In tema di riparto di giurisdizione con riferimento ai contratti pubblici, va data continuità a quell’orientamento in virtù del quale la stipula del contratto pubblico costituisce un criterio di discrimen tra cognizione del go e del ga meramente tendenziale.
Ne consegue che, laddove la pa, dopo la stipula del contratto, provveda alla cura concreta dell’interesse pubblico, come avviene nel procedimento di diniego del subappalto, la situazione giuridica vantata dal privato ha natura di interesse legittimo con conseguente giurisdizione del ga. Ed invero, il diniego del subappalto di cui al d.lgs 50/2016 differisce dall’ipotesi comune dell’art. 1656 c.c., giacchè si invera mediante l’esercizio di un potere discrezionale disciplinato dallo statuto pubblicistico dell’evidenza pubblica.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
SALC S.p.A., affidataria da parte di ANAS dei lavori di realizzazione del raccordo autostradale tra l’autostrada A/4 e la Val Trompia – Tronco Ospitaletto tratto Concesio/Sarezzo, compreso lo svincolo di Concesio Lotto 1, come da contratto di appalto del 19.7.2018 – con ricorso al Tribunale Regionale della Lombardia (Sezione staccata di Brescia), chiedeva l’annullamento del diniego parziale al subappalto alla società Cristiano Group S.r.l., per l’esecuzione di opere strutturali speciali (berlinesi di micropali) imbocco Lumezzane. Tale diniego parziale era stato opposto da ANAS in quanto il ribasso operato dal subappaltatore per la posa in opera era superiore al 20%, escludendo dall’autorizzazione la voce di prezzo N.P.909.B02. 110.b, inerente alle opere d’arte fondazioni – diaframmi –pali – tubo per micropali di ogni dimensione – in acciaio S3553 con o senza valvolatura.
Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. declinava la giurisdizione, ritenendo che spettasse al giudice ordinario. Secondo il giudice adito, il diniego parziale di autorizzazione al subappalto non era attinente alle procedure di affidamento di cui all’art. 133, comma 1, lett. e) c.p.a., trattandosi di modalità esecutiva della prestazione rimessa alla determinazione delle parti, situata su di un piano paritetico assimilabile a quello dell’appaltante privato ai sensi dell’art. 1656 c.c. Pertanto, non assumeva rilevanza nessun potere discrezionale o comunque pubblicistico, con la conseguenza che il relativo contenzioso era di spettanza dell’autorità giudiziaria ordinaria.
SALC S.p.A. ha impugnato la declinatoria di giurisdizione. Di essa contesta il fondamento, lamentando error in judicando, in ragione della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
ANAS S.p.A., con atto di costituzione a norma dell’art. 55, c.7, del d.lgs. n. 104 del 2010, ha chiesto di essere sentita in camera di consiglio.
Con decreto n. 6283/2021 il Presidente ff. ha respinto l’istanza di misure cautelari provvisorie.
La causa è stata decisa all’esito della camera di consiglio del 16 dicembre 2021.
L’appello è fondato per i principi di seguito enunciati.
7.1.SALC S.p.A. sostiene che, secondo il convergente orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e di questo Consiglio di Stato, la controversia concernente un’ipotesi di diniego di autorizzazione al subappalto, quale quella oggetto del presente giudizio, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che trattasi di un giudizio avente ad oggetto la sussistenza delle condizioni per il ricorso al subappalto da parte dell’aggiudicatario di una gara pubblica, le quali rappresentano il presupposto per il perseguimento e la tutela dell’interesse dell’amministrazione committente all’immutabilità dell’affidatario e, quindi, ad evitare che nella fase esecutiva del contratto si pervenga, con modifiche sostanziali dell’assetto di interessi scaturito dalla gara, a vanificare l’interesse pubblico.
7.2. L’art. 133, comma 1, lett. e) del c.p.a. stabilisce che: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge… e)le controversie: 1)relative a procedure di affidamento di lavori pubblici, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative”. Nella tradizionale prospettiva bifasica che caratterizza la formazione dei contratti ad evidenza pubblica, le ‘procedure di affidamento’ strutturano (nella fase propriamente pubblicistica) peculiari procedimenti amministrativi, che esitano nella determinazione conclusiva, con cui viene disposta l’aggiudicazione a favore dell’offerta selezionata, cui segue – con la ‘stipula del contratto’ e la formale assunzione degli impegni negoziali – la fase esecutiva, che prefigura situazioni essenzialmente paritetiche, rimesse alla cognizione del giudice ordinario. La distinzione emerge, con particolare evidenza, dall’art. 30, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 dove si contrappongono: a) le ‘procedure di affidamento’ che, in quanto ricomprese, come specie nel genere, nelle ‘attività amministrative’ sono assoggettate alle disposizioni di ordine generale e paradigmatico, di cui alla l. n. 241/1990; b) la ‘fase di esecuzione’ che, in quanto attivata dalla ‘stipula del contratto’, evoca le regole del codice civile, in quanto non segnatamente derogate da disposizioni di specie.
7.3. Secondo il pacifico orientamento delle SS.UU. della Corte di Cassazione, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo ogni controversia relativa all’impugnazione dell’aggiudicazione della gara e degli atti del relativo procedimento antecedenti alla stipula del contratto di appalto, mentre, nella giurisdizione del giudice ordinario, i giudizi relativi alla successiva ‘fase contrattuale’, concernente l’esecuzione del rapporto (ex multis Cass. SS.UU. 3/5/2017, n. 10705; Cass. 21/5/2019 n. 13660).
7.4. Se in linea generale la stipula del contratto segna il punto di ‘confine’ ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, vi sono fattispecie connotate da peculiarità tali da costituire delle deroghe a tale principio, in cui il criterio di riparto della giurisdizione si fonda sulla situazione giuridica fatta valere. Ogni volta che l’agire della stazione appaltante attiene ad un segmento procedimentale pubblicistico, ed è collegata all’esercizio di un potere da parte dell’Amministrazione, sussisterà la giurisdizione del giudice amministrativo. Tale discrimen è determinante, tenuto conto che la valutazione dell’interesse pubblico esclude ogni rapporto paritetico, anche se sussiste un vincolo contrattuale tra le parti. Ne consegue che, nella fase privatistica, l’Amministrazione si pone con la controparte in una posizione di parità che si può definire ‘tendenziale’, in quanto può sempre verificarsi l’ipotesi che l’intervento autorizzativo sia espressione di una valutazione operata al fine primario dell’interesse pubblico. In tal caso, appare all’evidenza l’insussistenza tra le parti (pubblica e privata) di un rapporto giuridico paritetico, che invece si ravviserebbe in situazioni soggettive da qualificare in termini di diritti soggettivi e di obblighi giuridici.
7.5. Nella specie, l’amministrazione appaltante ha espresso un diniego parziale di autorizzazione al subappalto sul rilievo di elementi preesistenti e riconducibili alla procedura di gara, esercitando di fatto un potere pubblicistico, contrapposto ad un interesse legittimo del privato, in quanto espressamente riferito ai criteri fissati dalla ‘lex specialis’ (Cons. Stato, 19/2/2014, n. 769). Alla posizione di supremazia espressa dall’amministrazione con il predetto diniego ha fatto riscontro la soggezione della società appaltata, alla quale è riconosciuto l’interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri autoritativi spettanti alla prima, sicchè la controversia relativa al legittimo esercizio di tale potere rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo.
7.6. Ciò in coerenza con la sentenza della Corte di Cassazione SS.UU. n. 23468 del 18/11/2016 secondo cui, successivamente alla stipula del contratto conseguente a un procedimento di evidenza pubblica, tutte le controversie insorte durante la fase di esecuzione del contratto rientrano, di regola, nella giurisdizione del giudice ordinario, tenuto conto della condizione di parità tra le parti e, dunque, della natura di diritto soggettivo che qualifica la posizione del contraente privato, a meno che l’amministrazione committente eserciti poteri autoritativi espressione di discrezionalità valutativa, a fronte dei quali la posizione soggettiva del privato si atteggia a interesse legittimo.
7.7. Non induce in contrario il fatto che, nella specie, sia intervenuta la stipula del contratto e che si trovi nella fase della esecuzione del rapporto, in quanto l’utilizzo di strumenti privatistici è, infatti, incompatibile solo in linea generale con il ‘perseguimento del pubblico interesse’, come sancito dall’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, a proposito degli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento amministrativo (in questo senso: cfr. Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204). Inoltre, in ogni fattispecie di utilizzo di istituti propri del diritto civile prevale presso la giurisprudenza la tesi secondo cui la pubblica amministrazione mantiene le prerogative di autorità pubblica: tanto nella fase prodromica alla conclusione dei contratti (cfr. Cons.Stato, Ad.plen., 3 giugno 2010, n. 11, con riguardo alla costituzione o partecipazione in società), quanto nel corso del rapporto con il privato una volta stipulato il contratto (così: Cons.Stato, Ad.plen. 20 giugno 2014, n.14, che ha riconosciuto perdurante il potere di autotutela amministrativa nel corso dell’esecuzione di un contratto di appalto pubblico).
7.8. Dai rilievi espressi, deve ritenersi che nel diniego di autorizzazione al subappalto, gli interessi di carattere generale, pur connessi alla corretta esecuzione del contratto, connotano il momento pubblicistico, il quale si rappresenta nella scelta del subappaltatore nei termini di verifica del rispetto dei criteri fissati dalla procedura di gara. Ed invero, non può essere condiviso l’avviso del giudice di primo grado che considera detta autorizzazione una species di quella prevista dall’art. 1656 c.c. in materia di appalti privati, riconducendola esclusivamente ad espressione di autonomia negoziale. Mentre la ratio della previsione di cui al citato art. 1656 c.c. si collega alla natura fiduciaria del contratto d’appalto, di tal che il committente è chiamato a valutare unicamente (e liberamente) la compatibilità del subappalto con il proprio interesse a veder realizzata l’opera appaltata a regola d’arte, l’autorizzazione al subappalto è un istituto preordinato anche al perseguimento di interessi pubblici ulteriori (Cons. Stato, n. 1713/2010). Peraltro, la non riconducibilità dei prescritti poteri a quelli propri di un rapporto paritetico non si traduce in una diminuzione di tutela della società appaltata, essendovi, al contrario, un rafforzamento della sua posizione secondo lo statuto tipico del procedimento amministrativo, in primis per la necessità che l’attività autorizzativa al subappalto sia esercitata in coerenza con il pubblico interesse sotteso al contratto di appalto. Di ciò si conferma nel caso si specie.
- Sulla base delle considerazioni svolte, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla presente controversia, con conseguente rinvio al primo giudice del ricorso di primo grado n. 667 del 2021, ai sensi dell’art. 105, comma 2, del codice del processo amministrativo.
- La natura della questione trattata giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 10.01.2022 n. 171