Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 04 ottobre 2021 n. 26840
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Com’è noto, l’eccesso di potere giurisdizionale sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, deducibile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, ottavo comma, Cost. e dell’art. 362 cod. proc. civ., è configurabile esclusivamente quando l’indagine svolta dal Giudice amministrativo, eccedendo i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, divenga strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’Amministrazione, procedendo ad un sindacato di merito che si estrinsechi in una pronuncia avente il contenuto sostanziale e l’esecutorietà propri del provvedimento sostituito, senza salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa (cfr. Cass., Sez. Un., 24/ 05/2019, n. 14264; 26/11/2018, n. 30526; 2/02/2018, n. 2582).
Tale vizio non è riscontrabile nella fattispecie in esame, essendosi il Giudice amministrativo limitato, nell’esercizio della sua giurisdizione generale di legittimità, a verificare la fondatezza delle censure mosse dalla controricorrente al provvedimento impugnato, procedendo al confronto tra i punteggi attribuiti alle concorrenti e quelli previsti dal bando di concorso, interpretato alla stregua delle previsioni contenute nella tabella allegata al decreto ministeriale da esso richiamato, in virtù del quale ha concluso per l’illegittimità della graduatoria formata dalla commissione esaminatrice sulla base dei predetti punteggi, e della conseguente assunzione della ricorrente nel gruppo sportivo dei Vigili del Fuoco.
Tale riscontro, condotto attraverso l’individuazione delle categorie previste dalla tabella alle quali avrebbero dovuto essere correttamente ricondotti i titoli sportivi in possesso di ciascuna delle concorrenti, non eccede i limiti del sindacato di legittimità spettante al Giudice amministrativo, il quale si sostanzia nell’accertamento della conformità delle determinazioni assunte dall’Amministrazione alla disciplina dettata dalle norme primarie e secondarie che le riguardano, ivi compresi i profili della legittimazione dell’autorità procedente ad adottarle e della rispondenza delle stesse alla funzione tipica loro assegnata dalla legge, anche in relazione alle ragioni concretamente addotte a loro giustificazione e della condotta complessivamente tenuta dall’Amministrazione, nella misura in cui ne venga dedotta l’idoneità ad evidenziare un eccesso di potere, attraverso l’allegazione delle relative figure sintomatiche (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta).
Il predetto accertamento non potrebbe considerarsi esorbitante dalle attribuzioni spettanti Giudice amministrativo neppure se, come sostiene la difesa della ricorrente, il Consiglio di Stato avesse esteso il proprio sindacato all’eccesso di potere, nonostante la mancata deduzione di tale vizio con il ricorso introduttivo: la pronuncia oltre i limiti della domanda si tradurrebbe infatti non già nel superamento dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, ma nella mera violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sancito in via generale dall’art. 112 cod. proc. civ. e ribadito, in riferimento al processo amministrativo, dall’art. 34 cod. proc. amm., ovverosia in un error in procedendo, non deducibile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, ottavo comma, Cost. e dell’art. 362 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Un., 22/04/2013, n. 9687; 4/10/2012, n. 16849; 25/01/2006, n. 1378).
In materia di concorsi pubblici, queste Sezioni Unite hanno d’altronde affermato ripetutamente che il sindacato di legittimità spettante al Giudice amministrativo non è limitato ai vizi del procedimento, ma si estende anche alle valutazioni tecniche compiute dalle commissioni esaminatrici, delle quali può ben essere rilevata l’irragionevolezza, l’arbitrarietà o la contrarietà al principio della par condicio tra i concorrenti, senza che ciò comporti un’invasione della sfera di discrezionalità riservata all’Amministrazione, denunciabile con il ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione (cfr. Cass., Sez. Un., 13/02/2020, n. 3562; 28/05/2012, n. 8412; 19/12/2011, n. 27283).
Con particolare riguardo all’ipotesi in cui, come nella specie, l’oggetto dell’impugnazione sia costituito dalla graduatoria formata dalla commissione, della quale venga denunciata la difformità rispetto alle prescrizioni contenute nel bando di concorso, è stato precisato che l’individuazione della portata di tali prescrizioni, in cui consiste l’interpretazione del bando, non si traduce in uno sconfinamento nell’ambito delle valutazioni di convenienza ed opportunità spettanti all’Amministrazione, dal momento che le attribuzioni del Giudice amministrativo, nell’esercizio della sua giurisdizione di legittimità, comprendono anche il potere di accertare i fatti rilevanti ai fini del riscontro della legittimità dell’atto impugnato (cfr. Cass., Sez. Un., 3/11/1988, n. 5922; 5/ 07/1983, n. 4501).
In quest’ottica, è stata esclusa la configurabilità dell’eccesso di potere giurisdizionale non solo in riferimento alla verifica del possesso dei requisiti prescritti dal bando, la quale si risolve nell’accertamento dei presupposti di fatto del provvedimento conclusivo della procedura concorsuale, volta a stabilire se la legge consenta all’Amministrazione di adottarlo (cfr. Cass., Sez. Un., 11/05/1998, n. 4750), ma anche in riferimento all’effetto costitutivo della decisione, che comporta la modificazione dei risultati della procedura, essendo stato precisato che l’autoesecutività della pronuncia di annullamento rappresenta soltanto la conseguenza dell’interpretazione della norma di legge applicabile al caso concreto (cfr. Cass., Sez. Un., 4/03/ 1997, n. 1908; 18/02/1997, n. 1485).
In contrario, la ricorrente invoca l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, secondo cui il bando costituisce la lex specialis del concorso, la cui interpretazione deve aver luogo sulla base di un criterio strettamente letterale, dal momento che le prescrizioni in esso contenute vincolano rigidamente l’operato dell’Amministrazione, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità, in ragione sia dei principi di tutela dell’affidamento e della parità di trattamento dei concorrenti, che risulterebbero pregiudicati ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis medesima, sia del più generale principio che vieta la disapplicazione del bando, quale atto con cui l’Amministrazione si è originariamente autovincolata nell’esercizio delle potestà connesse alla conduzione della procedura selettiva (cfr. Cons. Stato, Sez V, 27/12/2019, n. 8821; 10/04/2013, n. 1969; Cons. Stato, Sez. IV, 19/02/2019, n. 1148).
Orbene, è vero che, in virtù di tale principio, i Giudici amministrativi hanno escluso il potere dell’Amministrazione di modificare o integrare la disciplina di gara a mezzo di chiarimenti autointerpretativi che comportino l’attribuzione a determinate prescrizioni di una portata diversa e maggiore di quella risultante dal testo del bando, ritenendo ammissibile soltanto un’operazione di interpretazione volta a renderne comprensibile il significato e/o la ratio (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 27/12/2019, n. 8873; Cons. Stato, Sez. V, 2/09/2019, n. 6026).
Non può tuttavia condividersi la tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui, ove l’operazione ermeneutica sia affidata al Giudice amministrativo, dinanzi al quale siano stati impugnati gli atti della procedura concorsuale, il risultato della stessa può essere censurato con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, ottavo comma, Cost. e dell’art. 362 cod. proc. civ., in base all’assunto che, per effetto dell’adozione di un criterio diverso da quello applicabile alla stregua dei predetti principi, l’interpretazione si sia tradotta in una modificazione del bando, con conseguente invasione dell’ambito riservato alla discrezionalità dell’Amministrazione.
Il sindacato spettante alle Sezioni Unite della Corte di cassazione in sede d’impugnazione delle decisioni dei giudici speciali per motivi inerenti alla giurisdizione è infatti circoscritto al controllo dell’eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima, e non può quindi essere esteso anche al modo in cui la stessa è stata esercitata (cfr. Cass., Sez. Un., 25/03/2019, n. 8311; 14/11/2018, n. 29285; 5/12/2016, n. 24740): esso pertanto, non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche compiute dal Giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane pur sempre confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, dal momento che l’interpretazione delle norme costituisce il proprium distintivo dell’attività giurisdizionale (cfr. Cass., Sez. Un., 4/12/2020, n. 27770; 31/05/2016, n. 11380).