Cass.pen., III, Ud.Dep. 11.10.2021, n. 36755
Con pronuncia dell’ottobre 2021, n. 36755, la Terza Sezione penale della Corte di Cassazione conferma la responsabilità penale del datore di lavoro per violenza sessuale a danno di una giovane donna, che ha subito toccamenti durante un colloquio di lavoro finalizzato all’assunzione con il predetto.
A fronte della doglianza del datore di lavoro, secondo il quale la donna non avrebbe manifestato espressamente il suo dissenso nei confronti dell’approccio intentato dall’uomo, la Corte ha chiarito che la violenza non si misura dalla reazione, essendo quest’ultima personale ed imprevedibile, in quanto strettamente connessa alle esperienze e alla personalità della persona che la subisce.
TESTO RILEVANTE DELLA SENTENZA
Con il primo motivo la difesa ha sollevato dubbi sull’attendibilità della persona offesa in conseguenza del suo atteggiamento durante e dopo i toccamenti.
I rilievi sono del tutto ininfluenti, perché, come correttamente evidenziato dai Giudici di appello, la violenza non si misura dalla reazione, che è del tutto personale e imprevedibile: non è raro che una donna in siffatte occasioni si senta paralizzata e non sia in grado di difendersi, tanto più in un contesto di soggezione quale quello del colloquio di lavoro. Quindi, non ha senso disquisire sulle possibili e ragionevoli difese che una vittima può esercitare, secondo la sua esperienza e personalità.
Inoltre, si è confidata subito con i suoi familiari, riuscendo a parlare con la madre, che aveva tentato di contattare nelle immediatezze, solo il giorno dopo. Anche sotto questo profilo il comportamento tenuto è coerente con quanto accaduto.
Con il secondo motivo, la difesa addebita alla donna di non aver espresso chiaramente il suo dissenso.
I Giudici hanno accertato, invece, con motivazione immune da censure che la donna aveva tenuto comportamenti inequivocabilmente rivolti a esprimere in modo netto di non gradire quei comportamenti, perché aveva più volte spostato la sedia durante il lavoro alla scrivania per allontanarsi dall’uomo e aveva finto un’allergia alla polvere per uscire dall’angusto archivio, condotte queste sintomatiche del disagio e imbarazzo della vittima che avrebbero dovuto indurre l’uomo a desistere dal suo comportamento prevaricatore, offensivo e inopportuno.