MASSIMA
Integra il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, di cui all’art. 571 c.p., il comportamento dell’insegnante che faccia ricorso a qualunque forma di violenza, fisica o morale, ancorché minima ed orientata a scopi educativi. Il fine disciplinare, seppure costituisca un elemento della fattispecie, non concorre a qualificarne l’elemento soggettivo, per l’accertamento del quale si richiede invece la sussistenza del dolo generico, vale a dire della volontà di abusare dei mezzi di correzione.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso è inammissibile, poiché aspecifico e reiterativo di doglianze già proposte in appello. In vero, esso non si confronta compiutamente con la congrua motivazione della sentenza impugnata, immune dai predicati vizi logici e giuridici, su entrambi i punti dedotti.
1.1. In particolare, la sentenza in esame (pp. 2-3) giustifica puntualmente e con valutazione assolutamente coerente e adeguata la ricostruzione del fatto contestato offerta da tre compagni di classe del piccolo S. , oltre che da quest’ultimo, spiegando, tra l’altro, che la circostanza che due dei minori sentiti in audizione protetta non abbiano ricordato lo specifico episodio non intacca il resto del compendio probatorio a carico, ed in particolare le concludenti dichiarazioni rese nelle forme di legge dagli altri minori, i quali subito dopo il fatto lo avevano già riferito alle loro mamme, che a loro volta lo avevano raccontato il giorno successivo alla madre di S. .
1.2. La sentenza in esame risponde compiutamente anche alla deduzione relativa alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del contestato reato di cui all’art. 571 c.p., là dove (pp. 3-4), dopo aver ricordato che i bambini, su conforme indicazione della ricorrente, non si erano limitati a mimare il gesto dello sputo, ma avevano realmente sputato al loro compagno di classe, ha altresì correttamente rammentato che il reato in parola richiede il dolo generico, cioè la volontà di abusare dei mezzi di correzione, mentre il fine disciplinare costituisce un elemento della fattispecie e non una qualificazione dell’elemento soggettivo.
Sicché la Corte territoriale mostra di aver dato esplicita e impeccabile applicazione del principio di diritto, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui integra il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina il comportamento dell’insegnante che faccia ricorso a qualunque forma di violenza, fisica o morale, ancorché minima ed orientata a scopi educativi (da ultimo, tra molte, Sez. 6, n. 9954 del 03/02/2016, M., Rv. 266434, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto al predetto reato la condotta di una insegnante che aveva sottoposto i bambini a lei affidati a violenze fisiche, consistite in schiaffi o nel tirare loro i capelli con forza, ovvero a violenza psicologica e, ancora, a condotte umilianti, come il minacciarli dell’arrivo di un diavoletto, nel costringerli a cantare o a mangiare, nel farli tenere la lingua fuori dalla bocca), posto che un bambino di sei anni veniva esposto su indicazione della sua insegnante ad una punizione mediante denigrazione e ludibrio, “servendosi” dei suoi compagni di classe, così abusando dolosamente dei mezzi di correzione e disciplina.
- All’inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p.. La ricorrente va altresì condannata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Cass. pen., VI, ud. dep. 18.10.2021, n. 37642