Corte Costituzionale, ordinanza 17 dicembre 2021 n. 244
Va dichiarata la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274) e del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 (Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a e b, e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 13, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lecce, sezione prima penale.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Considerato che con ordinanza del 10 dicembre 2019, il Tribunale ordinario di Lecce, sezione prima penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 13, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274) e del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 (Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a e b, e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103) «nella parte in cui non prevedono la procedibilità a querela nelle ipotesi di lesioni personali stradali gravi per le quali la persona offesa risulti integralmente risarcita in ordine ai danni subiti a seguito dell’evento»;
che – sia pure attraverso un petitum che, come rilevato dall’Avvocatura generale dello Stato, parrebbe voler ancorare il regime di procedibilità alla circostanza, successiva alla commissione del reato, dell’avvenuto integrale risarcimento del reato – le questioni prospettate mirano, in sostanza, a estendere alla fattispecie base di lesioni stradali il regime di punibilità a querela della persona offesa;
che tali questioni sono manifestamente infondate;
che, infatti, censure in larga parte analoghe a quelle oggi in esame sono già state riconosciute non fondate dalla sentenza n. 248 del 2020;
che in tale occasione questa Corte, pur riconoscendo che le condotte di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen. sono connotate da «un minor disvalore sul piano della condotta e del grado della colpa» rispetto a quelle contemplate dai commi successivi della disposizione, ha ritenuto che la procedibilità d’ufficio, anche per le prime, non sia manifestamente irragionevole e, pertanto, lesiva dell’art. 3 Cost.;
che, contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, non può considerarsi «automobilista modello» chi abbia violato, sia pure occasionalmente, le norme attinenti alla circolazione stradale, provocando – in conseguenza di tale violazione – lesioni personali gravi o gravissime a carico di terzi, sicché neppure sotto tale profilo la previsione della procedibilità d’ufficio potrebbe essere ritenuta manifestamente irragionevole, così come non lo è – ancor prima – la scelta legislativa di conferire rilevanza penale a una simile condotta;
che per le medesime ragioni non può considerarsi manifestante irragionevole, e pertanto contraria all’art. 3 Cost., la scelta compiuta dal legislatore con il d.lgs. n. 36 del 2018 di confermare la procedibilità d’ufficio del delitto di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen., già prevista dalla legge n. 41 del 2016;
che, del pari, manifestamente infondate sono le doglianze, ancora formulate in riferimento all’art. 3 Cost., ma in realtà attinenti al rapporto tra le scelte del legislatore delegato e quelle del legislatore delegante, relative alla mancata previsione della procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., per contrasto con la ratio complessiva della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario);
che infatti, anche a prescindere dall’incongruità del parametro evocato rispetto alla sostanza della doglianza prospettata, nella sentenza n. 223 del 2019 questa Corte ha già ritenuto – con riferimento all’allora denunciata violazione dell’art. 76 Cost. – che, nell’escludere la procedibilità a querela del delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., il Governo avesse adottato «una interpretazione non implausibile – e non distonica rispetto alla ratio di tutela sottesa alle indicazioni del legislatore delegante – del criterio dettato dall’art. 1, comma 16, lettera a), numero 1), della legge n. 103 del 2017»;
che manifestamente infondate sono, infine, le doglianze formulate in riferimento agli artt. 13, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., per le quali manca qualsiasi autonoma motivazione rispetto ai profili di censura attinenti all’allegata violazione dell’art. 3 Cost., essi stessi manifestamente infondati per le ragioni di cui si è detto;
che resta attuale, peraltro, l’auspicio che il legislatore rimediti sulla congruità dell’attuale regime di procedibilità per le diverse ipotesi di reato contemplate dall’art. 590-bis cod. pen., per le ragioni già illustrate nelle sentenze n. 223 del 2019 e n. 248 del 2020.