il 21 aprile 2020 al Corriere della Sera, il Direttore Generale della programmazione sanitaria del medesimo Ministero, dott. Andrea Urbani.
1.1. La richiesta è stata presentata dagli odierni appellati «come Deputati della Repubblica italiana nell’esercizio delle prerogative ad essi riservate ex art. 67 Cost.», fondandola «sull’esigenza di conoscere compiutamente la documentazione di corredo alla situazione di emergenza nazionale determinata dalla diffusione del virus COVID-19 a cui il Piano Emergenza Nazionale risulta essere, come evincibile dalla rubrica del documento, strettamente correlato».
1.2. Non ottenendo risposta dal Ministero, essi hanno adìto il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma (di qui in avanti, per brevità, il Tribunale), ai sensi dell’art. 117 c.p.a. o, comunque, ai sensi dell’art. 116 c.p.a. contro il silenzio serbato in ordine all’istanza di accesso a tale documento.
1.3. Nel primo grado del giudizio si è costituito il Ministero per eccepire la genericità e, comunque, l’infondatezza dell’azione avversaria.
1.4. Il Tribunale, con la sentenza n. 879 del 22 gennaio 2021 qui impugnata, ha qualificato l’azione come intesa a far valere il diritto di accesso civico generalizzato al documento richiesto, ai sensi dell’art. 5 del d. lgs. n. 33 del 2013, e ha ordinato al Ministero l’esibizione del documento entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza.
- Avverso tale sentenza ha proposto appello il Ministero, articolando tre distinte censure, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con la conseguente declaratoria di inammissibilità o, comunque, il rigetto della domanda di accesso formulata in origine dagli odierni appellati.
2.1. Questi si sono costituiti per chiedere la reiezione dell’appello, eccependo, peraltro, di avere ricevuto dal Ministero il 17 febbraio 2021, in ottemperanza della sentenza qui impugnata, il documento “Piano Sanitario Nazionale in risposta ad una eventuale emergenza pandemica da Covid 19”.
2.2. Con l’ordinanza n. 1360 del 18 marzo 2021 il Collegio, preso atto della rinuncia alla domanda cautelare da parte del Ministero appellante, ha rinviato la causa per la discussione del merito alla camera di consiglio del 24 giugno 2021.
2.3. In tale camera di consiglio, fissata per la discussione del merito, il Collegio, sentiti i difensori delle parti in modalità da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, conv. con mod. in l. n. 176 del 2020, ha trattenuto la causa in decisione.
- La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei termini qui di seguito precisati.
3.1. Non è contestato invero da alcuna delle parti che la trasmissione del documento richiesto ad opera del Ministero appellante, il 17 febbraio 2021, e cioè il “Piano Sanitario Nazionale in risposta ad una eventuale emergenza pandemica da Covid 19” (v., in particolare, doc. 27 fasc. parte appellata), abbia soddisfatto l’interesse ostensivo azionato nel presente giudizio dagli originari ricorrenti in prime cure ai sensi dell’art. 5 del d. lgs. n. 33 del 2013 e veicolato nell’istanza del 4 agosto 2020, volta a far valere il c.d. accesso civico generalizzato (v., sul punto, Cons. St., Ad. plen., 10 aprile 2020, n. 10) per la trasparenza degli atti adottati dalle autorità sanitarie nel contrasto alla diffusione della pandemia da Covid-19.
3.2. La sopravvenuta carenza di interesse all’actio ad exhibendum determina l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, che ha ordinato – come si è accennato – l’ostensione del documento contestato, in quanto, sensi degli artt. 35, comma 1, lett. c), 38 e 85 comma 9, c.p.a., nel giudizio amministrativo il rapporto processuale non perde la sua unitarietà per il fatto di essere articolato in gradi distinti, sicché la sopravvenuta carenza o l’estinzione dell’interesse al ricorso di primo grado determina l’improcedibilità non solo dell’appello – indipendentemente da chi l’abbia proposto – ma pure dell’impugnazione originaria spiegata innanzi al giudice di primo grado, e comporta quindi, qualora non si verta in ipotesi di vizio o difetto inficiante il solo giudizio di appello, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata (v., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 26 ottobre 2020, n. 6515).
3.3. L’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata è una conseguenza necessitata della circostanza dell’ottenuta esibizione del documento richiesto (v., ancora, doc. 27 fasc. parte appellata), riconosciuta da entrambe le parti, e non è stata sottoposta al contraddittorio di queste, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., poiché detta circostanza – l’avvenuta integrale soddisfazione, cioè, dell’interesse conoscitivo in seguito alla trasmissione del documento – è incontestata tra le stesse parti e, occorre aggiungere, incontestabile perché non esiste e non è mai esistito altro “Piano Nazionale di emergenza per il coronavirus” che quello ora pubblicato e inviato agli appellati il 17 febbraio 2021 (e cioè, come detto, in particolare il “Piano Nazionale sanitario in risposta a un’eventuale emergenza pandemica da Covid-19”), ancorché si tratti di un mero documento di studio esaminato – o, comunque, di ipotesi elaborativa vagliata – dal C.T.S. presso la Presidenza del Consiglio e poi assorbito e confluito nei successivi lavori dello stesso C.T.S.
3.4. Il Ministero della Salute, come ricorda esso stesso nell’atto di appello (p. 12), in seguito alla nota CTS 630-2020/6000 del 4 febbraio 2021 (doc. 10), ha avuto contezza che, in esito alla specifica comunicazione del CO.PA.SI.R. al CTS, i documenti preparatori depositati dal Ministro della Salute durante la sua audizione del 28 aprile 2020 ed acquisiti dal CO.PA.SI.R. non sono classificati e ha proceduto alla pubblicazione, sul proprio sito istituzionale, sia dello studio Merler “Scenari di diffusione di 2019NCOV in Italia e impatto sul servizio sanitario, in caso il virus non possa essere contenuto localmente” e del “Piano Nazionale sanitario in risposta a un’eventuale emergenza pandemica da Covid-19” del CTS, quali compiuti atti preparatori del procedimento che ha condotto all’adizione del “Piano strategico operativo-nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu) 2021-2023”, di cui all’Accordo n. I I/CSR del 25 gennaio 2021, pubblicato in G.U. n. 23 del 29 gennaio 2021 S.O. n. 7 e sul sito del Ministero stesso.
3.5. Si può comunque ora ritenere pienamente soddisfatto nel presente giudizio e, merita qui aggiungere a livello generale, sempre più dovrà essere soddisfatto, nella misura in cui lo consentiranno e verranno meno le preminenti esigenze di riservatezza volte a preservare la salute quale interesse della collettività, l’interesse pubblico, sotteso all’accesso civico generalizzato, ad ottenere la massima trasparenza in ordine agli atti con i quali il Governo e le autorità sanitarie hanno inteso fronteggiare, sin dal principio, la diffusione della pandemia da Covid-19 e far luce, secondo il principio della “casa di vetro” che contraddistingue la trasparenza dell’azione amministrativa (v., su questo punto, la già citata sentenza di Cons. St., Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10), sui moduli decisionali, invero complessi e articolati, che hanno condotto, anche in una fase procedimentale istruttoria o meramente preparatoria, all’adozione di misure emergenziali fortemente incidenti sull’esercizio dei diritti fondamentali.
- Quanto alle spese del doppio grado del giudizio, da liquidarsi secondo il criterio della c.d. soccombenza virtuale, si deve osservare, da un lato, che il documento richiesto dagli odierni appellati con l’originaria istanza di accesso, depositata il 4 agosto 2020, esisteva, anche se, per essere un mero documento di studio o atto istruttorio, preparatorio, non coincideva del tutto con quello al quale si faceva allusione nell’intervista del dott. Urbani, che ha infatti poi successivamente precisato e corretto alcune affermazioni rilasciate nell’intervista, e dall’altro che le esigenze di riservatezza, che avrebbero – e, in effetti, hanno – impedito l’ostensione del documento (trattandosi di mera base elaborativa di studio sottratta all’accesso per effetto del deposito presso il CO.PA.SI.R. dal 28 aprile 2020 fino al 4 febbraio 2021, allorché l’organismo bicamerale ha rimosso il vincolo di riservatezza), sono state fatte valere dal Ministero della Salute solo nel presente grado del giudizio, senza mai essere state eccepite ed opposte nel primo grado del giudizio.
4.1. Alla stregua di queste considerazioni, pertanto, le spese del doppio grado del giudizio possono essere interamente compensate tra le parti ai sensi dell’art. 26 c.p.a. e dell’art. 92 c.p.c. 4.2. Il Ministero appellante, comunque, deve essere condannato a rimborsare il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo grado.
Cons. Stato, V, del 09.07.2021, n. 5213