Corte Costituzionale, sentenza 30 luglio 2021 n. 180
Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 485 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Roma, sezione lavoro.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
2.– Quanto ai profili pregiudiziali, deve essere innanzitutto richiamata la dichiarazione d’inammissibilità degli interventi spiegati da Nicolina La Femina e da Maria Teresa Pepe e altri, per le ragioni esposte nell’ordinanza letta nel corso dell’udienza pubblica e allegata alla presente sentenza.
3.− Va poi disattesa l’eccezione di difetto di rilevanza delle questioni, sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato.
3.1.– La difesa statale ritiene la questione inammissibile, poiché il censurato art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994 interferirebbe con una materia rimessa alla contrattazione collettiva, che prevede che il servizio preruolo prestato presso le scuole paritarie non è valutabile ai fini della mobilità.
3.2.– L’assunto della difesa statale non può essere condiviso. L’art. 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) stabilisce espressamente, al comma 1, secondo periodo, che «Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità, la contrattazione collettiva è consentita nei limiti previsti dalle norme di legge». Ne consegue che nella materia della mobilità dei lavoratori (e dei docenti in particolare) il contratto collettivo non può derogare alla disciplina di rango legislativo e la conseguenza di tale violazione è costituita dalla nullità della previsione contrattuale in contrasto con la disposizione legislativa (art. 40, comma 3-quinquies, del d.lgs. n. 165 del 2001).
Proprio su questa nullità si fonda il ricorso della parte privata, laddove assume che il contratto collettivo – nell’escludere il rilievo del servizio preruolo prestato presso scuole paritarie ai fini della mobilità – violi la disposizione censurata, che essa interpreta come inclusiva delle stesse scuole paritarie. La rilevanza della questione discende, dunque, dalla necessità per il giudice rimettente di esaminare la validità della previsione negoziale alla luce del contenuto normativo della disposizione censurata. La questione appare rilevante ai fini della definizione del giudizio a quo e l’eccezione sollevata dalla difesa statale risulta non fondata.
4.– Gli ulteriori profili, diversi da quelli dell’ordinanza di rimessione, formulati dall’amicus curiae non sono oggetto di valutazione da parte di questa Corte.
5.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., non è fondata.
5.1.– La disposizione in esame è censurata nella parte in cui, secondo il diritto vivente, esclude il riconoscimento, ai fini della ricostruzione della carriera, del servizio di insegnamento non di ruolo prestato presso le scuole paritarie.
La giurisprudenza della Corte di cassazione, in una cospicua serie di decisioni, tra cui quelle richiamate dal rimettente quale diritto vivente, ha infatti ritenuto che – ai fini dell’inquadramento e del trattamento economico dei docenti – non è valutabile il servizio preruolo prestato presso le scuole paritarie in ragione della non omogeneità dello status giuridico del personale, nonché della mancanza di una norma di legge che consenta tale riconoscimento (Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 10 novembre 2020, n. 25226; sentenze 16 dicembre 2019, n. 33137 e n. 33134; 11 dicembre 2019, n. 32386; 30 gennaio 2015, n. 1749; 20 gennaio 2014, n. 1035, e 1° ottobre 2012, n. 16623).
Anche la giurisprudenza amministrativa si è attestata sulle medesime posizioni, escludendo la possibilità di valutare il servizio preruolo svolto in scuole paritarie ai fini della mobilità (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenze 4 novembre 2020, n. 6796, n. 6797, n. 6798 e n. 6799; 27 luglio 2020, n. 4770; 28 aprile 2020, n. 2717; 11 febbraio 2011, n. 906 e 7 gennaio 2008, n. 6; sezione quarta, sentenze 22 giugno 2004, n. 4382 e 25 marzo 2004, n. 1607; sezione sesta, sentenza 9 maggio 2002, n. 2517).
Il giudice a quo – pur mostrando di condividere una diversa interpretazione che porterebbe a riconoscere il rilievo del servizio preruolo svolto presso le scuole paritarie – osserva come tale soluzione si scontrerebbe con il contrario orientamento della Corte di cassazione.
Al riguardo va ribadito che, in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, il giudice a quo ha la facoltà di assumere l’interpretazione censurata in termini di “diritto vivente” e di richiederne su tale presupposto il controllo di compatibilità con i parametri costituzionali (sentenze n. 1 del 2021, n. 95, n. 32 e n. 12 del 2020, n. 189 e n. 75 del 2019, n. 39 del 2018, n. 259 e n. 122 del 2017, n. 200 del 2016, n. 11 del 2015, n. 242 del 2014, n. 191 del 2013, n. 258 e n. 117 del 2012 e n. 91 del 2004). Ciò, senza che gli si possa addebitare di non aver seguito altra interpretazione, più aderente ai parametri stessi, sussistendo tale onere solo in assenza di un contrario diritto vivente (sentenze n. 95 del 2020, n. 141 del 2019, n. 122 del 2017 e n. 11 del 2015).
5.2.– D’altra parte, anche il Contratto collettivo nazionale integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per l’anno scolastico 2017/2018, sottoscritto il giorno 11 aprile 2017, nella premessa alle «Note comuni alle tabelle dei trasferimenti a domanda e d’ufficio e dei passaggi dei docenti delle scuole dell’infanzia, primaria, secondaria di I grado e degli istituti di istruzione secondaria di II grado ed artistica e del personale educativo», prevede espressamente che «[i]l servizio prestato nelle scuole paritarie non è valutabile in quanto non riconoscibile ai fini della ricostruzione di carriera». Identica previsione è contenuta nel successivo Contratto collettivo nazionale integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per gli anni scolastici relativi al triennio 2019/20, 2020/21 e 2021/22, sottoscritto il giorno 6 marzo 2019.
Pertanto, nella consolidata interpretazione della giurisprudenza e nella contrattazione collettiva di settore che la recepisce, la disposizione censurata attribuisce rilievo unicamente al servizio antecedente all’immissione in ruolo svolto in scuole statali e, sino al 2006, in quelle pareggiate. Ed è proprio sul mancato riconoscimento del servizio di insegnamento preruolo reso in istituti scolastici paritari che si appuntano le censure del rimettente.
5.3.– Quanto al primo profilo di irragionevolezza, che il rimettente individua nel raffronto con la disciplina riservata dalla stessa disposizione censurata ai docenti degli istituti scolastici pareggiati, va rilevato che le due tipologie di scuole presentano significative differenze nei rispettivi sistemi di selezione e reclutamento del personale docente, tali da impedirne la completa equiparazione.
5.3.1.– Infatti, solo gli istituti scolastici pareggiati, ormai definitivamente superati dall’ordinamento scolastico (art. 1-bis del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante «Misure urgenti in materia di scuola, università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui, di professioni e di sanità», convertito, con modificazioni, nella legge 3 febbraio 2006, n. 27), dovevano garantire che il numero e il tipo delle cattedre fossero uguali a quelli delle corrispondenti scuole statali e che le stesse cattedre fossero «occupate da personale nominato, secondo norme stabilite con regolamento, in seguito ad apposito pubblico concorso, o che sia risultato vincitore, o abbia conseguito la votazione di almeno sette decimi in identico concorso generale o speciale presso scuole statali o pareggiate o in esami di abilitazione all’insegnamento corrispondente» (art. 356, comma 2, lettera b, del d.lgs. n. 297 del 1994). Per l’accesso all’insegnamento negli istituti paritari, viceversa, non è stabilita alcuna selezione di carattere concorsuale ed è previsto il solo requisito dell’abilitazione (art. 1, comma 4, lettera g, della legge n. 62 del 2000), dovendosi peraltro rilevare che la stessa necessità di tale requisito è stata ripetutamente derogata.
5.3.2.– È bensì vero che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che l’abilitazione costituisca requisito di validità del contratto di lavoro avente ad oggetto mansioni di insegnamento (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 20 febbraio 2018, n. 4080; sezioni unite civili, sentenza 26 maggio 2011, n. 11559).
Ciononostante, in considerazione dell’impossibilità da parte di gestori di scuole paritarie di reperire personale fornito del prescritto titolo di abilitazione e della prioritaria necessità di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico delle scuole paritarie senza interruzione dell’attività didattica, in più occasioni il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (oggi Ministero dell’istruzione) ha consentito ai gestori delle scuole paritarie di conferire incarichi a tempo determinato a personale fornito solo del prescritto titolo di studio (si vedano le circolari del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca dell’11 luglio 2012, prot. n. 4420/R.U./U, del 29 ottobre 2001, prot. n. 2668, e del 15 giugno 2000, n. 163, prot. 63/VD).
Inoltre, ulteriori previsioni di carattere derogatorio nella disciplina del reclutamento dei docenti delle scuole paritarie sono stabilite dai successivi commi 4-bis e 5 dello stesso art. 1 della legge n. 62 del 2000.
La prima disposizione prevede che, per i docenti in servizio presso le scuole secondarie alla data di entrata in vigore della legge n. 62 del 2000, il requisito del titolo di abilitazione debba essere conseguito al termine dell’anno accademico in corso alla data di conclusione della prima procedura concorsuale per titoli ed esami. Anche la seconda disposizione introduce un regime di favore per le scuole paritarie, consentendo loro di avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente, purché fornito di relativi titoli scientifici e professionali, ovvero di ricorrere anche a contratti d’opera, in misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive. La natura agevolativa di tale disciplina è stata già riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 42 del 2003).
5.4.– D’altra parte, una completa equiparazione del rapporto di lavoro prestato presso le scuole paritarie a quello reso in quelle statali non risponde neppure ai principi che si ricavano dall’art. 33, quarto comma, Cost., di cui la legge n. 62 del 2000 intendeva essere attuazione.
5.4.1.– Con questo intervento, che ha riformato in senso pluralista e policentrico l’ordinamento delle istituzioni scolastiche, il legislatore ha voluto garantire agli alunni delle scuole paritarie i medesimi standard qualitativi di quelle statali, sia in relazione all’offerta didattica, sia al valore dei titoli di studio che possono essere conseguiti. Ciò non ha peraltro comportato una completa equiparazione del rapporto di lavoro che intercorre fra il docente e la scuola paritaria a quello instaurato con i docenti della scuola statale in regime di pubblico impiego privatizzato.
Infatti, nonostante la comune appartenenza al sistema nazionale di istruzione, nell’assunzione dei docenti della scuola paritaria manca la previsione di un’attività procedimentale che regoli la selezione e il reclutamento degli insegnanti. Sempre in conformità all’art. 33, quarto comma, Cost., ciò garantisce l’autonomia e la libertà della scuola paritaria e l’esigenza di questa di dotarsi di personale connotato da un’impostazione culturale, didattica ed educativa coerente con il suo orientamento e progetto formativo. Conseguentemente, la mancanza di meccanismi di selezione assimilabili alle procedure concorsuali non consente di tenere conto dei principi generali che, ai sensi dell’art. 97 Cost., devono informare l’attività dell’amministrazione pubblica.
D’altra parte, il lavoro pubblico e il lavoro privato non possono ritenersi totalmente assimilati e le differenze, pur attenuate, permangono anche in séguito all’estensione della contrattazione collettiva a una vasta area del lavoro prestato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. I principi costituzionali di legalità ed imparzialità, che si esprimono anche nella necessità del pubblico concorso, in conformità all’art. 97 Cost., contribuiscono a conformare la condotta della pubblica amministrazione e l’esercizio delle funzioni che le sono riconosciute quale datore di lavoro pubblico in regime contrattualizzato.
5.4.2.– È pur vero che, attraverso il meccanismo delle graduatorie ad esaurimento, di cui alla legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), anche l’accesso all’insegnamento nella scuola statale prescinde, in misura del 50 per cento delle immissioni in ruolo, dall’espletamento di un pubblico concorso. Ma anche in questo caso permangono significative differenze tra i rispettivi sistemi di reclutamento.
In effetti, il sistema delle graduatorie ha rappresentato uno strumento per consentire l’assorbimento del precariato dei docenti che hanno prestato attività di insegnamento presso le istituzioni scolastiche statali. Tuttavia, proprio con riferimento ad esso, questa Corte ha riconosciuto che «la scelta operata dal legislatore con la legge n. 124 del 1999, istitutiva delle graduatorie permanenti, è quella di individuare i docenti cui attribuire le cattedre e le supplenze secondo il criterio del merito» (sentenza n. 41 del 2011).
Anche laddove l’accesso all’insegnamento nella scuola statale avvenga attraverso tale sistema, infatti, il possesso dell’abilitazione all’insegnamento costituisce solo uno dei criteri che determinano l’utile collocazione nelle stesse. Accanto ad esso, si tiene conto di una molteplicità di altri indicatori, espressivi delle pregresse esperienze professionali, dell’anzianità di servizio e degli altri titoli professionali e accademici conseguiti.
Questo canale di accesso denota, inoltre, un carattere fortemente procedimentalizzato, tale da consentire una verifica anche in sede giudiziale sulla correttezza delle scelte operate dall’amministrazione. Viceversa, nel sistema delle scuole paritarie, proprio al fine di garantire la libertà di educazione e l’autonomia delle stesse istituzioni scolastiche, in particolare nel momento della scelta del corpo docente, la selezione non comporta alcuna attività procedimentale, potendo la scelta avvenire sulla base della valutazione discrezionale del dirigente scolastico.
Va, infine, notato che il principio del pubblico concorso che regola l’accesso ai ruoli della scuola statale, unito alla volontà legislativa di eliminare possibili distorsioni applicative, ha reso progressivamente marginale il sistema delle graduatorie. Come stabilito dall’art. 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», già a partire dal 2007 non è più consentito l’inserimento in esse di nuovi aspiranti candidati prima che sia completata l’immissione in ruolo dei docenti che già ne facevano parte.
5.4.3.– Permane, dunque, la differenza tra le scuole paritarie, svincolate dall’esercizio di meccanismi di selezione assimilabili alle procedure concorsuali, e quelle statali, dove invece valgono i principi generali per l’accesso ai ruoli dell’amministrazione. Anche dopo la legge n. 62 del 2000, ciò impedisce, sotto questo profilo, la completa assimilazione dei due diversi plessi.
Né, d’altra parte, la diversa valutazione del servizio incide su quello che costituisce il presupposto della parità di trattamento garantita dalla legge n. 62 del 2000, rappresentato dalla comprovata omogeneità qualitativa dell’offerta formativa e didattica (legge n. 62 del 2000, art. 1, comma 5, primo periodo).
5.5.– Va infine esclusa l’irragionevolezza della disposizione censurata, nel raffronto con l’art. 2, comma 2, del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255 (Disposizioni urgenti per assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2001/2002), convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001, n. 333.
5.5.1.– Quest’ultima disposizione consente la valutazione dei servizi d’insegnamento prestati nelle scuole paritarie nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali, ma tale valutazione ha rilievo ai soli fini della «[i]ntegrazione a regime delle graduatorie permanenti del personale docente», così come indica la relativa rubrica. Agli insegnanti delle scuole paritarie è stato così espressamente riconosciuto un beneficio particolare e significativo, consistente nella equiparazione, a determinati fini, dell’attività di insegnamento prestata anteriormente all’immissione nei ruoli dell’amministrazione statale.
In quanto attributiva di un beneficio in favore di determinate categorie di soggetti, questa norma riveste carattere eccezionale e deve ritenersi di stretta interpretazione. Come riconosciuto dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, essa è insuscettibile di essere applicata «estensivamente o analogicamente» (Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 10 novembre 2020, n. 25226 e sentenza 11 dicembre 2019, n. 32386; Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenze 4 novembre 2020, n. 6796, n. 6797, n. 6798 e n. 6799; 27 luglio 2020, n. 4770; 28 aprile 2020, n. 2717; 11 febbraio 2011, n. 906; decisione 7 gennaio 2008, n. 6; sezione quarta, decisioni 22 giugno 2004, n. 4382 e 25 marzo 2004, n. 1607; sezione sesta, decisione 9 maggio 2002, n. 2517). È consentita, dunque, la valutazione del servizio preruolo ai fini dell’immissione dei docenti delle scuole paritarie nelle graduatorie permanenti del personale docente, ma questa possibilità non è estensibile, in via analogica, anche ai fini della ricostruzione della carriera, della mobilità scolastica e dell’accesso alle procedure concorsuali riservate.
5.5.2.– Del resto, anche la disposizione dell’art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994, con il riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, del servizio prestato dai docenti delle scuole statali e pareggiate prima dell’immissione in ruolo, risulta attributiva di un trattamento di particolare favore a tali docenti.
Al riguardo, questa Corte ha già ritenuto che la disposizione – nel riprodurre il contenuto normativo dell’art. 2 del decreto-legge 19 giugno 1970, n. 370 (Riconoscimento del servizio prestato prima della nomina in ruolo dal personale insegnante e non insegnante delle scuole di istruzione elementare, secondaria e artistica), convertito, con modificazioni, nella legge 26 luglio 1970, n. 576 – «ha, all’evidenza, carattere di eccezionalità» (ordinanza n. 15 del 2001).
In linea di coerenza con questa impostazione, è stato altresì affermato che «l’interpretazione restrittiva delle disposizioni impugnate non comporta la violazione dei parametri costituzionali invocati, non risultando manifestamente irragionevole, né contraria al buon andamento dell’amministrazione, la scelta discrezionale del legislatore di valutare diversamente il servizio pregresso dei docenti della scuola secondaria», in funzione delle specifiche peculiarità dell’attività di insegnamento prestata (ordinanza n. 89 del 2001; nello stesso senso, ordinanza n. 753 del 1988).
Specie in riferimento all’applicazione degli istituti che regolano la carriera degli insegnanti, l’assimilazione della disciplina del rapporto di lavoro dei docenti delle scuole paritarie e di quelle statali rimane, quindi, solo parziale, spettando al legislatore il compito di modularne le forme e la misura, nel rispetto dei principi di cui all’art. 33 Cost. In considerazione dei sopra evidenziati elementi differenziali che qualificano il rispettivo rapporto di lavoro, non può ritenersi irragionevole la scelta legislativa di limitare tale assimilazione ad alcuni aspetti del rapporto.