- Preliminarmente, a cagione della proposizione dell’appello e della reiterazione dei motivi assorbiti, il Collegio osserva che è riemerso l’intero thema decidendumdel giudizio di primo grado che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a., sicchè, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il Collegio prende direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020 con motivazione anche su esclusione profili revocatori).
11.1. Sempre in via preliminare, vanno considerate inammissibili le censure proposte in memorie, attesa la loro natura illustrativa (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2319 del 2020), e va respinta l’eccezione di inammissibilità della costituzione del movimento ecologista in quanto:
– l’associazione è stata intimata in primo grado proprio dalla -OMISSIS-;
– ai sensi dell’art. 95, comma 1, c.p.a., il Comune appellante ha notificato il gravame a tutte le parti del giudizio anche non costituite;
– l’associazione non ha posto in essere un atto di intervento volontario;
– il precedente citato (Cons. Stato sez. IV n. 8559 del 2020) è inconferente perché aveva ad oggetto un vero e proprio atto di intervento ad opponendum svolto per la prima volta in sede di appello per ausiliare la posizione processuale dell’originario ricorrente di primo grado.
- Ciò premesso, l’appello deve essere accolto.
- I motivi del ricorso originario, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infatti infondati.
13.1. Alla luce del costante e prevalente indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato, illustrato tra l’altro nell’atto di appello, e soprattutto del tenore testuale delle norme sancite dall’art. 15, commi 2 e 2 bis, del TU edilizia, tutte le censure incentrate sulla irrilevanza della tardività della istanza di proroga perché in presenza di sequestro penale non sono condivisibili.
13.2. In concreto, non può infatti ritenersi, come affermato dal Tar, che la proroga discenderebbe, nel caso di specie, direttamente dalla legge. La proroga andava comunque richiesta prima della decorrenza del termine ultimo per la fine dei lavori e l’Amministrazione comunale, in ragione di un provvedimento dell’autorità giudiziaria che aveva determinato la sospensione dei lavori, non avrebbe potuto rigettare l’istanza (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2078 del 2020).
13.3. Quanto alla dedotta elusione del giudicato di cui alla sentenza del Tar di Salerno n. -OMISSIS-, va rilevato che la stessa decisione non ha attribuito alcun bene della vita sostanziale alla società ricorrente.
- Pertanto, una volta assodata la piena legittimità di uno dei due ordini di motivazione posti a base del provvedimento di decadenza, risulta assorbito, per ragioni di economia processuale l’esame delle restanti censure che contestano il secondo ordine di argomentazioni (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 5 del 2015 § 9.3.4.3.).
- Per le ragioni sopra esposte, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, va respinto il ricorso di primo grado.
- Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza, salvo quelle verso l’associazione Fare Ambiente MEE, che invece vanno compensate.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Il ricorrente, residente in località Rovere di Pozzolengo, da tempo lamenta la carente sicurezza della viabilità di accesso alla propria proprietà, qualificata dal Comune come strada privata gravata da uso pubblico.
Dopo aver elencato una lunga serie di incidenti stradali occorsi lungo tale via a sostegno della tesi della pericolosità della strada, il ricorrente dà, quindi, atto di aver inoltrato un’istanza di accesso civico per sapere dall’Amministrazione se i cartelli pubblicitari collocati lungo tale strada, aventi l’effetto di distrarre l’attenzione alla guida su di una strada già di per sé teatro di ricorrenti incidenti, fossero stati autorizzati e se, in mancanza di autorizzazione, fossero stati adottati provvedimenti di vigilanza e repressione.
A seguito del silenzio serbato dall’Amministrazione è stato, quindi, notificato il ricorso in esame, nel quale è stata dedotta la violazione della disciplina che garantisce la trasparenza dell’attività dell’Amministrazione e, in particolare, degli artt. 1, 3, della legge 7 agosto 1990 n. 241 e degli artt. 1, 5, 5 bis del D.Lgs. 14 marzo 2013 n. 33.
La pretesa è fondata e il ricorso merita accoglimento.
In primo luogo le informazioni richieste riguardano atti i cui estremi dovrebbero essere conoscibili a chiunque, dal momento che l’art. 55 del regolamento di attuazione del codice della strada stabilisce che, “su ogni cartello o mezzo pubblicitario autorizzato dovrà essere saldamente fissata, a cura e a spese del titolare dell’autorizzazione, una targhetta metallica, posta in posizione facilmente accessibile, sulla quale sono riportati, con caratteri incisi, i seguenti dati: a) amministrazione rilasciante; b) soggetto titolare; c) numero dell’autorizzazione; d) progressiva chilometrica del punto di installazione; e) data di scadenza. Per i mezzi pubblicitari per i quali risulti difficoltosa l’applicazione di targhette, è ammesso che i suddetti dati siano riportati con scritte a carattere indelebile.”.
L’obbligo di rendere conoscibili tali atti discende, dunque, direttamente dalla legge.
Inoltre, con riferimento all’attività di repressione eventualmente svolta, trattandosi di attività vincolata (cfr. al proposito l’articolo 23, commi 13 e seguenti del codice della strada, il quale prevede l’obbligo per gli enti proprietari della strada di imporre il rispetto delle disposizioni di cui ai commi precedenti, specificandone le modalità dell’esercizio dell’attività di controllo e le conseguenze delle violazioni del divieto di posizionamento), il Comune avrebbe dovuto prontamente dare conto di essa, se esercitata ovvero delle ragioni per cui lo stesso ha ritenuto non sussistessero i presupposti per darvi corso.
Il Comune dovrà, quindi, provvedere, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione della presente pronuncia, a dare riscontro alla richiesta di parte ricorrente.
Così accolto il ricorso, le spese del giudizio non possono che seguire l’ordinaria regola della soccombenza.
TAR Lombardia – Brescia, II – sentenza dell’11.06.2021 n. 537
*Urbanistica ed edilizia – Permesso di costruire, mancata conclusione dei lavori entro il termine triennale ex art. 15 TU edilizia, successivo sequestro penale dell’immobile, omissione dell’apposita istanza di proroga del termine, e decadenza del permesso di costruire
- La società -OMISSIS-ha impugnato al Tar per la Campania, sezione staccata di Salerno, il provvedimento n. 41554 del 30 giugno 2020, con cui il Comune di Battipaglia ha negato la proroga degli effetti del permesso di costruire n. 15833 del 27 febbraio 2008, rilasciato dalla Prefettura di Salerno, nella qualità di Commissario ad acta nominato dallo stesso Tribunale, in favore dei signori-OMISSIS-per la costruzione di un edificio da destinare ad uffici e negozi in via -OMISSIS-.
1.1. In particolare, la proroga è stata richiesta in data 29 maggio 2019 dalla società -OMISSIS-in qualità di assegnataria del compendio immobiliare a conclusione di una procedura esecutiva (di cui al decreto del Tribunale civile di Salerno del 22 agosto 2017) ed è stata negata dal Comune per le seguenti ragioni:
– la domanda di proroga è stata presentata successivamente allo spirare del termine triennale per l’esecuzione dei lavori previsto dall’art. 15 del TU edilizia (DPR n. 380/2001);
– il titolo edilizio era comunque sostanzialmente illegittimo per come riconosciuto dalla sentenza penale di condanna del 20 luglio 2015 del Tribunale di Salerno, riformata dalla Corte d’appello di Salerno n. 172 del 2018, che aveva dichiarato i reati estinti per prescrizione e dissequestrato il compendio immobiliare, tenendo tuttavia ferme le restanti statuizioni del giudice di primo grado.
1.3. Più in dettaglio, con decreto del 2 marzo 2010, il G.I.P. presso il Tribunale di Salerno ha disposto, nell’ambito di un procedimento penale relativo alla costruzione dell’immobile, il sequestro preventivo dello stesso, seppure in buona parte già costruito. Dopo la sentenza di primo grado del 20 luglio 2015, che ha accertato, tra l’altro, l’illegittimità del titolo edilizio n. 15833 del 27 febbraio 2008, il processo penale, riguardante i precedenti proprietari, si è poi concluso con la sentenza definitiva della Corte di Appello di Salerno del 1° febbraio 2018, che ha dichiarato il non luogo a procedere per prescrizione ed ha disposto il dissequestro dell’immobile, seppure mantenendo le statuizioni sulla illegittimità del titolo edilizio contenute nella condanna di primo grado.
1.4. La società ricorrente, divenuta proprietaria del fabbricato, ha poi chiesto al Comune di Battipaglia la proroga del termine di ultimazione dei lavori di cui al permesso del 27 febbraio 2008. Il Comune ha negato la proroga per l’accertata illegittimità, in sede penale, del titolo edilizio, con un primo provvedimento n. 71357 del 13 settembre 2019.
1.5. Il diniego è stato però impugnato dinanzi al Tar di Salerno che, con sentenza n. -OMISSIS-, lo ha annullato, rilevando il mancato invio all’istante del preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge n. 241/1990 e il difetto di motivazione dello stesso diniego di proroga (in particolare, per la non considerata circostanza che i lavori erano stati interrotti per factum principis conseguente al sequestro penale dell’immobile, a carico della precedente proprietà).
1.6. In esecuzione della sentenza del Tar, il Comune di Battipaglia ha quindi ripetuto il procedimento, comunicando l’avvio della decadenza del titolo edilizio, con contestuale indicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di proroga e, al termine dello stesso procedimento, ha adottato l’atto impugnato.
- Nel ricorso, la società -OMISSIS-ha prospettato sette autonomi motivi di gravame di seguito sinteticamente riassunti.
2.1. L’immobile era oggetto di sequestro e dunque era necessario attendere l’esito del giudizio penale e, soprattutto, il relativo dissequestro. In sostanza, il termine non poteva essere in precedenza prorogato in quanto l’esecuzione delle opere non era possibile per fatti sopravvenuti non riconducibili alla volontà del titolare del permesso di costruire.
2.2. In applicazione dell’art. 15, comma 2 bis, del DPR n. 380/2001, la proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori doveva essere comunque accordata qualora, come nel caso di specie, i lavori non avrebbero potuto essere iniziati o conclusi per iniziativa dell’autorità giudiziaria rivelatasi poi infondata. In sostanza, in tali casi, secondo la ricorrente, la proroga era un atto dovuto.
2.3. Il diniego impugnato avrebbe costituito una violazione del giudicato di cui alla sentenza del Tar di Salerno n.-OMISSIS-.
2.4. La disposta decadenza del permesso di costruire si è fondata su motivi ulteriori riferiti all’originario assentimento e comunque nuovi anche in relazione a quelli indicati prima della sentenza di annullamento. Sotto tale profilo, pertanto, gli atti impugnati sostanziano un provvedimento di annullamento in autotutela del permesso di costruire del 27 febbraio 2008.
2.5. I presupposti per disporre la decadenza dei titoli edilizi sono tipici. Tra questi non rientrano i profili di illegittimità del titolo edilizio che semmai giustificano il ricorso all’autotutela.
2.6. Vi sarebbe stata una carenza di potere, tenuto conto che il permesso di costruire era stato rilasciato da un Commissario ad acta nominato dal Tar in sostituzione dell’Amministrazione.
2.7. Il provvedimento impugnato sarebbe comunque manifestamente illegittimo per violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, in quanto adottato in elusione del termine di diciotto mesi e senza tener conto degli interessi dei destinatari.
- Il Tar di Salerno, con la sentenza breve indicata in epigrafe (n. -OMISSIS-), ha accolto il ricorso, ritenendo illegittime le ragioni poste a sostegno del provvedimento di diniego (segnatamente che non era stato considerato dal Comune il factum principisrilevato nel giudicato formatosi sulla sentenza n.-OMISSIS- e che l’annullamento d’ufficio del titolo era comunque preclusa, risultando il permesso rilasciato da un ausiliario del giudice). Di conseguenza, lo ha annullato, compensando fra le parti le spese di lite.
- Contro la suddetta sentenza ha proposto appello il Comune di Battipaglia sulla base dei seguenti motivi di censura.
4.1. Error in procedendo – error in iudicando – violazione art. 15 del DPR n. 380/2001.
4.1.1. Il Tar ha sostenuto che non sarebbe stato considerato il factum principis rilevato nel giudicato formatosi sulla sentenza n.-OMISSIS-. In concreto, l’Amministrazione non poteva escludere la rilevanza del fatto impeditivo rappresentato dal sequestro penale in quanto valutazione già statuita con la citata sentenza.
4.1.2. In realtà, secondo parte appellante, nessun giudicato discenderebbe dalla sentenza n.-OMISSIS- sull’esistenza e sulla rilevanza del factum principis. Nella stessa decisione il Tar ha valutato come inappropriato il comportamento tenuto dal Comune nell’aver negato evasivamente la proroga per illegittimità senza considerare i potenziali effetti discendenti dall’interruzione dei lavori per il sequestro penale dell’immobile, ma non ha affatto preconizzato che tale fatto fosse da considerarsi come insuperabile elemento volto ad escludere il rigetto della proroga per mancata, tempestiva istanza.
4.2. Error in procedendo – error in iudicando – violazione art. 15 del DPR n. 380/2001.
4.2.1. Il giudice di primo grado nella sentenza impugnata sottolinea come la giurisprudenza faccia discendere dal sequestro penale del cantiere una causa automatica di sospensione del termine per l’esecuzione dei lavori oggetto del permesso di costruire. Secondo il Comune appellante invece l’orientamento giurisprudenziale di gran lunga maggioritario porta ad escludere la correttezza delle argomentazioni addotte dal Tar
4.2.2. Sul punto, la giurisprudenza sarebbe inequivoca nel rimarcare che “il termine di durata del permesso edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre
necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque
seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione, che ha rilasciato il titolo
ablativo, che accerti l’impossibilità del rispetto del termine, e solamente nei casi in cui possa
ritenersi sopravvenuto un factum principis ovvero l’insorgenza di una causa di forza maggiore” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1870 del 2013, cit.; v. anche Id., Sez. IV, 23 febbraio 2012, n. 974).
4.2.3. In sostanza, la giurisprudenza del Consiglio di Stato sarebbe unanime nel ritenere che la proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori deve essere accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria rivelatesi poi infondati, fermo restando la richiesta di proroga e non l’automatica sospensione dei termini di cui all’art. 15 del DPR n. 380/2001 (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. VI, 29 agosto 2019, n. 5978).
4.2.4. Inoltre, il provvedimento di decadenza, pur avendo natura dichiarativa, non esclude in ogni caso che lo stesso debba essere comunque adottato all’esito di apposito procedimento, non potendo la situazione di inefficacia essere affermata, come nella specie, in via meramente incidentale.
4.3. Error in procedendo – error in iudicando – violazione art. 15 del DPR n. 380/2001 in relazione ai principi in tema di autotutela amministrativa.
4.3.1. La sentenza sarebbe erronea, secondo parte appellante, anche laddove critica il diniego di proroga in ordine ai profili di “illegittimità sostanziale” del permesso di costruire del 2008, che, secondo il giudice di prime cure, sarebbe viziato, in quanto la sede per esaminare tali profili non sarebbe il procedimento di proroga.
4.3.2. Il Tar non avrebbe però considerato che il Comune non poteva non porre in evidenza le risultanze emergenti dalla sentenza del Tribunale penale di Salerno n. 2343/2015, che evidenziava l’illegittimità dell’originario permesso di costruire per profili di difformità volumetrica e di violazione dell’indice di copertura rispetto allo strumento urbanistico (la stessa sentenza è stata riformata ai soli fini della declaratoria di prescrizione del reato e con espressa conferma nel resto della stessa decisione sull’illegittimità del titolo edilizio).
4.3.3. Per il Comune, la circostanza che il permesso sia stato rilasciato dal Commissario ad acta non rileverebbe in quanto sono state le risultanze del giudice penale a dare conto della grave illegittimità del titolo edilizio per violazione dell’indice di fabbricabilità fondiaria e dell’indice di copertura, sicché al cospetto di tali profili il Comune non ha potuto che rilevare come la proroga non fosse concedibile.
- La società -OMISSIS-si è costituita in giudizio il 16 dicembre 2020, chiedendo il rigetto dell’appello, e riproponendo, ex art. 101, comma 2, c.p.a., quattro dei sette motivi, a suo dire, non esaminati ed accolti dal Tar. La stessa società ha depositato memorie e documenti il 17 dicembre 2020 e il 18 gennaio 2021.
- L’associazione Fare Ambiente MEE si è costituita in adesione all’appello del Comune, il 18 gennaio 2021.
- Nella camera di consiglio del 21 gennaio 2021 l’esame dell’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata è stata rinviata al merito.
- Il Comune appellante ha poi depositato una memoria il 15 marzo 2021. Nella stessa data è stata depositata anche una memoria da parte dell’associazione Fare Ambiente MEE.
- La società -OMISSIS-ha infine depositato una replica il 25 marzo 2021 con la quale ha anche eccepito l’inammissibilità della costituzione dell’associazione Fare Ambiente MEE.
- La causa è stata trattenuta in decisione, ai sensi dell’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020, nella udienza pubblica tenutasi in video conferenza il 15 aprile 2021, senza che sia stato chiesto dalle parti l’esame della suddetta istanza cautelare.
- Preliminarmente, a cagione della proposizione dell’appello e della reiterazione dei motivi assorbiti, il Collegio osserva che è riemerso l’intero thema decidendumdel giudizio di primo grado che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a., sicchè, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il Collegio prende direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020 con motivazione anche su esclusione profili revocatori).
11.1. Sempre in via preliminare, vanno considerate inammissibili le censure proposte in memorie, attesa la loro natura illustrativa (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2319 del 2020), e va respinta l’eccezione di inammissibilità della costituzione del movimento ecologista in quanto:
– l’associazione è stata intimata in primo grado proprio dalla -OMISSIS-;
– ai sensi dell’art. 95, comma 1, c.p.a., il Comune appellante ha notificato il gravame a tutte le parti del giudizio anche non costituite;
– l’associazione non ha posto in essere un atto di intervento volontario;
– il precedente citato (Cons. Stato sez. IV n. 8559 del 2020) è inconferente perché aveva ad oggetto un vero e proprio atto di intervento ad opponendum svolto per la prima volta in sede di appello per ausiliare la posizione processuale dell’originario ricorrente di primo grado.
- Ciò premesso, l’appello deve essere accolto.
- I motivi del ricorso originario, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infatti infondati.
13.1. Alla luce del costante e prevalente indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato, illustrato tra l’altro nell’atto di appello, e soprattutto del tenore testuale delle norme sancite dall’art. 15, commi 2 e 2 bis, del TU edilizia, tutte le censure incentrate sulla irrilevanza della tardività della istanza di proroga perché in presenza di sequestro penale non sono condivisibili.
13.2. In concreto, non può infatti ritenersi, come affermato dal Tar, che la proroga discenderebbe, nel caso di specie, direttamente dalla legge. La proroga andava comunque richiesta prima della decorrenza del termine ultimo per la fine dei lavori e l’Amministrazione comunale, in ragione di un provvedimento dell’autorità giudiziaria che aveva determinato la sospensione dei lavori, non avrebbe potuto rigettare l’istanza (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2078 del 2020).
13.3. Quanto alla dedotta elusione del giudicato di cui alla sentenza del Tar di Salerno n. -OMISSIS-, va rilevato che la stessa decisione non ha attribuito alcun bene della vita sostanziale alla società ricorrente.
- Pertanto, una volta assodata la piena legittimità di uno dei due ordini di motivazione posti a base del provvedimento di decadenza, risulta assorbito, per ragioni di economia processuale l’esame delle restanti censure che contestano il secondo ordine di argomentazioni (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 5 del 2015 § 9.3.4.3.).
- Per le ragioni sopra esposte, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, va respinto il ricorso di primo grado.
- Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza, salvo quelle verso l’associazione Fare Ambiente MEE, che invece vanno compensate.
Consiglio di Stato, IV – sentenza del 16.06.2021 n. 4648