Corte Costituzionale, sentenza 20 gennaio 2022 n. 9
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 9, della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020-2022), limitatamente alle parole «o private»; va invece dichiarata cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, lettera c), della legge prov. Trento n. 6 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, tra gli altri, l’art. 9, comma 1, lettera c), della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020-2022), che, aggiungendo il comma 10 all’art. 12 della legge della Provincia autonoma di Trento 3 agosto 2018, n. 15 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2018-2020), ha incluso, in via transitoria fino al 31 dicembre 2022, il personale con contratto di lavoro flessibile nella riserva di posti, pari al cinquanta per cento di quelli banditi, riservati al personale assunto con rapporto di lavoro a tempo determinato.
Il ricorrente deduce il contrasto della suddetta diposizione provinciale con gli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione al principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica espresso dall’art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», che, nella versione vigente al momento della proposizione del ricorso, consentiva la stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione, mediante assunzione del personale con contratto a tempo determinato, solo fino al 31 dicembre 2021, e del personale con contratto di lavoro flessibile, solo nel triennio 2018-2020.
1.1.– Va dato atto che, successivamente alla proposizione del ricorso, è intervenuto l’art. 3, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Trento 28 dicembre 2020, n. 15 (Legge collegata alla manovra di bilancio provinciale 2021), che ha soppresso l’ultimo periodo del comma 10 dell’art. 12 della legge prov. Trento n. 15 del 2018, introdotto dall’impugnato art. 9, comma 1, lettera c), della legge prov. Trento n. 6 del 2020; la Provincia autonoma, con la memoria del 19 ottobre 2021, ha depositato una nota del dirigente generale del dipartimento organizzazione, personale e affari generali attestante la mancata applicazione della norma censurata.
1.2.– La soppressione della modifica arrecata dalla norma impugnata e la sua mancata applicazione medio tempore comportano la declaratoria di cessazione della materia del contendere (ex multis, sentenze n. 287 e n. 56 del 2019, n. 238, n. 185, n. 171 e n. 44 del 2018).
2.– Con lo stesso ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche l’art. 18, comma 9, della legge prov. Trento n. 6 del 2020, deducendone il contrasto con gli artt. 97 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in relazione agli artt. 3-sexies, comma 3, 7-quater, comma 1, e 15, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), all’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 (Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l’accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale) e all’art. 18, comma 4, del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) dell’Area sanità, sottoscritto il 19 dicembre 2019, per il triennio 2016-2018.
3.– Resta riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con lo stesso ricorso.
4.– La difesa dello Stato rileva che l’art. 18, comma 9, della legge prov. Trento n. 6 del 2020 individua, quale requisito per la nomina a direttore di un’articolazione organizzativa fondamentale dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari, l’aver maturato un’esperienza triennale (divenuta quinquennale per effetto delle modifiche successivamente apportate dall’art. 8, comma 4, della legge prov. Trento n. 15 del 2020) di direzione in enti, aziende e strutture pubbliche o private di media o grande dimensione, mentre l’art. 12 del d.P.R. n. 484 del 1997 e l’art. 18 del CCNL Area sanità, ai fini del conferimento di incarichi nelle strutture sanitarie, attribuiscono rilievo all’esperienza acquisita nel settore privato solo se maturata presso strutture private equiparate alle pubbliche o accreditate.
4.1.– Inoltre, la disposizione provinciale impugnata sarebbe in contrasto con gli artt. 3-sexies, comma 3, e 7-quater, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, che, con specifico riferimento alla figura del direttore di distretto e del direttore del dipartimento di prevenzione, richiedono, rispettivamente, una specifica esperienza nei servizi territoriali (direttore del distretto) o la qualifica di direttore di struttura complessa del dipartimento (direttore del dipartimento di prevenzione).
4.2.– Le sostanziali deroghe della disciplina provinciale alle disposizioni statali e al contratto collettivo nazionale determinerebbero la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva nella materia «ordinamento civile»; inoltre, venendo in rilievo la disciplina della «governance» delle Aziende sanitarie, riconducibile ai principi fondamentali in materia di tutela della salute, sarebbe violato anche l’art. 117, terzo comma, Cost.
5.– La Provincia autonoma ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata considerazione della competenza legislativa statutaria primaria in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto e di quella concorrente in materia di igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera; avendo, tuttavia, lo Stato dedotto la violazione delle disposizioni in materia di «governance» delle Aziende sanitarie di cui agli artt. 3-sexies, comma 3, e 7-quater, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, precisando che tali disposizioni integrano principi fondamentali della materia «tutela della salute», la motivazione è sufficiente a dar conto delle ragioni per cui si ritengono superati i limiti dettati dalle competenze statuarie.
6.– Nemmeno può accogliersi l’eccezione della Provincia resistente di carenza di interesse dello Stato al ricorso, formulata sul presupposto che la caducazione dell’art. 18, comma 9, della legge prov. Trento n. 6 del 2020 comporterebbe la reviviscenza della precedente normativa, in pratica solo riprodotta dalla norma impugnata.
Secondo la prospettazione della Provincia autonoma la norma impugnata si sarebbe limitata a fissare un requisito già richiesto dalla normativa provinciale pregressa, per mezzo del richiamo, operato dall’art. 31, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 luglio 2010, n. 16 (Tutela della salute in provincia di Trento), all’art. 28, comma 5, lettera b), della legge prov. Trento n. 16 del 2010, che già lo prescriveva. Pertanto, la declaratoria di illegittimità costituzionale comporterebbe la reviviscenza dell’art. 31, comma 2, della legge prov. Trento n. 16 del 2010 nella versione anteriore alle modifiche di cui alla legge prov. Trento n. 6 del 2020, con conseguente carenza di interesse attuale e concreto al ricorso.
6.1.– L’eccezione non è fondata, poiché «“[i]l fenomeno della reviviscenza di norme abrogate […] non opera in via generale e automatica e può essere ammesso soltanto in ipotesi tipiche e molto limitate”, fra le quali rientra l’abrogazione di “disposizioni meramente abrogatrici, perché l’unica finalità di tali norme consisterebbe nel rimuovere il precedente effetto abrogativo” e così facendo, in sostanza, il legislatore assume “per relationem il contenuto normativo della legge precedentemente abrogata” (sentenza n. 13 del 2012)» (sentenza n. 255 del 2019).
Nella specie l’art. 18, comma 9, della legge prov. Trento n. 6 del 2020 oggetto di impugnazione non integra una disposizione meramente abrogativa, avendo invece sostituito il testo dell’art. 31, comma 2, della legge prov. Trento n. 16 del 2010; peraltro, l’art. 28, comma 5, lettera b), della medesima legge prov. Trento n. 16 del 2010, a cui il suddetto art. 31 faceva espresso rinvio, è stato, a propria volta, sostituito dal comma 5 dell’art. 18 della legge prov. Trento n. 6 del 2020, così che la declaratoria di illegittimità costituzionale non comporterebbe in nessun caso la reviviscenza della precedente disciplina.
7.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale riferita all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., non è fondata.
Invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, rientrano nella materia «ordinamento civile» i soli «interventi legislativi che […] dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere (ex multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)» (sentenza n. 32 del 2017, punto 4.3. del Considerato in diritto), che si impongono all’autonomia privata con il carattere dell’inderogabilità (sentenza n. 63 del 2012).
I requisiti per l’accesso all’incarico di direttore sanitario di una struttura organizzativa complessa non incidono, però, sulla disciplina del singolo rapporto di diritto privato, relativo all’incarico conferito in favore di uno specifico soggetto, ma intervengono a monte del conferimento, in una fase pubblicistico-organizzativa afferente l’organizzazione amministrativa; la materia dell’ordinamento civile è, dunque, estranea alla disposizione impugnata, né vi può essere ricondotta dalle disposizioni del CCNL che, per le tipologie di incarichi conferibili ai dirigenti dell’area sanitaria, fa salvi i requisiti previsti dalle disposizioni legislative.
8.– La questione è invece fondata in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.
8.1.– Le norme provinciali di organizzazione, oggetto di impugnazione, intervengono in un settore peculiare quale quello sanitario e «tale ambito “neppure può essere invocato come ‘materia’ a sé stante, agli effetti del novellato art. 117 Cost., in quanto l’organizzazione sanitaria è parte integrante della ‘materia’ costituita dalla ‘tutela della salute’ di cui al terzo comma del citato art. 117 Cost.” (sentenza n. 371 del 2008)» (sentenza n. 54 del 2015), in ragione dell’idoneità dell’organizzazione sanitaria ad incidere sulla salute dei cittadini, «costituendo le modalità di organizzazione del servizio sanitario la cornice funzionale ed operativa che garantisce la qualità e l’adeguatezza delle prestazioni erogate (sentenza n. 181 del 2006)» (sentenza n. 207 del 2010).
8.2.– La materia in cui rientra la disposizione impugnata è, quindi, quella, di competenza concorrente, della tutela della salute, attribuita alle Regioni a statuto ordinario dalla riforma del 2001, che, in quanto più ampia di quella conferita dagli statuti speciali in materia di igiene e sanità e assistenza ospedaliera, comporta l’operatività della clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e spetta anche alle Province autonome, con conseguente facoltà per lo Stato di porre solo i principi fondamentali della disciplina (ex multis sentenza n. 231 del 2017).
9.– La difesa della Provincia autonoma si basa sull’assunto per cui i requisiti per l’accesso all’incarico di direttore delle tre articolazioni organizzative fondamentali dell’Azienda provinciale corrispondono a quelli previsti dal d.lgs. n. 502 del 1992 e dal d.P.R. n. 484 del 1997 per gli incarichi di alta dirigenza sanitaria, tra cui andrebbero compresi gli incarichi di direttore del dipartimento di prevenzione, di direttore dei distretti sanitari e di direttore del servizio ospedaliero provinciale.
10.– Il d.lgs. n. 502 del 1992 reca la disciplina di riordino in materia sanitaria, prevedendo l’articolazione del territorio regionale in unità sanitarie locali costituite in aziende pubbliche dotate di autonomia imprenditoriale ed organizzate in base ad un atto aziendale di diritto privato, che individua le singole articolazioni interne dell’Azienda, distinte in dipartimenti e unità operative semplici e complesse, la cui gestione è affidata ai dirigenti del ruolo medico.
10.1.– Organo di vertice dell’Azienda sanitaria è il direttore generale, che è responsabile della gestione complessiva dell’azienda e che, nell’esercizio delle sue funzioni, è coadiuvato dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario (art. 3, comma 1-quater, del d.lgs. n. 502 del 1992).
L’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 prevede specifici requisiti per la nomina del direttore amministrativo e del direttore sanitario, stabilendo che quest’ultimo è un medico, mentre il direttore amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o economiche; entrambi devono avere una qualificata esperienza quinquennale di direzione in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.
10.2.– Con specifico riferimento ai due incarichi, quello di direttore del distretto e quello di direttore del dipartimento di prevenzione, vengono in rilievo specifiche previsioni della normativa statale.
Il distretto corrisponde ad un’articolazione territoriale dell’unità sanitaria locale che assicura i servizi di assistenza primaria e il coordinamento delle attività con quella dei dipartimenti e dei servizi aziendali, inclusi i presidi ospedalieri (art. 2, comma 2-sexies, lettera c, e art. 3-quater, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992); ai sensi dell’art. 3-sexies, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992 l’incarico di direttore del distretto è attribuito ad un dirigente dell’Azienda che abbia maturato una specifica esperienza nei servizi territoriali e un’adeguata formazione nella loro organizzazione oppure a un medico convenzionato.
Il dipartimento di prevenzione trova collocazione funzionale nel distretto e svolge attività di prevenzione collettiva e sanità pubblica (artt. 3-quinquies, comma 3, e 7-ter del d.lgs. n. 502 del 1992); l’art. 7-quater del d.lgs. n. 502 del 1992 prevede che l’incarico di direttore del dipartimento di prevenzione sia conferito ai direttori di struttura complessa del dipartimento che abbiano almeno cinque anni di anzianità di funzione.
11.– La normativa statale esprime, dunque, un principio fondamentale, idoneo a vincolare la potestà legislativa regionale o provinciale concorrente, secondo cui, al fine della nomina a direttore, è richiesta l’esperienza specifica nel settore pubblico.
12.– La legge provinciale oggetto di censura assimila, invece, il direttore del dipartimento di prevenzione, quello del distretto sanitario e quello dei servizi ospedalieri ai direttori sanitario e amministrativo, per i quali non è richiesta un’esperienza nel settore pubblico.
Se si può riconoscere alla Provincia autonoma il potere di articolare diversamente la struttura degli uffici con la previsione di contratti quinquennali per posizioni di alta dirigenza, certamente non può riconoscersi la possibilità di derogare al principio che i direttori delle articolazioni organizzative fondamentali dell’Azienda possiedano anche un’esperienza nel settore della sanità pubblica, essendo tale requisito di accesso all’incarico di direzione funzionale ad «assicurare la competenza, la professionalità e la specifica esperienza del soggetto chiamato alla guida del dipartimento» (da ultimo, sentenza n. 179 del 2021).
Pertanto, seppure non può censurarsi la scelta della Provincia di scegliere per gli incarichi dirigenziali a termine, di cui alla legge provinciale impugnata, figure estranee alla compagine aziendale, ciò deve avvenire, però, nel rispetto dei principi fondamentali posti dalla normativa statale, tra cui quello per cui va previsto anche il possesso di un’esperienza nel settore della sanità pubblica.
La norma impugnata, in particolare, contrasta con l’art. 3-sexies, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, il quale prevede che l’incarico di direttore del distretto è attribuito a un dirigente dell’Azienda con una specifica esperienza nell’organizzazione dei servizi territoriali, oppure ad un medico convenzionato da almeno dieci anni.
Analogo contrasto si verifica con l’art. 7-quater, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, il quale prevede che il direttore del dipartimento di prevenzione sia scelto dal direttore generale tra i direttori di struttura complessa del dipartimento.
Infine, anche il direttore del servizio ospedaliero provinciale, in ragione della sua specifica preposizione all’organizzazione di tutti gli ospedali pubblici della Provincia, non può non essere in possesso di un’esperienza nel settore della sanità pubblica.
L’esperienza maturata nel settore della sanità pubblica, quale requisito per la nomina a direttore delle predette articolazioni organizzative fondamentali, al di là di quanto specificamente previsto dal d.P.R. n. 484 del 1997, trova, dunque, la propria ragione giustificatrice in un principio fondamentale che si ricava direttamente nella normativa statale e che non può non caratterizzare la posizione relativa alle articolazioni organizzative fondamentali previste dalla legge provinciale impugnata, la quale, per contro, prevede che il requisito suddetto possa essere soddisfatto anche da un’esperienza nel settore privato.
13.– L’accoglimento della questione per contrasto della norma impugnata con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi e con particolare riferimento agli artt. 3-sexies, comma 3, e 7-quater, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, comporta l’assorbimento della questione promossa in riferimento all’art. 97 Cost.