Testo rilevante della decisione:
- « (…) colui che emette un assegno bancario privo della data di emissione, valevole come da promessa di pagamento, con l’intesa che il prenditore possa utilizzare il documento come titolo di credito in epoca successiva apponendovi data e luogo di emissione, si assume la responsabilità (quanto meno a titolo di dolo eventuale) della eventuale attribuzione al medesimo documento delle caratteristiche dell’assegno bancario, e pertanto può rispondere dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 1 della legge n. 386 del 1990 (come sostituito dall’art. 28 del dec. lgs. n. 507 del 1999) se, al momento dell’utilizzazione del titolo, non vi sia l’autorizzazione ad emetterlo (cfr. Cass. 20.6.2007, n. 14322; Cass. (ord.) 22.9.2020, n. 19797, secondo cui chi emette un assegno bancario privo della data di emissione accetta il rischio che, al momento del riempimento del documento e della sua utilizzazione come assegno, il titolo risulti privo di autorizzazione, sicché risponde dell’illecito previsto dall’art. 1 della legge n. 386 del 1990 se al momento dell’utilizzazione del titolo non vi sia autorizzazione ad emetterlo)».
- « (…) chi emette un assegno bancario privo della data di emissione accetta altresì il rischio che, al momento del riempimento del documento e della sua utilizzazione come assegno, il pagamento risulti precluso in dipendenza dell’operatività delle regole della “concorsualità“, correlate alla sottoposizione ovvero all’ammissione del debitore ad una procedura concorsuale».
Si propongono di seguito ulteriori punti giuridicamente interessanti dell’ordinanza:
- «10. (…) è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26831; Cass. 9.8.2017, n. 19759; Cass. 23.2.2010, n. 4340)».
- « (…) la contumacia integra un comportamento neutrale cui non può essere attribuita valenza confessoria e comunque non contestativa dei fatti allegati dalla controparte, che resta onerata della relativa prova (cfr. Cass. sez. lav. 21.11.2014, n. 24885; Cass. sez. lav. 14.1.2015, n. 461, secondo cui il principio di non contestazione presuppone un comportamento concludente della parte costituita; Cass. 23.6.2009, n. 14623, secondo cui l’esclusione dei fatti non contestati dal “thema probandum” non può ravvisarsi in caso di contumacia del convenuto, in quanto la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, non essendovi un onere in tal senso argomentabile dal sistema».
- « (…) affinché il giudicato sostanziale formatosi in un giudizio operi all’interno di altro giudizio instaurato successivamente, è necessario che tra la precedente causa e quella in atto vi sia, oltre che identità di parti e di “petitum”, anche di “causa petendi”, ai fini della cui individuazione rilevano non tanto le ragioni giuridiche enunciate dalla parte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì l’insieme delle circostanze di fatto che la parte stessa pone a base della propria richiesta (cfr. Cass. sez. lav. (ord.) 25.6.2018, n. 16688)».
- « (…) nel quadro della previsione del co. 3, dell’art. 6 della legge n. 689/1981, che autore dell’illecito amministrativo di cui all’art. 1 della legge n. 386/1990 può essere unicamente la persona fisica che ha commesso il fatto, sicché gli enti e le società per le quali la persona fisica ha operato in veste di legale rappresentante, sono responsabili in solido esclusivamente al fine di garantire il pagamento della sanzione pecuniaria».
Cassazione civile, sez. II, ordinanza n. 35947/2021