Cass. civ., II, sent., 14.02.2022, n. 4714
PRINCIPIO DI DIRITTO
Il trasferimento, la costituzione o l’estinzione di diritti reali immobiliari è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam non soltanto quando il contratto da risolvere sia definitivo, ma anche quando si tratti di contratto preliminare in quanto anche il contratto preliminare incide, in via mediata, su diritti reali immobiliari con la conseguenza che anche il contratto solutorio, sciogliendo le parti dagli obblighi assunti con il contratto definitivo, impedisce il verificarsi degli effetti previsti dal contratto definitivo.
La volontà negoziale estintiva di un contratto avente forma scritta ad substantiam deve risultare non per facta concludentia ma da un documento che non lasci dubbi sulla volontà di entrambe le parti di sciogliere il contratto sì da rivelare il completo disinteresse delle parti all’attuazione del contratto e il mutuo consenso alla cessazione dello stesso.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Va trattato, in via prioritaria, il terzo motivo di ricorso, con il quale si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per essere viziata da ultrapetizione in quanto la domanda di risoluzione per mutuo consenso non sarebbe mai stata proposta in primo grado. La società attrice aveva agito per la risoluzione del contratto per inadempimento ed il convenuto aveva resistito alla domanda senza proporre domanda riconvenzionale di risoluzione per mutuo consenso sicché la corte di merito avrebbe errato nel dichiarare d’ufficio la risoluzione per mutuo consenso sulla base del comportamento del convenuto e delle sue difese in giudizio.
Il motivo è infondato.
La risoluzione consensuale del contratto è un fatto oggettivamente estintivo dei diritti nascenti dal negozio bilaterale e può essere desunto, salvo i limiti di forma del negozio solutorio, dalla volontà manifestata dalle parti anche tacitamente. Laddove le parti abbiano allegato in giudizio di non avere interesse alla permanenza degli effetti del contratto, la risoluzione consensuale può essere oggetto di accertamento d’ufficio da parte del giudice anche in sede di legittimità, ove non vi sia necessità di effettuare indagini di fatto.
In armonia con tale principio, la giurisprudenza consolidata di questa Corte ha ritenuto che la risoluzione consensuale del contratto non costituisce oggetto di eccezione in senso proprio ma una mera difesa (Cassazione civile sez. 20/06/2012, n. 10201; Cass. 24 maggio 2007 n. 12075 e Cass. 21 novembre 2006 n. 24802), ragione per la quale non è configurabile il vizio di ultrapetizione sol perché la parte abbia chiesto la risoluzione per inadempimento e sia emerso dal processo che volontariamente esse si fossero sciolte dal vincolo contrattuale.
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1350 c.c. e 1351 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito ritenuto che il contratto preliminare di permuta del 7.9.2005 fosse stato risolto per mutuo consenso, in assenza di un atto avente forma scritta ad substantiam, pur trattandosi di contratto avente ad oggetto diritti reali immobiliari.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il difetto di motivazione della sentenza in quanto con la proposta di acquisto del terreno oggetto del contratto preliminare di vendita, la promittente acquirente non avrebbe manifestato la volontà di risolvere il contratto precedente e non vi era stata accettazione della proposta da parte del T. con atto avente forma scritta. Poiché all’offerta di acquisto del terreno non era seguita l’accettazione scritta, il contratto solutorio non si sarebbe perfezionato e la proposta unilaterale non avrebbe potuto esplicare alcun effetto estintivo dell’accordo originario.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
Deve, in primo luogo, essere disattesa la questione, sollevata dal controricorrente in ordine alla qualificazione della scrittura privata dei 7.9.2005 come “lettera di intenti” o “preliminare di preliminare”.
La Corte di merito, cui è demandata la qualificazione del contratto, ha accertato che, con la scrittura privata del 7.9.2005, le parti avessero concluso un contratto preliminare, obbligandosi a concludere il contratto definitivo.
Il ricorso omette di censurare la violazione delle regole di interpretazione del contratto, limita a sostenere, in modo apodittico, che la scrittura privata del 7.9.2005 integrasse un preliminare di preliminare da cui scaturiva l’obbligo di contrattare in vista della compravendita e che, a fortiori, anche il negozio solutorio potesse avvenire per facta concludentia.
Considerato quindi che la scrittura privata del 7.9.2005 vada qualificata come contratto preliminare, la quaestio iuris posta all’attenzione del collegio riguarda la forma del contratto solutorio.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, la risoluzione consensuale di un contratto preliminare riguardante il trasferimento, la costituzione o l’estinzione di diritti reali immobiliari è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam non solo quando il contratto da risolvere sia definitivo e, quindi rientri nella espressa previsione dell’art. 1350 c.c., ma anche quando si tratti di contratto preliminare; la ragione dell’assoggettamento del preliminare alla forma di cui all’art. 1351 c.c. va ravvisata nell’incidenza che il preliminare spiega su diritti reali immobiliari, sia pure in via mediata in quanto con esso le parti assumono l’obbligo di concludere il definitivo (Cassazione civile sez. II, 22/02/2018, n. 4313; Cassazione civile sez. II, 14/04/2011, n. 8504; Cass. 15 maggio 1998 n. 4906).
Il contratto preliminare, infatti, pur avendo efficacia obbligatoria, vincola le parti alla conclusione del contratto definitivo ed ha efficacia mediata in relazione al trasferimento di diritti reali immobiliari.
La risoluzione del contratto preliminare necessita quindi del rispetto dei requisiti della forma scritta di cui all’art. 1350 c.c., come espressamente richiesto dall’art. 1351 c.c., perché impedisce il verificarsi degli effetti immobiliari derivanti dall’adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto preliminare (Cass., Sez. 2, n. 13290 del 26 giugno 2015).
Se, infatti, in via generale, la risoluzione per mutuo consenso di un contratto può risultare anche da un comportamento tacito concludente, qualora si tratti di contratti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam, analoga forma deve essere prevista per il negozio solutorio.
Nel caso di specie, la risoluzione del contratto preliminare di permuta doveva risultare con atto scritto idoneo a rendere manifesto che le partì avevano sostituito all’originario contratto di permuta un diverso contratto solutorio.
Non era quindi necessaria la mera proposta di acquisto del terreno da parte della società promissaria acquirente, rifiutata dal T., per ritenere che vi fosse stato lo scioglimento dal vincolo contrattuale derivante dal contratto preliminare in quanto era necessario l’accertamento della volontà di estinguere il precedente contratto e di sostituire un nuovo regolamento di interessi con funzione solutoria del preliminare.
L’efficacia estintiva del contratto non poteva evincersi dal mero comportamento delle parti che, nelle more della conclusione del definitivo, avevano avviato trattative per la vendita del terreno oggetto del preliminare.
La Corte di merito ha erroneamente tratto il convincimento che l’offerta di acquisto del terreno oggetto del preliminare da parte della società ricorrente, rifiutata dal promittente venditore manifestasse l’intento di risolvere per mutuo consenso ii contratto preliminare senza accertare se detta proposta facesse espresso riferimento alla volontà di risolvere il contratto preliminare, anche in caso di rifiuto del promittente venditore, non essendo il comportamento delle parti, successivo alla conclusione del contratto, idoneo a tale fine.
Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che si conformerà al seguente principio di diritto:
“Il trasferimento, la costituzione o l’estinzione di diritti reali immobiliari è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam non soltanto quando il contratto da risolvere sia definitivo, ma anche quando si tratti di contratto preliminare in quanto anche il contratto preliminare incide, in via mediata, su diritti reali immobiliari con la conseguenza che anche il contratto solutorio, sciogliendo le parti dagli obblighi assunti con il contratto definitivo, impedisce il verificarsi degli effetti previsti dal contratto definitivo“.
“La volontà negoziale estintiva di un contratto avente forma scritta ad substantiam deve risultare non per facta concludentia ma da un documento che non lasci dubbi sulla volontà di entrambe le parti di sciogliere il contratto sì da rivelare il completo disinteresse delle parti all’attuazione del contratto e il mutuo consenso alla cessazione dello stesso“.
Il Giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.