Massima
“Una volta accertato che il credito è strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, il creditore ha l’onere di provare di avere ignorato in buona fede tale nesso di strumentalità, prestando un affidamento incolpevole nella relativa operazione negoziale; e la legge (D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, comma 3) indica i criteri in base ai quali valutare la buona fede, precisando che il giudice deve tenere conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi.
La buona fede è da riconoscere quando emerge una credibile inconsapevolezza delle attività svolte dal prevenuto e, a tal fine, il legislatore ha inteso richiamare il concetto civilistico della tutela dell’affidamento incolpevole: la conseguenza è che il convincimento del terzo sulla situazione apparente deve essere incolpevole e la relativa indagine sul punto deve compiersi caso per caso con riferimento alla ragionevolezza dell’affidamento, che non potrà essere invocato da chi versi in una situazione di negligenza ovvero per non avere osservato comuni norme di prudenza attraverso cui accertarsi della realtà delle cose, anziché affidarsi alla mera apparenza dei fatti.
In particolare, gli operatori bancari, esperti nelle norme e negli usi bancari nonché nella normativa in materia di reimpiego o riciclaggio di attività illecite, nella concessione del credito si attengono normalmente ad un livello di diligenza piuttosto elevato, essendo tenuti a verificare l’affidabilità di coloro che richiedono il finanziamento attraverso la richiesta e l’esame di tutta la documentazione necessaria per garantire opportunamente la banca, oneri che si sono rafforzati dopo l’entrata in vigore della L. n. 346 del 1986, cd. Rognoni-LaTorre.
L’inosservanza degli obblighi gravanti sull’operatore del settore non rileva in quanto tale, ma deve sussistere un nesso di causalità tra il mancato rispetto di detti obblighi e la mancata conoscenza del nesso di strumentalità prima dell’erogazione del credito.
Quanto poi alle vicende circolatorie del rapporto obbligatorio, la scelta di sostituire integralmente un debitore all’altro (se del caso modulando anche diversamente il tenore dell’obbligo) non si differenzia da quella della originaria erogazione, di talché una condotta che non sia stata conforme alle regole di diligenza ordinariamente connotanti la specifica situazione negoziale (nel caso quelle che regolamentano il sistema bancario) si frappone decisamente alla dimostrazione della buona fede rispetto ad un credito che, a monte, si sia rilevato strumentale alle condotte illecite ascritte al soggetto attinto dalla confisca o a quelle (attività) che ne abbiano costituito il frutto o il reimpiego.
In ipotesi invece di accollo non liberatorio, l’Istituto bancario non può “opporsi” all’operazione realizzata tra accollante e accollatario, e in quanto tale non può essere ritenuto negligente ai fini di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52. L’assenza di verifiche operate dall’istituto erogante nei confronti dell’accollante deve infatti ritenersi ininfluente sul profilo della strumentalità del credito oggetto di insinua, la cui colpevole inconsapevolezza dunque finisce per non rilevare sulle ragioni utili a giustificare la reiezione della domanda. Va infatti rimarcato che la banca mutuante, all’esito dei possibili controlli che avrebbe potuto svolgere nei confronti dell’accollante, pur tenendo un atteggiamento oppositivo, se del caso rifiutando l’adempimento del terzo, non avrebbe comunque inciso sugli effetti derivati dalla operazione di accollo, immediatamente correlati al profilo della strumentalità. Una eventuale scelta oppositiva, infatti, non sarebbe stata comunque in grado di incidere sull’operazione negoziale tra accollante e accollato, in tali casi destinata a mantenersi nei limiti di un accollo interno, ferma la validità dell’accordo comunque raggiunto tra le dette parti.”
*Misure di sicurezza e prevenzione – Terzi di buona fede e diritti non strumentali all’attività illecita
- La fondatezza delle ragioni di doglianza esposte nei ricorsi in esame impone l’annullamento del provvedimento impugnato, diversamente giustificato in ragione delle singole posizioni di credito portate allo scrutinio della Corte.
- Prima di esaminare i singoli ricorsi e procedere alla valutazione dei relativi motivi ritiene la Corte necessario definire le indicazioni di principio che, oltre a dominare il presente intervento rescindente, in coerenza dovranno anche guidare il giudice del rinvio nel procedere, all’esito dell’odierno annullamento, a un nuovo scrutinio delle posizioni di credito oggetto della odierna regiudicanda.
- La verifica dei crediti resa nell’occasione risulta disciplinata dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52 e ss., richiamati, per le ipotesi di confisca, come quella di specie, resa ai sensi dell’art. 240 bis c.p., dall’art. 104 bis disp. att. c.p.p.. In ragione di tanto, e in particolare del tenore del citato D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, giova rimarcare che la confisca adottata non pregiudica la garanzia patrimoniale assicurata, ex art. 2740 c.c., dai beni abiati avuto riguardo ai crediti dei terzi che non siano risultati “strumentali all’attività illecita svolta dal proposto” o a quella (attività) “che ne costituisce il frutto o il reimpiego”, salvo che, in quest’ultimo caso, il creditore “non dimostri la buona fede e l’inconsapevole affidamento”. Da qui la centralità dei due temi che nel caso, trasversalmente, occupano tutti i ricorsi portati allo scrutinio della Corte: quello inerente il profilo della “strumentalità” del credito oggetto di insinua e quello afferente le valutazioni rese in ordine alla prova della buona fede del creditore istante.
- All’evidenza, i due aspetti sono tra loro fortemente legati. Il profilo della strumentalità – o meno – dell’operazione creditizia rispetto alla realizzazione o alla prosecuzione dell’attività illecita oggetto di apprezzamento nell’ambito della procedura che ha determinato la confisca, si interseca, infatti, con quello, comunque diverso e logicamente successivo, afferente la buona fede del creditore che agisce con la domanda di insinua: si intreccia inevitabilmente, infatti, con aspetti del giudizio che finirà per riguardare la condizione soggettiva del creditore che aspira al riconoscimento di tutela della propria posizione giuridica.
- Malgrado tale inevitabile interconnessione, i due profili vanno comunque tenuti distinti.
5.1. La strumentalità, infatti, rappresenta una indefettibile precondizione del successivo scrutinio relativo alla buona fede del creditore. Il nesso che corre tra le ragioni dell’applicazione della misura reale e la finalizzazione del credito oggetto di insinua non va ritenuto aprioristicamente: costituisce, piuttosto, oggetto di un preciso e pregiudiziale accertamento da parte del Tribunale, che è dunque tenuto a motivare muovendo dal ruolo e dalle condotte illecite del soggetto in danno del quale è stata eseguita la confisca; rimarcando, in caso di confisca che ha coinvolto imprese, individuali o collettive, il collegamento che lega tale soggetto all’ente debitore; provvedendo infine ad una puntuale ricostruzione della relativa vicenda negoziale, rimarcandone gli indicatori in fatto che consentono di pervenire alla ritenuta strumentalità tra i due citati momenti del relativo giudizio.
5.2. In questa ottica, nella giurisprudenza di questa Corte si è rilevato che il D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 52, esclude ogni pregiudizio dei diritti di credito dei terzi preesistenti al sequestro, a meno che non risulti accertata la strumentalità del credito rispetto all’attività illecita, e che solo in questo caso incombe al creditore, per far valere il proprio diritto, l’onere di dimostrare la ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalità (Sez. VI n. 36690 del 30.6.2015, Rv 265606; Sez. VI, n. 55715 del 23.11.2017, Rv 272232).
5.3. Tale onere, di certo, risente delle diverse dinamiche in fatto sottese alla situazione di volta in volta apprezzata: può dunque modularsi in modo diverso, facendo anche leva su presunzioni semplici, laddove, fossero già presenti, al momento della instaurazione della vicenda negoziale o in coincidenza con snodi di rilievo del relativo rapporto obbligatorio, in termini se non di contestualità, comunque di contiguità temporale, gli elementi in fatto sintomatici della attività illecita del soggetto attinto dalla confisca, da raccordare alla operazione negoziale fonte del credito oggetto di insinua. Altrettanto incontrovertibilmente, tuttavia, l’operatività di siffatte presunzioni non esonera dall’onere motivazionale sul punto, occorrendo dare sempre conto quantomeno del potenziale collegamento tra le ragioni dell’applicazione della confisca e la finalizzazione del credito in contestazione, muovendo, per forza di cose, dal ruolo e dalle cointeressenze del soggetto attinto dalla misura reale.
5.4. Ferma la possibile incidenza che tale situazione in fatto potrà anche assumere sul successivo giudizio afferente la dimostrazione della buona fede del creditore quanto all’evidenza esterna di tali indici, resta dunque da ribadire che il relativo nesso di strumentalità, pur con le facilitazioni logiche se del caso ricavate dalla singola vicenda, va comunque argomentato.
- Una volta accertato che il credito è strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, il creditore ha l’onere di provare di avere ignorato in buona fede tale nesso di strumentalità, prestando un affidamento incolpevole nella relativa operazione negoziale; e la legge (citato D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, comma 3) indica i criteri in base ai quali valutare la buona fede, precisando che il giudice deve tenere conto “delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi”.
6.1. Esclusa l’ipotesi della comprovata collusione del terzo nell’attività criminosa, ovviamente incompatibile in radice con l’ammissione, la buona fede è da riconoscere quando emerge una credibile inconsapevolezza delle attività svolte dal prevenuto e, a tal fine, il legislatore ha inteso richiamare il concetto civilistico della tutela dell’affidamento incolpevole: la conseguenza è che il convincimento del terzo sulla situazione apparente deve essere incolpevole e la relativa indagine sul punto deve compiersi caso per caso con riferimento alla ragionevolezza dell’affidamento, che non potrà essere invocato da chi versi in una situazione di negligenza, ad esempio per avere notevolmente trascurato l’osservanza di obblighi derivanti dalla stessa legge (si vedano gli artt. 1175, 1176, 1189, 1337, 1341, 1366, 1375, 1393, 1396 e 1429 c.c.) ovvero per non avere osservato comuni norme di prudenza attraverso cui accertarsi della realtà delle cose, anziché affidarsi alla mera apparenza dei fatti (in questo senso cfr. Cass. Sez. 6, n. 50018 del 17 settembre 2015, Intesa Sanpaolo S.p.a., Rv. 265930; Cass. Sez. 2, n. 10770 del 29 gennaio 2015, Island Refinancing S.r.l., Rv. 263297; Cass. Sez. 6, n. 2334 del 15 ottobre 2014, (…) S.p.a., Rv. 263281; Cass. Sez. 1, n. 2501 del 14 gennaio 2009, San Paolo Inni S.p.a., Rv. 242817).
6.2. Rapportando l’onere di diligenza imposto alle connotazioni del creditore istante, così come precisato dal citato art. 52, comma 3, con specifico riferimento alle ipotesi in cui il creditore ricorrente è un istituto di credito, si è condivisibilmente affermato che “la buona fede assume rilievo nel caso di specie non tanto in funzione dell’affidabilità di un determinato soggetto a far fronte al proprio debito, ma nel quadro di un giudizio di meritevolezza del perdurante riconoscimento di un credito, pur originato da causali implicanti il coinvolgimento in affari di criminalità. Di qui la necessità di un riscontro ex post della mancanza di elementi tali da far ritenere illo tempore concretamente plausibile agli occhi del creditore quel nesso di strumentalità” (Sez. 6, n. 25505 del 02/03/2017, cit.).
6.3. E in questa ottica, si è rimarcato che “gli operatori bancari esperti nelle norme e negli usi bancari nonché nella normativa in materia di reimpiego o riciclaggio di attività illecite, nella concessione del credito si attengono normalmente ad un livello di diligenza piuttosto elevato, essendo tenuti a verificare l’affidabilità di coloro che richiedono il finanziamento attraverso la richiesta e l’esame di tutta la documentazione necessaria per garantire opportunamente la banca, oneri che si sono rafforzati dopo l’entrata in vigore della L. n. 346 del 1986, cd. Rognoni-LaTorre” (Sez. 6, n. 50018 del 17/09/2015, Intesa Sanpaolo S.p.a, 265930). La prova della buona fede, dunque, in siffatte situazioni non può che passare dalla regolarità delle attività di istruzione della pratica secondo le comuni regole e prassi bancarie nonché dal rispetto della normativa antiriciclaggio (Sez. 6, n. 36690 del 30/06/2015, Banca Monte Dei Paschi Di Siena s.p.a., Rv. 265606).
6.4. Per l’esclusione del credito, non basta, tuttavia che l’erogazione del mutuo non sia conforme ad una corretta gestione bancaria: occorre, piuttosto, che il mancato rispetto degli obblighi di diligenza sia espressamente sintomatico della mancanza di buona fede. In altre parole, l’inosservanza degli obblighi gravanti sull’operatore del settore non rileva in quanto tale, ma deve sussistere un nesso di causalità tra il mancato rispetto di detti obblighi e la mancata conoscenza del nesso di strumentalità prima dell’erogazione del credito (Sezione 2, n. 7879 del 30 gennaio 2020, n. m.).
6.5. Un discorso a parte merita l’ipotesi relativa alla pretesa azionata dal creditore nei confronti del terzo accollante. In tesi, in siffatti casi occorre guardare non solo alle verifiche operate al momento di erogazione del credito ma anche a quelle sottese alla modifica ex latere debitoris dell’originario rapporto, atteso che tutte le vicende destinate a connotare sensibilmente il rapporto nei suoi estremi soggettivi e oggettivi possono rilevare nell’ottica dello scrutinio che occupa (Sez. 1, n. 44714 del 13/07/2016, (…) Spa, Rv. 268507). Ciò, tuttavia, sempre che gli oneri imposti in questo caso all’erogante siano immediatamente giustificati dalle modalità che connotano siffatta modifica soggettiva.
6.6. Di certo, tanto deve sostenersi in caso di accollo liberatorio, sia solo privativo o anche, e a maggior ragione, novativo: la scelta di sostituire integralmente un debitore all’altro (se del caso modulando anche diversamente il tenore dell’obbligo) non si differenzia da quella della originaria erogazione, di talché una condotta che non sia stata conforme alle regole di diligenza ordinariamente connotanti la specifica situazione negoziale (nel caso quelle che regolamentano il sistema bancario) si frappone decisamente alla dimostrazione della buona fede rispetto ad un credito che, a monte, si sia rilevato strumentale alle condotte illecite ascritte al soggetto attinto dalla confisca o a quelle (attività) che ne abbiano costituito il frutto o il reimpiego.
6.7. Una analoga soluzione non vale per i casi di accollo cumulativo non liberatorio.
6.7.1. Non ignora il Collegio che secondo un orientamento espresso da questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 44714 del 13/07/2016, Rv. 268507), in tema di confisca di prevenzione, ai fini dell’ammissione del credito allo stato passivo, in caso di successione nell’originario rapporto giuridico, l’accertamento giudiziale deve comunque investire anche le circostanze in cui tale successione si è realizzata, dovendosi escludere la buona fede del creditore ipotecario che non abbia svolto alcun accertamento per verificare la solvibilità e l’affidabilità e, più in generale, la personalità del debitore subentrato nel contratto di mutuo quale accollante cumulativo del debito originario.
6.7.2. L’assunto tuttavia non convince e risulta superato dalla prevalente giurisprudenza di segno opposto di questa Corte (Sez. 6 n. 2334 del 15.10.2014, rv 263281; Sez. I n. 4208 del 19.9.2014 n. m.; Sez. 2, n. 18111 del 18/2/2016, n. m.; Sez. 1, n. 33083 del 1/4/2016, n. m.; Sez. 6, n. 31886 del 23/5/2017, n. m.; Sez. 5, n. 45384 del 18/10/2019, n. m.) cui il Collegio mostra di aderire, in forza del quale, in ipotesi di accollo non liberatorio, l’Istituto bancario non può “opporsi” all’operazione realizzata tra accollante e accollatario, e in quanto tale non può essere ritenuto negligente ai fini di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52. L’assenza di verifiche operate dall’istituto erogante nei confronti dell’accollante deve infatti ritenersi ininfluente sul profilo della strumentalità del credito oggetto di insinua, la cui colpevole inconsapevolezza dunque finisce per non rilevare sulle ragioni utili a giustificare la reiezione della domanda. Va infatti rimarcato che la banca mutuante, all’esito dei possibili controlli che avrebbe potuto svolgere nei confronti dell’accollante, pur tenendo un atteggiamento oppositivo, se del caso rifiutando l’adempimento del terzo, non avrebbe comunque inciso sugli effetti derivati dalla operazione di accollo, immediatamente correlati al profilo della strumentalità. Una eventuale scelta oppositiva, infatti, non sarebbe stata comunque in grado di incidere sull’operazione negoziale tra accollante e accollato, in tali casi destinata a mantenersi nei limiti di un accollo interno, ferma la validità dell’accordo comunque raggiunto tra le dette parti: l’accollato, quindi, avrebbe ricevuto dall’accollante in ogni caso la provvista per adempiere al mutuo nei termini di cui al relativo contratto, a prescindere dalla adesione della banca (che vale unicamente ad obbligare l’accollante direttamente nei confronti della stessa); e il prezzo dell’operazione sarebbe stato ugualmente frazionato attraverso il pagamento rateale previsto dal mutuo di riferimento, cosi da realizzare comunque la ragione economica per forza di cose sottesa al giudizio di strumentalità del credito rispetto all’azione illecita del proposto (in tesi favorito da una ripartizione nel tempo del relativo investimento, sostenuto dai proventi di matrice direttamente o indirettamente illecita legati alle condotte illecite ascritte allo stesso). Non è un caso, del resto, che le valutazioni che attengono al merito creditizio in ipotesi di accollo cumulativo hanno un portato diverso per la natura sostanzialmente neutra di tale subentro, atteso che la banca è comunque cautelata dalla prelazione ipotecaria e che in genere le stesse sono motivate dall’esigenza di scongiurare ritardi e complicazioni nella escussione del dovuto, ferma la perduranza dell’obbligo in capo all’originario mutuatario. Rimarcarne, tuttavia, il mancato rispetto nell’ottica della prova liberatoria inerente la buona fede del terzo creditore istante, quando l’eventuale esecuzione diligente dei relativi controlli non avrebbe influito in nulla sul consolidamento finanziario dei momenti di finalizzazione patrimoniale delle condotte illecite correlate alla figura del soggetto attinto dalla confisca, costituisce il segno di una lettura interpretativa del disposto di cui al citato art. 52 di certo non condivisibile, perché destinata ad ampliare irragionevolmente l’area delle pretese creditizie inopponibili alla procedura. Altro sarebbe a dirsi, piuttosto, se l’accollo fosse stato condizionato all’adesione anche non liberatoria della banca così che, laddove negata, la stessa di fatto avrebbe impedito alla accollante di avvalersi comunque indirettamente del mutuo per sovvenzionare la realizzazione o la prosecuzione dell’attività illecita apprezzata a sostegno della misura reale applicata. Ove apprezzabile in fatto, una tale situazione, anche nel caso di accollo cumulativo, potrebbe dare conto di un ruolo assunto dalla Banca erogante di sensibile rilievo rispetto all’intera operazione negoziale che coinvolgeva il soggetto interessato dalla misura reale: sicché, l’eventuale assenso reso senza le opportune verifiche utili a disvelarne la possibile strumentalità, non sarebbe in grado di permettere alla banca creditrice di rivendicare la buona fede a supporto del credito oggetto di insinua.
- Alla luce di siffatte indicazioni di principio possono ora esaminarsi i singoli motivi di doglianza dei rispettivi creditori odierni ricorrenti.
- Con riguardo ai ricorsi proposti nell’interesse di G.L. e (…) 2018 s.r.l., rileva la Corte come entrambe le impugnazioni rappresentano un comune e assorbente profilo pregiudiziale: la fondatezza del relativo rilievo rende inutile la disamina delle ulteriori ragioni di doglianza. I due soggetti ricorrenti, infatti, come già evidenziato, in origine hanno interposto ricorso per cassazione avverso la decisione del GIP. I suddetti creditori istanti, ancora prima che venisse depositata la motivazione della decisione assunta da questa Corte (con la quale i relativi ricorsi sono stati convertiti nell’opposizione di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 59), hanno quindi visto trattata e rigettata la relativa impugnazione. Il tutto senza mai essere stati convocati innanzi al Tribunale per l’udienza camerale relativa alle dette opposizioni. Da qui l’evidente violazione del contraddittorio che deve precedere la decisione assunta e la conseguente nullità del provvedimento assunto nei loro confronti, rispetto al quale si impone l’annullamento con rinvio al Tribunale per nuovo giudizio.
- Ricorso nell’interesse del (…) spa, quale incaricato di (…) s.r.l.. Anche per questo ricorso si impone una definizione pregiudiziale al merito. Tale posizione rientra tra quelle erroneamente trasmesse dal Tribunale alla Corte, ritenendo proponibile, avverso la decisione del G.I.P., unicamente il ricorso in cassazione. La pretesa, per quanto emerge dalla complessiva disamina degli atti, riguardava il saldo passivo di due diversi mutui ipotecari in origine concessi da (…) alla (…) srl, società riferibile al G. (credito poi acquistato nel 2007 da (…) srl). In particolare risulta esaminata e rigettata dal G.I.P. (punto n. 8 delle relative istanze di ammissione). Malgrado l’opposizione interposta, l’annullamento senza rinvio disposto da questa Corte e la trasmissione degli atti (aspetti già evidenziati nella parte in fatto), il Tribunale ne ha integralmente pretermesso lo scrutinio. Si impone anche in relazione a tale impugnazione l’annullamento con trasmissione degli atti per l’esame.
- (…) s.p.a., in precedenza rappresentata da (…) s.p.a..
10.1. Giova premettere che l’esame degli atti, e in particolare della decisione assunta dal G.I.P. in sede di verifica, consente di affermare che il credito in questione trovava fondamento in un mutuo ipotecario in origine concesso da (…) a (…) S.r.l., diretto a finanziare la realizzazione di un complesso immobiliare; all’originaria parte mutuataria è poi subentrata nel 2010 la società (…) S.r.l. tramite un accollo cumulativo dell’originario mutuo contratto dalla venditrice. Emerge, inoltre, che nel marzo del 2008 la originaria mutuataria ((…) S.r.l.) ebbe a concedere alla società Eurogrande Costruzione S.r.l., l’appalto per la realizzazione del citato complesso immobiliare sul terreno dato in garanzia a supporto del citato mutuo ipotecario; e che la Eurogrande era società formalmente partecipata dai figli di G.A.F. , fratello di N. , esponente di rilievo della ‘ndrina G.A. .
10.2. Il G.I.P., trascurando il preliminare aspetto della strumentalità del credito erogato rispetto alle azioni illecite riferibili al soggetto colpito dall’intervento ablativo, ha concentrato la sua valutazione sul profilo inerente la buona fede del creditore istante, ritenuta non comprovata alla luce sia dei notevoli passaggi di proprietà delle quote di (…) srl, in epoca antecedente alla erogazione del mutuo, tutti resi al valore nominale in controtendenza rispetto all’operazione commerciale da finanziare, che presupponeva invece un naturale accrescimento del relativo valore di mercato delle stesse; sia del coinvolgimento nella esecuzione del complesso immobiliare di una società riferibile al G.A.F. .
10.3. Il provvedimento impugnato, nel rispondere alle ragioni di contestazione sollevate con l’opposizione dal creditore istante, per quel che è dato comprendere (attesa la non immediata intellegibilità del provvedimento), pare legare il giudizio sulla strumentalità del credito all’insieme di finanziamenti che anche (…) avrebbe garantito alle società vicine alla famiglia G.A., considerata l’entità di siffatte erogazioni e la modestia delle restituzioni. In particolare ha fatto leva sulla pacifica riferibilità di talune iniziative immobiliari alla ‘ndrina di riferimento, come attestata dalla sentenza di condanna confermata in appello; e, per altro verso, ha escluso la buona fede rimarcando lo spessore criminale del G.A. e la assenza di verifiche da parte della banca in ordine al puntuale avanzamento dei lavori finanziati con il mutuo in linea con le progressive erogazioni, dalle quali sarebbe invece emerso che il relativo plesso immobiliare, per quanto puntualmente finanziato, era largamente incompleto.
10.4. Nel ricorso si contestano entrambi i profili con conseguente lamentata violazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, nonché vizio di motivazione. La strumentalità del credito sarebbe stata unicamente ricavata dalla erogazione del mutuo, senza considerare che la connotazione criminale delle società coinvolte ebbe a realizzarsi solo nel 2011 con l’ingresso nella (…) srl di soggetti quali C.S. e V.R. portatori degli interessi di matrice mafiosa. Ciò tuttavia quando il capitale era stato interamente erogato, si che il giudizio di strumentalità sarebbe stato effettuato guardando ad un momento diverso da quello, essenziale al fine, della erogazione del prestito destinato a sostenere l’azione illecita. Quanto al giudizio inerente la buona fede si rimarca da parte della difesa che nell’erogare il mutuo furono rispettate tutte regole di prudenza imposte dalla normativa antiriciclaggio e osservate le disposizioni legge e di prassi bancaria nel verificare il merito creditizio. Ciò malgrado, il Tribunale, senza considerare che il giudizio inerente la buona fede deve riguardare esclusivamente la conoscenza o la conoscibilità del nesso di strumentalità tra il finanziamento erogato e l’attività illecita sottesa al vincolo disposto, si sarebbe limitato a valutazioni astratte, prive di immediata riferibilità alla vicenda negoziale scrutinata, facendo peraltro riferimento ad una posizione, quella di G.A.F. , eccentrica rispetto al mutuo erogato, perché a tutto concedere coinvolto in una società chiamata a realizzare in appalto dalla mutuataria opere edilizie sul terreno dato in garanzia.
10.5. Il provvedimento mostra carenze evidenti sotto entrambi i versanti messi in discussione dal ricorso.
10.5.1. Ad avviso del Tribunale il finanziamento erogato avrebbe sostenuto le società riferibili alla ndrina dei G.A. , conclusione questa che muove dal presupposto logico in forza del quale, all’epoca delle relative erogazioni o al verificarsi di snodi negoziali di interesse rispetto alla protrazione del rapporto negoziale di riferimento, i soggetti destinatari del finanziamento fossero pacifica espressione di quel contesto criminale e che le relative iniziative imprenditoriali altro non fossero che il reimpiego delle ragioni di lucro ricavate dalle rispettive attività illecite, ulteriormente sostenute dalla concessione dei finanziamenti in questione.
10.5.2. Vi è tuttavia che dalla lettura delle due decisioni assunte dai giudici del merito non è dato comprendere se tale giudizio sia stato riferito alla società originaria destinataria del mutuo ((…) S.r.l.), o a quella che è poi subentrata al momento dell’accollo o se si riferisce ad entrambi tali poli negoziali (originaria mutuataria e accollante) quali espressioni di un unico programma comunque pervaso dalle logiche criminali illecite che hanno giustificato l’adozione della confisca. Quale che sia la strada seguita, manca integralmente ogni riferimento al soggetto attinto dalla misura ablativa, Il G.G. cui risultano ascritte le utilità confiscate, dalla cui posizione, all’evidenza, non si può prescindere. Le valutazioni rese sulla strumentalità non possono infatti che prendere le mosse dal ruolo di quest’ultimo, dalla riconducibilità al suddetto della iniziativa imprenditoriale finanziata nonché dalla presenza di altri indicatori in fatto, presenti al momento della erogazione o in altri momenti di rilievo nell’operazione negoziale che interessa, attraverso i quali collegare al G. e alle sue azioni illecite l’attività edificatoria da sostenere con il finanziamento rimasto inadempiuto quanto al relativo obbligo restitutorio.
10.5.3. Se la strumentalità viene riferita alla data di erogazione del mutuo, occorrerà dunque precisare in che termini si poneva all’epoca G. rispetto alla originaria mutuataria, sempre dopo aver precisato se e in che modo lo stesso poteva già ritenersi protagonista delle interessenze criminali cristallizzate dalla condanna resa ai suoi danni, posta a fondamento della confisca. Se la strumentalità risulta invece riferita ad ambiti negoziali diversi e successivi, quali le tranche di finanziamento successive alla prima erogazione e correlati agli stati di avanzamento lavori, dovrà meglio argomentarsi in ordine al rilievo assunto, sotto questo versante, dalla commessa dell’appalto edilizio conferito dalla originaria mutuataria alla società riferibile al G.A.F. , anche alla luce della evidenziata (sotto il correlato ma successivo e distinte versante del giudizio di buona fede) ma non altrettanto puntualmente sviluppata non coincidenza tra incedere delle somme erogate e stati di avanzamento lavori non altrettanto corrispondenti. Ancora, se il giudizio di strumentalità risulta riferito solo alla (…) srl, occorre precisare in cosa si sia risolta la strumentalità rispondendo ai rilievi di parte ricorrente in ordine al fatto che sia l’accollo dell’originario mutuo come del resto il manifestarsi all’esterno di una partecipazione soggettiva a tale ente da parte di esponenti della realtà criminale di Cutro si sia verificata quando ormai le somme erano state tutte puntualmente erogate. Se infine (…) S.r.l. e la (…) S.r.l. hanno costituito lo sviluppo unitario e progressivo del medesimo programma imprenditoriale, pervaso dalle logiche criminali sottese alla confisca, tanto va espressamente argomentato, ma sempre muovendo, quale imprescindibile spunto di partenza del relativo motivare dal ruolo assunto da G. in tale vicenda imprenditoriale e dai criteri di collegamento dello stesso con le società coinvolte nella operazione negoziale sottesa al diritto di credito in disamina.
10.5.4. Ovvio, poi, che tali vuoti argomentativi, per la rimarcata interconnessione che lega i due temi, finiscono per incidere decisamente anche sul giudizio inerente la buona fede del creditore istante, i cui contenuti dipendono intimamente dalla definizione del profilo afferente la strumentalità. Il relativo giudizio, dunque, andrà nuovamente effettuato una volta colmate le citate carenze argomentative, alla luce del contenuto specifico assunto dalla rilevata (e sempre se nuovamente) ritenuta strumentalità e delle indicazioni in diritto sopra precisate con riferimento alla prova della buona fede. In particolare, il giudice del rinvio avrà cura di verificare che il giudizio inerente la buona fede e l’incolpevole affidamento del creditore istante risulti immediatamente rapportato ai contenuti della riscontrata finalizzazione illecita del finanziamento, rimarcandone i profili di leggibilità da parte dell’operatore del settore ove lo stesso si fosse attenuto al puntuale rispetto delle regole di verifica imposte dalla normativa e della prassi di riferimento. In altre parole, per escludere la Banca istante dalla partecipazione al passivo della procedura, occorrerà verificare se la stessa, nell’occasione, ha operato con la dovuta diligenza imposta dal ruolo, mettendo in atto tutti quegli accorgimenti, imposti dalla disciplina di riferimento, che avrebbero determinato l’emersione delle situazioni in fatto destinate a disvelare la strumentalità. L’eventuale, riscontrata, inosservanza di tali regole di condotta, tuttavia, non essendo fine a sé stessa nè rilevando ai fini della valida formazione del diritto di credito oggetto di insinua, assumerà tuttavia rilievo ostativo rispetto alla domanda di ammissione sempre (e solo) se immediatamente funzionale al disvelarsi delle dette emergenze, atteso il nesso di causalità che corre necessariamente tra strumentalità del credito e affidamento incolpevole che vale a renderla irrilevante. Da qui l’annullamento con rinvio della decisione impugnata anche in parte qua.
- Venendo al ricorso della (…) s.p.a., rileva la Corte che anche con riferimento a tale posizione il provvedimento merita l’annullamento, nel caso perché integralmente carente di motivazione. La decisione impugnata risulta argomentata facendo un riferimento indiretto alla motivazione assunta in relazione dalla domanda della (…) spa. Riferimento all’evidenza inidoneo e inconferente, a tacer d’altro considerando, oltre a quanto già rimarcato nello scrutinare la citata posizione richiamata, che nel caso l’operazione di finanziamento è oggettivamente e soggettivamente diversa, sicché, all’evidenza, la relativa motivazione deve ritenersi di fatto integralmente mancante.
- È fondato anche il ricorso della (…) spa. Il credito oggetto di insinua riguarda un mutuo erogato da BNL (poi acquistato in blocco da (…) S.r.l., oggi rappresentata dalla mandataria ricorrente Prelios) in favore della società Five star (poi a seguito di alcune fusioni, incorporata nella Sapam spa); mutuo garantito in via ipotecaria da una ampia area immobiliare, fatta oggetto poi di successive vendite frazionate con conseguenziali accolli, cumulativi, proporzionati al relativo frazionamento delle rispettive quote del finanziamento ipotecario originario. Due di queste porzioni, con i relativi accolli non liberatori pro quota, sono state acquistate dalla Save Engineering, società le cui quote sono state confiscate nel corso del procedimento penale che occupa.
12.1. Il credito, relativo a tali quote di finanziamento è stato rigettato per la indimostrata prova della buona fede: sia perché manca la documentazione legata alle verifiche operate in occasione della erogazione originaria del mutuo; sia perché siffatte verifiche non sono state operate in occasione dell’accollo, risultando a tal fine indifferente la natura dell’accollo, nel caso non privativo.
12.2. La ricorrente adduce violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo alla buona fede del creditore istante, ritenuta indimostrata senza tuttavia considerare la natura cumulativa dell’accollo, al quale la banca erogante è rimasta rimasta estranea, non avendo mai aderito. L’assenza di verifiche sull’accollante era da ritenersi indifferente; come anche quella sulla originaria mutuataria, all’evidenza estranea al giudizio di strumentalità.
12.3. Rileva la Corte che nella specie il giudizio afferente la strumentalità del credito manca del tutto. Tale carenza, tuttavia, non rientra tra i motivi di doglianza e rimane dunque estranea al devoluto dalla Corte. Ciò malgrado, la valutazione della motivazione spesa in relazione alla prova della buona fede ne risente comunque, soprattutto li dove nel provvedimento impugnato si rimarca l’assenza della prova liberatoria resa dal creditore istante in relazione al momento di erogazione iniziale del finanziamento. All’evidenza, infatti, laddove il credito fatto valere si riferisca alla posizione (debitoria) dell’accollante siccome correlata strumentalmente al soggetto debitore coinvolto dalla confisca (qui la Save Engineering), il riferimento al momento della erogazione originaria del credito in favore della società accollata assume rilievo solo quando possa sostenersi che anche quest’ultima fosse compresa nelle interessenze del soggetto che ha patito la confisca. Sul punto il provvedimento impugnato tace integralmente. E tanto impone di precisare il contenuto argomentativo della conclusione raggiunta. Venendo alla posizione del debitore accollante, diretto destinatario della pretesa in esame, basta rifarsi alle indicazioni di principio esposte in precedenza sul tema dell’accollo cumulativo, essendone incontroversa la natura in tal senso. La decisione impugnata riposa su una valutazione in diritto diversa e opposta da quella privilegiata dal Collegio. Va dunque nuovamente operata, alla luce di tali precisazioni di principio. Ne consegue l’annullamento del provvedimento impugnato in parte qua, per consentire al giudice del rinvio di operare una nuova verifica, colmando le lacune argomentative riscontrate, emendando la decisione dagli errori in diritto riscontrati e correggendone il portato alla luce delle indicazioni di principio offerte dalla presente statuizione rescindente.
13.Ricorso di (…) spa quale incaricato di (…) 2018 s.r.l.. La disamina del provvedimento opposto e di quello ora impugnato, filtrati alla luce delle impugnazioni proposte dalla banca istante consente di affermare che il credito trova causale in un mutuo ipotecario contratto dalla G. srl che ha poi ceduto il cespite offerto in garanzia a supporto del mutuo ad altra società, la (…) srl, che nell’occasione si è accollata il residuo ancora dovuto per la restituzione del dovuto e nei cui confronti sono caduti il sequestro prima e la confisca poi.
13.1. Il provvedimento reso dal GIP e quello del Tribunale all’esito della opposizione sono sostanzialmente identici, risultando quest’ultimo argomentato riproponendo pressoché letteralmente il portato del primo. Per quanto in entrambi venga espressamente negata l’ammissione in ragione del mancato superamento della ” presunzione di strumentalità del credito”, le argomentazioni spese a sostegno di siff atta conclusione riguardano, in linea generale il diverso profilo della mancata dimostrazione della buona fede a sostegno della domanda di insinua; laddove mostrano poi di riferirsi in termini più specifici alla pretesa a scrutinio, evidenziano la necessità della banca di procedere alla verifiche imposte dalla prassi e dalla normativa di riferimento nella erogazione dei prestiti anche in relazione della posizione del soggetto accollante e pur in presenza di un accollo cumulativo quale quello di specie.
13.2. Con il ricorso, sotto il versante della violazione di legge e del difetto assoluto di motivazione si contestano entrambe i profili in questione, finendo per lamentare la violazione dell’art. 1 del protocollo n. 1 della CEDU perché la decisione contrastata si sarebbe sostanziata in una illegittima ablazione del diritto reale di garanzia vantato dalla ricorrente realizzata per il tramite della confisca.
13.3. Il ricorso impone l’annullamento con rinvio della decisione impugnata. Il provvedimento in primo luogo non contiene alcuna argomentazione a sostegno del giudizio di ritenuta strumentalità del credito erogato. Aspetto, questo, va precisato da subito, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, che resta tuttavia del tutto indifferente al dato della destinazione finale delle somme date a mutuo (nel caso un acquisto operato partecipando ad una asta giudiziaria): la liceità dell’operazione imprenditoriale da realizzare tramite il prestito erogato, infatti, non esclude le sottostanti dinamiche criminali legate alla formazione della provvista strumentale alla restituzione rateale del finanziamento ottenuto, nelle quali si sostanzia la ragione fondamentale della finalizzazione indebita che il legislatore ha tenuto in considerazione nel degradare il diritto del terzo creditore. Ciò precisato, la decisione adottata difetta di qualsivoglia argomentazione diretta a correlare l’operazione negoziale posta a fondamento del credito oggetto di insinua al ruolo criminale del soggetto ai danni del quale è stata disposta la confisca. Non si precisa, del resto, se tale valutazione debba essere resa guardando al momento della erogazione del credito o a quello dell’accollo: in entrambi casi si tratta di disamine che non possono prescindere dal riferimento motivato alla posizione del G. e dalle interessenze criminali dello stesso eventualmente utili a collegare l’erogazione in questione ad iniziative imprenditoriali all’epoca pervase dalle logiche criminali correlate alla posizione del detto imputato. Colmato questo profilo argomentativo, sempre se ritenuta la strumentalità, andrà poi data risposta alle osservazioni critiche della difesa quanto alla attività di verifica relativa al merito creditizio ed al rispetto delle norme sull’antiriciclaggio all’epoca vigenti, operate dalla banca al momento di erogazione del credito in favore della originaria mutuataria, evidenziando se nel caso il comportamento della ricorrente è stato improntato agli oneri di diligenza correlati al relativo onere professionale; ciò sempre che la strumentalità sia stata correlata a siffatto momento negoziale, atteso che la mancata dimostrazione della buona fede all’epoca della erogazione del mutuo è destinata a precludere la domanda di insinua, sia che si faccia valere il credito nei confronti del mutuatario, sia che la pretesa venga rivolta in direzione dell’accollante (laddove la banca abbia aderito all’accollo cumulativo), come pare nella specie. Se la strumentalità viene infine riferita all’accollo, la natura cumulativa dello stesso finisce per rendere indifferente, per quanto già rimarcato, l’eventuale difetto di verifica operato nel caso da parte della banca, rimasta estranea alla relativa vicenda negoziale. Le indicazioni in fatto legate alla nebulosità della operazione negoziale che ha portato all’acquisto del bene da parte della (…) srl, esposte peraltro solo nel provvedimento del G.I.P. e non ribadite in quello impugnato, non attribuivano alla banca alcun potere di intervento diretto ad impedirne il portato, in ragione di quanto già precisato in punto di diritto. Da qui l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato anche in relazione a siffatta posizione.
Cass. Pen., VI, ud. dep. del 20.07.2021, n.28034