Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza 20 gennaio 2022 n. 1777
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
Come queste Sezioni Unte hanno già avuto modo di affermare, in tema di giudizi di responsabilità amministrativa la Corte dei conti può valutare, da un lato, se gli strumenti scelti dagli amministratori siano adeguati – anche con riguardo al rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti- oppure esorbitanti ed estranei rispetto al fine pubblico da perseguire, e, dall’altro, se nell’agire amministrativo gli amministratori stessi abbiano rispettato i principi di legalità, di economicità, di efficacia e di buon andamento, i quali assumono rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell’azione amministrativa ( v. Cass., Sez. Un., 13/5/2020, n. 8848 ).
Con particolare riferimento alla gestione dei fondi pubblici erogati ai gruppi partitici dei consigli regionali [ atteso che la funzione di autorganizzazione interna del Consiglio regionale ( della quale costituiscono espressione gli atti che riguardano direttamente l’organizzazione degli uffici e dei servizi, nonché le modalità di svolgimento dell’attività dell’assemblea ) partecipa delle guarentigie apprestate dall’art. 122, 40 co., Cost., a tutela dell’esercizio delle primarie funzioni (legislativa, di indirizzo politico e di controllo) delle quali l’organo regionale di rappresentanza politica è investito, onde preservarle dall’interferenza di altri poteri, la prerogativa dell’insindacabilità peraltro non determinando l’esenzione dalla giurisdizione ( spettante in via tendenziale alla Corte dei Conti ) in tema di responsabilità per maneggio di denaro pubblico, non estendendosi all’attività materiale di gestione delle risorse finanziarie, che resta assoggettata all’ordinaria giurisdizione di responsabilità civile, penale e contabile, anche in ragione della non assimilabilità delle assemblee elettive regionali a quelle parlamentari ( v. Cass., Sez. Un., 28/2/2020, n. 5590 ) ], si è sottolineato essere la stessa soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità erariale, sia perché a tali gruppi – pur in presenza di elementi di natura privatistica connessi alla loro matrice partitica – va riconosciuta natura essenzialmente pubblicistica attesa la funzione strumentale al funzionamento dell’organo assembleare da essi svolta, sia in ragione dell’origine pubblica delle risorse e della definizione legale del loro scopo, senza che rilevi il principio dell’insindacabilità di opinioni e voti ex art. 122, 4° co., Cost., non estensibile alla gestione del contributo, stante la natura derogatoria delle norme di immunità (v. Cass., Sez. Un., 17/12/2018, n. 32618).
L’accertamento rimesso alla Corte dei conti non può invero investire l’attività politica del presidente e degli altri componenti del gruppo consiliare e le scelte di “merito” dai medesimi effettuate nell’esercizio del mandato, ma deve mantenersi nell’alveo di un giudizio di conformità alla legge dell’azione amministrativa ( art. 1 L. n. 20 del 1994 ), nel cui ambito ( e dunque, nei limiti interni della giurisdizione contabile ) rimane la verifica di difformità delle attività di gestione del contributo erogato al gruppo consiliare rispetto alle finalità di interesse pubblico da perseguire con i medesimi, concernenti in particolare la congruità delle singole voci di spesa ammesse al rimborso con riferimento a criteri oggettivi di conformità e di collegamento teleologico con í predetti fini, secondo quanto imposto dal quadro normativo di riferimento ( v. Cass., Sez. Un., 28/2/2020, n. 5589; Cass., Sez. Un., 17/12/2018, n. 32618 ).
A tale stregua, come questa Sezioni Unite hanno già avuto modo di porre in rilievo nel fare richiamo alla pronunzia Corte Cost. n. 235 del 2015, pur se sottratti alla giurisdizione di conto i capigruppo dei Consigli regionali e tutti i consiglieri regionali restano assoggettati alla responsabilità amministrativa e contabile ( oltre che penale, ove ne ricorrano i presupposti ), senza che rilevi la disciplina regionale (nella specie, L. Regione Lombardia n. 17 del 1992) che preveda l’approvazione dei rendiconti da parte dell’Ufficio di Presidenza, poiché il voto dato in tali sedi rappresenta una ratifica formale di spese già effettuate dai gruppi, e non già un atto deliberativo che ne costituisce ex ante il titolo giustificativo, conducendo l’opposta interpretazione al risultato -abnorme e contrario alla natura eccezionale della guarentigia di cui all’art. 122, 4° co., Cost.- di configurare, del tutto ingiustificatamente, una tutela dell’insindacabilità delle opinioni dei consiglieri regionali più ampia di quella apprestata per i parlamentari nazionali ( v. Cass., Sez. Un., 15/9/2020, n. 19171; Cass., Sez. Un., 28/2/2020, n. 5589; Cass., Sez. Un., 16/1/2019, n. 1034; Cass., Sez. Un., 17/12/2018, n. 32618; Cass., Sez. Un., 7/9/2018, n. 21927; Cass., Sez. Un., 8/4/2016, n. 6895; Cass., Sez. Un., 29/4/2015, n. 8622; Cass., Sez. Un., 28/4/2015, n. 8570; Cass., Sez. Un., 21/4/2015, n. 8077; Cass., Sez. Un., 31/10/2014, n. 23257 ).
Orbene, di tali principi l’impugnata sentenza ha fatto invero piena e corretta applicazione. Non è invero affetta da eccesso di potere giurisdizionale la pronuncia della Corte dei Conti che come nella specie abbia accertato la responsabilità erariale dell’odierno ricorrente, consigliere regionale, in ragione della ravvisata illeceità della spesa rispetto alle finalità istituzionali del gruppo consiliare ai sensi della L.R. n. 17 del 1992 (applicabile ratione temporis ai fatti contestati e successivamente abrogata, a decorrere dal 10 luglio 2013, dalla L.R. n. 3 del 2013, recante essa stessa la disciplina in materia) stabilendo ( all’art. 3, comma 4 ) che i rimborsi disposti dai gruppi consiliari possono riguardare soltanto le spese sostenute dai consiglieri appartenenti al gruppo che siano «adeguatamente documentate» ( cfr. Cass., Sez. Un., 15/9/2020, n. 19171 ).
L’attività di interpretazione, anche quando la “voluntas legis” sia stata individuata, non in base al tenore letterale delle singole disposizioni, ma alla “ratio” che esprime il loro coordinamento sistematico, rappresenta d’altro canto il proprium della funzione giurisdizionale, e non può pertanto di per sé sola integrare la violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale, ma dare al più luogo ad un error in iudicando ( v. Cass., Sez. Un., 28/2/2020, n. 5589).
Orbene, la valutazione operata dalla Corte dei conti non ha avuto nella specie ad oggetto il “merito” delle spese effettuate dall’odierno ricorrente, con controllo volto a sindacarne l’utilità o l’opportunità, bensì unicamente la giustificazione della spesa tramite adeguata documentazione della stessa, e quindi il piano dimostrativo del rapporto di correlazione tra la stessa e la finalità per la quale il contributo viene erogato, collocandosi pertanto all’interno dell’anzidetto giudizio di congruità (parametrato a criteri oggettivi), del quale costituisce anzi il presupposto ( cfr. Cass., Sez. Un., 17/12/2018, n. 32618 ).
Ne consegue che eventuali errori commessi dal giudice contabile nel concreto svolgersi dell’anzidetta verifica sono allora da ascriversi semmai a violazioni di legge -sostanziale o processuale- concernenti il modo d’esercizio della giurisdizione speciale, e non già l’essenza della giurisdizione o lo sconfinamento dai relativi limiti interni. Va per altro verso osservato che le restanti censure mosse dall’odierno ricorrente e concernenti la dedotta inconfigurabilità di una sua condotta colposa, la sussistenza viceversa di nesso di causalità tra la condotta posta al riguardo in essere dall’Ufficio di Presidenza e il danno erariale contestatogli, l’insufficienza della motivazione dell’impugnata sentenza e l’erroneità della sua condanna al gamento delle spese di giudizio sono invero inammissibili, attenendo in ogni caso ad eventuali errores in iudicando rientranti nei limiti interni della giurisdizione contabile, e non già afferenti ai limiti esterni della medesima ( cfr. Cass., Sez. Un., 15/9/2020, n. 19171).
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore della Procura Generale presso la Corte dei Conti, stante la sua natura di parte meramente formale, né dell’altro intimato, non avendo il medesimo svolto attività difensiva.