Corte di Cassazione, I Sezione Civile, ordinanza interlocutoria 13 ottobre 2021, n. 27881
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
- – Il ricorso va rimesso al Presidente della Sezione per l’eventuale assegnazione alla pubblica udienza, involgendo l’esame, tra le altre, di una questione meritevole di approfondimento in diritto, riguardo alla quale appare altresì opportuno ascoltare le conclusione del Procuratore Generale.
- – I motivi secondo e terzo, osserva la Corte, pongono in realtà due questioni in parte distinte: l’una concernente il fatto che la ricusazione era stata decisa da un collegio del quale facevano parte due dei giudici ricusati, l’altra avente ad oggetto il contenuto dell’ordinanza di ricusazione.
- – Sul primo aspetto, che è quello che a parere del Collegio richiede approfondimento, è da osservare quanto segue. Secondo il ricorrente, egli, a seguito della fissazione dei ricorsi per l’udienza del 16 giugno 2009, aveva ricusato otto componenti del collegio dinanzi al quale i ricorsi avrebbero dovuto essere chiamati, tra cui i consiglieri A. e L.T., dopodiché la ricusazione era stata decisa da un collegio solo in parte diverso, di cui anche questi ultimi, A. e L.T., facevano parte. E, che le cose stiano effettivamente così, è indubbio, giacché l’identità dei due giudici al tempo stesso ricusati e partecipi della decisione sulla ricusazione si evince dalla stessa ordinanza numero 13997 del 16 giugno 2009: basta confrontare l’intestazione dell’ordinanza e l’indicazione dei giudici ricusati a pagina 2.
Ora, non c’è alcun dubbio – la cosa è intuitiva – che il giudice ricusato non possa decidere sulla ricusazione. Sul tema basterà riassuntivamente richiamare una recente decisione delle Sezioni Unite (ma certo ampiamente radicata in una linea preesistente) secondo cui: “Lo stesso giudice innanzi al quale l’istanza di ricusazione viene proposta ha, in via anticipata, il potere di sindacarne l’ammissibilità e, quindi, di procedere oltre nel giudizio, senza sospenderlo, in caso di ritenuta manifesta inammissibilità: la palese ratio del principio risiede nell’esigenza di evitare l’automatismo dell’effetto sospensivo, impedendo l’uso distorto dell’istituto. Resta, tuttavia, fermo che sull’istanza di ricusazione – nel fondo – non può giudicare lo stesso giudice avverso il quale essa sia stata avanzata. In altri termini, sebbene valga il condiviso principio predetto, secondo cui spetta pur sempre al collegio ricusato una sommaria delibazione dell’ammissibilità del ricorso, rimane indefettibile la devoluzione della questione al giudice competente a decidere sulla ricusazione stessa; la patente inammissibilità del ricorso non assume infatti, in nessun caso, valore ostativo alla rimessione del ricorso per ricusazione al giudice competente, ma unicamente alla sospensione del giudizio principale… l’art. 53 c.p.c., è costantemente interpretato nel senso che, in nessun caso, sul fondo della ricusazione possa decidere il soggetto avverso cui l’istanza venga proposta: invero, la norma, la quale attribuisce al collegio la competenza a decidere sulla ricusazione quando sia ricusato uno dei componenti del collegio giudicante, va intesa nel senso che del collegio, che deciderà nel merito sull’istanza di ricusazione, non debbano comunque far parte il giudice o i giudici ricusati… Ciò, sul presupposto generale, secondo cui il principio della terzietà del giudice opera in ogni ambito giurisdizionale” (Cass., Sez. Un., 13 gennaio 2021, n. 461).
Parimenti la Corte costituzionale ha osservato che: “Il diritto ad un giudizio equo ed imparziale, implicito nel nucleo essenziale del diritto alla tutela giudiziaria di cui all’art. 24 Cost., ed oggi espressamente sancito dall’art. 111 Cost., comma 2, sulla falsariga dell’art. 6, comma 1, della convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, comporta certamente che la decisione sulla istanza di ricusazione di un giudice – diretta appunto a far valere concretamente quel diritto – sia assunta da un organo e secondo procedure che assicurino a loro volta l’imparzialità del giudizio. La legge può provvedere (come in effetti provvede) a questo scopo in modi diversi, purché ragionevolmente idonei, componendo l’interesse a garantire l’imparzialità del giudizio con i concorrenti interessi ad assicurare la speditezza dei processi… e la salvaguardia delle esigenze organizzative dell’apparato giudiziario. Ciò che non potrebbe comunque ammettersi è che la decisione sulla ricusazione sia rimessa allo stesso magistrato ricusato, o ad un collegio di cui egli faccia parte anche ai fini di tale decisione” (Corte Cost. 21 marzo 2002, n. 78).
Ergo, come si diceva, non può essere il giudice ricusato a decidere della ricusazione: sul fondo della ricusazione non può mai e in nessun caso decidere il giudice ricusato. Ma – e questo è l’aspetto qui davvero rilevante – resta da stabilire cosa accada qualora questa regola sia infranta; e cioè, se la decisione sulla ricusazione adottata dal giudice ricusato sia una decisione semplicemente nulla, o, come si sostiene in ricorso, sia una decisione inesistente, una decisione resa a non iudice. Orbene, la giurisprudenza di questa Corte è da tempo nel senso che un simile provvedimento è nullo, ma non è inesistente:
-) “Attinendo la ricusazione ad un vizio dell’attività processuale, causato dall’incompatibilità del giudice ricusato, rispetto alla lite, essa diviene motivo di nullità dell’attività spiegata dal giudice ricusato, convertendosi in motivo di gravame della sentenza, secondo le regole proprie del principio della conversione… dei motivi di nullità in motivi di gravame. Non potendo, infatti, l’incapacità relativa di un giudice essere parificata alla mancata investitura di un non-giudice, l’avere il giudice ricusato preso parte ad un atto del procedimento (financo alla propria ricusazione), può soltanto comportare una questione di nullità della sentenza che definisce il processo, rilevabile alla stregua di altre nullità, al momento della impugnazione della sentenza stessa; nella quale impugnazione confluiranno le censure relative ad eventuale abnormità o inesistenza di provvedimenti incidentali o intermedi, secondo le regole proprie dei gravami avverso i procedimenti che definiscono la controversia” (Cass. 22 febbraio 1993, n. 2176); -) gli artt. 52 e 53 c.p.c., “non escludono né limitano le guarentigie relative all’imparzialità del giudice, perché l’eventuale vizio causato dall’incompatibilità del giudice ricusato, che abbia preso parte a un atto del procedimento e financo alla propria ricusazione, diviene motivo di nullità dell’attività da lui spiegata e quindi motivo di gravame della sentenza, sicché la tutela processuale viene comunque garantita alle parti che ebbero a proporre l’istanza di ricusazione” (Cass. 23 giugno 2003, n. 9967);
-) “Il vizio causato dall’incompatibilità dei giudici ricusati a far parte del collegio che ha deciso in ordine alla loro ricusazione costituisce motivo di nullità dell’attività dagli stessi spiegata e, quindi, motivo di gravame della decisione impugnata. Va in proposito osservato che questa Corte ha già avuto modo di esaminare la questione della ritualità o meno della composizione del collegio chiamato a decidere sulla fondatezza di una istanza di ricusazione e sui riflessi della eventuale irregolarità sulla stessa sentenza che chiude la fase della cognizione. La detta questione è stata risolta con l’affermazione che sussiste la violazione dell’art. 51 c.p.c., allorché l’istanza di ricusazione venga “decisa” in contrasto con l’art. 53 c.p.c., con ordinanze emesse… da un collegio “composto dagli stessi magistrati che erano stati ricusati”, con la conseguenza che “l’eventuale vizio causato dall’incompatibilità del giudice ricusato, che abbia preso parte a un atto del procedimento e financo alla propria ricusazione, diviene motivo di nullità dell’attività da lui spiegata e quindi motivo di gravame della sentenza”” (Cass., Sez. Un., 16 novembre 2007, n. 23729).
Insomma, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, il giudice ricusato non è un non-giudice, e non lo è neppure laddove pronunci sulla propria ricusazione. E, però, vi è una considerazione che a parere del Collegio sollecita la trattazione del ricorso in pubblica udienza: e cioè le pronunce che precedono non paiono sorrette da un approfondimento motivazionale particolarmente pregnante, giacché, soprattutto, non si cimentano con il frontale conflitto che pare presentarsi tra la decisione sulla ricusazione adottata dallo stesso giudice ricusato ed il precetto costituzionale secondo cui il processo deve svolgersi “davanti a giudice terzo e imparziale”. Il che potrebbe oltretutto aprire una questione nuova, come tale intrinsecamente meritevole, essa, della pubblica udienza: giacché, se la gravità del vizio che affligge l’ordinanza di ricusazione adottata dal giudice ricusato fosse tale da non consentire sanatoria alcuna, resterebbe da stabilire quali ricadute debba avere la decisione sulla ricusazione (sui cui caratteri v. la nota Cass., Sez. Un., 20 novembre 2003, n. 17636, in motivazione), nel caso considerato, sul “merito” della decisione poi adottata nella controversia dal giudice ricusato: in specie con riguardo al verificarsi di simile eventualità nel giudizio di legittimità, anche avuto riguardo al rilievo che il congegno di cui all’art. 161 c.p.c., comma 1, può applicarsi solo alle decisioni soggette ad appello e a ricorso per cassazione.