Con la sentenza n. 21 del 2021, l’Adunanza plenaria è stata investita di una questione prospettatagli dalla II Sezione del Consiglio di Stato, con la quale quest’ultima ha domandato se, in relazione ad un favorevole provvedimento amministrativo annullato in sede giurisdizionale, sia possibile configurare un legittimo e qualificato affidamento tutelabile con un’azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione.
Il procedimento amministrativo si presenta quale luogo di composizione del conflitto tra l’interesse pubblico primario e gli altri interessi, pubblici o privati, coinvolti nell’esercizio del primo. In tale contesto, l’esercizio della discrezionalità amministrativa, tendente all’emanazione del provvedimento finale, postula il contributo dei soggetti a vario titolo coinvolti. Tale contributo si sostanzia, oltretutto, nella necessità di rispettare il dovere di collaborazione e buona fede, stabilito, in via generale, dall’art. 1337 c.c. e, nel settore amministrativo, dall’art. 1, comma 2-bis, l. 241/1990.
In proposito, l’Adunanza plenaria ha chiarito che il rapporto giuridico di diritto amministrativo, ancorché caratterizzato in termini di asimmetricità, sia comunque una relazione partecipata e che, pertanto, il dovere di collaborare e di comportarsi secondo buona fede inerisca ciascuna delle parti che intervengono nel procedimento, dunque anche l’amministrazione.
A fronte di siffatto dovere possono sorgere nel privato istante delle aspettative, in ordine all’ottenimento dell’atto finale del procedimento o al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito dell’attività della pubblica amministrazione, costituenti in capo a lui un affidamento, la cui lesione può essere fonte di responsabilità per l’amministrazione. In particolare, la lesione dell’aspettativa può configurarsi non solo in caso di atto legittimo ma anche nel caso di atto illegittimo poi annullato in sede giurisdizionale, potendo il soggetto beneficiario dell’atto per sé favorevole, nel secondo caso, aver maturato un’aspettativa ragionevole alla sua stabilità che può essere lesa per effetto dell’annullamento in sede giurisdizionale.
Invero, il principio di affidamento, sorto inizialmente nei rapporti di diritto civile al fine di tutelare la buona fede ragionevolmente riposta sull’esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale, da altri creata, viene ormai considerato canone ordinatore anche dei comportamenti delle parti coinvolte nei rapporti di diritto amministrativo.
In merito alla prima questione, l’Adunanza plenaria ha dunque pronunciato il seguente principio di diritto: «nei rapporti di diritto amministrativo, inerenti al pubblico potere, è configurabile un affidamento del privato sul legittimo esercizio di tale potere e sull’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, fonte per quest’ultima di responsabilità non solo per comportamenti contrari ai canoni di origine civilistica ora richiamati, ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato su ricorso di terzi».
Un ulteriore quesito dipanato dall’Adunanza Plenaria ha interessato i limiti entro cui può essere riconosciuto il risarcimento per lesione dell’affidamento, con particolare riguardo all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture, successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale.
Sebbene svolta secondo i moduli autoritativi ed impersonali dell’evidenza pubblica, l’attività contrattuale dell’amministrazione è nello stesso tempo inquadrabile nello schema delle trattative prenegoziali, da cui deriva l’assoggettamento al generale dovere di comportarsi secondo buona fede enunciato dall’art. 1337 c.c..
Sulla scorta del diritto civile, la giurisprudenza amministrativa ha individuato un primo requisito dell’affidamento tutelabile nella sua ragionevolezza e nel correlato carattere ingiustificato del recesso.
Nei rapporti di diritto civile, l’affidamento viene considerato legittimo quando le trattative abbiano raggiunto un livello di definizione tale per cui la conclusione del contratto, di cui sono già stati fissati gli elementi essenziali, appaia come sbocco naturale e il recesso dalle trattative (in linea di principio libero) risulti, pertanto, ingiustificato sul piano oggettivo e integrante una condotta contraria al dovere di buona fede ex art. 1337 c.c.
Analogamente, nel diritto amministrativo l’affidamento è legittimo quando sia stata pronunciata l’aggiudicazione definitiva, cui non ha tuttavia fatto seguito la stipula del contratto ed ancorché ciò sia avvenuto nel legittimo esercizio dei poteri della stazione appaltante. In questo caso, il recesso ingiustificato, se pur legittimo, dell’amministrazione, esercitabile nelle forme della revoca o dell’annullamento d’ufficio della gara, non esonera la medesima da responsabilità per avere inutilmente condotto una procedura di gara fino all’atto conclusivo ed avere così ingenerato e fatto maturare il convincimento della sua positiva conclusione con la stipula del contratto d’appalto.
Un secondo requisito identificato dalla giurisprudenza amministrativa consiste nel carattere colposo della condotta dell’amministrazione, poiché si richiede che la violazione del dovere di correttezza e buona fede le sia imputabile quanto meno a colpa, secondo le regole generali valevoli in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.
Infine, un terzo requisito rintracciato dalla giurisprudenza amministrativa è rappresentato dall’assenza di colpevolezza nell’affidamento del concorrente. Di fatti, in applicazione dell’art. 1338 c.c., nessun risarcimento sarà dovuto qualora la causa di invalidità del contratto sia stata conosciuta da entrambe le parti che abbiano condotto le trattative. In ordine al requisito in questione, l’Adunanza plenaria ha rilevato la necessità di distinguere l’ipotesi di annullamento dell’aggiudicazione disposto d’ufficio dall’amministrazione dal diverso caso di annullamento verificatosi in sede giurisdizionale. In quest’ultima evenienza, posto che l’annullamento è derivato dall’accoglimento di un ricorso introdotto da un ricorrente in un giudizio in cui il beneficiario dell’atto illegittimo ha assunto la qualità di controinteressato, l’affidamento di quest’ultimo sarà tutelabile solo prima della notifica dell’atto introduttivo del giudizio. Infatti, una volta esercitata l’azione di annullamento, egli è posto nelle condizioni di conoscere la possibile illegittimità del provvedimento a sé favorevole e di difenderlo.
In conclusione, l’Adunanza plenaria ha enunciato, con riguardo al secondo quesito, il principio di diritto di seguito esplicitato: «nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa».