CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – ordinanza 10 gennaio 2019 n. 489
Premesso che, alla stregua della disciplina dettata dall’art. 41 cod. proc. civ., il regolamento di giurisdizione si configura non già come mezzo d’impugnazione, ma come strumento volto a provocare, indipendentemente da un conflitto in atto tra più giudici, una pronuncia sulla giurisdizione prima che la causa sia decisa nel merito, e ciò al fine di evitare lo svolgimento di un’attività giurisdizionale destinata a rivelarsi inutile nel caso in cui successivamente venga dichiarato il difetto di giurisdizione, la qualità di terzo intervenuto volontariamente nel giudizio amministrativo non consente di escludere la legittimazione della ricorrente a proporre l’istanza: la relativa facoltà è infatti riconosciuta «a ciascuna parte», e quindi anche a chi abbia spiegato intervento ad adiuvandum o ad opponendum nel giudizio di merito, restando privo di rilievo, nel procedimento in questione, ogni profilo attinente alla validità dell’assunzione della qualità di parte ad opera di chi ha assunto l’iniziativa (cfr. Cass., Sez. Un., 22/07/2007, n. 17823; 28/ 11/2005, n. 25047; 27/6/1987, n. 5743).
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che la mera delibazione, in via incidentale, della questione di giurisdizione, contenuta in un provvedimento privo di natura decisoria ed avente carattere meramente istruttorio, non preclude la proposizione del ricorso per regolamento di giurisdizione, neppure in relazione alla circostanza che la causa sia stata precedentemente posta in decisione. La riapertura dell’istruttoria per l’espletamento di ulteriori adempimenti esclude infatti l’applicabilità del principio secondo cui il regolamento di giurisdizione non è più proponibile quando la causa sia stata trattenuta per la decisione di merito, in quanto l’anticipazione a tale momento della preclusione è giustificata dal fatto che esso segna normalmente l’inizio della fase decisoria, inibita all’attività delle parti e destinata a sfociare nella pubblicazione della sentenza, con la conseguente impossibilità che il regolamento preventivo possa assolvere la relativa funzione, consistente nel favorire una sollecita definizione del processo; qualora invece la predetta fase si concluda senza una decisione, sia pure limitata alla giurisdizione o alla risoluzione di un’altra questione processuale, viene meno la ragione della predetta anticipazione, sicché il momento preclusivo del regolamento di giurisdizione dev’essere individuato nella chiusura dell’ulteriore udienza di discussione fissata a seguito dell’esaurimento dell’istruttoria (cfr. Cass., Sez. Un., 11/04/2017, n. 9283; 20/02/2013, n. 4218; 15/12/1997, n. 12654).
Va escluso che l’interesse al regolamento di giurisdizione venga meno nel corso del procedimento, per effetto di una determinazione con cui, dopo l’instaurazione del giudizio principale, la PA ha proceduto all’annullamento in autotutela dell’originaria aggiudicazione in favore di X, e di quella con cui, allo esito d’interpello indetto ai sensi dell’art. 140 del d.lgs. n. 163 del 2006, è stata disposta l’aggiudicazione dell’appalto in favore di Y; la stessa contro ricorrente, nel caso si specie, riferisce infatti di aver impugnato i predetti provvedimenti, unitamente al contratto stipulato con la nuova aggiudicata-ria, mediante la proposizione di motivi aggiunti al ricorso proposto avverso il provvedimento di risoluzione, aggiungendo che il Giudice amministrativo ha disposto la sospensione del giudizio, in attesa della decisione del regolamento; l’avvenuta impugnazione del provvedimento di autoannullamento impedisce il consolidamento della relativa efficacia, destinata ad incidere negativamente sull’operatività del contratto stipulato con la X, riflettendosi inoltre sulle ulteriori determinazioni adottate dalla committente, la cui dichiarazione d’illegittimità, posta in relazione con quella della risoluzione, comporterebbe il ripristino dell’originario rapporto contrattuale, oltre che l’obbligo di risarcire il danno eventualmente subito dall’appaltatrice: l’interesse di quest’ultima all’accoglimento del ricorso proposto avverso il provvedimento di risoluzione non può dunque ritenersi cessato per effetto dei predetti provvedimenti, con la conseguenza che non è venuto meno neppure l’interesse alla pronuncia sulla giurisdizione.
In tema di appalti pubblici, la Corte, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010, ha costantemente affermato che sono devolute alla cognizione del Giudice amministrativo le controversie relative alla procedura di affidamento dell’appalto, mentre quelle aventi ad oggetto la fase di esecuzione del contratto spettano alla giurisdizione del Giudice ordinario, in quanto riguardanti un rapporto di natura privatistica caratterizzato dalla posizione di parità delle parti, titolari di situazioni giuridiche qualificabili come diritti ed obblighi (cfr. Cass., Sez. Un., 31/01/2017, n. 2482; 3/ 05/2013, n. 10301; 6/09/2010, n. 19049). Tra queste controversie vanno annoverate quelle aventi ad oggetto, come nella specie, la risoluzione anticipata del contratto autoritativamente disposta dall’Amministrazione committente a causa dell’inadempimento delle obbligazioni poste a carico dello appaltatore: anch’esse, infatti, attengono alla fase esecutiva, implicando la valutazione di un atto avente come effetto tipico lo scioglimento del contratto, e quindi incidente sul diritto soggettivo dell’appaltatore alla prosecuzione del rapporto; l’accertamento di tale diritto spetta al Giudice ordinario, mediante la verifica della legittimità dell’atto e dell’eventuale violazione delle clausole contrattuali da parte dell’Amministrazione, e ciò indipendentemente dalla veste formalmente amministrativa della determinazione adottata dalla committente, la quale non ha natura provvedimentale, nonostante il carattere unilaterale della risoluzione, che non cessa per ciò solo di operare nello ambito delle posizioni paritetiche delle parti (cfr. Cass., Sez. Un., 3/05/ 2017, n. 10705; 12/05/2006, n. 10994; 18/10/2005, n. 20116). L’applicabilità di tale principio non può essere esclusa, nel caso in esame, in virtù dell’avvenuta proposizione, nell’ambito del medesimo giudizio, dei motivi aggiunti volti all’impugnazione dei provvedimenti, con cui, successivamente alla determinazione di risoluzione del contratto in danno dell’appaltatrice, l’Amministrazione ha proceduto all’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione pronunciata in favore di quest’ultima ed alla riaggiudicazione dell’appalto in favore di Y, con cui ha infine stipulato un nuovo contratto: è pur vero, infatti, che l’art. 133, lett. e), n. 1 del d.lgs. n. 104 del 2010 attribuisce alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitone, estendendo la giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative; è stato tuttavia chiarito che, in caso di annullamento d’ufficio di atti appartenenti al procedimento che ha condotto alla stipulazione del contratto, la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla legittimità dell’esercizio dell’autotutela, oltre ad essere limitata agli atti prodromici rispetto alla successiva contrattazione di diritto privato, postula che i vizi in conseguenza dei quali l’Amministrazione si è avvalsa del suo potere di eliminazione attengano al modo in cui tali atti sono stati posti in essere o siano comunque esclusivamente ad essi propri, non potendo il contraente pubblico far valere unilateralmente vizi afferenti, in realtà, alla validità del contratto ormai perfezionato, oppure perseguire, attraverso il ricorso all’autoannullamento, l’obiettivo di sottrarsi ex post al vincolo contrattuale (cfr. Cass., Sez. Un., 9/10/2017, n. 23600; 14/05/ 2015, n. 9861; 23/10/2014, n. 22554); nella specie, è proprio la scansione temporale degli atti posti in essere dall’Amministrazione a dimostrare l’avvenuta utilizzazione dell’annullamento d’ufficio per finalità diverse da quelle tipicamente assegnategli dalla legge, essendo stato lo stesso disposto quando ormai non ve n’era più necessità, in quanto il vincolo contrattuale risultava già sciolto per effetto della risoluzione, la quale, implicando la revoca dell’aggiudicazione per fatti sopravvenuti, doveva a sua volta considerarsi sufficiente per l’avvio del procedimento volto ad un nuovo affidamento dell’appalto, ai fini del quale l’art. 140 del d.lgs. n. 163 del 2006 prescrive esclusivamente l’interpello dei soggetti che hanno partecipato alla originaria procedura di gara, in modo da pervenire ad una nuova aggiudicazione ed alla stipulazione di un nuovo contratto. Non può d’altronde condividersi la tesi sostenuta dalla controricorrente, secondo cui la controversia riguardante la risoluzione dovrebbe ritenersi attratta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo proprio in virtù del collegamento istituito dall’art. 140 cit. tra lo scioglimento del contratto per inadempimento dell’appaltatore e l’avvio del predetto procedimento, per effetto del quale l’atto iniziale di quest’ultimo andrebbe individuato non già nell’interpello, ma nel provvedimento di risoluzione contrattuale: quest’ultimo, al pari degli altri fatti indicati dall’art. 140 (fallimento, liquidazione coatta amministrativa o concordato preventivo dell’appaltatore), rappresenta infatti il mero presupposto storico della procedura dallo stesso disciplinata, la quale, pur configurandosi come un segmento ulteriore della originaria procedura di affidamento, della quale assorbe tutti gli atti e gli adempimenti presupposti, non include anche la fase successiva alla precedente aggiudicazione, che rimane estranea al procedimento amministrativo di scelta del contraente, ma muove dalla revoca di quest’ultima per pervenire ad una nuova aggiudicazione, sulla base di un interpello circoscritto ai soggetti già collocati nella graduatoria della precedente gara e delle medesime condizioni economiche proposte dall’originario aggiudicatario in sede di offerta.