Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza 21 luglio 2021 n. 20824
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Questa Corte ha chiarito che in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonostante sussista la gìurìsdìzìone esclusiva amministrativa, già in virtù dell’art. 33, comma 2, lettera e), del d.lgs. n. 80 del 1998, come modificato dalla L. n. 205 del 2000, ed oggi dell’art. 133, comma 1, lett. p), dell’allegato 1, del d.lgs. n. 104 del 2010, appartiene alla giurisdizione ordinaria la domanda del privato che si dolga delle concrete modalità di esercizio del relativo ciclo produttivo, assumendone la pericolosità per la salute o altri diritti fondamentali della persona e chiedendo l’adozione delle misure necessarie per eliminare i danni attuali e potenziali e le immissioni intollerabili, atteso che la condotta contestata integra la materiale estrinsecazione di un’ordinaria attività di impresa, allorquando non siano dettate particolari regole esecutive o applicative tecniche direttamente nei provvedimenti amministrativi, sicché non risulta in alcun modo coinvolto il pubblico potere (S.U., n. 11142, 08/05/2017, Rv. 644050);
– dispone l’art. 198, co. 2, d. lgs. n. 152/2006: «I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d’ambito adottati ai sensi dell’articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:
- a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
- b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
- c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;
- d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all’articolo 184, comma 2, lettera f);
- e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare; le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;
- g) l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all’articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all’articolo 184, comma 2, lettere c) e d). Resta, quindi, devoluto alla p.a. l’esercizio del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani; ciò, tuttavia, non fa venir meno, come affermato dalla citata decisione n. 11142/2017, la giurisdizione ordinaria nel caso in cui il privato lamenti la lesione di un diritto soggettivo, e in primo luogo di quello alla salute, derivante dalle concrete modalità scelte dall’azienda incaricata dello smaltimento, non dipendenti da regole cogenti dettate dalla p.a. In perfetta sintonia queste S.U., ancora successivamente, hanno precisato che in materia di danno ambientale, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 310 del d.lgs. n. 152 del 2006, le controversie derivanti dall’impugnazione, da parte dei soggetti titolari di un interesse alla tutela ambientale di cui al precedente art. 309, dei provvedimenti amministrativi adottati dal Ministero dell’ambiente per la precauzione, la prevenzione e il ripristino ambientale, restando invece ferma la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alle cause risarcitorie o inibitorie promosse da soggetti ai quali il fatto produttivo di danno ambientale abbia cagionato un pregiudizio alla salute o alla proprietà, secondo quanto previsto dall’art. 313, comma 7, dello stesso decreto legislativo.
L’eventualità che l’attività nociva sia svolta in conformità a provvedimenti autorizzativi della p.a. non incide sul riparto di giurisdizione (atteso che ai predetti provvedimenti non può riconoscersi l’effetto di affievolire diritti fondamentali dei terzi) ma esclusivamente sui poteri del giudice ordinario, il quale, nell’ipotesi in cui l’attività lesiva derivi da un comportamento materiale non conforme ai provvedimenti amministrativi che ne rendono possibile l’esercizio, provvederà a sanzionare, inibendola o riportandola a conformità, l’attività rivelatasi nociva perché non conforme alla regolazione amministrativa, mentre, nell’ipotesi in cui risulti tale conformità, dovrà disapplicare la predetta regolazione ed imporre la cessazione o l’adeguamento dell’attività in modo da eliminarne le conseguenze dannose (ordinanza n. 8092, 23/04/2020, Rv. 657588).
I principi sopra riportati non trovano reale contrasto in talune altre decisioni solo apparentemente di segno contrario (cisi riferisce, in ispecie, alle S.U. n. 22317/2013, n. 16304/2013 e n. 26913/2014), stante la non sovrapponibilità delle vicende portate al vaglio del giudice. Invero, nei casi da ultimo evocati si trattava di domande con le quali il privato contestava la complessiva gestione comunale del ciclo dei rifiuti, alla quale si addebitava di avere leso, in definitiva, la salubrità del territorio comunale.
Per contro, nel caso qui in esame la Severino lamenta la lesione del bene della salute e la lesione del diritto di godere del proprio immobile, a cagione delle concrete e specifiche scelte operative dell’azienda di gestione dei rifiuti (collocazione di un punto di raccolto nelle immediate vicinanze della propria abitazione e mala gestione dello stesso, così da essere fonte d’immissioni olfattive maleodoranti e di rumori, nonché fonte per la proliferazione di colonie d’insetti e roditori); scelte tutte lasciate all’iniziativa dell’impresa.
Anche in relazione all’individuazione del sito ove collocare il punto di raccolta, come correttamente riporta l’ordinanza di rimessione, il regolamento comunale, posta la distanza massima di duecentocinquanta metri dall’ultimo numero civico, si limita a richiedere che lo spostamento debba «di massima essere concordato con la Circoscrizione competente per territorio». Senza contare, peraltro, che, come affermato con l’ordinanza n. 8092/2020, sopra citata, ove l’attività nociva derivi dalla regolazione amministrativa il giudice ordinario dovrà disapplicare la predetta regolazione ed imporre la cessazione o l’adeguamento dell’attività in modo da eliminarne le conseguenze dannose.
Consegue a quanto esposto il riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario. La natura officiosa del procedimento esclude regolamento delle spese.